VITERBO, 10 ANNI DI ARSENICO NELL'ACQUA: DALLA CONFERENZA DI NEPI L’APPELLO PER IL DIRITTO ALLA SALUTE E PER IL “RISARCIMENTO SANITARIO”

 

L’esposizione ultradecennale e fuorilegge a questa sostanza, insieme alla mancanza di una corretta e diffusa informazione, e  insieme alla mancata  distribuzione di acqua idonea  alle persone e alle industrie alimentari, non è rimasta senza conseguenze per la salute delle popolazioni

 

Viterbo – Con la partecipazione attenta e appassionata di numerosi cittadini di Nepi e di vari comuni limitrofi si è svolta domenica 22 marzo 2015 nella Sala Nobile del Comune di Nepi la conferenza sul tema
“Arsenico: cosa è bene sapere, ricordare e fare”.

La dottoressa Antonella Litta, referente dell’Associazione italiana medici per l'ambiente – Isde (International Society of Doctors for the Environment), ha introdotto la sua relazione medico-scientifica con la  considerazione che proprio dal mancato rispetto dell’articolo 32 della Carta costituzionale in materia di tutela della salute, così come dal mancato rispetto del Decreto Legislativo 31/2001 – che fissa i parametri di salubrità e potabilità delle acque ad uso umano – attraverso il ricorso all’istituto della deroga, ha avuto origine l’esposizione cronica all’arsenico, sostanza tossica e cancerogena, di oltre un milione di cittadini italiani.
Per oltre un decennio, ha proseguito la dottoressa Litta, le popolazioni  interessate da questa problematica ambientale e sanitaria, ed in particolare quelle del Lazio, sono state molto spesso se non quasi del tutto lasciate all’oscuro circa i gravissimi rischi correlati all’assunzione di acqua ed alimenti contaminati da arsenico ed esposte a valori di arsenico fuorilegge, che hanno raggiunto anche i 50 microgrammi/litro, ovvero cinque volte il limite di legge previsto per questa sostanza tossica e cancerogena per la quale non esiste alcuna soglia di assoluta ed accettabile certezza per esposizioni croniche: l’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda infatti di porre in atto interventi ed azioni per portare questo valore il più possibile vicino allo zero.

Eppure i periodi di deroga, come disposto dal succitato Decreto legislativo, avrebbero dovuto avere la durata più breve possibile e comunque non superiore ai tre anni durante i quali si sarebbero dovuti realizzare impianti capaci di ridurre ed eliminare l’arsenico dalle acque e così  risolvere definitivamente ed efficacemente questo problema. Nei periodi di deroga, sempre secondo quanto previsto anche dalle disposizione europee, alle donne in gravidanza e ai bambini (per i noti effetti dell’arsenico anche sullo sviluppo cerebrale – incremento di disturbi neurocomportamentali e neoplasie -) si sarebbe dovuta assicurare acqua con il minor quantitativo possibile di arsenico, sempre al di sotto di 10 microgrammi/litro, meglio se a contenuto zero, e acqua con le stesse caratteristiche avrebbero dovuto utilizzare le industrie alimentari.

L’arsenico è infatti classificato dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R.C.)  come elemento cancerogeno certo di classe 1 e posto in diretta correlazione con  molte patologie oncologiche e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute; una consistente documentazione scientifica lo correla anche ai tumori del fegato e del colon. Sempre l’assunzione cronica di questo elemento è  indicata anche quale responsabile di patologie cardiovascolari; neurologiche; diabete di tipo 2; lesioni cutanee; disturbi respiratori; disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.

L’esposizione ultradecennale e fuorilegge a questa sostanza, insieme alla mancanza di una corretta e diffusa informazione, e  insieme alla mancata  distribuzione di acqua idonea  alle persone e alle industrie alimentari, non è rimasta senza conseguenze per la salute delle popolazioni in termini di aumento di rischio per cause di morte e malattie correlate all’esposizione all’arsenico, come purtroppo certificato da diversi studi epidemiologici che non hanno fatto altro che confermare quanto già evidenziato da decenni di studi e ricerche internazionali; come ha evidenziato la referente dell’Isde citando gli studi condotti anche sulla popolazione residente nella Provincia di Viterbo e in particolare lo studio  “Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili nelle popolazioni residenti nei comuni del Lazio”, realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio; lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità “Arsenico urinario speciato quale biomarcatore dell’esposizione alimentare all’arsenico inorganico in popolazioni residenti in aree ricche di arsenico nel Lazio”; i risultati dello studio Sepias -Sorveglianza epidemiologica in aree interessate da inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica- realizzato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio nazionale delle ricerche, e il recentissimo studio “ Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili: studio di coorte nella popolazione residente nella provincia di Viterbo, 1990-2010” concluso nel 2014 e realizzato sempre  dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio che ha dimostrato e di nuovo confermato un gradiente di rischio per cause di morte e malattie al crescere del livello di esposizione all’arsenico nelle acque; in particolare quest’ultimo studio ha evidenziato e riconfermato un eccesso di mortalità per il tumore del polmone, le malattie del sistema circolatorio, le malattie respiratorie e il diabete.

