Apollo Justice: Ace Attorney Trilogy, tutti avvocati con la seconda raccolta di Capcom

Apollo Justice: Ace Attorney Trilogy è la seconda raccolta di novel investigative per PC, PS4 e PS5, Xbox One, Series X/S e Nintendo Switch. Il titolo contiene i tre videogiochi che concludono la serie iniziata nel 2001 da Shu Takumi, facendo seguito alla precedente collezione del 2019 con protagonista l’avvocato Phoenix Wright. Ma andiamo a scoprire di più sul protagonista di questa nuova trilogia. Apollo Justice è un personaggio interessante e ben caratterizzato, che merita l’inserimento nel titolo della trilogia nonostante ricopra un ruolo centrale solo in uno dei tre videogiochi del pacchetto. Il legale è infatti il protagonista indiscusso del “suo” Apollo Justice: Ace Attorney, ma in Phoenix Wright: Ace Attorney – Dual Destinies e Phoenix Wright: Ace Attorney – Spirit of Justice è sempre Phoenix Wright a tenere “banco” in aula. Per poter capire pienamente il filo della storia delle tre remaster, il nostro consiglio è quello di seguire l’ordine cronologico e di pubblicazione dei titoli, e magari anche di recuperare la prima raccolta della saga. In ogni caso, all’avvio è sempre possibile scegliere liberamente con quale gioco iniziare, e addirittura far partire i singoli capitoli di ogni episodio in qualunque ordine si voglia, dato che non ci sono specifici requisiti da rispettare. Questo è sicuramente un bene: il target principale del lancio di questo titolo sono principalmente i fan della serie, che potrebbero voler rigiocare solo un caso specifico senza dover ripercorrere per intero una delle avventure. In Apollo Justice: Ace Attorney, il teatro principale dell’azione è la ben nota aula di tribunale presieduta dall’ormai noto ai più “giudice barbuto”. Tuttavia, sette anni dopo gli eventi del precedente capitolo, Phoenix Wright non è più dal solito lato del banco: ha perso al sua licenza da avvocato, si guadagna da vivere in un bar russo giocando a Poker e per di più è accusato di omicidio. Starà quindi a chi gioca, nel ruolo del neo assunto avvocato Apollo Justice, prendere le sue difese e tirarlo fuori dai guai. Data la natura del gioco e l’importanza cruciale dei colpi di scena per assicurarne la piena godibilità , anche se si tratta di una remastered di una serie con qualche anno sulle spalle, preferiamo rimanere misteriosi sul resto dei casi e degli eventi. A margine, ci preme comunque specificare che Apollo Justice: Ace Attorney è l’ultima storia scritta direttamente da Shu Takumi, l’ideatore di Ace Attorney, prima che il testimone passasse al duo composto da Takeshi Yamazaki e Yasuhiro Seto. È comprensibile che giunti al quinto e sesto episodio manchi un po’ di freschezza e che il gameplay un po’ ripetitivo si faccia sentire, nonostante con il cambio di direzione siano stati operati diversi rinnovamenti. Per esempio, pur rimanendo di base opere leggere con risvolti e personaggi comici, le tematiche di Dual Destiny e Spirit of Justice sono più “critiche” nei confronti del sistema giudiziario giapponese a cui si ispirano. Il sesto gioco, in particolare, è ambientato in un paese dove l’avvocato deve scontare la stessa pena dell’imputato qualora perdesse la causa: una condizione nella quale alcuni hanno rivisto il super carico di responsabilità nei confronti dei legali del paese del Sol Levante.

Le basi di gioco offerte dal titolo sono le stesse fin dal 2001, solide e divertenti. Queste definiscono il genere della saga come un ibrido di puzzle game investigativo e novel pura, ambientando il tutto in aule da tribunale dove si tengono processi alquanto movimentati. Tanto la difesa quanto i pubblici ministeri coinvolti, infatti, agiscono più da detective che da avvocati, esaminando le prove, producendone di nuove, interrogando i sospettati, i testimoni e gli imputati allo scopo di trovare incongruenze rilevanti per una risoluzione in loro favore. I nodi da sciogliere e l’impalcatura su cui si costruiscono i casi variano in termini di complessità, ma l’esperienza è abbastanza guidata dalla progressione narrativa: la soluzione non è sempre ovvia, ma mai troppo difficile da identificare. Insomma, la soluzione c’è, bisogna solo essere attenti ed esaminare ogni cosa a dovere e avere bene in mente l’evoluzione del caso. Come già è successo in occasione della precedente trilogia, la remastered propone nuove, bellissime texture in alta definizione. Il comparto grafico di Apollo Justice: Ace Attorney Trilogy è una gioia per gli occhi: sia le illustrazioni disegnate per i dialoghi di ciascun personaggio in Apollo Justice: Ace Attorney, aderenti allo stile dei primi tre episodi Phoenix Wright, che i modelli tridimensionali adoperati al loro posto nei due giochi successivi sono espressivi e vivi come non mai. Da DS e 3DS a Xbox Series X, dove abbiamo svolto la nostra recensione, il balzo qualitativo è evidente e piacevolissimo, su qualunque dimensione di schermo. Ci sono piaciute molto le aggiunte volte a migliorare la qualità generale del gioco, come gli slider per modificare la trasparenza dei box di dialogo, la velocità di scorrimento dei testi e altri sotto menù raggiungibili in qualunque momento. La cronologia dei testi per esempio, per i più “distratti” è imprescindibile, dato che registra ogni testo passato a schermo fino alla fine del capitolo e permette di consultarlo in ogni momento del gioco, proprio come un taccuino per gli appunti. Ottima anche la modalità “storia”, che elimina il gameplay del tutto e risolve in autonomia puzzle e casi, per consentire a chi lo vuole di godersi solo le ottime trame. Tuttavia, Apollo Justice: Ace Attorney Trilogy è alquanto carente di contenuti Extra interessanti. Sono presenti solo la Sala dell’orchestra, ossia un semplice Jukebox con salvate tutte le colonne sonore dei tre videogame, e lo studio animato dove visualizzare, riprodurre e personalizzare le animazioni di tutti i personaggi, che si possono piazzare su qualunque sfondo e con qualunque effetto disponibile, tra “Obiezione!”, primi piani ad effetto, pose di varia natura per creare mini clip personalizzate. Anche la art gallery con schizzi e bozzetti dei protagonisti non è particolarmente ricca e risulta più che altro essere un riempitivo più che un contenuto ben pensato per aggiungere qualcosa alla produzione. Purtroppo, è d’obbligo sottolineare che ancora una volta è assente la localizzazione nella nostra lingua, e sappiamo come questo ostacolo, specie nel genere delle visual novel possa rappresentare, per chi non parla l’inglese e per i giocatori più giovani di conseguenza, un ostacolo enorme. Tirando le somme, se si è appassionati della serie o del genere, Apollo Justice: Ace Attorney Trilogy rappresenta un vero e proprio “must have”. Per chi invece non è pratico del genere è consigliato prima capire bene che tipo di gioco è e poi procedere all’acquisto.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5

Sonoro: 7

Gameplay: 7,5

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco pellegrino Lise




Prince of Persia The Lost Crown, il magnifico ritorno della serie Ubisoft

Prince of Persia The Lost Crown è un gioco di azione e avventura in stile “Metroidvania” sviluppato e pubblicato da Ubisoft. Il titolo è stato rilasciato per Nintendo Switch, per Pc, Per le console della famiglia Xbox e PlayStation. La storia di questo nuovo avvincente capitolo della serie è molto interessante e ricca di colpi di scena, ma per capire di cosa stiamo parlando è necessario partire dal principio. L’antico regno di Persia è sempre stato minacciato dai paesi confinanti, ma ogni tentativo d’invasione nemica è stato respinto dalla principessa Thomyris grazie all’aiuto di sette valorosi guerrieri dotati di abilità straordinarie capaci di tener testa a qualsiasi minaccia, gli Immortali. Quando un giorno il figlio della principessa, il Principe Ghassan, viene rapito da una delle più fedeli guerriere del regno, nonché mentore del protagonista, è proprio ai sette prodi Immortali che la regnante si rivolge per cercare di salvare l’erede al trono. Questa ricerca li porta ai piedi del monte Qaf, luogo dove sorge una misteriosa città antica. Proprio qui ha inizio l’avventura, nel momento in cui i guerrieri si separano per perlustrare le diverse aree della città e cercare il principe rapito. In Prince of Persia: The Lost Crown si vestono i panni di Sargon, il più giovane degli Immortali ma non per questo meno potente o valoroso. Sargon è infatti dotato di una strabiliante agilità e di una grande abilità nel combattimento a due spade. Sin dai primi passi nella Città Antica, il ragazzo si rende conto però che non tutto è come sembra e che qualcosa non va come dovrebbe andare; strani nemici gli si scagliano contro e sembra che il tempo stesso non scorra come dovrebbe, con anomalie che si manifestano ovunque. D’altronde il monte Qaf era la casa di Simurgh, dio della Conoscenza Temporale e protettore dei Persiani, il quale è ormai scomparso da tempo. Ma non tutto il male vien per nuocere: anche grazie all’aiuto di alcuni degli abitanti della città, Sargon acquisisce durante l’avventura utilissime abilità e dei poteri temporali che gli permettono di compiere azioni altrimenti impossibili, come velocissimi scatti, creare un suo “duplicato temporale”, passare ad una versione alternativa della realtà e molto altro ancora. In Prince of Persia The Lost Crown bisogna affrontare un’avventura densa di sorprese e di colpi di scena in un luogo sconosciuto e misterioso. L’avventura di Sargon è ambientata in un mondo 2.5D, ossia con movimenti bidimensionali ma in ambientazioni 3D, e con una struttura pienamente “Metroidvania”. E’ quindi presente l’immancabile mappa tipica del genere, che verrà fornita molto presto nel corso della storia, nella quale appaiono man mano tutte le aree esplorate ed i punti d’interesse, come ad esempio gli alberi Wak-Wak, che fungono da checkpoint in caso di morte. Esplorando accuratamente il mondo di gioco è possibile anche trovare le mappe complete delle varie aree, vendute da una misteriosa bambina, ma la mappa mostra comunque solo le macro-aree, cioè le enormi “stanze” che compongono la mappa, mentre le aree segrete, le piattaforme, i tunnel ed i meccanismi presenti all’interno non sono visualizzati. Quindi anche acquistando la mappa le sorprese non vengono a mancare. Per quanto riguarda gli indicatori presenti sulla mappa di Prince of Persia The Lost Crown, il gioco offre due diverse tipologie selezionabili in qualsiasi momento dalle opzioni: “Esplorazione”, in cui la mappa presenta pochi indicatori e sta a noi trovare gli obiettivi esplorandone ogni angolo, e “Guidata”, con marcatori che mostrano missioni principali e secondarie (in gran parte compiti di raccolta collezionabili), punti d’interesse ed altre informazioni. Gli sviluppatori hanno inoltre introdotto un’assoluta ed utilissima novità per i titoli “Metroidvania”: i Frammenti di Memoria, ossia la possibilità di scattare un fermo immagine alle aree che si visitano ed appuntarli sulla mappa, così da ricordare zone inaccessibili al momento o segreti specifici in attesa di tornarci in futuro quando si ottengono i poteri appropriati. Tale funzione non può essere utilizzata in maniera illimitata, visto che i Frammenti si consumano e vanno poi acquistati o recuperati, quindi bisogna scegliere bene dove catturare gli screenshot.

