Takrouna, 1943. Il coraggio dei soldati italiani nelle parole del Generale Bertolini “Il dovere del ricordo sia d’esempio per migliorare la nostra condizione”

In
un clima di sentita partecipazione e commozione si è tenuta, ieri, presso la
rocca di Takrouna (Tunisia), la commemorazione dei valorosi soldati italiani,
caduti nell’ultima battaglia della Campagna d’Africa (aprile 1943).  Come ricordato presso il Santuario del “Quota
33” in Egitto, El Alamein non rappresenta la fine della guerra d’Africa né,
tantomeno, la completa sconfitta dei Paracadutisti italiani.

La
Campagna d’Africa termina, infatti, sulla rocca di Takrouna il 21 aprile 1943
dove – dopo 2500 km di estenuante ritirata da El Alamein (Egitto), attraverso
la Libia e sino in Tunisia, con sete, fame, caldo soffocante di giorno e freddo
notturno, sporcizia, parassiti, mancanza di rifornimenti, attacchi da terra e
dal cielo – 180 sopravvissuti (di 3500 uomini), insieme con i Paracadutisti del
285° battaglione ed un’ultima compagnia di Granatieri, giunta in rinforzo (per
un totale di circa 500 uomini), combatterono strenuamente, sino all’arma bianca.

La maggior parte morì o fu fatto prigioniero nel corso dei combattimenti

Diverse
furono le Medaglie d’argento e di bronzo al valore, come quella d’Argento del
S.Ten. Cesare ANDREOLLI. I pochissimi sopravvissuti, una cinquantina, furono riportati
indietro, verso i campi di prigionia in Egitto.

In
memoria dei paracadutisti caduti durante il ritiro e in quest’ultima battaglia,
i figli di due reduci, i Sottotenenti ANDREOLLI e GIANPAOLO, realizzarono qui nel
1995 – su richiesta dei loro genitori in punto di morte – una stele per
celebrare il valore dei loro compagni.

In
questi ultimi due anni, grazie al costante impegno del Capitano di Vascello Paolo Fantoni, Addetto Militare presso l’Ambasciata
d’Italia ed alla disponibilità dell’Associazione
dei Paracadutisti d’Italia
(ANPDI), il monumento è stato curato e valorizzato,
trasformando un’area aperta ed utilizzata come parcheggio, in un giardino,
ribattezzato “Memoriale dei
Paracadutisti italiani caduti in Tunisia”,
la cui iscrizione all’esterno
delle mura è stata generosamente donata da ex-militari che vivono ora in
Tunisia con il supporto dell’Associazione
Italiani di Hammamet
.

Alla
fine di un triennio, nel suo ultimo intervento istituzionale a Takrouna, il Comandate Fantoni ha sottolineato
quanto sia importante conservare la memoria per le generazioni future. “Guerre
di ieri, sfide di oggi, come quella contro il terrorismo che ci vede uniti con
la bella Tunisia, con lo stesso coraggio e determinazione dei giovani della
Folgore. Per condividere tutto, sino al bene più prezioso della vita. Per
raccogliere i frutti di una pace basata su verità e giustizia. L’unica che
merita questo nome!”.

Di rilievo la partecipazione del Presidente dell’ANPDI, il Generale Marco Bertolini: “… quei soldati italiani erano soldati coraggiosi, erano soldati forti, erano soldati feroci… Hanno dimostrato energie morali che successivamente, dopo la distruzione d’Italia, consentì di ricostruire il nostro Paese. Credo sia importante prendere esempio da loro. Nelle nostre vene scorre lo stesso sangue, noi siamo i loro figli…”. Significative, poi, le sue parole conclusive: “Oggi, per l’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia è una bella giornata perché ci troviamo in uno spicchio d’Italia in Tunisia, vediamo il nostro tricolore sventolare insieme con la bandiera tunisina e questo per noi è un grande amore…un grande onore”.  Un lapsus, quello dell’ultima frase, certamente dettato dall’emozione, ma emblematico del forte sentimento provato.

Numerosi,
inoltre, anche gli Addetti Militari in rappresentanza delle rispettive
delegazioni ed alle istituzioni civili e militari locali.

In
chiusura, il Primo Consigliere
dell’Ambasciata d’Italia, il dott. Mauro Campanella
ha posto l’accento
sulla “parola chiave della giornata, la Memoria, che rappresenta un valore per rendere
omaggio a coloro che sono morti per il nostro futuro e la nostra libertà…Oggi
l’Europa è unita e rappresenta un simbolo concreto di pace tra i popoli. Pace e
prosperità sono i messaggi che noi, Paese fondatore dell’unione europea, cerchiamo
di condividere e trasmettere in tutti i rapporti bilaterali, come con la
Tunisia, con la quale condividiamo valori comuni.”