La dottoressa  Litta trattando poi la specifica situazione del Comune di Nepi, uno dei comuni con i più alti livelli di arsenico e fluoro dell’area viterbese, ha fatto notare come debba essere ottimizzata la gestione dei dearsenificatori in quanto solo il loro funzionamento efficiente e costante può garantire subito acqua salubre e potabile alla cittadinanza e come sia necessario intervenire per ridurre l’esposizione  ad altri  fattori inquinanti delle persone, e in particolare delle donne in gravidanza e dei bambini, istituendo anche  un registro comunale degli impianti e delle attività ad elevato impatto ambientale e sanitario.
La rappresentante dell’Associazione italiana medici per l’ambiente ha rinnovato un forte appello alle istituzioni affinché sia garantito a tutte le persone l’accesso all’acqua potabile; e un altrettanto forte appello affinchè le istituzioni impediscano che ulteriori agenti inquinanti possano contaminare le falde acquifere.

A conclusione della relazione la dottoressa  Litta ha rinnovato l’appello (espresso  più volte  anche  congiuntamente  alla sezione viterbese della Fimmg –  Federazione italiana medici di medicina generale e all’Ordine dei medici di Viterbo) perché nei confronti delle popolazioni esposte si attui subito una sorta di “risarcimento sanitario” ovvero: informazione corretta e diffusa rivolta a tutti i cittadini residenti nei Comuni della provincia di Viterbo e in particolare nelle scuole, negli ambulatori medici, nelle strutture militari e carcerarie; studi di monitoraggio dello stato di salute delle persone e in particolare dei bambini per patologie correlabili anche all’esposizione all’arsenico (disturbi del neurocomportamento e neoplasie dell’età pediatrica), attraverso progetti  di prevenzione che prevedano l’esecuzione di visite ed esami mirati, totalmente gratuiti  e in strutture pubbliche e che possano almeno in parte “risarcire” a livello sanitario  il danno subito dall’esposizione ad una sostanza tossica e cancerogena come l’arsenico.




VITERBO: MESSA LA PAROLA FINE ALL'EMERGENZA ARSENICO NELL'ACQUA

di Giuseppa Guglielmino

Viterbo – Cessata l'emergenza arsenico nel comune di Viterbo, l'acqua torna potabile. Unica eccezione, le zone alimentate dall'acquedotto di Pratoleva. Come già annunciato nei giorni scorsi, il sindaco Michelini, lunedì 26 gennaio, ha provveduto a revocare l'ordinanza di non potabilità. “L'acqua erogata al consumo umano tramite pubblico acquedotto – si legge nella nuova ordinanza, la n. 11 del 26/1/2015 – è utilizzabile per gli usi contemplati dall'art. 2, comma 1a del decreto legislativo 31/2001, con la sola esclusione delle zone in cui i valori di arsenico e/o fluoruri presentano valori superiori ai limiti di legge, pari a 10 microgrammi per litro per l'arsenico e 1,50 milligrammi per litro per i fluoruri. Attualmente le zone in cui i valori di arsenico e/o fluoruri presentano valori superiori ai limiti di legge sono quelle alimentate dall'acquedotto Pratoleva, e quindi Grotte Santo Stefano, Roccalvecce, sant'Angelo, Fastello e la strada Teverina. In questo caso, su cui si sta lavorando per riportare a breve i valori nella norma, è ammesso il solo utilizzo dell'acqua per impianti tecnologici e per l'igiene domestica. Tutte le altre zone del Comune di Viterbo rispettano i limiti consentiti.

L'ordinanza n. 11 dello scorso 26 gennaio ha fatto seguito alla recente nota della Asl, con la quale si comunicava al sindaco Michelini di poter procedere con la revoca della precedente ordinanza di non potabilità, in quanto, dopo il trattamento di dearsenificazione/defluorizzazione, i parametri arsenico e fluoruri sono risultati conformi al valore di parametro previsto dal decreto legislativo 31/01.

Aggiornamenti sui valori dell'acqua distribuita al consumo umano tramite pubblico acquedotto e casette dell'acqua, sono reperibili sul sito www.asl.vt.it e sui relativi link disponibili sui siti istituzionali del Comune di Viterbo (www.comune.viterbo.it) e della Talete spa (www.taletespa.eu).
 




ARSENICO, PALUMBO (UIL PENSIONATI VITERBO): RICORSI CONTRO EMERGENZA ARSENICO E PER DIRITTO ACQUA POTABILE

 di Gennaro Giardino

Viterbo, “L’emergenza arsenico non è ancora superata e i disagi per i cittadini della provincia di Viterbo continuano. E le responsabilità politiche e morali delle istituzioni nazionali, così come delle amministrazioni regionali, comunali e provinciali sono così diffuse da sembrare quasi ‘inaccertabili’”. A dichiararlo è Franco Palumbo, Segretario Generale della Uil Pensionati Viterbo.

