MW3, Call of Duty non è mai stato così grande

MW3 è il nuovo capitolo dello shooter per eccellenza, Call of Duty, disponibile per Pc, PlayStation e Xbox. Questo episodio è il reboot del terzo episodio della saga Modern Warfare, iniziato nel 2019 (qui la nostra recensione) e proseguito l’anno scorso con MW2 (qui la nostra recensione). Prima di esplorare tutto quello che il videogame di Activision ha da offrire, ci sembra più che giusto sottolineare che questo reboot di MW3 è senza dubbio l’episodio più simile al suo predecessore del franchise. Ciò significa anche che a livello grafico non è cambiato molto rispetto al gioco dell’anno scorso: in apparenza, il motore grafico del gioco non ha ricevuto alcun aggiornamento significativo, con solo lievi aggiustamenti ai controlli, al bilanciamento generale delle armi e così via. Ciò significa anche che molte funzionalità di Modern Warfare 2 sono tornate. Framerate fino a 120 fps, gioco incrociato tra tutte le piattaforme, supporto per tastiera e mouse, cursore FOV, tantissime opzioni di accessibilità, schermo diviso, configurazione audio personalizzabile e possibilità di utilizzo delle skin, delle armi e dei pacchetti estetici acquistati in MW2, compreso quello che dà la possibilità di inserire le musiche di MW2 del 2009 scritte da Hans Zimmer (Cosa a nostro parere veramente esaltante). Questo MW3 edizione 2023 offre tre principali aree di gioco: la campagna single Player, il Multigiocatore PVP e la modalità zombi. Parlando della campagna, essa riprende la storia di Modern Warfare 2 dell’anno scorso e bisogna ancora una volta impersonare gli agenti della Task Force 141, con lo scopo di fermare una catastrofe globale. I fan della vecchia scuola saranno felici di sapere che il cattivo questa volta non è altro che Makarov, l’inafferrabile quanto diabolico terrorista russo dell’edizione del 2009, che finalmente trova la sua strada in questa trilogia reinventata. Questo nuovo MW3 ha un taglio ancora più hollywoodiano dei suoi predecessori è un susseguirsi di azione senza sosta, sia essa in modalità stealth che ad armi spianate. Mentre la trilogia originale di Modern Warfare e, in misura molto minore, i due capitoli precedenti di questa serie reboot volevano approfondire alcuni aspetti della guerra come la tortura, il colonialismo, l’invasione, questo nuovo gioco si accontenta di offrire praticamente solo spettacolo e divertimento allo stato puro. Quindi è bene prepararsi ad affrontare una campagna coinvolgente, lunga il giusto (se la si gioca a difficoltà massima come noi abbiamo fatto), e che lascia anche porte aperte per il futuro. La campagna questa volta, a differenza del solito, non è un’esperienza lineare, infatti quasi la metà della storia è giocata attraverso le nuovissime missioni di “combattimento aperto”. In queste missioni il giocatore viene paracadutato in un’area di gioco aperta ma con dei confini, dove può esplorare liberamente le aree e gli edifici circostanti, saccheggiare a piacimento, uccidere gruppi di nemici e completare sotto-obiettivi per avere un quadro più completo della trama. Il completamento delle 15 missioni garantisce diversi sblocchi anche per il multiplayer come: biglietti da visita, XP bonus, nuovi operatori e altro ancora. Nelle missioni aperte possono essere anche trovati specifici nascondigli di armi segrete che garantiscono anche armi sbloccabili per la modalità multiplayer: un incentivo piuttosto ingegnoso per i fan dell’esperienza competitiva a cimentarsi in questa campagna, per quanto banale possa essere. In definitiva, possiamo definire la campagna di questo MW3 un’esperienza differente dal normale, ma comunque appagante.