Sargon si muove negli ambienti di gioco principalmente correndo e saltando da una parte all’altra, quindi la struttura dei livelli si basa su questo tipo di abilità acrobatiche: scivolare a terra per infilarsi in angusti passaggi, effettuare scatti volanti per superare ampi strapiombi oppure saltare da una parete all’altra per risalire lunghi tunnel verticali sono azioni con cui bisogna subito prendere familiarità. Ovviamente non mancano i pericoli ambientali e le trappole: l’Antica Città è ricca di insidie come lame a pendolo, pozze di veleno, pareti ricoperte di spuntoni e diversi tipi di trabocchetti, che bisogna superare padroneggiando al meglio non solo le nostre abilità di Sargon, ma anche i poteri acquisiti proseguendo nell’avventura. Come già detto, infatti, nel corso della storia si acquisiscono alcuni speciali Poteri Temporali raccogliendo le piume del dio Simurgh, che donano al protagonista nuove abilità. Tali potenziamenti sono in tutto sei, includendo utili poteri come lo scatto in avanti, il doppio salto, la possibilità di marcare una posizione in cui ci si trova con un clone traslucido e successivamente teletrasportarsi lì alla pressione di un tasto, e persino un “artiglio dimensionale” che permette di inglobare un oggetto o un nemico per poi successivamente lanciarlo dove si vuole, utile sia in combattimento che per lanciare oggetti esplosivi contro muri all’apparenza indistruttibili. Inutile dire che, in pieno stile “Metroidvania”, ognuno di questi poteri sblocca la possibilità di accedere ad aree precedentemente bloccate. I poteri sono anche al centro dei tanti enigmi ambientali che si incontrano durante il proseguire di Prince of Persia The Lost Crown. Spesso infatti il gioco pone il giocatore di fronte ad aree che richiedono una certa arguzia nell’uso combinato dei poteri e delle capacità atletiche di Sargon. Riuscire a superare tali aree è una sfida spesso molto difficile, ma superarle non è assolutamente impossibile e quando ci si riesce si ha sempre una sensazione di gran soddisfazione che ripaga gli sforzi fatti. Ovviamente le aree di gioco sono costellate di nemici da abbattere, ognuno con le sue peculiari abilità, punti di forza e debolezze. Proprio per tale ragione il sistema di combattimento di Prince of Persia: The Lost Crown si basa tutto sul giusto tempismo di parate e schivate, fondamentali per evitare di soccombere ai colpi nemici, alternate ad un vortice di colpi delle affilatissime doppie lame del protagonista. I nemici, boss compresi, possono sferrare attacchi standard, per i quali le parate effettuate con il giusto tempismo sono essenziali, o anche attacchi imparabili caratterizzati da un bagliore rosso; in questo caso l’unica via è cercare di sfuggire tramite scivolate a terra o scatti in aria. Altri tipi di assalti invece, caratterizzati da un bagliore giallo, sono colpi che se parati col giusto tempismo possono scatenare una contromossa letale, contro i nemici standard, o un potente colpo che toglie una buona quantità dalla barra di energia dei boss. E’ importante dire che colpire i nemici o parare i loro attacchi consente di riempire una speciale barra che consente l’utilizzo di alcune mosse più potenti (acquisibili durante il gioco sconfiggendo un particolare nemico di cui però non vi diremo l’identità) in grado di causare danni ingenti, rigenerare le ferite, ma anche aumentare forza e velocità. Quelle elencate fino ad ora sono però solo le basi del combattimento in Prince of Persia The Lost Crown, infatti ci pensano poi i Poteri del Tempo ed altre abilità a rendere i combattimenti più vari, oltre ovviamente alla grandissima varietà di nemici che richiedono spesso strategie diverse. Immancabili poi i combattimenti con i boss, che presentano sfide particolarmente lunghe ed impegnative.

I combattimenti sono generalmente tanto impegnativi quanto soddisfacenti: richiedono un ottimo tempismo nell’alternare parate, schivate e attacchi di vario tipo mentre i nemici, spesso più di uno, attaccheranno senza sosta Sargon. Ma nel caso in cui il gioco dovesse risultare troppo ostico o magari troppo semplice, gli sviluppatori hanno introdotto numerose opzioni di personalizzazione della difficoltà, da quelle standard (facile, normale, difficile) a personalizzazioni più approfondite che permettono di decidere la salute dei nemici, la resistenza ai danni del protagonista e altri parametri. Ci sono poi diversi modi per migliorare le prestazioni del protsagonista: da amuleti che si trovano in giro per il mondo o che si possono acquistare per aumentare determinate caratteristiche, alla possibilità di migliorare le armi presso l’armaiola della città, fino ad aumentare la barra della salute massima o il numero di pozioni di guarigione a disposizione. Tutte queste possibilità sono spesso acquistabili utilizzando diversi tipi di valuta reperibili durante il gioco, la più comune delle quali sono i Cristalli del Tempo che vengono rilasciati dai nemici sconfitti. A livello di longevità Prince of Persia The Lost Crown per essere portato a termine servono dalle 25 alle 30 ore, ma per chi volesse scovare tutti i segreti presenti nell’enorme mappa allora vanno aggiunte almeno un’altra decina di ore. Tale tempo sicuramente non è male per un titolo comunque venduto a prezzo economico, soprattutto considerato che si tratta in gran parte di tutto tempo denso d’azione e senza particolari momenti “filler”, tranne che per l’inevitabile backtracking che inevitabilmente il genere metroidvania porta con sé. Per quanto riguarda la resa tecnica, il gioco va a 4K e 120 (60 sugli schermi che non lo supportano) fps su Pc e sulle console di attuale generazione. L’ultima versione dello Unity Engine sostiene un comparto grafico di grande pregio, graziato da una modellazione poligonale eccellente per quel che riguarda protagonisti e avversari, da un comparto animazioni di assoluto valore e dall’utilizzo magistrale dell’effettistica. Ci sono alcuni frangenti dell’avventura in cui gli sfondi regalano scorci di una bellezza mozzafiato e restare incantati dal panorama è davvero molto facile. A livello audio il gioco offre alcune musiche assolutamente in linea con l’ambientazione e ciò che avviene sullo schermo, per quanto riguarda la lingua invece Prince of Persia The Lost Crown è localizzato in italiano nei testi, mentre il parlato rimane in inglese. Tirando le somme, il nuovo capitolo del brand targato Ubisoft è un gioco promosso a tutti gli effetti. L’unico modo per non farselo piacere è non amare i “Metroidvania”, ma siamo certi che anche chi si dovesse avvicinare al genere per la prima volta resterà colpito dalla bellezza e dalla profondità offerta dall’avventura di Sargon. Il nostro consiglio? Prendetelo senza pensarci su due volte.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 9

Sonoro: 9

VOTO FINALE: 9

Francesco pellegrino Lise




Shanks, Koby e Uta arrivano su One Piece Pirate Warriors 4

Bandai Namco e Omega Force hanno annunciato nuovi personaggi per il prossimo DLC di One Piece Pirate Warriors 4 intitolato One Piece Film Red Pack, disponibile a partire dall’11 gennaio 2024. A prendere parte alla battaglia in questo nuovo contenuto scaricabile sono Uta, Shanks e Koby. Shanks, in particolare, sembra essere un personaggio molto veloce, capace di eseguire delle combo di attacchi senza interruzioni: i suoi colpi sembrano essere molto efficaci per disperdere i nemici in tutte le direzioni. Uta è invece la figlia adottiva di Shanks noché un’amica d’infanzia di Rufy. Ora è una cantante famosa che vive sull’isola di Elegia e intende ricominciare la sua vita, libera dalle grinfie dei pirati, che lei tanto disprezza. Armata della sua splendida voce e dei poteri del frutto Canto Canto, può attivare il suo mondo di Uta e attaccare facendo rimbalzare le note musicali e i dolci che crea. Può anche trasformarsi nell’Uta Knight e volare liberamente nel campo di battaglia. Koby invece un tempo era un soldato timido e timoroso, ma ora è diventato un leader rispettato nella Marina. Il suo ruolo attivo nell’unità SWORD lo guiderà a Elegia per indagare sull’influenza di Uta sui suoi abitanti. Koby combatte soprattutto corpo a corpo usando i Sei poteri. Sferrare i suoi attacchi più potenti aumenterà il morale e migliorerà gli attacchi di supporto. Il DLC fa parte del Character Pass 2, ma può essere acquistato anche separatamente.

One Piece Pirate Warriors 4 è uscito nel 2020, il gioco sta continuando a riscuotere un discreto successo e Bandai Namco ha esteso il supporto post lancio che dunque continuerà con nuovi contenuti a distanza di tre anni dalla pubblicazione. L’ultimo DLC di One Piece Pirate Warriors 4 aveva visto l’ingresso di Rufy (Onigashima Battle), Kaido (Onigashima Battle) e Yamato (a seguito anche dell’uscita della serie live action su Netflix). Ad oggi One Piece Pirate Warriors 4 ha venduto più di due milioni di copie su PC, PS4, Xbox One e Nintendo Switch, nonostante il successo commerciale, il gioco di Omega Force non è mai stato aggiornato e ottimizzato per PS5 e Xbox Series X, sebbene sia perfettamente compatibile anche con queste due piattaforme e possa dunque essere utilizzato senza problemi sulle console di attuale generazione garantendo un ottimo livello grafico e una fluidità di alto livello.