 

“Deroghe e auto deroghe – prosegue Palumbo – hanno allungato i tempi dal 2001 ai nostri giorni, ma non sono state sufficienti e si continua così a distribuire acqua dichiarata non potabile. Le casette dell’acqua vengono chiuse o riportano affisse analisi di 5 o 6 mesi fa. I dearsenificatori non sono ancora in funzione e i cittadini sono costretti a comprare acqua minerale anche per lavarsi i denti. Ben altre scelte si sarebbero dovute fare per il riconoscimento del diritto all’acqua potabile. I cittadini – sottolinea Palumbo – si aspettavano un rimborso del 50% che altri Enti gestori hanno riconosciuto autonomamente. Inoltre, anziché pensare alla soluzione definitiva del problema, c’è chi assurdamente propone aumenti delle bollette per risanare i bilanci della Talete. L’atto di ripianare i debiti con l’aumento delle bollette è un atto assurdo. Si continuerà infatti a distribuire acqua non potabile, addirittura pagata di più dai cittadini. Proponiamo alle istituzioni – spiega il Segretario della Uil Pensionati Viterbo – di rispettare quanto stabilito dalla Legge regionale sull’acqua pubblica e di formare un Consorzio tra i Comuni. Occorre farlo in fretta, per il bene dei cittadini. Occorre poi mettere in funzione i dearsenificatori costati 22 milioni di euro, trovando nel frattempo la soluzione definitiva al problema arsenico. E in tale direzione, perché non prendere in considerazione gli studi fatti e messi a disposizione da almeno 10 anni dall’Università degli Studi della Tuscia che ha già individuato l’acqua potabile nel sottosuolo viterbese? Perché non prendere seriamente e definitivamente in considerazione la possibilità di miscelare le acque come da più parti suggerito?

 

La Uil Viterbo e la Uil Pensionati – dichiara Palumbo – in collaborazione con il Comitato Acqua Potabile, continueranno l’azione rivolta a sollecitare le istituzioni alla soluzione del problema. Continueremo poi con la presentazione dei ricorsi di fronte al giudice ordinario per ottenere, in via equitativa, il risarcimento dei danni calcolati in 1600 euro per inadempimenti contrattuali, violazione della normativa europea e per ottenere la riduzione del canone del 50%. Coloro che hanno acquistato – conclude Franco Palumbo – con fattura o ricevuta documentata, filtri o depuratori per la filtrazione dell’acqua in casa o negli esercizi commerciali, potranno così presentare richiesta di rimborso della spesa effettuata. Per partecipare ai ricorsi basta recarsi presso le sedi della Uil Pensionati (il martedì dalle ore 16 alle ore 18, Via Varisco 6 a Capranica; il mercoledì dalle 16 alle 18, Corso Italia 68, Viterbo – Tel. 0761.340886) o del Comitato Acqua Potabile (per appuntamento, lunedì, giovedì e venerdì, Via Resistenza 3/c, Ronciglione). Sempre per partecipare ai ricorsi, servono infine i seguenti documenti: ricevute e fatture acqua anni precedenti, documento d’identità e codice fiscale del richiedente, stato di famiglia o autocertificazione sostitutiva”.




VITERBO: ANCORA SENZA DEARSENIFICATORI

Redazione
Viterbo – FondAzione scende in piazza contro l’arsenico. A un anno dall’insediamento della nuova giunta Michelini, sul fronte acqua nulla è cambiato. La questione arsenico, autentico cavallo di battaglia del nuovo sinaco durante la campagna elettorale, come molte altre cose non ha trovato alcuna soluzione. L’arsenico è sempre lì, i problemi per i viterbesi pure. FondAzione ha voluto far tornare di nuovo alta l’attenzione su una problematica di primaria importanza per la città, per la quale nessuno finora ha trovato e attuato una soluzione definitiva.
I volontari di FondAzione hanno così allestito un gazebo a piazza del Teatro, hanno distribuito dei volantini informativi, ma soprattutto, in maniera provocatoria, hanno regalato migliaia di bottigliette d’acqua ai cittadini, quell’acqua che i viterbesi sono costretti a comprare perché impossibilitati a utilizzare quella che sgorga dai rubinetti di casa.

“E’ passato un anno da quando la nuova amministrazione si è insediata a palazzo dei Priori – dicono da FondAzione – e tutte le promesse fatte da Michelini in campagna elettorale sono rimaste vane. Siamo ancora senza dearsenificatori, nonostante era stato promesso che la loro costruzione sarebbe stata ultimata in tempi rapidi, nel contempo le casette che erogano acqua potabile sono poche e quindi non sufficienti a soddisfare la domanda. In tutto questo i cittadini sono costretti a pagare bollette salate per un bene che di fatto non possono utilizzare e che, purtroppo, come hanno evidenziato le analisi fatte, lascia elementi cancerogeni nelle urine”.

Una situazione allarmante, per la quale FondAzione propone delle soluzioni: “Per prima cosa serve che le istituzioni si adoperino per far abbassare al gestore dell’acqua, Talete, le bollette – proseguono dal comitato di FondAzione – inoltre occorre che il Comune si doti di ulteriori casette, in modo da fornire in maniera adeguata l’acqua potabile. Guardando al lungo periodo ci sono delle soluzioni tecniche, come la miscelazione delle acque, che devono essere adottate per risolvere in maniera definitiva un problema che non può essere più rinviato”.
 