Parlando della modalità multigiocatore online, MW3 offre davvero moltissimo. E’ bene sottolineare che il PvP è anche il contenuto sul quale gli appassionati trascorreranno la stragrande maggioranza del tempo, alternandolo alla futura versione di Warzone in uscita a dicembre, quindi ci aspettavamo grandi cose da questo. E che dire, siamo rimasti piacevolmente colpiti. Nonostante le 16 mappe presenti siano le stesse di MW2 del 2009, questo per gli appassionati di vecchia data è davvero un vero e proprio sogno che diventa realtà. Alcuni si sono lamentati che questo “porting” mettesse in evidenza una certa pigrizia nello sviluppare nuovi contenuti, ma vi possiamo dire che quelle arene di gioco ancora oggi funzionano davvero bene e sono senza dubbio molto più appaganti di tante nuove mappe inserite negli anni passati. Insomma, al netto della discutibilità dell’operazione, è sufficiente guardarsi intorno per rendersi conto di quanto entusiasmo ci sia da parte dei giocatori al solo pensiero di ritornare a giocare su Terminal, Rust, Highrise, Scrapyard e in tutti gli altri luoghi che hanno fatto la storia della serie. Dal punto di vista strutturale, le 16 mappe sono fedelissime alle originali e le modifiche apportate dagli sviluppatori sono davvero impercettibili. Lo studio ha prevalentemente lavorato alla veste grafica e artistica, che in questo caso si concede qualche piccola libertà al fine di colmare lo scarso quantitativo di dettagli che c’era nelle ambientazioni del 2009. Proprio a causa della conformità alle mappe originali, avviare un match di MW3 è come fare un tuffo nel passato e ci si sente sin dal primo istante a casa. Se poi si prende in considerazione il fatto che col supporto post-lancio arriveranno anche scenari come Shipment, Shoot House e le altre mappe iconiche della serie, è chiaro che questa modalità sia destinata a diventare sempre più interessante. Se giocare in queste arene è un gran piacere, non possiamo dire lo stesso dei grossi scenari di guerra pensati per le due modalità su vasta scala, ossia Guerra Terrestre e Invasione che rappresentano il vero tallone d’Achille della produzione Activision. Per quanto non ci siano dispiaciute le porzioni dell’Urzikstan che sono state utilizzate come mappe per questa componente del multiplayer, continuiamo a trovare poco adatto il gameplay di Call of Duty a modalità le cui regole si addicono molto di più ad un gameplay in stile Battlefield. Tra veicoli, serie di uccisioni e cecchini, questi match tendono a essere piuttosto caotici e poco appaganti. Discorso diverso vale per la modalità Guerra, grande ritorno dal passato della serie. Questa modalità a obiettivi che prevede che un team svolga il ruolo di attaccante mentre l’altro quello di difensore, è strutturata in tre fasi: prima si procede con la contesa di un paio di punti di controllo, poi si scorta un carro e infine, una volta scesi in un bunker, ci si scontra per conquistare una stazione di lancio missilistica. Pur essendo divertente da giocare, questa modalità offre al momento una sola arena e dopo un paio di partite inizia a risultare assai ripetitiva. Ad utilizzare invece le mappe classiche è Tagliagole, basata sul vecchio Scontro, visto per la prima volta nel capitolo del 2019. Dal momento che non vi sono poi grosse modifiche rispetto alla modalità originale, chi apprezza questo tipo di match competitivi si divertirà anche in duelli 3vs3vs3 senza respawn. L’unico elemento che ci ha fatto storcere il naso riguarda la presenza dei loadout personalizzati, visto che in Scontro le classi venivano generate casualmente, così da garantire un certo equilibrio. Insomma, le mappe di Call of Duty MW3 saranno anche le stesse del 2009, ma sul piano ludico è stato svolto un lavoro notevole da parte di Sledgehammer Games, che garantisce un’esperienza di gioco quanto più vicina possibile a quella dei primissimi Modern Warfare e che sistema alcuni passi falsi compiuti da Infinity Ward con il precedente capitolo.

