USA 2020, sfida all’utimo voto. Trump: “Risultati fenomenali”

Nella notte elettorale americana si materializzano i timori della vigilia: l’Election Day si chiude senza un vincitore e ci vorranno forse giorni perché si arrivi a un risultato finale nella sfida tra Donald Trump e Joe Biden. Il candidato democratico si sente “sulla strada per vincere queste elezioni”. “Non consentiremo che ce le rubino”, risponde Trump sicuro di “una grande vittoria”. Un tweet che dopo poco viene segnalato da twitter in quanto fuorviante. “Non spetta a me o a Trump decidere chi ha vinto queste elezioni. Spetta a voi, spetta al popolo”, la contro replica di Biden.

Il presidente uscente, però, rompe gli indugi e in una conferenza stampa tutta all’attacco dalla Casa Bianca ribadisce di aver vinto e le proprie accuse ai Democratici e avverte che si rivolgerà alla Corte Suprema per tutelare gli americani.

Il discorso di Trump

Ringrazio gli americani, abbiamo vinto ovunque, risultati fenomenali“, Cosi’ Trump si è presentato nella East Room della Casa Bianca dove ad attenderlo c’erano circa 250 invitati.

Democratici e Repubblicani sono in questo momento alla pari al Senato Usa, ognuno con 46 seggi. Lo evidenziano media Usa come Cnn e Fox.

In un pugno di Stati chiave, infatti, lo spoglio delle schede si protrarrà nelle prossime ore e probabilmente per tutto il resto della settimana, soprattutto per poter contare i voti giunti per posta. Si tratta della Pennsylvania, del Michigan, del Wisconsin e del North Carolina, che in totale assegnano 61 grandi elettori e dove, secondo le proiezioni dei principali media, Donald Trump è attualmente in vantaggio. Ma il risultato potrebbe essere ribaltato proprio dai voti per posta, che solitamente favoriscono il campo democratico. Una situazione, dunque, che potrebbe innescare la reazione del presidente, che da settimane contesta la decisione di continuare a scrutinare le schede anche dopo l’Election Day. Trump comunque può sorridere: dopo la Florida si è aggiudicato anche l’Ohio e l’Iowa, mentre il primo Stato chiave conquistato da Joe Biden è l’Arizona, un risultato subito contestato dalla campagna del presidente. Biden inoltre ha trionfato come previsto a New York, in California e in tutto il resto della costa occidentale. Sfuma invece il sogno di strappare a Trump le roccaforti repubblicane di Texas e Georgia. L’ex vicepresidente, per ora, è comunque in testa sul fronte del numero dei grandi elettori: per vincere la Casa Banca ne servono almeno 270.

Joe Biden è proiettato verso la vittoria nel cruciale collegio elettorale 2 del Nebraska, dove con l’85% dei voti scrutinati, ha 10 punti di vantaggio su Donald Trump. Lo sottolinea in un tweet il candidato democratico alla Camera Ted Lieu, per il quale, se l’ex vicepresidente conquisterà anche il Michigan (16 voti), non avrà bisogno di vincere in Pennsylvania per arrivare alla Casa Bianca. Il Nebraska è diviso in tre collegi elettorali, ognuno dei quali sceglie il proprio grande elettore, a differenza degli altri Stati dove il vincitore del voto popolare si assicura tutti i grandi elettori.

Il presidente Usa, Donald Trump, ha vinto in altri 20 Stati secondo le proiezioni dei network americani. Gli Stati conquistati sono: West Virginia (5 grandi elettori), South Carolina (9 grandi elettori), Alabama, Oklahoma, Tennessee, Mississippi, Missouri (10 grandi elettori). E ancora, l’Arkansas, lo stato dell’ex presidente Bill Clinton, con sei grandi elettori, Nebraska, Wyoming, Louisiana, North Dakota e South Dakota, Kansas (6 grandi elettori), Utah, Idaho, Iowa, Montana, Ohio. Trump ha infine vinto quattro dei cinque voti elettorali del Nebraska, mentre Joe Biden ne ha conquistato uno.

 “Andate a votare! Sotto la mia amministrazione la nostra economia è cresciuta alla velocità maggiore di sempre al 33,1%. E il prossimo anno sarà il migliore nella storia americana”. Lo twitta Donald Trump a seggi aperti in tutti gli Stati Uniti.

Quando Melania Trump si è presentata al seggio elettorale al Morton e Barbara Mandel Recreation Center di Palm Beach era l’unica persona a non indossare la mascherina. Lo sottolinea il pool della Casa Bianca al seguito della first lady che salutando i reporter ha detto di sentirsi “benissimo”. Anche lei come il marito è stata positiva al Covid. Alla domanda del perchè non abbia votato col presidente la scorsa settimana, Melania ha quindi risposto: “E’ l’Election Day, ho preferito venire a votare oggi”. 

