Sogni: un riflesso del nostro stato psicologico o qualcosa di piĆ¹?

Redazione

Il mondo dei sogni per i filosofi greci era il luogo dove dialogare con gli dei. L'idea panteistica del mondo divino, per un popolo fondamentalmente razionale come quello ellenico, si fondava sulla convinzione che le varie forze che governano la Natura sono intelligenti ed interagiscono con l'uomo. Un contatto da ottenere in stato di incoscienza nel mondo dei sogni. Le religioni monoteistiche hanno tentato di cancellare questo rapporto rudimentale tra l'uomo e la natura, instaurandone uno più spirituale e divino, ma la gente semplice non ha mai smesso di credere ad un mondo parallelo, pieno di spiriti protettori cui offrire doni in cambio di aiuti e suggerimenti per vivere meglio: il mondo dei sogni, sempre lui.

Ma gli dei, o gli spiriti dell'aldilà, parlano un linguaggio che va saputo decriptare, un linguaggio fatto di sogni e numeri che si intrecciano tra loro con una logica che non è quella della vita razionale. Un linguaggio che, da Artemidoro di Daldi fino alla Smorfia napoletana, ha il suo codice di interpretazione tradizionale. Un filo rosso che attraversa i secoli intatto, e che è servito per approfondire la conoscenza del pensiero umano, sia ai filosofi antichi che agli psicoanalisti contemporanei.

Per Freud invece i sogni sono necessità sepolte nella parte più inconscia dell'uomo. Il padre della psicoanalisi infatti distingue nella coscienza dell'uomo tre livelli più o meno razionalmente esplorabili. Il super-io che gestisce la nostra vita quotidiana e razionale. L'Es che si muove in un ambiente fantastico-intuitivo e alieno ad ogni conseguenza razionale. L'Io che svolge invece un ruolo di mediazione tra i due. Per Freud i rapporti tra i tre stadi possono subire delle anomalie che, riverberandosi nel mondo dei sogni, decretando uno stato di malessere e di mancanza di equilibrio. I sogni allora non sarebbero altro che il riflesso del nostro stato psicologico e non il rapporto con entità aliene.

Altra è la scuola di pensiero, tramandata per via orale dai presocratici e riportata da Artemidoro, sul valore profetico dei sogni. Ogni oggetto, ogni animale, ogni circostanza vissuta a livello onirico, riporta ad un preciso significato, riassumibile in un numero, di una serie che va dall'unità al numero novanta. Per risalire al significato dei numeri gli studiosi di numerologia hanno tirato in ballo anche la Cabala ebraica, ma a Napoli una saggezza antica attribuisce a ciascuno dei numeri un significato preciso, da poter smorfiare come ammonimento verso il futuro più o meno prossimo, o da giocare al lotto.

Quindi i sogni, per i napoletani, non sono solo un riflesso di uno stato d'animo, ma anche una breccia aperta su un mondo parallelo che cammina in sintonia con il nostro, e che è in grado, proprio per questa consonanza, di darci delle informazioni preziose sul futuro. Che queste informazioni si traducano in un codice numerico comune ai due mondi, e che i numeri rispecchino gli eventi, a Napoli è una certezza. Che questi numeri tirati a sorte escano in coincidenza con gli eventi, a Napoli si chiama Fortuna, e va tentata. D'altronde che a Cuma tutti i potenti del mondo allora conosciuto si avvicendassero per chiedere lumi alla Sibilla è storia.