Per quanto riguarda la giocabilità, gli sviluppatori hanno rimosso il tanto criticato sblocco progressivo dei perk nel corso dei match, hanno introdotto un Time To Kill più elevato che fornisce qualche istante in più per reagire al nemico e hanno infine modificato in maniera importante il movimento. Tutte le possibilità, incluso lo slide cancel, sono tornate e funzionano perfettamente. A migliorare il gameplay non è solo la reintroduzione di queste meccaniche, ma anche una serie di modifiche meno esplicite che però hanno reso ogni singolo aspetto più fluido: mirare, sparare, scivolare, arrampicarsi e muoversi sono tutte azioni che risultano più gradevoli rispetto al passato. A beneficiare di tutte queste migliorie è anche il ritmo di gioco, che in Modern Warfare 3 è più sostenuto e sembra quasi che le azioni a schermo accadano più velocemente. A sposarsi perfettamente con il rinnovato gameplay del titolo Sledgehammer è la Posizione Tattica, una meccanica inedita che permette al giocatore di alternare con la pressione di un tasto la modalità di mira. Attivando la posizione tattica, l’operatore inclina l’arma in maniera simile a quanto accadeva con alcuni mirini laser nelle campagne dei vecchi capitoli: in questo modo, è possibile far fuoco con una certa precisione quando il bersaglio è a corta/media distanza e consente al tempo stesso di muovere la telecamera con un’agilità assai superiore rispetto alla tradizionale modalità mirino. A nostro giudizio quindi l’esperienza multiplayer di questo Call of Duty MW3 è la migliore tra quelle viste negli ultimi anni, senza ombra di dubbio. Se proprio dovessimo cercare una pecca, a nostro avviso andrebbe introdotto un migliore sistema di composizione dei match in base all’abilità dei player. Molto spesso infatti ci si trova in stanze con giocatori estremamente bravi o estremamente scarsi e questo sbilancia alcuni match. Inoltre segnaliamo su Xbox (piattaforma su cui abbiamo testato il gioco) l’impossibilità di disattivare il cross-platform con il pc e con i giocatori dotati di mouse e tastiera che letteralmente rovinano le partite. Purtroppo anche impostando dalle impostazioni console il blocco del cross-platform, il gioco obbliga i giocatori a riattivarlo o a non poter giocare online. Una vera pecca per chi vuole godersi qualche partita senza frustrazione. A non averci convinto totalmente è il sistema di progressione e di sblocco. Nei vecchi giochi della serie, tutto si basava sull’accumulo di esperienza: coi gradi si sbloccavano armi, perk ed equipaggiamento, e con i livelli arma i vari accessori. In questo caso, però, solo alcuni degli oggetti citati sopra fanno parte delle ricompense che si ottengono livellando, mentre buona parte dell’arsenale si ottiene attraverso il completamento di missioni settimanali o delle cosiddette Sfide dell’Armeria. Nel primo caso si tratta dei classici obiettivi proposti settimanalmente che garantiscono l’accesso a versioni alternative delle bocche da fuoco. Le Sfide dell’Armeria sono invece più intricate, poiché ruotano tutte intorno al completamento degli incarichi giornalieri. In poche parole, stiamo parlando di una schermata in cui il giocatore può liberamente selezionare il pezzo d’equipaggiamento da sbloccare: dopo aver portato a compimento il numero di sfide quotidiane richieste, questo verrà permanentemente aggiunto alla collezione. Fortunatamente però, grazie alla modalità Zombi, livellare le armi e bloccare i componenti è più semplice che in PvP, quindi il procedimento resta comunque lungo ma meno frustrante