VITERBO E PROVINCIA RISCHI DA ARSENICO: SERVONO MISURE URGENTI PER LA PROTEZIONE DELLE POPOLAZIONI

Redazione

Viterbo – Venerdì 9 maggio, presso la sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche-CNR, a Roma è stata presentata la pubblicazione scientifica che raccoglie i risultati del Progetto ‘Sepias – Sorveglianza epidemiologica in aree interessate da inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica’

Lo studio Sepias è stato realizzato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio nazionale delle ricerche, finanziato dal programma CCM (Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie) del Ministero della Salute. La ricerca ha coinvolto 282 persone residenti in aree del Monte Amiata, nei comuni viterbesi di Ronciglione e Civita Castellana e nelle città di Taranto e Gela. I partecipanti allo studio sono stati sottoposti ad  un  biomonitoraggio con la ricerca nelle urine di diverse specie organiche e inorganiche di arsenico, con la  misura di parametri di rischio cardiovascolare mediante ecodoppler carotideo e cardiaco e, nel sangue, con  l’analisi di numerosi biomarcatori di suscettibilità genetica, di danno del DNA , segni di effetto precoce da esposizione ad arsenico.

 Lo studio  Sepias per l’area viterbese ha concluso: ”I risultati dell’indagine indicano plausibili effetti sulla salute della popolazione residente nei comuni della provincia di Viterbo esposta a livelli di As>10 μg/L.” ed  ha fornito indicazioni importanti per la definizione di sistemi di sorveglianza nelle aree studiate che includono interventi di prevenzione sulle fonti inquinanti conosciute e la valutazione della suscettibilità individuale all'arsenico (http://www.epiprev.it/pubblicazione/epidemiol-prev-2014-38-3-4-suppl-SEPIAS).

La dottoressa Antonella Litta,  referente dell’Associazione italiana medici per l'ambiente – Isde (International Society of Doctors for the Environment), è intervenuta alla presentazione osservando che purtroppo il nuovo studio  conferma  ed amplia, con lo studio degli effetti precoci, quanto già evidenziato da studi precedenti effettuati anche nell’Alto Lazio.

Infatti lo studio “Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili nelle popolazioni residenti nei comuni del Lazio”, realizzato  nel 2012 dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale della Regione Lazio, ha concluso che : “ l’indagine evidenzia eccessi di incidenza e mortalità nei Comuni con livelli stimati per il periodo 2005-2010 per patologie associabili ad esposizione ad arsenico (tumori del polmone e della vescica, ipertensione, patologie ischemiche, patologie respiratorie, diabete).,  e lo studio  più recente “ Arsenico urinario speciato quale biomarcatore dell’esposizione alimentare all’arsenico inorganico in popolazioni residenti in aree ricche di arsenico nel Lazio”,   ha riscontrato che: “…Valori eccedenti i 15 μg/L per iAs ( arsenico inorganico) e metaboliti sono stati trovati nel 41% dei campioni, evidenziando esposizioni alimentari all'arsenico inorganico superiori alla media della popolazione generale…”

La dottoressa Litta, dopo aver  ancora una volta denunciato  un diffuso disinteresse e un’altrettanto diffusa  incapacità degli Enti preposti di  effettuare, soprattutto nel viterbese, interventi risolutivi a tutela della salute,  e dopo aver riassunto ancora una volta quanto emerso da decenni dalla letteratura internazionale e dai citati studi, ha concluso con un appello alle istituzioni presenti:” Anche alla  luce dei risultati dello studio Sepias, si impongono, con maggiore forza e determinazione, immediati  atti ed interventi per la  protezione delle popolazione esposte, da oltre un decennio, e spesso in forma inconsapevole a questa sostanza, tossica e cancerogena, presente nelle acque ad uso umano e negli alimenti. E’ necessario quindi che si avviino subito  programmi di prevenzione relativi alle patologie correlate all’esposizione cronica all’arsenico, studi  di tipo osservazionale dello stato di salute delle popolazioni e in particolare dello stato di salute dei bambini, anche per i noti effetti  tossici e cancerogeni dell’arsenico sullo sviluppo neurocerebrale fetale e pediatrico.

Il Decreto Legislativo 31/2001, in recepimento della Direttiva europea 98/83  fissava  infatti già nel 2001 per l’arsenico il limite massimo in 10 microgrammi/litro, per le acque destinate ad uso potabile e per il loro utilizzo nelle preparazioni alimentari ed è sempre per queste stesse ragioni che l’Organizzazione mondiale della sanità( Oms)  raccomanda valori di arsenico il più possibile prossimi allo zero.”

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VITERBO, ACQUA POTABILE CON ARSENICO. L'ALLARME ISDE: INSUFFICIENTI GLI INTERVENTI A TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA

Gruppo di comuni a maggior esposizione nella provincia di Viterbo: Caprarola, Castel Sant’Elia, Civita Castellana, Fabrica di Roma, Carbognano, Capranica, Nepi, Ronciglione e nei comuni esposti della provincia di Latina.

 