Francesco Pellegrino Lise




MW3 sempre più grande con la nuova mappa di Warzone e la Stagione 1

MW3, ultimo capitolo dello sparatutto bellico Activision (qui la nostra recensione), in concomitanza con il lancio della prima Stagione e del nuovo battlepass si arricchisce della tanto amata modalità battle royale “Warzone” sulla nuova mappa chiamata Urzikstan. Questa vasta area di gioco, esplorabile fin dal day one ma solo nella modalità zombi, offre una vastità di aree urbane e non dove ingaggiare battaglia con astuzia e strategia. A nostro parere la nuova area di gioco per il battle royale ricorda a tratti la tanto amata Verdansk (prima arena br della saga MW), ed essendo fra quella fetta di appassionati che l’hanno adorata, a nostro avviso Urzikstan farà la gioia di moltissime persone. Warzone questa volta mescola elementi del Medio Oriente con altri dell’Europa orientale, l’intera area è progettata con 11 punti di interesse principali e altre aree più piccole ma sempre ben strutturate. L’interfaccia di gioco, ovviamente in stile MW3, viene aggiornata con la presenza della minimappa classica, la rarità del loot e uno slot per le munizioni. In pratica i giocatori ora potranno trasportare ogni tipo di munizione in slot di inventario dedicati e, se lo desiderano, potranno comunque utilizzare lo zaino per trasportarne di più in eccesso. In pratica, più si resta in vita e più si cerca loot e più si diventa pericolosi. Tornano ovviamente i tanto amati lanci di approvvigionamenti contenenti i loadout preimpostati da ogni giocatore e tutti quegli elementi che hanno reso grande il br di MW. La densità dell’Urzikstan ha giustificato la necessità di rivisitare il ritmo e le dimensioni dei cerchi di gas, quindi con l’ultima edizione di Warzone il senso che si ha è quello di un battle royale dal ritmo più veloce e meno statico.

Ad arricchire il tutto sulla mappa è presente una bella novità, oltre alle già note zipline verticali che gli operatori possono utilizzare per raggiungere la cima degli edifici o gli “ascensori”, nella mappa sono presenti anche le nuove zipline orizzontali. Queste consentono ai giocatori di attraversare più rapidamente gli edifici adiacenti, piccoli laghi o di riposizionarsi da una zona svantaggiosa a una migliore. In MW3 Warzone ci sono novità anche per quanto riguarda il treno. Questo è infatti controllabile per la prima volta. I giocatori possono far viaggiare il treno in avanti, indietro o fermarlo completamente. Questo mezzo ha inoltre una stazione di acquisto e una torre UAV, nonché un freno a mano nel vagone posteriore che gli conferisce il potenziale di essere un aspetto fondamentale della strategia di un giocatore durante la partita, in particolare se il cerchio si chiude su di esso. Il Gulag, ossia quell’area di gioco che consente di tornare in gioco una volta morti a patto di vincere un duello 1v1 torna anch’esso con grandi novità. Laddove i player non si dovessero mai incontrare, a sostituire la cattura della bandiera per decretare il vincitore adesso c’è un Ascender di estrazione posizionato al centro della mappa. Ma attenzione, l’operatore nemico può spararte mentre si cerca di chiudere la cerniera per l’estrazione. All’interno del Gulag possono verificarsi anche eventi pubblici, come Cash Grab (più soldi sul pavimento) e Locked & Loaded Weapons (equipaggiamento AMG + SMG con armatura completa), tali eventi aiutano il vincitore dello scontro riportando alcuni oggetti tanto necessari nella partita. Inoltre come aggiornamento stagionale, il Gulag occasionalmente si può oscurare, dotando gli operatori di occhiali per la visione notturna per una nuova nonché divertente svolta nell’esperienza del duello 1v1 per rientrare in gioco. Ovviamente come sempre il gulag è disponibile fino a un certo punto del gioco. Quando si avvicina la fine l’area di rientro chiude i battenti.

La stagione 1 di MW3 oltre all’arrivo di Warzone porta anche altre importantissime novità. Per quello che riguarda il multigiocatore classico, invece, è previsto il ritorno della modalità Scontro 2 contro 2, al quale verrà affiancata anche Tutto o Niente. Nel corso della stagione arriveranno anche Scontro a Squadre, Quartier Generale e Infezione. Parlando invece di mappe, sin da subito si può giocare a Meat, Greece e Training Facility (mappa per Scontro), ma tra qualche settimana verrà sbloccata anche Rio. Il multiplayer di MW3 verrà poi aggiornato con la modalità classificata, anch’essa in arrivo con la Stagione 1 Reloaded. Sono invece disponibili da subito le nuove serie di uccisioni EMP e Sciame di droni. In Modern Warfare Zombies arrivano invece l’arma strabiliante V-R11, nuovi progetti, missioni della storia inedite e gli Squarci dell’Etere Oscuro, ossia portali che consentiranno ai sopravvissuti di raggiungere luoghi misteriosi per superare sfide ed ottenere bottino prezioso. Oltre all’arrivo dei livelli Prestigio, che consentono di superare il Livello 55, il gioco accoglierà anche nuove bocche da fuoco. Col Battle Pass si potranno ottenere gratuitamente lo Stormender, il RAM-7 e l’XRK Stalker. Solo nel corso della stagione verranno introdotti HRM-9 e TAQ Evolvere. Sempre nel pass troveremo gli operatori Nolan e Dokkaebi, ma questi saranno sbloccabili esclusivamente da coloro i quali acquisteranno la versione premium del percorso di ricompense. La skin Abolisher, invece, sarà un’esclusiva del Blackcell, ossia l’edizione più costosa del Battle Pass. Gli sviluppatori hanno annunciato che nel negozio ci saranno due eventi cross-over: uno con The Boys e l’altro con Dune Parte Due (attualmente in corso). Entrambi includeranno modalità di gioco a tempo e skin in vendita nel negozio, tra le quali vi saranno A-Train, Paul Atreides e il perfido Feyd-Rautha. Insomma, Call of Duty MW3 parte subito col botto dando tanto ai propri fa, arricchendo ogni modalità e garantendo a tutti ore e ore di gioco.

GIUDIZIO GLOBALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Asterix & Obelix Slap Them All! 2, il ritorno dei Galli più famosi di sempre

Con Asterix & Obelix Slap Them All! 2, Mr Nutz Studio, in collaborazione con Microids, propone un nuovo picchiaduro dedicato al famoso duo creato da René Goscinny e Albert Uderzo. Ancora una volta i romani si frappongono tra i celebri Galli e una vita tranquilla, ma non si tratta dell’unica minaccia che i giocatori dovranno affrontare. Ma andiamo a scoprire di più, per chi avesse pregiudizi verso questa produzione possiamo solo dire che Asterix & Obelix Slap Them All! 2 non è affatto un brutto gioco, anzi, oltre ad essere disegnato benissimo e avere dalla sua animazioni davvero ben fatte ha a disposizione parecchie frecce nella faretra per piacere ai giocatori. Certo, non è un titolo perfetto, ma siamo senza dubbio certi che vale il suo prezzo. Parlando dei punti di forza possiamo dire che non solo la parte estetica è ben concepita per immergere il giocatore nelle surreali atmosfere dell’opera di Goscinny e Uderzo, ma è quando si iniziano a menare pugni che ci si diverte un sacco. La forza sovrannaturale dei protagonisti si palesa anche nel gameplay, dove sferrare pugni rapidi produrrà animazioni e fumetti che ne sottolineano i rumori, i colpi caricati faranno letteralmente volar via i poveri malcapitati o afferrare un soldato per usarlo come sfollagente o farlo fiondare contro i compari in stile palla da bownling restituisce indubbie piacevolissime sensazioni di onnipotenza, come se anche chi gioca, come il buon Obelix, fosse finiti nella marmitta della pozione del druido Panoramix. Tutto concorre a dosare un buon ritmo in ogni combattimento, al fine di non ritrovarsi con la barra della vita ridotta a zero e soprattutto di non sottovalutare la potenza del nemico. Purtroppo il gioco non è sempre perfetto e a volte soffre di un livello di game design generale e di una fase di test finale piuttosto superficiale. E’ un peccato ad esempio ritrovarsi in situazioni in cui alcun elementi artistici coprano una parte dello schermo, impedendo al giocatore di veder muovere il protagonista sotto. Inoltre non riuscire a prendere il denaro che si ottiene durante gli scontri perché esce dall’area di gioco ai lati o anche i nemici che fanno lo stesso non è il massimo. Sono presenti anche bug che speriamo verranno risolti con una patch, come ad esempio un livello di sfocatura, che non ha nulla a che vedere con l’effetto motion blur, ma che dà la sensazione come se la vista calasse improvvisamente oppure il doversi trovare nelle condizioni di dover ricaricare il gioco perché un personaggio è rimasto incastrato. Se state cercando un picchiaduro a scorrimento laterale semplice e lineare, beh questo non è il titolo che fa per voi. Proprio come nei fumetti e nei cartoni di Asterix e Obelix, gli scontri sono stati pensati per essere un grande caos, si viene attaccati in sequenza come se non ci fosse un domani e senza regole precise. Bisogna essere pronti a darne e a riceverne in grande quantità insomma.