Per quanto riguarda la terza tipologia di gioco offerta da MW3, ossia quella zombi, essa di chiama MWZ ed è un misto fra Dmz e la classica modalità dedicata ai non morti. Per chi non lo sapesse, Zombies è un’esperienza per giocatore singolo e cooperativa immensamente popolare, originariamente immaginata da Treyarch e diventata un punto fermo del franchise per molti capitoli, specialmente nella serie Black Ops di Call of Duty. Giochi. Queste mappe, nel corso degli anni, sono state un mix geniale e avvincente di design di livelli ingegnosi ed espansivi, cacce contorte alle uova di Pasqua e alcuni dei poteri più soddisfacenti mai visti in qualsiasi videogioco tramite potenziamenti e armi aggiornabili, il tutto circondato da ciò che inizialmente potrebbe apparire come uno sparatutto infinito di orde di zombi standard. Gli Zombies di quest’anno però difficilmente possono essere affrontati come in passato. La struttura stessa del gioco infatti è totalmente differente rispetto a quanto visto in precedenza. Nel bene o nel male MWZ è DMZ con i morti viventi. A conti fatti, vi è una vera e propria fusione fra il gameplay in loop tipico della modalità PvPvE e quello di Zombies, visto che ritroviamo tutti quelli che sono gli elementi cardine di entrambe le esperienze ad eccezione della componente competitiva, qui del tutto assente. In giro per l’Urzikstan, la futura mappa di Warzone, bisogna farsi largo tra infetti, cani demoniaci e boss provenienti dalle passate iterazioni della modalità al fine di completare contratti e accumulare tutte quelle risorse utili a potenziare le bocche da fuoco e l’operatore stesso. Come accennato poco fa, i capisaldi di Zombies ci sono tutti e ancora una volta sarà possibile acquisire abilità uniche ingurgitando bevande speciali e conferire poteri alle armi grazie al Pack-A-Punch. Ad affiancare tutte queste meccaniche c’è il medesimo gameplay di DMZ, il cui sistema di looting è invariato: l’unica piccola differenza risiede nell’interfaccia, poiché gli sviluppatori hanno deciso di modificare lo sfondo di armi e oggetti e renderlo colorato, così che la comprensione della rarità del bottino sia immediata. Dopotutto i non morti spuntano di continuo e restare fermi di fronte ad un forziere per decine di secondi sarebbe assai rischioso. Ovviamente anche il meta è quello già visto e, attraverso menu che sono pressoché identici a quelli di DMZ, si possono gestire le risorse ottenute in precedenza e avviare così una nuova partita con un piccolo vantaggio, che si tratti di armi potenziate o di bevande che forniscono power-up. Sebbene il riciclo sia sotto gli occhi di tutti, dobbiamo sottolineare che questa inaspettata fusione funziona piuttosto bene. Per com’è impostata questa Zombies open world di MW3, i giocatori possono sia scendere in pista e darsi al massacro di non morti senza stare troppo a pensare agli obiettivi, sia dedicarsi alle missioni della storia (identiche ai contratti di DMZ, sebbene se ne possa attivare solo una alla volta) o al completamento dei vari easter egg. Esiste anche una sorta di progressione interna della partita, visto che più ci si addentra nel cuore dell’Urzikstan e maggiore è la resistenza dei nemici, i quali diventano estremamente pericolosi nell’area più interna, colorata di rosso sulla mappa. È chiaro, i puristi della modalità Zombies a round potrebbero storcere il naso di fronte ad una simile impostazione, ma è indubbio che fra tutte le sperimentazioni avvenute negli ultimi anni sulla modalità creata da Treyarch, questa sia la più riuscita. Per chi si stesse chiedendo: “Ma esiste una storia in questo MWZ? La risposta è si. Compiendo determinate missioni infatti si proseguirà lungo una trama suddivisa in tre atti che fa luce su come mai è esplosa l’epidemia e che porterà i giocatori a fare di tutto per fermare la piaga. Tirando le somme, oltre a quanto detto fino ad ora, MW3 offre il solito bellissimo doppiaggio in lingua italiana, musiche memorabili, un gameplay solido e rodato, ma anche una fruibilità senza pari. Insomma, Call of Duty da sempre fa parlare di se, c’è chi lo ama, chi lo odia, chi lo critica e chi lo idolatra, ma c’è sicuramente da dire una cosa: MW3 è un altro splendido capitolo del franchise che è destinato a far parlare di se e a rimanere nella storia.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Ghostrunner 2, rapido, letale e spietato