Redazione

Viterbo – Due anni fa nell’aprile del 2012 si concludeva lo studio “Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili nelle popolazioni residenti nei comuni del Lazio”, realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale della Regione Lazio ( http://www.deplazio.net/it/attivita/79 ). Il  20 ottobre  sempre di quello stesso anno,  presso la sede dell’Ordine dei Medici – Chirurghi di Viterbo,  la dottoressa Antonella Litta, referente dell’Associazione italiana medici per l’ambiente -Isde  (International Society of Doctors for the Environment ) e il  dottor Luciano Sordini, segretario della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale –  sezione di Viterbo,  presentavano in una conferenza stampa i dati rilevanti e preoccupanti di questo studio circa  mortalità e malattie correlate all’esposizione cronica  all’arsenico nei  cittadini  residenti  in tutti i comuni  interessati della Provincia di Viterbo. Questo studio documentava infatti  una situazione sanitaria estremamente grave e preoccupante in particolare nell’Alto Lazio, riportando a pag 42 : “l’indagine evidenzia eccessi di incidenza e mortalità nei Comuni con livelli stimati per il periodo 2005-2010 per patologie associabili ad esposizione ad arsenico (tumori del polmone e della vescica, ipertensione, patologie ischemiche, patologie respiratorie, diabete)” . A pagina 8: “I risultati dell’indagine evidenziano alcuni eccessi di mortalità, di prevalenza e di incidenza, per patologie per le quali è stata già evidenziata nella letteratura internazionale un’associazione con esposizione ad Arsenico (gruppo di comuni a maggior esposizione nella provincia di Viterbo: Caprarola, Castel Sant’Elia, Civita Castellana, Fabrica di Roma, Carbognano, Capranica, Nepi, Ronciglione) e nei comuni esposti della provincia di Latina.

E nelle conclusioni : “ I risultati indicano la necessità di un continuo monitoraggio dei livelli di contaminazione da As delle acque e  di interventi di sanità pubblica per assicurare il rispetto dei limiti previsti dalla legislazione attualmente  in vigore (direttiva 98/83/EC, As<10 μg/L)”. A due anni di distanza dalla conclusione di questo studio al quale si  sono successivamente aggiunti anche i risultati  della ricerca “Arsenico urinario speciato quale biomarcatore dell’esposizione alimentare all’arsenico inorganico in popolazioni residenti in aree ricche di arsenico nel Lazio”,  realizzata dall’ Istituto superiore di Sanità – Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare- ,che confermano la contaminazione da arsenico anche attraverso gli alimenti,  l’Associazione italiana medici per l'ambiente di Viterbo deve purtroppo continuare a denunciare l’inadeguatezza, l’incompletezza  e l’insufficienza di interventi  risolutivi a tutela della salute delle popolazioni dell’Alto Lazio.

L’Isde di Viterbo  pertanto torna a chiedere che si avviino subito  programmi di prevenzione, con screening gratuiti, relativi alle patologie correlate all’esposizione cronica all’arsenico e al fluoro ed evidenziate dal succitato lavoro di ricerca, studi  di tipo osservazionale dello stato di salute delle popolazioni e in particolare dello stato di salute dei bambini, anche per i noti effetti  tossici e cancerogeni dell’arsenico sullo sviluppo neurocerebrale fetale e pediatrico.

E’ necessario che si rispetti  in concreto il diritto alla salute come sancito dall’articolo 32 della Carta costituzionale e le vigenti disposizioni di legge in materia di potabilità e salubrità delle acque ovvero:  realizzare interventi  efficaci e risolutivi per la completa dearsenificazione delle acque ad uso potabile e per l’avvio di una informazione corretta e diffusa rivolta a tutti i cittadini  delle aree interessate e in particolare per quelli residenti nei Comuni  dell’Alto Lazio interessati da questa problematica, e  nelle scuole, negli ambulatori medici, nelle strutture militari e carcerarie.
E’ da tenere sempre ben  presente  infatti che l’arsenico è classificato dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R.C.)  come elemento cancerogeno certo di classe 1 e posto in diretta correlazione con  molte patologie oncologiche e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute; una consistente documentazione scientifica lo correla anche  ai tumori del fegato e del colon.E che sempre l’assunzione cronica di  questo elemento tossico e cancerogeno, è  indicata anche quale responsabile di  patologie cardiovascolari; neurologiche; diabete di tipo 2; lesioni cutanee; disturbi respiratori; disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.  E’ per  queste ragioni che il Decreto Legislativo 31/2001, in recepimento della Direttiva europea 98/83 fissava già  nel lontano  2001 il limite massimo del contenuto di arsenico in 10 microgrammi/litro, per le acque destinate ad uso potabile e per il loro utilizzo nelle preparazioni alimentari e per queste stesse ragioni che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)  raccomanda valori di arsenico il più possibile prossimi allo zero.

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VITERBO ARSENICO, IL SINDACO MICHELINI: “I DEARSENIFICATORI NON SONO LA SOLUZIONE DEFINITIVA”