In mezzo ad alcune novità e tante conferme, anche in Slap Them All 2 trova spazio una feature molto apprezzata, ossia la possibilità di condividere l’esperienza con un amico. Ancora una volta sarà possibile giocare in cooperativa locale, facendo interpretare a ognuno dei giocatori uno tra Asterix e Obelix. Diversamente, giocando in singolo, sarà possibile alternarsi liberamente tra i due, dividendo gli sforzi e i danni subiti. Sotto il profilo strettamente estetico, come detto più sopra, il videogioco dedicato ad Asterix ed Obelix si presenta con notevoli qualità, amalgamando personaggi provenienti dai fumetti con nuove aggiunte originali. La qualità grafica si distingue per la sua eccellenza, con una fusione armoniosa tra gli elementi del paesaggio ei diversi personaggi, creando una suggestiva sensazione di tridimensionalità. L’introduzione di modifiche agli effetti dei colpi, che migliora la chiarezza dei movimenti, si è dimostrata una brillante innovazione. La colonna sonora, poi, si guadagna il nostro plauso, con tracce musicali ideali per accompagnare le vivaci scazzottate. Un peccato, tuttavia, che il gioco non abbia beneficiato di un doppiaggio in italiano; fortunatamente, la presenza dei sottotitoli risolve in parte la situazione. Asterix & Obelix: Slap Them All! 2, sebbene intrattenente, risulta conservatore rispetto al suo predecessore, mancando di guizzi creativi significati. Alcune migliorie nella varietà dei livelli sono apprezzabili, ma l’esperienza, visto la natura retrò del gioco, può diventare ripetitiva nel tempo. Nonostante le leggerezze e qualche difetto, Asterix & Obelix: Slap Them All! 2 offre un’esperienza di gioco piacevole, specialmente se giocato in cooperativa con un amico. La presentazione fumettosa e l’atmosfera gallica sono le stelle del gioco, ma il livello di ambizione complessiva potrebbe non accontentare completamente chi cerca innovazione nel genere. Tirando le somme, dopo un primo capitolo molto divertente e ricco di fascino, Mr Nutz Studio è riuscita a ripetersi. Asterix & Obelix Slap Them All 2! è un beat’em up divertente e caotico al punto giusto, pieno di citazioni all’universo di René Goscinny e Albert Uderzo e di tantissimi combattimenti contro una varietà di nemici. Disponibile su Pc e tutte le console di attuale generazione, questo titolo siamo certi riuscirà ad appassionarvi e a divertirvi molto.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 7

Longevità 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




Super Mario RPG, il remake che ci voleva

Super Mario RPG, è un titolo che in molti adulti di oggi ricorderanno in quanto ha esordito su Super NES quasi tre decenni fa. Il titolo proprio a fine 2023 ritorna su Nintendo Switch con un remake che intende catturare l’attenzione sia dei veterani che dei nuovi giocatori. Questo gioco, originariamente nato dall’idea di una fusione audace tra l’universo di Mario e le meccaniche di Final Fantasy, è stato un pioniere per moltissimi titoli successivi come Paper Mario e Mario & Luigi: Superstar Saga. Il passaggio da un’esperienza 2.5 dimensioni a un’ambientazione completamente in 3D ha i suoi pro e contro. Se da un lato gli ambienti traggono vantaggio da questa modernizzazione, risultando più dettagliati e avvolgenti, i modelli dei personaggi perdono un po’ della loro originale e iconica attrattiva e la nuova grafica, pur essendo colorata e brillante, non riesce sempre a catturare lo spirito unico del titolo originale. Detto ciò, però, è doveroso dire che questo remake di Super Mario RPG è un’operazione sontuosa che rievoca un pezzo di storia videoludica, con un piano di ristrutturazione fedele in maniera sorprendente. Il suo gameplay può risultare vintage, nonostante le ottime aggiunte, così come il livello di sfida potrebbe essere poco avvincente per chi si aspetta un JRPG classico. Tuttavia è difficile rimanere impassibili di fronte a un videogioco dal concept così iconico, che ha lasciato il segno ed ispirato generazioni di videogiochi e che oggi può essere riscoperto senza emulazione o hardware d’importazione. Ma veniamo al dunque. Una volta lanciato il gioco la prima cosa che ogni vero fan si chiede è: “Super Mario RPG è ancora un’esperienza magica oggi come allora?”. Beh a nostro avviso sì e adesso vi spieghiamo il perché. Bastano appena cinque minuti di gioco, nel piccolo tutorial in cui si fa una visita a Bowser e lo si combatte dalla cima di un grosso lampadario, per essere investiti di un senso di magica nostalgia e di esilarante piacere. Il titolo Nintendo è così atipico per gli standard della compagnia nipponica che non può non strappare un sorriso con le sue gag goffe, i suoi dialoghi volutamente “tonti” e i suoi colori allegri. Nel contempo però questo remake del videogame del 1996 riesce anche a intrigare con una formula a turni che premia la pianificazione della strategia e il tempismo nella sua esecuzione. Al contrario di quanto visto in remake più ambiziosi, come ad esempio quello del magnifico Final Fantasy VII, Super Mario RPG propone un pacchetto decisamente più modesto e lineare, più semplice nelle dinamiche e diretto nell’esposizione, senza troppi fronzoli: un prodotto palesemente proveniente da un’altra era, quasi un esperimento sotto molti di vista. Pad alla mano però questo suo minimalismo colpisce nel segno, regalando un’esperienza non troppo lunga (bastano 10-15 ore per arrivare alla scritta fine) e parca di complessità, ma ricca di fascino e carisma, che stuzzica a volerne ancora, a non spegnere la console prima di aver fatto la conoscenza di un altro iconico personaggio o di aver messo le zampe su un’altra stella. Sarà anche un remake fedele alle sue origini, ma non per questo è un titolo a secco di novità. Super Mario RPG è molto più accessibile rispetto al passato, grazie a nuove funzionalità che faranno la felicità dei nuovi giocatori e dei veterani, come l’autosalvataggio, utilissimo per evitare di rifare troppa strada in caso di game over (o casomai ci si dovesse scordare di andare a salvare), un livello di difficoltà ridotto per concentrarsi sulla storia, lo spostamento rapido per poter viaggiare rapidamente tra un luogo e l’altro della mappa, un compendio con le informazioni dei nemici sconfitti e la possibilità di riaffrontare i boss con mosse e strategie inedite. Il tempismo in battaglia inoltre ora riveste un ruolo ancora più importante, in quanto azzeccando il momento perfetto si potrà estendere parte del danno agli avversari circostanti e caricare una barra con cui sfoderare un pirotecnico attacco finale, uno per ogni tripletta di membri del party.

A livello di trama l’avventura si apre, nemmeno a dirlo, con l’ennesimo rapimento della Principessa Peach da parte del malvagio Bowser, il più celebre trai gli arci-nemici del mitico idraulico di Nintendo. Proprio durante il combattimento tra Mario e la sua nemesi, però, un gigantesco spadone senziente precipita sul pianeta e colpisce il castello di Bowser causando un trambusto tale da separare i tre comprimari. È la prima avvisaglia dell’invasione da parte dell’esercito di Fabbro Magno, una civiltà aliena di potenti guerrieri intenzionata a conquistare il Regno dei Funghi e impadronirsi dello sconfinato potere delle Stelle. Toccherà all’impavido avventuriero dal cappello rosso, assieme a una squadra di insospettabili alleati, affrontare questa terribile minaccia e respingere una volta per tutte il veemente assalto nemico. Non proseguiamo oltre nello sviscerare la storia per non rovinare il gusto della scoperta a coloro che non hanno mai avuto occasione di immergersi in questa peculiare avventura, ma possiamo anticipare che l’intreccio narrativo imbastito per Super Mario RPG risulta ancora oggi fresco, interessante e genuinamente divertente. Si tratta di un racconto dalla struttura piuttosto semplice e lineare, adatto a tutte le età e privo di svolte particolarmente audaci, ma impreziosito da un cast di personaggi memorabile e, soprattutto, come accennato più sopra, permeato da una carica comica a dir poco irresistibile. Una nota di merito va fatta inoltre per l’eccellente operazione di localizzazione e adattamento in italiano che contribuisce a far calare gli utenti, anche quelli più giovani, nella stravagante atmosfera del gioco. Altra chicca straordinaria riguarda il comparto audio, infatti Yoko Shimomura, il compositore del Super Mario RPG dell’epoca, è salito di nuovo in cattedra per riarrangiare l’intera colonna sonora, e il risultato finale è magnifico. In ogni caso , nel caso in cui lo si preferisca, è anche possibile selezionare l’audio originale. A livello estetico comunque, per chi ha avuto la fortuna di giocare all’originale, il colpo d’occhio è fantastico e Mario e soci non sono mai stati così espressivi, nonostante il set di animazioni sia piuttosto limitato. In ogni caso questo remake di Super Mario RPG è qualcosa da avere assolutamente, da giocare e da ammirare in tutta la sua bellezza senza tempo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Ufo Robot Goldrake: Il Banchetto dei Lupi, nostalgia ed emozioni allo stato puro

Ufo Robot Goldrake: Il Banchetto dei Lupi è esattamente ciò che un bambino cresciuto a cavallo tra la fine degli anni ‘70 e la prima metà degli anni ’80 ha sempre desiderato. Il titolo, disponibile su Pc, Nintendo Switch e su tutte le piattaforme della famiglia PlayStation e Xbox, è il videogame sviluppato da Microids che rappresenta una fantastica “operazione nostalgia” legata a uno dei più grandi successi creati dal maestro Go Nagai. Ufo Robot Goldrake: Il Banchetto dei Lupi è, di base, un mix tra uno sparatutto a scorrimento verticale, un’avventura in terza persona (si può comandare Actarus con una telecamera dall’alto) e un open world alla guida del possente Goldrake, che si pone come obbiettivo quello di combattere i robot nemici come fosse un vero e proprio action. Il titolo ripercorre le tappe più importanti dell’anime: Vega ha distrutto il pianeta Fleed, e il principe Actarus ha trovato rifugio sulla Terra. Accolto dal Dottor Procton, il nostro eroe inizia una seconda vita nel Ranch Betulla Bianca. Con l’invasione della Terra da parte di Vega ormai alle porte, Actarus si deve però preparare a imbracciare nuovamente le armi per difendere il pianeta con l’aiuto di Goldrake, un gigantesco robot custodito nelle profondità dell’osservatorio di Procton. Con l’aiuto di Koji Kabuto, il principe del pianeta Fleed dovrà quindi fronteggiare la nuova minaccia, respingendo gli attacchi di Vega e dei letali robot inviati per sconfiggere Actarus una volta per tutte. Lo stile grafico ed estetico, la colonna sonora e – incredibile ma vero – anche il doppiaggio in italiano che ricalca in tutto e per tutto le voci originali del cartone animato, sono tutto ciò che un fan storico di Goldrake potrebbe chiedere da un videogioco ispirato al leggendario gigante d’acciaio. L’intera messa in scena ricrea perfettamente l’atmosfera dell’anime che ha segnato i pomeriggi di moltissimi quarantenni di oggi e tutto sembra ricreare alla perfezione i combattimenti visti in televisione. Purtroppo, Ufo Robot Goldrake: Il Banchetto dei lupi inciampa sul piano ludico, o meglio lo fa per chi si aspetta una produzione tripla A.