Del resto mentre in tutto il Paese aprono i seggi – prima sulla costa orientale, poi man mano in tutti gli altri Stati fino alla West Coast – l’incertezza continua a regnare sovrana. Una grande incertezza su come si chiuderà realmente questo Election Day del 2020, se alla fine della maratona notturna si avrà un vincitore ufficiale, oppure se bisognerà andare avanti per giorni, o addirittura settimane, per conoscere chi siederà nello Studio Ovale nei prossimi quattro anni. Ma ad agitare il voto c’è anche lo spettro di disordini e violenze, con una Casa Bianca più che mai blindata e tensioni un po’ in tutto il Paese tra i militanti pro-Trump e chi protesta contro il presidente. La tensione è alle stelle in Texas, roccaforte repubblicana che rischia di essere espugnata dopo oltre 40 anni dai democratici: qui un corteo di auto di fan del presidente ha circondato un bus di sostenitori di Biden tentando di mandarlo fuori strada. Sull’episodio indaga l’Fbi. Ma anche a New York e in altre città la vigilia del voto è stata caratterizzata da tafferugli, vandalismi e scontri con la polizia, con decine di arresti. 

Ad alimentare il senso di disorientamento è soprattutto la strategia adottata da Donald Trump nella volata finale della sua campagna elettorale. Il suo messaggio non potrebbe essere più chiaro: lui non ha alcuna intenzione di mollare e difficilmente si farà da parte nelle prossime ore, asserragliato in una Casa Bianca che è stata interamente recintata da una barriera anti-manifestanti. Il presidente promette una lunga battaglia sul piano legale per contestare i voti per posta che in alcuni Stati decisivi come la Pennsylvania o il North Carolina continueranno ad arrivare per giorni e giorni. E, addirittura, mediterebbe una mossa clamorosa, della quale avrebbe già discusso con i suoi più fedeli consiglieri: autoproclamarsi vincitore se i primi dati lo daranno in testa in alcuni Stati chiave. Il podio nella East Room è già pronto e gli inviti sono già partiti, indirizzati ad almeno 400 persone. 




Usa: allarme attentati per la vigilia delle elezioni presidenziali

 
di Angelo Barraco

Washington – Gli americani attendono con ansia e trepidazione il momento topico che permetterà loro di scegliere colui o colei che governerà gli Stati Uniti, ma l’enfasi del momento è stata surclassata da una notizia che ha decisamente fatto rincarare la dose di serotonina negli animi degli statunitensi poiché l’intelligence ha lanciato un’allerta terrorismo per il 7 novembre, il giorno antecedente le votazioni.

Si teme che Al Qaeda possa pianificare attacchi a New York, Virginia e Texas, secondo quanto riporta la Cbs. Gli Stati Uniti inoltre temono anche un attacco Hacker dalla Russia o dagli altri paesi che avrebbero come obiettivo unico quello di mettere a rischio i sistemi elettronici il giorno delle elezioni presidenziali e creare il caos. L’amministrazione si sta preparando al peggio e considera l’attacco hacker come minaccia imminente dinnanzi ad una scelta che decreterà per il paese un cambiamento decisivo. La paura più grande per l’amministrazione è un parziale o totale tilt della rete internet o elettrica. Sembra però che le azioni coercitive e/o cospirative possano dilagarsi ad amplio raggio e l’azione di controllo si è estesa anche nei confronti dei mezzi di informazione e social network, onde evitare che vengano divulgati documenti falsi che riguardano i candidati. Gli hacker Usa intanto sarebbero riusciti ad entrare nei sistemi informatici del Cremlino, rendendoli vulnerabili ed esposti a minacce.

Dalle carte usa emerge infatti che sono stati disseminati “malware” nelle infrastrutture della Russia esattamente come quest’ultima ha fatto con gli Usa. La Russia corre ai ripari e  Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha riferito: “Le misure per assicurare la cyber-sicurezza e la sicurezza dei sistemi informativi sono al momento capaci di fronteggiare le minacce ufficialmente ventilate contro di noi dai rappresentanti di altri paesi”. La vigilia delle elezioni ha acceso campanelli d’allarme in merito a possibili attacchi da parte di Al Qaeda e sono stati messi in atto nuovi ulteriori sistemi di sicurezza. Il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, ha riferito: “Non ho altre informazioni di intelligence da offrire” aggiungendo inoltre che gli organi di sicurezza nazionale stanno “le misure necessarie” ed è “consapevole del tipo di rischi che gli Stati Uniti si trovano ad affrontare in eventi particolari”. L’Fbi ha dichiarato massima allerta per il fine settimana, quando appunto è in programma la tanto attesa maratona di New York con circa 50mila atleti provenienti da ogni parte del mondo. La Polizia di New York a tal proposito: “Siamo consapevoli delle informazioni. Stiamo lavorando con l'Fbi e l'antiterrorismo”. La minaccia è stata raccolta molto seriamente dalle autorità ma alcune fonti dell’amministrazione riferiscono le gli 007 stanno valutando la credibilità di tale minaccia.