INQUADRAMENTO STORICO (Sintesi)

Il
285° Battaglione Folgore, alla sua costituzione composto da 5 compagnie fra cui
la 108^ del Ten. GIANPAOLO, era formato da quegli iniziali 3500 paracadutisti,
dei quali circa 450 insieme a Granatieri, Bersaglieri e Truppe Tedesche,
riuscirono a rompere l’accerchiamento degli Inglesi continuando a combattere
strenuamente per altri 6 mesi durante tutta la ritirata da EL ALAMEIN,
attraverso la parte occidentale dell’Egitto, tutta la Libia fino in Tunisia.

2500
km di estenuante ritirata nel deserto, sete, fame, freddo notturno, caldo
soffocante di giorno, sporcizia, parassiti, mancanza di rifornimenti adeguati,
attacchi da terra e dal cielo che misero a dura prova questi uomini.

Oramai
decimati dal costante fuoco nemico, i fanti della 1^ compagnia del 66°
Reggimento, i Paracadutisti del 285° battaglione e un’ultima compagnia di
Granatieri giunta in rinforzo, per un totale di circa 500 uomini, riuscirono a
resistere fino alla sera del 21 aprile. Alla fine dovettero arrendersi di
fronte alle soverchianti forze Neozelandesi, avendo oramai terminato le
munizioni.

La
maggior parte morì combattendo finanche all’arma bianca. Diverse furono le
Medaglie d’argento e di bronzo al valore. Tra queste merita di essere ricordata
quella d’Argento del S.Ten. Cesare ANDREOLI. I pochissimi sopravvissuti, una
cinquantina, furono avviati verso i campi di prigionia in Egitto.

Radio
Londra, per giustificare il ritardo dell’avanzata verso Tunisi, dovuto alla
resistenza incontrata, affermò che l’Italia aveva schierato laggiù i suoi
migliori soldati.

Takrouna,
che è l’ultimo episodio bellico della più tragica battaglia di Enfidha, chiude
la campagna d’Africa.




Takrouna 1943, l’ultima battaglia italiana nella campagna d’Africa: il ricordo a Officina Stampa

Dopo la battaglia di El Alamein, i paracadutisti italiani sopravvissuti si ritirarono verso la Tunisia attraversando tutta la costa libica, in una estenuante marcia di 2500 chilometri, tra patimenti, combattimenti, sete, fame e fatica, sfruttando mezzi di fortuna. Stremati, giunsero a Takrouna dove li attendeva un’ultima cruenta battaglia prima di essere uccisi o catturati. Era il 20 Aprile del 1943. Nell’appuntamento settimanale con Officina Stampa, la trasmissione di approfondimento giornalistico condotta da Chiara Rai, sarà ricordato questo episodio storico, poco noto ai più, insieme agli ospiti in studio: il Contrammiraglio Gian Paolo Sessa, il Presidente dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia – ANPDI – Sezione provinciale di Latina Ludovico Bersani, la giornalista Tiziana Bianchi e in video registrazione il presidente dell’associazione italiani Hammamet Donato Ladik.

La trasmissione può essere seguita in diretta a partire dalle ore 18 di giovedì 17 maggio 2018 sul riquadro sottostante dove resterà disponibile anche successivamente




Takrouna 1943: l’orgoglio italiano sino all’estremo sacrificio

In occasione del 75° anniversario, si è tenuta ieri, a Takrouna (Tunisia), la commemorazione dei soldati italiani caduti nell’ultima battaglia della Campagna d’Africa (20-22 aprile 1943), presso il memoriale costruito anche grazie all’impegno ed alle donazioni dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia.

Alla cerimonia, organizzata dall’Ufficio Militare dell’Ambasciata diretto dal Capitano di Vascello Paolo Fantoni, in un clima di sentita partecipazione e commozione, ha partecipato l’Ambasciatore d’Italia a Tunisi, Lorenzo Fanara, oltre ai numerosi addetti militari in rappresentanza delle rispettive delegazioni (Algeria, Canada, Francia, Belgio, Russia…) ed alle istituzioni civili e militari locali.
Significativa, inoltre, la presenza dei Parà Rolando Gianpaolo e Lucilla Andreoli familiari del Ten. Gianpaolo e del S.Ten. Cesare Andreoli (Medaglia d’Argento), ai quali si devono la realizzazione delle aste per le bandiere e la protezione del simbolo, insieme con una numerosa delegazione dell’Associazione Italiani di Hammamet, grazie alla quale si realizzerà l’iscrizione esterna al luogo: “Memoriale dei Paracadutisti Italiani caduti in Tunisia”.