Il gameplay risulta nel complesso piuttosto scarno è infatti la ragione per cui, nonostante siamo rimasti tanto colpiti da doppiaggio e direzione artistica, il voto in calce non va oltre il 7. Non è una questione legata all’impatto grafico, ve lo anticipiamo. Il motore, per quanto non modernissimo, fa il suo dovere per rendere vivi i fondali su cui Goldrake si muove e combatte. Le texture sono pulite, coloratissime e sature come nel cartone animato. Per ricordare ulteriormente i flash degli anime di quel periodo, l’effettistica è sfavillante e sempre molto luminosa, e i particellari non mancano di riempire la scena. Su Xbox Series X, piattaforma su cui abbiamo effettuato il nostro test, la fluidità si mantiene stabile e i modelli si caricano quasi sempre senza fenomeni di pop-up a breve distanza. Ogni tanto si è presentata una compenetrazione di troppo tra personaggi e fondali e qualche bug, che però sarebbero, a detta di Microids, già in fase di fix tramite prossimi aggiornamenti. Gli sviluppatori ce l’hanno messa tutta per diversificare l’offerta ludica, dividendo i capitoli della trama in tre porzioni separate, ciascuna appartenente a un genere diverso. Ci sono le fasi shooter in tre dimensioni, nelle quali controllare il robot mentre vola lungo i binari di un percorso prefissato, disseminato da nemici a cui sparare e ostacoli da evitare. In alternativa, se siamo a bordo del TFO (Test Flying Object) del giovane pilota Alcor (Koji Kabuto in Giappone) lo sparatutto passa alla visuale a volo d’uccello, come gli shoot’em up di una volta. Infine c’è la parte principale, nonché più riuscita, di Goldrake, ossia la sua natura da action 3D in terza persona, con la telecamera posta alle spalle di Atlas Ufo Robot. Ciascuna di queste nature del gioco è ambientata in arene dai confini ben delineati, eppure abbastanza estese per riempirle con collezionabili nascosti e piccoli eventi secondari. Ci sarebbe piaciuto spostarci sulla mappa volando, ma il famigerato UFO di supporto in cui il mech si fonde non è utilizzabile a piacimento nelle sezioni action. Il level design, comunque, è basilare e sembra di avere a che fare con un prodotto di qualche anno fa. Pur con la diversificazione in tre generi distinti, purtroppo, il gameplay di Il banchetto dei lupi è molto elementare, anche nelle sezioni che abbiamo definito più interessanti, quelle Action in 3D, che regalano qualche soddisfazione sempre e solo in ottica nostalgica. Goldrake può dare pugni esibendosi in una sola combo, usare le lame spaziali a distanza, compiere una sorta di presa e sfruttare mosse finali iconiche come l’Alabarda Spaziale. Infine può schivare i colpi, e se ci riesce col giusto tempismo, si attiva un classico “bullet time”. Sentire Actarus urlare i nomi delle mosse prima di accanirsi però, specialmente per chi ha vissuto gli anni dell’anime, è comunque sempre molto appagante, però siamo certi che le nuove generazioni non apprezzeranno la ripetitività dei combattimenti e delle mosse. Come dicevamo, questo titolo è una vera e propria lettera d’amore ai fan di vecchia data e non di più.

Le animazioni di Goldrake sono numerose, diversificate e ben caratterizzate. Anche il feedback dei colpi messi a segno è decisamente convincente. Benché il gioco proponga sempre un grado di sfida semplicissimo, capita comunque di trovarsi ogni tanto con la barra della salute prossima all’esaurimento senza rendersene conto, dato che l’impatto dei colpi avversari è poco avvertibile. Il discorso non varia più di tanto nemmeno per le Boss Fight, che si combattono in arene apposite. Gli antagonisti sono ovviamente gli iconici Mostri robotici di Vega, gli unici che nel cartone riescono a mettere Actarus con le spalle al muro. Tentacolati e con teste di drago sputafuoco, a forma di disco volante o di tartaruga, comunque sono tutti ben rappresentati, ma non temibili in game. Il combattimento si risolve il più delle volte schivando al momento giusto ed effettuando una serie di colpi fin troppo ripetitivi. L’IA dei boss poi non spicca per nulla, ma anzi lasciano il tempo di ricaricare l’energia e di evadere nelle situazioni più critiche con eccessiva semplicità. Stesso discorso va fatto per quello che concerne i momenti shooter. Essi soffrono la ripetitività persino più delle fasi action. Tali sequenze infatti avrebbero potuto essere un po’ più mozzafiato, se il gioco non avesse distribuito medikit in quantità industriale, azzerando ancora una volta ogni sensazione di sfida. Persino i giovanissimi o i meno esperti potrebbero sentirsi troppo facilitati nel proseguire nei vari livelli. È chiaro, arrivati a questo punto, che Ufo Robot scelga volutamente di abbandonare qualunque ricchezza ludica per rivolgersi a uno specifico pubblico di riferimento. Crediamo sia importante però non utilizzare il “fanservice” come giustificazione per rilasciare un titolo con un potenziale immenso ma che è davvero troppo semplice da ogni punto di vista. E in questo caso, Ufo Robot Goldrake: Il Banchetto dei lupi avrebbe potuto garantire un livello di sfida davvero molto più profondo. Tirando le somme quindi possiamo dire che il titolo, nonostante la grandissima cura per i dettagli e il fattore nostalgia, nonostante le musiche e il doppiaggio si avvicinino molto a quello dell’anime, non riesce a essere un prodotto che può essere apprezzato da tutti. Peccato, in quanto si vede che dietro la produzione c’è l’amore di chi ha vissuto quegli anni.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 9

Gameplay: 6

Longevità: 6

VOTO FINALE: 7

Francesco Pellegrino Lise




Ghostrunner 2, rapido, letale e spietato

Ghostrunner 2 è il sequel dell’omonimo titolo disponibile per Pc, Xbox e PlayStation. Questo nuovo capitolo ha inizio un anno dopo la conclusione del gioco originale, anche se è tranquillamente godibile a sé stante. Nel caso in cui non si abbia avuto la possibilità di giocare il primo Ghostrunner, basta sapere che, in seguito ad un devastante cataclisma, la Terra è divenuta un luogo inospitale, e gli ultimi uomini si sono rifugiati nella Dharma Tower, una struttura megalitica verticale nella quale si è scatenata una lotta tra l’Architetto, creatore della torre, e la Keymaster, sua ex alleata che lo ha tradito. In questa situazione a dir poco caotica un ruolo fondamentale è stato giocato da Jack, un uomo dotato di potenziamenti cybernetici noto come Ghostrunner che l’Architetto ha usato per sconfiggere la Keymaster, ma finendo egli stesso vittima della propria ambizione. Ad un anno da questi eventi, le cose sono cambiate alla Dharma Tower: se è vero che la popolazione è ora finalmente libera dall’oppressione, senza la guida dell’Architetto o della Keymaster si sono venute a formare delle bande di criminali e violente sette religiose che rendono un inferno la vita dei cittadini. Per fronteggiare questi problemi si forma quindi il Consiglio dell’Interfaccia, ossia un gruppo di persone determinate a portare l’ordine nella torre una volta e per tutte. Ghostrunner 2 ha inizio proprio con l’incontro di Jack con i membri del Consiglio, tra i quali c’è la sua vecchia alleata Zoe, i quali gli chiedono di indagare ed affrontare le nuove minacce che minano il futuro della Dharma Tower. Il susseguirsi degli eventi porterà i giocatori a scoprire dei nuovi pericolosissimi nemici, e soprattutto li condurrà all’esterno della torre, nel mondo ormai caduto in disgrazia che si rivelerà non essere poi così deserto come si pensava. Il tutto condito da frequenti capatine nel Cybervuoto, il cyberspazio che Jack aveva distrutto alla fine del precedente capitolo quando ha attaccato l’Architetto, ma che fa il suo ritorno grazie ad una folle setta religiosa che, neanche a dirlo, bisognerà eliminare a tutti i costi. Detto ciò, parlando di gameplay possiamo dire che Ghostrunner 2 impegna i giocatori con una rivisitazione delle meccaniche del primo gioco, con l’aggiunta di tante nuove dinamiche. Alla base di tutto c’è un parkour-action game in prima persona, dove, nei panni del cyber-ninja Jack ci si deve muovere in un mondo ricco di piattaforme fisse o mobili sulle quali saltare, muri sui quali correre, punti d’aggancio su cui fissare il rampino, trampolini che lanciano in aria, rotaie da grindare e altro ancora, questo sia in sezioni esclusivamente platform che in arene con molti tipi di nemici diversi. Insomma, il mood del gioco è “rimanere sempre in movimento e in vita superando ostacoli e uccidendo i nemici”. I livelli con i nemici sono disegnati infatti in modo che, restando fermi, si è esposti sia ad attacchi in corpo a corpo che da lontano, quindi il modo migliore per avere la meglio è tenersi sempre in movimento saltando, scivolando e correndo sulle pareti, facendo fuori gli avversari uno alla volta finché il livello non è completamente ripulito. C’è da dire però che questa non è affatto un’impresa facile, infatti il gioco è categorizzabile fra quei titoli che, a causa di una difficoltà molto elevata, richiedono molti, anzi moltissimi tentativi per riuscire e il miglioramento costante delle abilità del giocatore per poter proseguire. Basti dire che la morte arriva con un solo colpo ricevuto, di qualsiasi tipo esso sia: basta subire un attacco in corpo a corpo o ricevere un proiettile, e si ricomincia lo scontro tutto dall’inizio. E’ per questo che ci si deve sempre tenere in movimento, per evitare i colpi nemici mentre piano piano se ne sfoltiscono le fila. Per raggiungere tale scopo il gioco mette a disposizione diversi strumenti: i più importanti sono la parata e lo scatto, che permettono di bloccare ed evadere i colpi nemici. La katana e gli shuriken invece consentono di eliminare gli antagonisti dalla corta e media distanza. Anche i nemici (boss esclusi) muoiono con un singolo colpo, quindi di fatto il gioco sta tutto nel cercare di raggiungerli e farli fuori prima che loro lo facciano con Jack. E credeteci, riuscire a portare a termine l’avventura richiede una grandissima dose di pazienza e di calma.