Redazione
Viterbo – “Con il problema arsenico il territorio ha perso una battaglia”. Lo ha detto ieri mattina il sindaco Leonardo Michelini durante il suo intervento al convegno presso l'aula magna dell'Università degli Studi della Tuscia.  “I dearsenificatori – ha aggiunto il primo cittadino –  non sono l'unica soluzione possibile per la risoluzione di questa emergenza. Una criticità che si trascina da anni. Oggi, probabilmente, a bocce ferme, avremmo potuto fare anche scelte diverse. Lo dico in maniera apolitica. I dearsenificatori sono necessari in quei territori dove la risorsa idrica risulta carente e solo di un tipo: cioè con l'arsenico. A Viterbo l'acqua proprio non manca. Questi impianti inoltre, una volta realizzati non hanno un ciclo vita particolarmente lungo. Non solo. I notevoli costi di manutenzione vanno fortemente a gravare sui bilanci delle amministrazioni e sulle bollette. È evidente che ci troviamo a gestire una situazione particolarmente complessa. Di fronte a un problematica come questa ogni istituzione deve contribuire con le proprie competenze. L'ateneo potrà garantire quell'indispensabile contributo scientifico a soluzione di questa criticità, attraverso accurati studi e monitoraggi. L'Università è la prima sentinella del nostro territorio. La specificità di questo ateneo può essere determinante e al centro di una politica regionale – ha concluso il sindaco Michelini -. Alla Regione dobbiamo proporre soluzioni alternative, meno onerose, scaturite da attente ricerche e analisi scientifiche”. Ad aprire il convegno di ieri mattina, dal titolo Arsenico: aspetti biomedici, agroalimentari e idrogeologici è stato il professor Raffaele Saladino. Al tavolo dei relatori, oltre al sindaco Michelini, il rettore dell’Università della Tuscia Alessandro Ruggieri, il presidente della Provincia Marcello Meroi. Tra gli interventi anche quello del consigliere regionale Riccardo Valentini e del professor Onofri, docente Unitus, direttore del dipartimento di Scienze Biologiche. Presente anche il prefetto di Viterbo Antonella Scolamiero. La problematica dell'arsenico è stata poi trattata dagli esperti relatori che ne hanno analizzato i diversi aspetti, legati all'organismo umano, alla catena alimentare e all'assetto idrogeologico del territorio.
 




VITERBO, EMERGENZA ARSENICO: PROVINCIA E UNIVERSITA' INSIEME PER SOLUZIONI MIGLIORI

Redazione

Viterbo – Si è tenuto ieri mattina presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi della Tuscia in Santa Maria in Gradi il convegno “Arsenico; aspetti biomedici, agroalimentari e idrogeologici” organizzato dalla Provincia di Viterbo in collaborazione con l’Ateneo.

L’organizzazione è stata curata dal professor Raffaele Saladino, docente di biorganica applicata e chimica organica, nonché consigliere provinciale. Il convegno ha visto la presenza di illustri relatori, esperti della materia, che hanno inquadrato ed esaminato la problematica dell’arsenico nei suoi molteplici aspetti. Una problematica che si è manifestata nella sua massima criticità dal primo gennaio di quest’anno, con l’entrata in vigore della normativa europea che ha fissato a 10 microgrammi litro il limite massimo di arsenico consentito nelle acque destinate al consumo umano.

“La Provincia di Viterbo e l’Università della Tuscia – ha spiegato Saladino – hanno voluto organizzare questo incontro per approfondire la tematica e discutere intorno a possibili soluzioni al problema, ragionando su basi scientifiche e dati concreti. I nostri Enti in questi anni sono stati impegnati nella ricerca delle migliori metodologie d’approccio al problema, evitando di ingenerare confusione in un ambito già di per se piuttosto complesso. Con l’incontro di oggi abbiamo voluto offrire un ulteriore contributo alla chiarezza”.

Il presidente della Provincia Marcello Meroi ha ringraziato l’Università per la sinergia messa in atto nell’organizzazione di questa giornata di studio: “Quando il territorio può avvalersi di professionalità e competenze come quella del professor Saladino e di suoi autorevoli colleghi, queste potenzialità devono essere necessariamente valorizzate. Purtroppo in Italia si ha la brutta abitudine di intervenire sempre e solo sul piano normativo, modificando le leggi senza mai risolvere i problemi dal punto di vista strutturale. Ci siamo trovati così con l’emergenza arsenico che ha creato un disagio sociale alle nostre popolazioni, a causa dell’impossibilità di utilizzare l’acqua dei rubinetti per il consumo umano. Con l’aiuto degli esperti che conoscono bene la materia e le sue implicazioni sull’organismo umano, sulla catena alimentare e sull’ambiente, puntiamo al conseguimento di una progettualità concreta, non effimera, che sappia fornire soluzioni definitive e che non sia limitata a tamponare l’emergenza, lasciando senza risposte la legittima richiesta di sicurezza che arriva dai cittadini. Il contributo della Provincia non poteva mancare dal momento che, su questo problema, siamo tutti coinvolti nella ricerca delle migliori soluzioni. Ringrazio il Magnifico Rettore Alessandro Ruggieri e l’Università della Tuscia che oggi hanno dimostrato ancora una volta di avere a cuore i problemi del territorio e di voler essere fra gli attori principali dello sviluppo di questa provincia”.

La giornata è poi proseguita con gli interventi dei vari relatori che hanno affrontato diversi aspetti legati alla presenza dell’arsenico. Il vicepresidente della Provincia e assessore all’Ambiente Paolo Equitani ha puntato l’attenzione sugli aspetti normativi del problema e sullo stato dell’arte, mettendo in evidenza ancora una volta come, ben prima che l’emergenza si presentasse in tutta la sua complessità, Provincia e Università avessero proposto il sistema della miscelazione delle acque del lago di Bolsena, a bassa concentrazione di arsenico, con quelle dei pozzi, come soluzione definitiva al problema.
 




VITERBO, ARSENICO: TRA REGIONE, ATO, TALETE E PROVINCIA TUTTO UNO SCARICABARILE

Redazione

Viterbo – “E’ francamente inaccettabile che vengano fatte ricadere sull’Ato 1 Lazio Nord le responsabilità in ordine all’impossibilità di coprire le spese di gestione degli impianti di dearsenificazione con il costo della tariffa idrica. Considerazioni che rispediamo al mittente e che non ci sentiamo di condividere”.