Ghostrunner 2 è il sequel dell’omonimo titolo disponibile per Pc, Xbox e PlayStation. Questo nuovo capitolo ha inizio un anno dopo la conclusione del gioco originale, anche se è tranquillamente godibile a sé stante. Nel caso in cui non si abbia avuto la possibilità di giocare il primo Ghostrunner, basta sapere che, in seguito ad un devastante cataclisma, la Terra è divenuta un luogo inospitale, e gli ultimi uomini si sono rifugiati nella Dharma Tower, una struttura megalitica verticale nella quale si è scatenata una lotta tra l’Architetto, creatore della torre, e la Keymaster, sua ex alleata che lo ha tradito. In questa situazione a dir poco caotica un ruolo fondamentale è stato giocato da Jack, un uomo dotato di potenziamenti cybernetici noto come Ghostrunner che l’Architetto ha usato per sconfiggere la Keymaster, ma finendo egli stesso vittima della propria ambizione. Ad un anno da questi eventi, le cose sono cambiate alla Dharma Tower: se è vero che la popolazione è ora finalmente libera dall’oppressione, senza la guida dell’Architetto o della Keymaster si sono venute a formare delle bande di criminali e violente sette religiose che rendono un inferno la vita dei cittadini. Per fronteggiare questi problemi si forma quindi il Consiglio dell’Interfaccia, ossia un gruppo di persone determinate a portare l’ordine nella torre una volta e per tutte. Ghostrunner 2 ha inizio proprio con l’incontro di Jack con i membri del Consiglio, tra i quali c’è la sua vecchia alleata Zoe, i quali gli chiedono di indagare ed affrontare le nuove minacce che minano il futuro della Dharma Tower. Il susseguirsi degli eventi porterà i giocatori a scoprire dei nuovi pericolosissimi nemici, e soprattutto li condurrà all’esterno della torre, nel mondo ormai caduto in disgrazia che si rivelerà non essere poi così deserto come si pensava. Il tutto condito da frequenti capatine nel Cybervuoto, il cyberspazio che Jack aveva distrutto alla fine del precedente capitolo quando ha attaccato l’Architetto, ma che fa il suo ritorno grazie ad una folle setta religiosa che, neanche a dirlo, bisognerà eliminare a tutti i costi. Detto ciò, parlando di gameplay possiamo dire che Ghostrunner 2 impegna i giocatori con una rivisitazione delle meccaniche del primo gioco, con l’aggiunta di tante nuove dinamiche. Alla base di tutto c’è un parkour-action game in prima persona, dove, nei panni del cyber-ninja Jack ci si deve muovere in un mondo ricco di piattaforme fisse o mobili sulle quali saltare, muri sui quali correre, punti d’aggancio su cui fissare il rampino, trampolini che lanciano in aria, rotaie da grindare e altro ancora, questo sia in sezioni esclusivamente platform che in arene con molti tipi di nemici diversi. Insomma, il mood del gioco è “rimanere sempre in movimento e in vita superando ostacoli e uccidendo i nemici”. I livelli con i nemici sono disegnati infatti in modo che, restando fermi, si è esposti sia ad attacchi in corpo a corpo che da lontano, quindi il modo migliore per avere la meglio è tenersi sempre in movimento saltando, scivolando e correndo sulle pareti, facendo fuori gli avversari uno alla volta finché il livello non è completamente ripulito. C’è da dire però che questa non è affatto un’impresa facile, infatti il gioco è categorizzabile fra quei titoli che, a causa di una difficoltà molto elevata, richiedono molti, anzi moltissimi tentativi per riuscire e il miglioramento costante delle abilità del giocatore per poter proseguire. Basti dire che la morte arriva con un solo colpo ricevuto, di qualsiasi tipo esso sia: basta subire un attacco in corpo a corpo o ricevere un proiettile, e si ricomincia lo scontro tutto dall’inizio. E’ per questo che ci si deve sempre tenere in movimento, per evitare i colpi nemici mentre piano piano se ne sfoltiscono le fila. Per raggiungere tale scopo il gioco mette a disposizione diversi strumenti: i più importanti sono la parata e lo scatto, che permettono di bloccare ed evadere i colpi nemici. La katana e gli shuriken invece consentono di eliminare gli antagonisti dalla corta e media distanza. Anche i nemici (boss esclusi) muoiono con un singolo colpo, quindi di fatto il gioco sta tutto nel cercare di raggiungerli e farli fuori prima che loro lo facciano con Jack. E credeteci, riuscire a portare a termine l’avventura richiede una grandissima dose di pazienza e di calma.