Gli strumenti sopracitati che accompagnano il protagonista lungo tutto il corso di Ghostrunner 2 diventano molto più potenti man mano che si sblocccano nuove abilità, ottenute sotto forma di chip di potenziamento che possono essere installate sulla “scheda madre”. Eliminando i nemici, infatti, si ottengono crediti spendibili in apposite postazioni per l’acquisto dei chip, che possono poi essere installati in quantità limitata (anche questa aumentabile trovando appositi “chip di memoria”) per dotare Jack di nuove abilità come: la possibilità di respingere al mittente i colpi nemici con una parata perfetta, l’immunità ai colpi mentre si scatta o anche una comodissima funzione d’invisibilità, ovviamente dalla durata ridotta, che permette di avere un attimo di respiro mentre si raggiunge un nemico particolarmente difficile da abbattere. Un’altra funzione molto utile è poi lo “scatto sensoriale”: invece di premere il pulsante dorsale destro per scattare, se lo si tiene premuto si può rallentare per pochi secondi il tempo, e se lo si fa mentre si è in aria ci si può anche spostare leggermente a destra o sinistra, consentendo al ninja di togliersi dalla linea di tiro dei nemici per poi raggiungerli e farli fuori con uno scatto fulmineo. Man mano che si prosegue l’avventura, poi, vengono introdotti continuamente nuovi elementi, sia sotto forma di sfide di platforming – come ad esempio griglie elettrificate che si possono disattivare con gli shuriken mentre si sta grindando su una rotaia verso di esse oppure degli elementi del Cybervuoto ai quali è possibile cambiare stato per renderli solidi o intangibili mentre si corre a tutta velocità nei livelli – sia come nemici, che dai primi semplici archetipi si modellano verso forme sempre più letali che sparano raggi laser non bloccabili, che sono dotati di scudi oppure grandi mech che lanciano onde di plasma. Questo fa sì che per ogni sezione, sia questa di puro platforming o di combattimento, sia necessario studiare bene a fondo la strategia da adottare per uscirne vivi, e saranno spesso necessarie numerose morti prima di aver capito bene come fare ed aver padroneggiato il livello. L’intenso prova-muori-ritenta è un elemento alla base del design stesso di Ghostrunner 2, quindi è necessario aspettarsi di provare e riprovare più e più volte molte sezioni. Insomma, Ghostrunner 2 non è un titolo per chi non ha pazoenza o si arrende subito, ma anzi è un modo per mettersi alla prova e mantenere i nervi ben saldi nelle situazioni più critiche. Quanto detto fino a ora, però, rappresenta solo il cuore del gioco, le novità più importanti infatti vengono fuori solo a metà della storia, più o meno dalla decima ora di gioco in poi. Infatti, dopo aver svolto un’importante boss fight, ci si troverà a bordo di una velocissima moto, proiettati verso il mondo all’esterno della Dharma Tower. La moto introduce alcune meccaniche di gameplay completamente nuove, facendo sfrecciare il protagonista per le strade di una wasteland quasi del tutto spopolata e costringendo i giocatori a compiere numerosi salti e cambi di strada per evitare burroni e gruppi di auto abbandonate, senza considerare tunnel e strutture in cui le sfide di “guida acrobatica” diventeranno ancor più impegnative e complesse. La moto dispone anche di un mitragliatore montato sul lunotto, quindi in alcuni momenti sarà possibile spazzare via i gruppi di nemici che sbarrano la strada. Di tanto in tanto, bisogna scendere dalla motocicletta in quanto alcuni cancelli chiusi sbarrano il passaggio ed è necessario liberare l’area dai nemici in sezioni di combattimento analoghe a quelle nella torre, aprire il cancello per poi proseguire nella storia. Non contenti, nelle ore finali del gioco gli sviluppatori di One More Level hanno introdotto un’ulteriore meccanica di gioco, la tuta alare, che permette al protagonista di sfrecciare tra piattaforme lontane, magari mentre sotto di esso gruppi di nemici attendono il suo arrivo. La continua introduzione di nuove meccaniche come queste contribuisce a rendere il gioco sempre molto vario e mai stancante, fino all’epilogo della storia che arriva oltre le 20 ore di gioco. Un bel passo in avanti se si considera che il primo Ghostrunner durava circa 8 ore e ci si muoveva solo a piedi.

Di grande pregio anche gli scontri coi boss, decisamente più coreografici, impegnativi e coinvolgenti rispetto a quelli visti nel capostipite della saga. I nemici principali difatti vantano moveset più articolati, che bisogna comprendere e studiare per avere la meglio. Si passa da duelli all’arma bianca contro avversari umanoidi a titaniche battaglie contro avversari di proporzioni colossali in alcuni dei momenti più incisivi della campagna: un passo avanti sostanziale rispetto a quanto visto nella precedente iterazione. Al fianco dell’avventura principale, infine, troviamo la modalità Roguerunner.exe che, come il nome suggerisce, è un’interpretazione in salsa roguelite dell’impianto ludico classico di Ghostrunner. In buona sostanza si tratta di una serie di stanze di difficoltà variabile e generate proceduralmente che sarà necessario completare per sbloccare nuovi potenziamenti utili a proseguire nella scalata. Non è nulla di particolarmente rivoluzionario ma è di certo un’altra aggiunta gradita. Ghostrunner 2 sfoggia una presentazione visiva di tutto rispetto. I modelli poligonali dei nemici, dei protagonisti e delle ambientazioni appaiono sufficientemente curati, le texture sono di buona fattura e anche le animazioni risultano convincenti. La direzione artistica, dal canto suo, propone una visione a base di neon e colori sgargianti di un universo cyberpunk oscuro e distorto, un contrasto che funziona e contribuisce a creare un’eccellente atmosfera. L’Unreal Engine 4, inoltre, riesce a gestire correttamente il carico di lavoro e i ritmi fulminei che caratterizzano il titolo, assicurando un’esperienza molto fluida e scorrevole, elemento vitale per un prodotto di questo genere. Eccellente anche il comparto sonoro, con una selezione musicale composta da brani synthwave e un ottimo doppiaggio in inglese. Tirando le somme, questo Ghostrunner 2 è un gioco che dà estrema soddisfazione, ma, come già detto, metterà a dura prova i nervi dei giocatori, anche dei più skillati. L’avventura di Jack stavolta è davvero bella difficile e prima di vedere la parola fine bisognerà impegnarsi al mille per mille. Ma alla fine che soddisfazione! Eh già perche quest’avventura è uno di quei giochi che una volta finito ti lascia qualcosa dentro.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay:9

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Metal Gear Solid Master Collection: Vol. 1, le origini del mito non muoiono mai

Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1è realtà. Si avete capito bene, il bundle delle meraviglie non è un sogno, è qui ed è pronto per essere giocato su Pc, Xbox, Switch e PlayStation. A oltre otto anni dall’uscita dell’ultimo capitolo canonico della serie, la saga che ha consacrato Hideo Kojima tra i game designer più noti del mondo dei videogames torna con una riedizione che ne celebra i 35 anni riportando su console di nuova generazione i primi cinque capitoli canonici e numerosissimi extra. Metal Gear Solid: Master Collection Vol.1 raccoglie così i primi tre capitoli principali della saga, ma anche i primi due Metal Gear nella versione originale per MSX, oltre ai bonus delle versioni Integral, Substance e Subsistence, persino nelle loro varianti regionali. Un pacchetto che punta tutto sulla fedeltà e sulla nostalgia, concedendo ai fan di vecchia data di rigiocare gli inizi della saga e a chi se li è persi di recuperarli in un unico magnifico bundle. Un’operazione conveniente insomma da parte di Konami anche in vista del futuro remake di Metal Gear Solid 3. Ci teniamo a sottolineare che i due Metal Gear per MSX, pubblicati rispettivamente nel 1987 e nel 1990 sono un valore aggiunto per chi ha vissuto quegli anni magici e si tratta, in questo caso, di puro retrogaming. Due chicche che attireranno l’attenzione solo dei veri nostalgici, dei completisti, di chi intende approfondire la propria conoscenza con la saga. Il cuore pulsante del gioco ovviamente sono la presenza di Metal Gear Solid, Metal Gear Solid 2 Sons of Liberty e Metal Gear 3 Snake Eater. Ovviamente l’originale Metal Gear Solid si pone come il titolo più rappresentativo di questa Master Collection, nel senso che evidenzia tanto il potenziale quanto i chiarissimi limiti del lavoro svolto da Konami. Il gioco appare infatti così com’era nel 1998, a una risoluzione improponibile su di uno schermo 4K e con due ampie cornici laterali legate alla mancanza dei 16:9. Dal menu principale è possibile selezionare la versione con cui ci si vuole cimentare, originale o Integral, nonché accedere alle espansioni Special Missions / VR Missions, che includono una serie di sfide extra rispetto alla campagna. Quest’ultima vede Solid Snake infiltrarsi nell’isola di Shadow Moses, in Alaska, per impedire a FOXHOUND di utilizzare il potente Metal Gear Rex e lanciare un attacco nucleare contro gli Stati Uniti. Per chi ha provato l’esperienza di Metal Gear Solid ai tempi dell’uscita su PlayStation, vestire nuovamente i panni di Snake si rivela senz’altro un’esperienza curiosa ed emozionante, al punto che la mancanza di ottimizzazioni e migliorie passa quasi in secondo piano, e per assurdo tutti quei pixel giganteschi e quei modelli spigolosi finiscono per assumere un valore nostalgico. Del resto sul fronte della direzione il gioco ha ancora molto da dire, e quel doppiaggio in italiano così traballante ma nel contempo che dona quel qualcosa in più a tutta l’avventura resta comunque un pezzo di storia. Allo stesso tempo, il gameplay stealth immaginato da Kojima per questo primo episodio tridimensionale sente inevitabilmente il peso degli anni, risultando ruvido e legnoso soprattutto durante i combattimenti, nonché viziato da quei limiti legati alla gestione della visuale che costituiscono in pratica un marchio di fabbrica per la serie, un meccanismo fondamentale e irrinunciabile. In ogni caso, come già detto, Metal Gear Solid è e rimane il titolo più desiderato, amato e voluto dai fan.

Il secondo capitolo presente nella Master Collection Vol. 1 è quello della versione HD firmata da Bluepoint Games nel 2011. Metal Gear Solid 2 offre un’avventura incredibilmente più avanzata di quella precedente, e da ogni punto di vista possibile. Per dar corpo a un racconto decisamente attuale e pensato per riflettere sui rischi dell’informazione liquida, Kojima non ha esitato a ingannare ripetutamente i giocatori con tante bugie, a cominciare da quella legata al vero protagonista. Una volta concluso “Tanker”, il prologo di Sons of Liberty, gli utenti restavano infatti di stucco quando abbandonavano i panni di Snake per vestire quelli di Raiden, un giovane sconosciuto impegnato in una missione sin troppo simile a quella di Shadow Moses per non destare sospetti. La trama ha i suoi eccessi ma è avvincente e si sviluppa sia tramite le conversazioni al codec, sia attraverso cutscene dall’ottimo taglio registico. Le espressioni facciali non riescono a nascondere l’appartenenza alla prima era PS2: ci pensano le grandi interpretazioni degli attori a mantenere alto l’interesse nei confronti dei personaggi. Gli addetti ai lavori non hanno purtroppo sistemato le imprecisioni e i refusi della traduzione in italiano e questa ci sembra francamente un’occasione sprecata. Ancora una volta insomma sono i meriti dell’opera originale a far risplendere questa versione in 1080p. Ben più agile e responsivo rispetto allo “spigoluto” Snake sulla prima PlayStation, Raiden può nuotare, appendersi alle ringhiere, scavalcare ostacoli ed eseguire rapide schivate, come pure affidarsi a una visuale in soggettiva per sparare ai nemici con precisione. A questo proposito, i soldati reagiscono con coerenza ai danni subiti e sanno anche difendersi con un’efficacia degna di produzioni moderne. Cambi di coperture, assalti coordinati e fughe dal protagonista per chiamare gli alleati: questi sono solo alcuni esempi dei comportamenti di quella che resta un’IA davvero convincente, capace di far vivere attimi di panico quando – nelle fasi di allerta – ci si nasconde in un armadietto sperando che gli assalitori corazzati tornino da dove sono venuti. Insomma, il salto do qualità estetico è notevole, le sorprese ci sono e sicuramente chi non lo ha mai giocato avrà di che divertirsi.