Il presidente della Provincia di Viterbo e dell’Ato (ambito territoriale ottimale) Lazio Nord Marcello Meroi ed il vice presidente della Provincia con delega all’Ambiente Paolo Equitani contestano la lettera inviata dalla Regione Lazio, a firma del direttore regionale dell’Assessorato Ambiente e Infrastrutture Raniero De Filippis e del dirigente dell’Area Giorgio Maggi, alla dirigenza dell’Ato, alla Talete, all’Asl ed ai sindaci dei comuni di Viterbo, Blera, Canino, Capranica, Carbognano, Castel S.Elia, Civita Castellana, Nepi, Vetralla, con la quale si sollecita la rapida cessione alla Talete degli impianti interessati dai lavori di dearsenificazione in fase di ultimazione. Nella lettera è specificato come, non avendo provveduto l’Ato ad uniformare il costo della tariffa, questa all’atto pratico non sia in grado di coprire i costi di gestione degli impianti.

“Respingiamo ogni responsabilità in merito a quella che nella lettera viene definita inadeguatezza tariffaria – rispondono Meroi ed Equitani – e troviamo assurdo che certe accuse possano arrivare dalla Regione Lazio, ossia dal soggetto inadempiente sia per ciò che riguarda la risoluzione dell’emergenza arsenico, che il trasferimento dei servizi idrici al gestore unico integrato, cioè la Talete. Non stiamo accusando la giunta Zingaretti, ma tutte le giunte regionali, di centrodestra e di centrosinistra, che si sono avvicendate negli ultimi dieci, quindici anni. Sull’emergenza arsenico crediamo ci sia poco da dire, se non ricordare che la normativa europea che impone un limite massimo di arsenico non superiore a 10 microgrammi litro nelle acque destinate al consumo umano, è stata recepita dall’Italia nel 2001. Eppure la Regione Lazio, l’ente cioè preposto per legge alla realizzazione dei necessari interventi, si è attivata soltanto in prossimità del 31 dicembre 2012, data di scadenza dell’ultima deroga concessa dall’Europa. I sindaci si sono trovati obbligati per legge ad emettere le ordinanze di non potabilità dell’acqua a partire dal primo gennaio 2013, costringendo i cittadini a fare la fila nelle fontanelle per avere acqua dearsenificata da utilizzare per gli scopi umani. Di fronte al forte disagio che le popolazioni della Tuscia si sono trovate a dover subire a causa delle inadempienze regionali, come avrebbe potuto l’Ato aumentare il costo della tariffa? Oltre al danno dunque anche la beffa?”.

Meroi ed Equitani si spingono anche oltre: “Ricordiamo inoltre che la cessione dei servizi al gestore unico integrato, non è un atto facoltativo ma un obbligo di legge. Le Regioni avrebbero dovuto governare questo processo sul territorio, attuando i poteri sostituitivi nei confronti dei Comuni inadempienti. Invece per oltre dieci anni la Regione Lazio ha trascurato la situazione creando l’anomalia di far ritrovare penalizzati i Comuni rispettosi della legge che hanno trasferito i servizi alla Talete; questi infatti si sono trovati a dover applicare una tariffa superiore a quella in vigore nei Comuni inadempienti. Lo spirito della Legge Galli era anche quello di uniformare i costi di gestione delle risorse idriche evitando sperequazioni fra ambiti. Paradossalmente si è ottenuto l’esatto contrario, con evidenti disparità di trattamento addirittura all’interno dello stesso Ato. Di fronte ad una situazione del genere – proseguono – ci saremmo dovuti assumere anche l’onere di aggravare ulteriormente i costi in carico alle comunità che hanno agito nel rispetto delle normative?”.

Meroi ha avuto questa mattina un incontro con i legali della Talete per discutere della situazione della società. Domani avrà un incontro con l’assessore regionale all’Ambiente Fabio Refrigeri al quale chiederà chiarimenti in merito alla lettera dei funzionari regionali. “Tornerò inoltre a chiedere – riferisce Meroi – la disponibilità dell’assessore a presenziare una prossima assemblea dei sindaci dove poter avere idee chiare e definitive sulle reali intenzioni della Regione per ciò che riguarda la gestione del servizio idrico e l’eventualità di superare gli ambiti territoriali in favore di un unico Ato regionale, come era stato ipotizzato dalla precedente Giunta regionale. Sono certo – conclude – di interpretare anche il comune sentire dei sindaci della Tuscia ”.

Il presidente ha poi firmato per la prossima settimana la convocazione della conferenza dell’Ato (la data sarà definita nelle prossime ore) che dovrà discutere in ordine all’adeguamento tariffario e alla predisposizione del nuovo piano d’ambito.