USA, ELEZIONI PRESIDENZIALI 2016: TUTTI I CANDIDATI

di Maurizio Costa

Washington – Si avvicinano le elezioni presidenziali statunitensi del 2016, che sanciranno chi dovrà guidare una delle nazioni più potenti al mondo. Barack Obama, presidente per due mandati, non potrà essere rieletto tra le fila dei democratici e quindi dovrà cedere il posto a qualcun altro. Le elezioni di mid-term, che a metà di ogni mandato rinnovano in parte la Camera dei rappresentanti e il Senato, hanno fatto perdere la maggioranza ad Obama e hanno sancito la vittoria dei repubblicani, tornati alla ribalta nell'era dem. Senza la maggioranza al congresso, Obama ha trovato e troverà molte difficoltà nell'approvare le leggi e sarà un buon trampolino di partenza per i repubblicani per le elezioni presidenziali imminenti.

Ma in definitiva, chi saranno i candidati ufficiali e probabili delle prossime elezioni del 2016?

Area repubblicana – Sul fronte opposto ad Obama il primo a farsi avanti è Rand Paul, senatore del Kentucky, che ha ufficializzato la sua candidatura dicendo che correrà per la Casa Bianca per “riportare il paese ai principi di libertà e di governo limitato”. Cinquantaduenne, figlio del politico Ron Paul, Rand esprime l'ideologia libertaria ma senza distaccarsi dalle tinte tradizionaliste che colorano la sua area di governo. La scelta che potrebbe caratterizzare Rand Paul è la legalizzazione della marijuana negli Usa, idea sostenuta fortemente dal repubblicano. Ex oculista, Paul incarna il patriottismo americano, senza tralasciare le libertà, come quelle del porto d'armi, che hanno creato qualche malumore in area dem. Tra le curiosità di Paul, che probabilmente non vincerà le elezioni, c'è quella di aver rapito una collega a scopo ludico durante gli anni dell'università.

John Ellis Bush (Jeb), fratello di George W., ha ufficializzato la sua candidatura. Il suo profilo rappresenta quelle certezze che una grande parte degli statunitensi cerca alla Casa Bianca. John, ex governatore della Florida, non detiene incarichi politici dal lontano 2008. Si caratterizza per la sua moderatezza, che lo distacca dalle ali più radicali dei repubblicani. Altro fattore di distinzione è la sua idea di immigrazione, molto aperta e libera, visto che è sposato con una donna di origini messicane. I sondaggi lo danno al 13%, al di sotto anche di Rand Paul.

C'è anche Marco Rubio, di origini spagnole, che però non ha ancora ufficializzato la sua candidatura. I media americani lo danno però come concorrente sicuro per la poltrona alla Casa Bianca. Rubio ha solamente 43 anni ed è già stato definito l'Obama dei repubblicani. Si propone come leader super conservatore, abbracciando aree più estreme dei repubblicani. I sondaggi lo danno al 5%, ma con ampi margini di miglioramento.

Anche Chris Christie, governatore del New Jersey, potrebbe prendere parte alle elezioni. Scozzese di padre e siciliano dalla parte della madre, Christie starebbe preparando la sua discesa in campo, sebbene lo scandalo 'Sandygate' lo vedrebbe indagato per aver lucrato sui soldi destinati alle popolazioni colpite dall'uragano Sandy.

Ted Cruz, leder dell'opposizione all'Obamacare, rappresenterebbe la classifica posizione degli ispanici negli Usa, che vedono nel suo cognome una buona alternativa per il loro futuro degli Usa. Infine, Rick Perry e Paul Ryan, rispettivamente al 6 e all'8%, sono i leader più intransigenti sui fronti dell'immigrazione e dell'intervento statale nell'economia. Soprattutto sul versante del fisco, Perry e Ryan danno molte rassicurazioni ai repubblicani, che non vogliono altre tasse.

La campagna elettorale del partito repubblicano sarà agevolata anche dall'intervento dei fratelli Koch, che stanzieranno privatamente quasi 900 milioni di dollari per la vittoria dei loro politici. I due petrolieri potrebbero questa volta vincere la propria scommessa, non come nel 2012, quando buttarono ben 400 milioni di euro.

Area democraticaHillary Clinton domina non solo il fronte dem ma anche tutto il panorama statunitense. La favorita alla vittoria è proprio lei, che potrebbe diventare il primo presidente donna della storia degli Usa. La su candidatura ufficiale arriverà nei prossimi giorni, probabilmente via Twitter per avvicinare la politica ai cittadini. Clinton non darà comizi pubblici in stile pomposo, ma svolgerà molti incontri ravvicinati con le persone, per abbattere il limite tra politica e strada.

L'unico che potrebbe contendere lo stemma di leader dei dem a Clinton è il vicepresidente Joe Biden, che vuole scendere in campo all'età di 73 anni contrariamente a quanto vorrebbe il direttivo politico dei democratici.

C'è ancora moltissimo tempo prima delle presidenziali del 2016 e tutte le percentuali di vittoria sono ancora blande e tenui. Bisognerà aspettare, ma una cosa è certa, i democratici dovranno affrontare la minoranza al Congresso sancita dalle elezioni di mid-term.