Anche nel caso di Metal Gear Solid 3: Snake Eater ci si trova dinanzi alla remaster del 2011 firmata Bluepoint Games, caratterizzata da una discreta resa su Xbox Series X grazie ai 1080p a 60 fps, sebbene lo stile grafico e l’effettistica tipici di tante produzioni giapponesi dell’epoca risultino invecchiati male. Narrativamente questo episodio è il prequel da cui ha origine la saga che si sviluppa poi con Peace Walker e Metal Gear Solid V: The Phantom Pain; non a caso è ambientato negli anni ’60, durante la Guerra Fredda, e ci mette al comando di Naked Snake durante una delicata missione di salvataggio che si trasforma ben presto in qualcosa di decisamente più complicato. Come avvenuto per Sons of Liberty, il gameplay tradizionale della serie compie dei passi in avanti, vengono introdotti alcuni elementi survival e il sistema di combattimento si apre a tante nuove possibilità, specie restando nell’ambito dell’azione stealth, con Snake che può farsi scudo dei nemici, interrogarli per carpire informazioni importanti e sfruttare elementi dello scenario a proprio vantaggio. Tanto in termini di meccaniche quanto in termini di direzione, narrazione e resa visiva, Snake Eater si pone inevitabilmente come il contenuto più attuale della Master Collection e, pur restando piuttosto spigoloso in diversi frangenti, è ancora in grado di trasmettere grandi emozioni durante le sue sequenze più significative e importanti, come il celeberrimo confronto finale. Tirando le somme: alla domanda vale la pena acquistare Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1? A livello contenutistico, l’operazione è clamorosamente fondamentale per chi ha intenzione di farsi una cultura in ambito videoludico, oltre ovviamente a parlare a quel pubblico sempre folto di persone che hanno nostalgia del periodo a cavallo tra la fine delgi anni ‘90 e i primi del 2000. Bisogna dire che molti giocatori si aspettavano qualcosa di più da questa riedizione, e diciamo che a conti fatti Konami ha fatto davvero il minimo indispensabile: è stata probabilmente presa una copia della HD Collection del 2007, è stata copiata su un disco e da lì replicato per rifornire i negozi. Zero, niente di più di questo, e dire che bastava poco per rendere una cosa gia bella di suo davvero splendida. Va però anche segnalato un elemento da non dimenticare: le intenzioni di Konami sono sempre state sincere, e nessuno, durante la promozione marketing, ha mai parlato di particolari migliorie o stravolgimenti. Se si sperava in una remastered corposa graficamente e tecnicamente, la Master Collection non la è. Non ha mai voluto esserlo. Lo dice il nome stesso: Collection, non Remastered. Quindi prima si entra in questa ottica, prima si capirà che l’intento di Konami era solo quello di preservare questi grandi titoli che tanto hanno dato all’industria videoludica. A nostro parere, sia che si giochi da Pc, che da Xbox, da PlayStation o da Switch, è quello che questa Collection vada assolutamente acquistata e giocata come si deve.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 8,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Call of Duty Black Ops e Warzone, la guerra continua nella season 4

Dopo l’estrazione di Adler da parte di Frank Woods il 10 giugno 1984, Stitch, Wraith e Knight, gli agenti di Perseus, si sono riuniti in una località top secret per discutere della nuova missione. La missione di salvataggio della CIA è stata più veloce del previsto e i loro satelliti disturbano le trasmissioni di Perseus, interrompendo il grande esperimento di Stitch sulle “cavie” di Verdansk. Ma Perseus ha un altro asso nella manica e un altro agente è pronto a fare la prossima mossa in questa partita a scacchi per il dominio del mondo. Vediamo questo agente, un minaccioso aggressore dal volto di metallo, fare irruzione in una stazione terrestre della CIA in Sudafrica il 26 giugno 1984. Raggiunge la sala di controllo, dove prende in ostaggio uno specialista dei satelliti e telefona a Stitch, che dà istruzioni all’ostaggio per far cadere due satelliti della CIA in punti precisi di Verdansk e dell’Algeria. Mentre i satelliti precipitano verso la Terra, l’agente mascherato di Perseus strangola la sua vittima, eliminando ogni questione nella scalata di Perseus verso il dominio del mondo. Il giorno dopo, uno dei satelliti è precipitato nel bel mezzo del deserto algerino. Una squadra NATO guidata dalla CIA si trova sul posto per valutare i danni, neutralizzare ogni ostilità e ottenere informazioni dal satellite. A capo di questa task force c’è Adler in persona, dopo settimane di riabilitazione. Nonostante abbia passato numerosi test riguardo alla propria salute fisica e mentale, alla vista del satellite qualcosa scatta nella testa di Adler. Ignorando i suoi compagni, si lancia rovinosamente all’attacco, eliminando chiunque si metta sul suo cammino per recuperare una codifica dal satellite. Dopo essere stato messo in discussione per il suo comportamento, diventa ancora più aggressivo nei confronti dei suoi alleati. “Non capisci la guerra che stiamo combattendo, vero?” Risponde Adler a una recluta egiziana. Questi non sono che i preparativi per una nuova guerra in arrivo direttamente dall’orbita nella Stagione 4 di Black Ops Cold War e Warzone, che ha avuto inizio il 17 giugno in tutto il mondo ed è pronta a offrire tutta una serie di nuovi incredibili contenuti.

Come sempre, il contenuto della quarta stagione è suddiviso in tre diverse aree: Warzone, Black Ops Cold War e Zombies. Ogni area è rappresentata di seguito con le sue varie aggiunte per la Stagione 4. Per quanto riguarda il battle royale, Warzone, è presente l’aggiornamento della mappa con i Siti di schianto dei satelliti, l’aggiunta delle Porte Rosse, ovvero il nuovo sistema di rifornimento e trasporto rapido sulla mappa. Aggiunte le modalità di gioco: Verdansk Resurgence Mini, Payload (nel corso della stagione). Lanciato il nuovo Gulag ispirato alla parte centrale della famosa mappa Hijacked. Inoltre è stato inserito un nuovo veicolo, ossia la moto da cross. Per quello che concerne Black Ops Cold War e il suo Multiplayer, sono presenti le nuove mappe: Collateral (6v6, 12v12), Hijacked (6v6), Amsterdam (2v2, 3v3) e Rush (6v6) (in arrivo durante la stagione). Aggiunta inoltre la serie di uccisioni “Cannone portatile”. Nel corso della stagione ci saranno tre nuovi operatori: Jackal (presente fin dall’inizio), Salah (durante la stagione), Weaver (durante la stagione). Introdotte anche alcune nuove armi: C58 (fucile d’assalto), sparachiodi (speciale), MG 82 (mitragliatrice di supporto), OTS 9 (mitraglietta che sarà introdotta durante la season) e la mazza (arma corpo a corpo introdotta entro la fine della stagione. Per quanto concerne la modalità zombie invece, è presente una nuova zona per la modalità epidemia chiamata Zoo, in arrivo la nuova mappa “Mauer Der Toten” e in arrivo anche una nuova Quest chiamata “Operation Excision”.

Come sempre, le nuove armi e gli operatori presenti nel multiplayer arriveranno anche in Warzone. I fan possono sbloccare le armi e gli operatori tramite il Battle Pass della Stagione 4 o acquistarli tramite i bundle nello Store. Per i giocatori che vogliono essere generosi in questa stagione, ora hanno la possibilità di regalare ad altri giocatori il Battle Pass. Insomma, anche in quest’ultima stagione le novità sono davvero moltissime e il titolo verrà letteralmente ricoperto di nuovi e bellissimi contenuti.