Nel corso della cerimonia sono state attribuite le onorificenze al il Primo Maresciallo Salvatore Ferraro, che ha ricevuto i gradi da Luogotenente e all’Appuntato Scelto Stefano Morlino, che ha ricevuto la Croce d’Argento per anzianità di servizio.

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Il piccolo villaggio di Takrouna – dove si arriva attraverso una malconcia strada principale – sorge tra aspre colline rocciose interrotte da qualche strada sterrata, nella regione del Sahel

Qui, il tempo sembra essersi fermato. La straordinaria semplicità del memoriale ne evoca il rispetto per la sacralità, un luogo nel quale si sono spezzate migliaia di vite, immolate per la Patria, per un ideale. “La terra d’Africa ha consentito di scrivere le più belle pagine di storia, spesso dolorosa ma sempre di grande esempio e monito per noi che vestiamo con amore ed onore l’uniforme” ha sottolineato il Comandante Fantoni.

Il documento inedito [Cliccare di seguito per visionarlo Documento Amedeo Querci]

In un inedito documento qui riportato, rinvenuto da Anna Querci tra le cose di suo padre, Amedeo Querci che fu reduce della battaglia, vengono descritti, con dovizia di particolari, dati ed analisi di quella che viene definita una “..missione suicida, compresa e accettata da tutti…” quei soldati ai quali, il Gen. Messe il 17 aprile del 1943, consegnando al Battaglione il Vessillo del 66° Reggimento, ordinò la resistenza sino all’estremo sacrificio. E tale fu, sino a quando, ridotti allo stremo delle forze, oramai senza munizioni, si batterono sino all’arma bianca.

Più che condivisibile, quindi, la rivendicazione del Comandante Fantoni di voler tener viva la memoria di tali imprese per le generazioni future che, senza alcun dubbio, rimane un dovere morale. Come chiosato dall’Ambasciatore Fanara, “La memoria di un Paese deve essere preservata con il rinnovato impegno delle istituzioni non per risentimento ma in prospettiva futura, perché riteniamo doveroso impegnarci, anche con le forze armate, oltre che con la diplomazia, a preservare la pace. La memoria è sacra, la Patria è sacra, il coraggio va ricordato, il sacrificio va valorizzato ma soprattutto guardando al futuro per scongiurare ulteriori conflitti”.

Inquadramento storico (Sintesi)

Il 285° Battaglione Folgore, alla sua costituzione composto da 5 compagnie fra cui la 108^ del Ten. Gianpaolo, era formato da quegli iniziali 3500 paracadutisti, dei quali circa 450 insieme a granatieri, bersaglieri e truppe tedesche, riuscirono a rompere l’accerchiamento degli Inglesi continuando a combattere strenuamente per altri 6 mesi durante tutta la ritirata da El Alamein, attraverso la parte occidentale dell’Egitto, tutta la Libia fino in Tunisia.

2500 km di estenuante ritirata nel deserto, sete, fame, freddo notturno, caldo soffocante di giorno, sporcizia, parassiti, mancanza di rifornimenti adeguati, attacchi da terra e dal cielo che misero a dura prova questi uomini.

Oramai decimati dal costante fuoco nemico, i fanti della 1^ compagnia del 66° Reggimento, i Paracadutisti del 285° battaglione e un’ultima compagnia di Granatieri giunta in rinforzo, per un totale di circa 500 uomini, riuscirono a resistere fino alla sera del 21 aprile. Alla fine – la mattina del 22 aprile – dovettero arrendersi di fronte alle soverchianti forze Neozelandesi, avendo oramai terminato le munizioni.

La maggior parte morì combattendo finanche all’arma bianca. Diverse furono le Medaglie d’argento e di bronzo al valore. Tra queste merita di essere ricordata quella d’Argento del S.Ten. Cesare Andreoli. I pochissimi sopravvissuti, una cinquantina, furono avviati verso i campi di prigionia in Egitto.
Radio Londra, per giustificare il ritardo dell’avanzata verso Tunisi, dovuto alla resistenza incontrata, affermò che l’Italia aveva schierato laggiù i suoi migliori soldati.

Tiziana Bianchi