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VITERBO, ARSENICO: POTABILE L'ACQUA IN LOCALITA' "CANALE"

Redazione


Viterbo – Il Comune ordina a Talete di assicurare la continuità della gestione del servizio idrico e di distribuzione dell'acqua destinata al consumo umano
La Talete, in qualità di Gestore unico del S.I.I. individuato dall'A.T.O. n. 1 Lazio Nord Viterbo, dovrà assicurare, con decorrenza immediata, la continuità della gestione del servizio idrico e di distribuzione dell'acqua destinata al consumo umano nel territorio comunale di Viterbo, comprensivo degli impianti di dearsenificazione realizzati dalla Regione Lazio in località Canale, San Martino al Cimino (loc. Campo Sportivo), Rio Trai. Il tutto, fino alla definitiva presa in carico, successiva al collaudo degli impianti di dearsenificazione e comunque per un periodo massimo di 6 mesi dalla data di notifica del presente atto.
Questo quanto previsto dalla ordinanza n. 92, firmata dal sindaco Michelini nella serata di ieri relativamente alla concentrazione di arsenico nelle acque del territorio comunale.
La nuova ordinanza va inoltre a revocare la precedente, la n. 91 del 31 ottobre 2013, limitatamente alle disposizioni relative all'impianto di dearsenificazione in località Canale.
Pertanto, l'acqua proveniente da tale impianto, essendo conforme ai requisiti previsti dal D. Lgs 31/2001, come attestato nella nota della Ausl dello scorso 29 ottobre, è ufficialmente idonea al consumo umano.
Già dalle recenti analisi della Ausl risultava infatti che l'impianto di Canale (e la connessa rete idrica Tobia-Carcarelle) erogasse acqua con concentrazione di arsenico pari a 4 microgrammi per litro, e quindi al di sotto della soglia consentita per legge. La stessa Ausl, precisava inoltre che il consumo umano dell'acqua fosse consentito solo a condizione che la Regione Lazio procedesse all'individuazione del gestore responsabile dell'impianto, fino alla presa in carico dello stesso da parte del Gestore unico Talete. In assenza di tali indicazioni da parte della Regione, il sindaco Michelini, a titolo cautelativo, ha ritenuto opportuno interdire l'uso delle acque, limitandolo al funzionamento degli impianti tecnologici e all'igiene domestica.
Considerata la situazione di emergenza legata alla tutela della salute pubblica e quindi all'esigenza di adottare un provvedimento urgente, al fine di scongiurare il protrarsi delle problematiche igienico-sanitarie per la popolazione servita dagli acquedotti di Canale, San Martino e Rio Trai, con la nuova ordinanza, si ordina alla Talete di garantire la continuità della gestione della rete idrica, assicurando il funzionamento degli impianti di dearsenificazione inseriti nei sistemi a rete di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione idrica gestiti nell'ambito dell'intero territorio comunale. Talete dovrà assicurare la gestione di tali impianti dal giorno dell'immissione in rete dell'acqua dearsenificata, fino alla definitiva presa in carico, dopo il collaudo, degli stessi dearsenificatori da parte della Regione Lazio.
“Il Comune di Viterbo – ha sottolineato il sindaco Michelini – non è un corpo estraneo per Talete. Anzi, ne è parte integrante con la maggior quota di capitale sociale rispetto agli altri comuni. Siamo con Talete e vogliamo tutelare gli interessi della società nei confronti della Regione Lazio. Questo però non deve ledere i diritti dei cittadini, né tantomeno contrastare con i loro interessi. Pertanto, se vi è disponibilità di acqua potabile, abbiamo il dovere di certificare tale potabilità. Nel nostro caso, ci troviamo di fronte a parametri ben al di sotto della soglia consentita per legge. Parametri certificati dalla Ausl che ci autorizzano a mettere la parola “fine” ai disagi che finora i cittadini hanno dovuto affrontare in questi mesi. Benvenga una soluzione che possa consentire al nostro Comune di poter superare queste posizioni burocratiche, talvolta incomprensibili e indubbiamente dannose per la cittadinanza”. L'impegno del sindaco Michelini sarà incentrato anche su altro aspetto. “Mi attiverò in tempi brevissimi – ha aggiunto il primo cittadino – per sollecitare la convocazione di un tavolo tecnico, con Regione Lazio, Prefettura, A.T.O. e Conferenza dei Sindaci per la Sanità, al fine di definire, una volta per tutte, il ruolo e le competenze di ciascun soggetto interessato in questa annosa e complessa vicenda dell'arsenico”.

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VITERBO, ARSENICO: NUOVA ORDINANZA DI NON POTABILITA'

Redazione

Viterbo – A seguito della scadenza della deroga da parte dell'Istituto Superiorie di Sanità fissata per il 31 ottobre 2013, il sindaco di Viterbo Leonardo Michelini, dopo aver preso atto delle analisi effettuate dalla Ausl, ha firmato l'ordinanza n. 91, con la quale si limita fortemente l'uso delle acque con concentrazione di arsenico superiore ai 20 microgrammi per litro, riducendo l'utilizzo per gli impianti tecnologici e per l'igiene domestica. Nello specifico, dalle recenti analisi della Ausl riguardanti gli impianti di dearsenificazione sul nostro territorio comunale, risulta che l'impianto di Canale (e la connessa rete idrica Tobia-Carcarelle) stia funzionando ed eroga acqua con concentrazione di arsenico pari a 4 microgrammi per litro e quindi al di sotto della soglia prevista per legge.

Tuttavia, a titolo cautelativo, per l'utilizzo dell'acqua si sta attendendo da parte della Regione Lazio la formalizzazione della presa in carico dell'impianto da parte del soggetto gestore.
Per quanto riguarda invece l'impianto di Pidocchio, anche questo ormai ultimato, si resta in attesa dei prossimi campionamenti da parte della Ausl, in quanto le ultime analisi (23 microgrammi per litro) risultanto antecedenti all'entrata in funzione dell'impianto.