Francesco pellegrino Lise




Outriders il nuovo “Looter Shooter” con elementi RPG di Square Enix

Outriders è il nuovo looter-shooter cooperativo sviluppato da People Can Fly e prodotto da Square-Enix per Pc, Xbox e PlayStation. Ma veniamo al dunque: la Terra è finita. Questo è il rassicurante incipit del gioco, e a distruggerla sono stati proprio gli esseri umani. Da questo drammatico evento parte l’affannosa ricerca di un nuovo pianeta da colonizzare, e la scelta cade sul rigoglioso Enoch, un mondo all’apparenza perfetto per ridare una terra natia al genere umano, ma che inevitabilmente cela parecchi lati oscuri che porteranno il giocatore ad affrontare una colonizzazione tutt’altro che semplice. Il gioco ha inizio con uno scarno editor che permette ai giocatori di creare il proprio personaggio. Sarà possibile selezionare il sesso, uno tra i non molti volti, l’acconciatura e qualche dettaglio come trucco e cicatrici varie. Dopo aver fatto ciò ci si potrà finalmente buttare nella mischia. L’inizio di Outriders ha uno svolgimento piuttosto lento e, nella prima fase di gioco, si limita ad illustrare le meccaniche di base, fatte di sparatorie in terza persona con la possibilità di sfruttare i ripari disseminati nel mondo di gioco. Il protagonista del gioco è un membro degli Outriders, l’avanguardia di quel che rimane del genere umano. Il compito del proprio alter ego virtuale è quello di sincerarsi delle condizioni del pianeta alieno per poi dare il via alla colonizzazione vera e propria. Naturalmente le cose non saranno esattamente come da previsioni, e ad attendere il colonizzatore ci sarà una catastrofica tempesta magnetica capace di sterminare quasi tutti i membri della spedizione. Anche il protagonista viene travolto da questa terribile calamità, ma sorprendentemente non verrà ucciso, ma sarà lasciato in fin di vita e con capacità decisamente inaspettate. Durante l’abbattersi della tempesta il nostro Outrider riuscirà a stento a raggiungere le capsule criogeniche nel disperato tentativo di guarire le proprie ferite, e verrà ibernato per risvegliarsi trent’anni dopo, quando la situazione su Enoch è ormai precipitata. Una volta risvegliati, infatti, bisognerà calarsi in un mondo in rovina, con la razza umana divisa, in guerra e dispersa su un pianeta diventato improvvisamente ostile e pericoloso. D’ora in poi il protagonista scoprirà di non essere più un normale umano ma bensì una “Mutazione” dotata di poteri speciali, e bisognerà far luce sugli avvenimenti che hanno ridotto la razza umana allo stremo avvicinandola all’inevitabile estinzione. La trama non è certamente il fiore all’occhiello di questa produzione e non brilla per originalità, ma contribuisce a creare una discreta atmosfera grazie ai molti misteri che circondano l’arrivo del protagonista e che andranno a dipanarsi nel corso della storia, ma anche svelati tramite i molti collezionabili che raccontano nel dettaglio tutto quello che è accaduto nei trent’anni del sonno criogenico. Una volta terminata questa fase iniziale, il gioco entra nel vivo facendo scegliere al giocatore una tra le quattro classi a disposizione, aspetto che andrà ad influenzare profondamente il gameplay di Outriders. Si potrà scegliere se calarsi nei panni del Tecnomante, perfetto per gli scontri a lunga distanza grazie ai suoi gadget tecnologici che ci aiuteranno durante gli scontri, mentre il Piromante fa largo uso dell’evocazione e del potere del fuoco per farsi largo negli scontri a media distanza; il Mistificatore invece è perfetto per attacchi a corta distanza mordi e fuggi grazie ai suoi poteri che gli permettono di manipolare lo spazio ed il tempo, ed infine il Distruttore rappresenta la classe “tank” del gioco, con una grandissima resistenza e capace di sfondare le linee nemiche grazie alla sua enorme potenza di fuoco. Ognuna di queste classi porta in dote poteri speciali che ben presto diventano uno degli aspetti più importanti del gioco. Questi attacchi vengono associati ai tasti dorsali del controller e ne sblocchiamo di nuovi man mano che si sale di livello, decidendo di volta in volta quali utilizzare.

Uno degli aspetti principali di questi poteri, specialmente all’inizio, è che rappresentano l’unico modo per poter ripristinare i punti vita. Diventa quindi importante saperli sfruttare nel modo migliore, riuscendo al contempo ad eliminare i nemici, ma anche a rigenerare la propria salute e gli scudi. Inutile dire che oltre alla loro indubbia utilità, gli attacchi speciali rappresentano anche una vera e propria gioia da utilizzare. Questo contribuisce ad attenuare significativamente l’importanza della meccanica di copertura presente nel gioco: affidarsi unicamente alle coperture in Outriders porta solo ad un risultato: la morte. Non solo perché le coperture possono essere distrutte, lasciando completamente allo scoperto il personaggio, ma anche per via delle routine comportamentali dei nemici: che siano umani ribelli, creature indigene di Enoch o altre fazioni di cui non vi sveleremo nulla, ogni gruppo di nemici che si affrontano sarà sempre composto da avversari di vario genere. Oltre ai classici fucilieri o agli infallibili cecchini piazzati in lontananza, ci sono sempre gruppi di antagonisti che attaccheranno venendo incontro forti della loro agilità e dei loro colpi corpo a corpo, oppure i corazzati che si fanno scudo delle loro armature per non fermarsi di fronte a nulla. Tutti questi aspetti mettono il giocatore nella condizione di sfruttare le coperture quando necessario, ma soprattutto spingono nella direzione di combattimenti più dinamici, ricchi d’azione e che ben presto diverranno letteralmente frenetici. Outriders cala nei suoi particolari meccanismi di gioco un po’ alla volta e, dopo aver assaggiato le varie classi ed i relativi poteri, entra in gioco un’altra delle sue peculiarità: la personalizzazione delle armi e le relative meccaniche di Looter Shooter. Come ogni gioco appartenente a questo genere, i nemici “droppano” ricompense che potranno essere armi o parti di equipaggiamento. Come da tradizione sono suddivise in categorie da quelle comuni passando per le rare, arrivando infine a quelle di classe Elite e Leggendario. Se nelle prime fasi di gioco si avrà a che fare solo con armi arrugginite o comuni nel migliore dei casi, proseguendo nella storia e salendo di livello si potranno raccogliere armi rare, ed in questo frangente entra in scena un’altra caratteristica peculiare di Outriders: le Mod. Partendo come già detto dalle armi rare, sarà presente una Mod che va a modificare il comportamento degli attacchi speciali, portando bonus di vario genere capaci ad esempio di infliggere più danni, effetti di stato o migliorare le capacità curative di quel determinato attacco. Ogni arma ha quindi una o due Mod predefinite, e basterà rottamarla per poi ritrovare quelle stesse Mod nell’inventario, pronte per essere riutilizzate su altre armi o armature. Si potrà quindi equipaggiare un set di Mod perfetto per potenziare il proprio stile di gioco, favorendo alcuni aspetti ad altri a seconda delle intenzioni che si hanno e dando una profondità davvero invidiabile a tutto ciò che concerne il nostro equipaggiamento. Anche le Mod sono suddivise per livelli, tre relativi alle Mod per le armi ed altri tre dedicati alle Mod per l’equipaggiamento. Nel primo caso le Mod di primo livello permetteranno di applicare svariati bonus agli attacchi speciali, mentre salendo di livello si andrà a modificare il comportamento stesso delle nostre armi tramite una serie di bonus che vanno dal classico aumento dei parametri di danno, a reazioni più elaborate come esplosioni che dilanieranno i corpi dei nemici andando anche a ferire chiunque si trovi nei paraggi del malcapitato. Lo stesso succede con le Mod dedicate alla corazza e anche in questo caso si potrà agire su un grande numero di effetti bonus tra cui scegliere.

La struttura di gioco di Outriders si lascia affrontare tranquillamente in Single Player dall’inizio alla fine, rendendolo effettivamente un gioco fatto e finito, aperto comunque ad eventuali e future aggiunte tramite espansioni di vario genere, con inoltre la possibilità di affrontarlo in cooperativa fino a tre giocatori. La storia è lineare e permette di esplorare Enoch, suddividendolo nei più classici degli stage, ognuno in zone diverse del pianeta contraddistinte da diversi biomi, passando dai resti di città in rovina, attraverso foreste e paludi, fino alle lande deserte delle fasi finali della campagna. Il gioco è quindi suddiviso tra le missioni principali, accompagnato da un discreto numero di missioni secondarie e da attività di vario genere come la caccia alle bestie più feroci del pianeta alieno, od alle taglie poste sulla testa di alcuni criminali, arrivando infine alla ricerca di antichi cimeli che ricordano come era la vita sulla Terra ormai distrutta. Ognuna di queste attività ovviamente offre ricompense sotto forma di esperienza, armi di livello superiore e così via, il tutto dettato dal livello di difficoltà impostato, che può regolarsi autonomamente grazie al Livello del Mondo. Man mano che ci si fa largo tra le numerosissime fila nemiche, infatti, il livello del Mondo sale attraverso i 15 livelli disponibili. L’aumento di livello del Mondo comporta la possibilità di ottenere ed equipaggiare armi di livello superiore al proprio, ma contemporaneamente anche il livello dei nemici subisce lo stesso incremento, mantenendo il tasso di sfida sempre piuttosto alto ed impegnativo. Come detto, il Livello del Mondo si adatta alle prestazioni del giocatore sul campo di battaglia: se si riuscirà a farsi largo senza mai morire il livello salirà a ritmi sostenuti, mettendo continuamente alla prova il giocatore; se invece si incontreranno troppe difficoltà o si incapperà in continue morti premature, il Livello del Mondo si abbasserà cercando di aiutare il giocatore a superare le difficoltà incontrate. In ogni caso, è possibile modificare la possibilità di disattivare la crescita automatica del tasso di difficoltà e viceversa, alzandolo o abbassandolo senza limitazioni a seconda delle difficoltà che ci si troverà affrontando un particolare punto di gioco. Dopo aver concluso la campagna – e per farlo ci vorranno circa 40 ore comprendendo anche le missioni secondarie – c’è la possibilità di affrontare le Spedizioni: queste sono collegate al finale del gioco, quindi cercheremo di non svelare alcun dettaglio che vada a toccare parti della trama. Vi basti sapere che le Spedizioni altro non sono che particolari missioni di recupero di alcuni Pod orbitali con al loro interno un notevole numero di ricompense di altissimo livello. Ovviamente per recuperarle sarà necessario affrontare enormi orde di nemici in missioni che metteranno seriamente in difficoltà i giocatori. Essendo missioni di alto livello e relative alla fase Endgame del gioco, è caldamente consigliato di affrontarle in compagnia di altri giocatori ormai giunti al Level Cap – in questo caso il Livello 30 – visto anche che le ricompense migliori verranno guadagnate solo completando queste particolari missioni entro un tempo limite. Anche le Spedizioni offrono un livello di difficoltà crescente e, esattamente come il Livello del Mondo, avranno 15 livelli di difficoltà. Ovviamente, anche in questo caso, a maggiori difficoltà corrispondono ricompense migliori, permettendo di portare il nostro alter ego virtuale ed il suo equipaggiamento a livelli altissimi. Tirando le somme, possiamo dire che Outriders è un gioco particolare: da una parte abbiamo un gameplay divertente e frenetico in grado di offrire combattimenti memorabili e terribilmente soddisfacenti, con ottime meccaniche da Looter Shooter, una buona gestione dell’equipaggiamento e la moltitudine di Mod che ci permettono di personalizzare il gameplay in maniera davvero profonda e sorprendente. Il tutto connesso ad un sistema di difficoltà dinamica davvero intelligente e strettamente collegato al Loot. Outriders è un progetto riuscito, che nonostante alcuni difetti si presenta come un’esperienza spettacolare, da non sottovalutare in nessun caso. La storia all’inizio poco incisiva si evolve nel modo giusto con l’aumentare delle ore, proprio come le possibilità offerte dal fantastico sistema loot and shoot, che unito a quello di crafting permette di creare un alter ego su misura per ogni giocatore. Provatelo, soprattutto visto che è gratuito se avete un abbonamento Gamepass Ultimate su Xbox, e siamo sicuri che non ve ne pentirete.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise