Strage di Bologna: iniziato il nuovo processo

Prima udienza del nuovo processo sulla Strage della stazione di Bologna, a 40 anni e 8 mesi dal 2 agosto 1980. Nell’aula della Corte di assise del tribunale di Bologna anche il sindaco Virginio Merola e la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna Elly Schlein, in rappresentanza delle istituzioni che si sono costituite parte civile.

Bellini, detto la Primula Nera, ex Avanguardia Nazionale, assassino del militante di Lotta Continua Alceste Campanile, ex collaboratore di giustizia, per la Procura generale di Bologna è il quinto attentatore, presente in stazione la mattina del 2 agosto.

Il paragone utilizzato da Bellini rimanda alla vicenda di Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, attivisti e anarchici italiani che furono arrestati, processati e condannati a morte con l’accusa di omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio Slater and Morrill di South Braintree, negli Stati Uniti, nel 1927. Solo cinquant’anni dopo la morte furono riconosciuti gli errori giudiziari commessi nel processo e la loro memoria venne riabilitata.




Il giallo della strage di Bologna e quelle “zone d’ombra” di cui parla Mattarella

“I processi giudiziari sono giunti fino alle condanne degli esecutori, delineando la matrice neofascista dell’attentato. Le sentenze hanno anche individuato complicità e gravissimi depistaggi. Ancora restano zone d’ombra da illuminare. L’impegno e la dedizione di magistrati e servitori dello Stato hanno consentito di ottenere risultati che non esauriscono ma incoraggiano l’incalzante domanda di verità e giustizia”.

Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio per il 38mo anniversario della strage di Bologna.

“Sono trascorsi trentotto anni dalla tremenda Strage di Bologna – scrive il presidente – che straziò 85 vite innocenti, con indicibili sofferenze in tante famiglie, ferendo in profondità la coscienza del nostro popolo.

Il tempo non offusca la memoria di quell’attentato, disumano ed eversivo, che rappresentò il culmine di una strategia terroristica volta a destabilizzare la convivenza civile e, con essa, l’ordinamento democratico fondato sulla Costituzione.

L’orologio della stazione, fissato sulle 10 e 25, è divenuto simbolo di questa memoria viva, di un dovere morale di vigilanza che è parte del nostro essere cittadini, di una incessante ricerca della verità che non si fermerà davanti alle opacità rimaste. Fu un’esplosione devastante, per la città di Bologna e per l’intera Repubblica.

Morirono donne e uomini, bambini e adulti. Bologna e l’Italia seppero reagire, mostrando anzitutto quei principi di solidarietà radicati nella nostra storia. Il popolo italiano seppe unire le forze contro la barbarie. Di fronte alle minacce più gravi, le risorse sane e vitali del Paese sono sempre state capaci di riconoscere il bene comune: questa lezione non va dimenticata. I processi giudiziari sono giunti fino alle condanne degli esecutori, delineando la matrice neofascista dell’attentato.

Le sentenze hanno anche individuato complicità e gravissimi depistaggi. Ancora restano zone d’ombra da illuminare. L’impegno e la dedizione di magistrati e servitori dello Stato hanno consentito di ottenere risultati che non esauriscono ma incoraggiano l’incalzante domanda di verità e giustizia. L’azione generosa che l’Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage ha svolto negli anni, e continua a svolgere, costituisce una preziosa energia che riesce a propagarsi nella società e nelle istituzioni. Desidero rinnovare il mio sentimento di vicinanza ai familiari delle vittime e rivolgo un ringraziamento ai bolognesi e a tutti coloro che continuano a onorare il ricordo delle vittime con civismo e passione democratica. Proprio il senso di comunità, che i terroristi volevano spezzare, è la garanzia che non prevarrà la cultura di morte”.

“C’è un obbligo morale prima ancora che politico che ci guida: giungere ad una verità certa, libera da zone grigie e sospetti. Questo è l’unico vero modo di onorare le vittime e realizzare le legittime e sacrosante richieste dei loro familiari”. Sono le parole pronunciate da Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia, nell’incontro coi familiari delle vittime della Strage di Bologna. “C’è uno Stato che per 38 anni è rimasto in silenzio, negligente e non ha voluto fare luce su verità inconfessabili su cui bisogna accendere un faro”.

“Vogliamo che possiate credere nello Stato non con le parole ma con i fatti concreti. Il tempo delle parole è finito: abbiamo siglato un protocollo triennale tra ministero della Giustizia, dei Beni culturali e Cdm per la digitalizzazione degli atti così che siano accessibili a tutti“. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, intervenendo a Palazzo d’Accursio alla commemorazione per la strage alla stazione di Bologna del 1980. Parlando davanti ai familiari delle vittime della strage del 2 agosto, il ministro ha sottolineato che questa attività di digitalizzazione della documentazione relativa alle stragi che hanno insanguinato l’Italia negli negli scorsi decenni, verrà portata avanti anche con il coinvolgimento “dei detenuti” in un’ottica di finalità rieducativa della pena. La digitalizzazione, ha concluso, riguarderà la cosiddetta “Rete degli archivi per non dimenticare”




Strage di Bologna 36 anni dopo: Angela Fresu la vittima più giovane mai ritrovata

di Paolino Canzoneri

Venire al mondo significa far parte della vita terrena sotto forma di organismo esistente, visibile, tangibile, concretamente presente, uomo o donna che sia. Gli anni a venire rappresentano un ciclo di tempo in cui si vive la propria vita e in cui ogni cosa subisce un costante mutamento. Trentasei anni fa nella stazione ferroviaria di Bologna, precisamente il 2 Agosto del 1980, una borsa piena di potentissimo esplosivo, 23 kg di tritolo, una miscela potenziata da 18 kg di gelatinato di nitroglicerina, nascosta sotto una delle poltrone nella sala d'attesa della stazione, deflagrando alle 10:25 sembra abbia cambiato se non annullato questa semplice concezione biologica perchè della piccola Angela Fresu di soli 3 anni non si è ritrovato proprio niente, neanche un frammento, un lembo, neanche una unghia o un capello, come se fosse sparita e dissolta nel nulla, come se un "organismo esistente, visibile, tangibile e concretamente presente" non fosse mai esistito o come si fosse trasformata in particelle, atomi di essere umano sparse nell'aria. La vittima più piccola e più vicina alla borsa con il carico di morte, una combinazione ancora più agghiacciante in un agosto che ha segnato la storia del nostro paese da sempre flagellato da oscure trame eversive di gruppi terroristici neofascisti, di estrema destra e sinistra; misteri, depistaggi di vari apparati dello Stato e servizi segreti, loggia P2 e chissà quanta altra melma ancora da includere in un infinito percorso stragista che aveva già rivelato la sua ferocia con clamorose stragi precedenti mai cosi gravi come questa. Angela Fresu era una bambina di campagna, viveva con la sua famiglia nelle colline di Montespertoli, un comune toscano neanche molto distante da Firenze. Si erano trasferiti dalla Sardegna con il nonno pastore che aveva acquistato una casa e diversi ettari di terreno per coltivare la terra e allevare il bestiame. Il 2 agosto la mamma Maria di 23 anni e due amiche coetanee Verdiana Bivona e Silvana Ancillotti decisero di partire per trascorrere delle vacanze estive sul lago di Garda e avrebbero dovuto salire su un treno in quella mattina. Dalla tremenda deflagrazione delle 10:25, Silvana fu fortunata a salvarsi mentre solo dopo alcune settimane si riuscì a trovare un piccolo frammento umano attribuito a Maria mentre per Angela non si ritrovò proprio nulla. Delle altre 84 vittime del massacro durante i funerali si è potuto dare dignitosa sepoltura mentre la piccola bara bianca di Angela era vuota, un simbolo di un'apparente presenza. Nonostante sia passato cosi tanto tempo resta ad oggi difficile accettare una tragedia simile. Gli oltre 200 feriti che sono sopravvissuti si porteranno dietro i segni del trauma in quella tragica mattina colti nell'improvvisa confusione, di quel caos incomprensibile e inatteso con quell'odore acre e polveroso di detriti e calcinacci che sapeva di morte e con quella puzza asfissiante di bruciato in uno scenario apocalittico che neanche i peggiori incubi sarebbero capaci di farci immaginare. In un bellissimo film "La linea gialla" di Francesco Conversano e Nenè Grignaffini, il cantautore Francesco Guccini recita "A Bologna ad Agosto bisogna starle vicino, non si può mica lasciarla da sola…", quasi come se Bologna stessa fosse appunto una piccola bimba offesa a cui si è estorta senza rimedio una intera vita senza essere in grado di dare una minima motivazione, qual'ora ci fosse, del perchè "i grandi" siano capaci di becere assurdità. La strage non ha eguali nella storia del nostro paese e a distanza di 36 anni in quella stazione, bolognesi e l'Italia intera si raduna per commemorare e piangere le vittime, ascoltando dal palco lo spettacolino delle autorità governative che al solito promettono sviluppi importanti e veloci su certe verità mancanti ed imminenti chiarezze sui mandanti della strage.