Gli strumenti sopracitati che accompagnano il protagonista lungo tutto il corso di Ghostrunner 2 diventano molto più potenti man mano che si sblocccano nuove abilità, ottenute sotto forma di chip di potenziamento che possono essere installate sulla “scheda madre”. Eliminando i nemici, infatti, si ottengono crediti spendibili in apposite postazioni per l’acquisto dei chip, che possono poi essere installati in quantità limitata (anche questa aumentabile trovando appositi “chip di memoria”) per dotare Jack di nuove abilità come: la possibilità di respingere al mittente i colpi nemici con una parata perfetta, l’immunità ai colpi mentre si scatta o anche una comodissima funzione d’invisibilità, ovviamente dalla durata ridotta, che permette di avere un attimo di respiro mentre si raggiunge un nemico particolarmente difficile da abbattere. Un’altra funzione molto utile è poi lo “scatto sensoriale”: invece di premere il pulsante dorsale destro per scattare, se lo si tiene premuto si può rallentare per pochi secondi il tempo, e se lo si fa mentre si è in aria ci si può anche spostare leggermente a destra o sinistra, consentendo al ninja di togliersi dalla linea di tiro dei nemici per poi raggiungerli e farli fuori con uno scatto fulmineo. Man mano che si prosegue l’avventura, poi, vengono introdotti continuamente nuovi elementi, sia sotto forma di sfide di platforming – come ad esempio griglie elettrificate che si possono disattivare con gli shuriken mentre si sta grindando su una rotaia verso di esse oppure degli elementi del Cybervuoto ai quali è possibile cambiare stato per renderli solidi o intangibili mentre si corre a tutta velocità nei livelli – sia come nemici, che dai primi semplici archetipi si modellano verso forme sempre più letali che sparano raggi laser non bloccabili, che sono dotati di scudi oppure grandi mech che lanciano onde di plasma. Questo fa sì che per ogni sezione, sia questa di puro platforming o di combattimento, sia necessario studiare bene a fondo la strategia da adottare per uscirne vivi, e saranno spesso necessarie numerose morti prima di aver capito bene come fare ed aver padroneggiato il livello. L’intenso prova-muori-ritenta è un elemento alla base del design stesso di Ghostrunner 2, quindi è necessario aspettarsi di provare e riprovare più e più volte molte sezioni. Insomma, Ghostrunner 2 non è un titolo per chi non ha pazoenza o si arrende subito, ma anzi è un modo per mettersi alla prova e mantenere i nervi ben saldi nelle situazioni più critiche. Quanto detto fino a ora, però, rappresenta solo il cuore del gioco, le novità più importanti infatti vengono fuori solo a metà della storia, più o meno dalla decima ora di gioco in poi. Infatti, dopo aver svolto un’importante boss fight, ci si troverà a bordo di una velocissima moto, proiettati verso il mondo all’esterno della Dharma Tower. La moto introduce alcune meccaniche di gameplay completamente nuove, facendo sfrecciare il protagonista per le strade di una wasteland quasi del tutto spopolata e costringendo i giocatori a compiere numerosi salti e cambi di strada per evitare burroni e gruppi di auto abbandonate, senza considerare tunnel e strutture in cui le sfide di “guida acrobatica” diventeranno ancor più impegnative e complesse. La moto dispone anche di un mitragliatore montato sul lunotto, quindi in alcuni momenti sarà possibile spazzare via i gruppi di nemici che sbarrano la strada. Di tanto in tanto, bisogna scendere dalla motocicletta in quanto alcuni cancelli chiusi sbarrano il passaggio ed è necessario liberare l’area dai nemici in sezioni di combattimento analoghe a quelle nella torre, aprire il cancello per poi proseguire nella storia. Non contenti, nelle ore finali del gioco gli sviluppatori di One More Level hanno introdotto un’ulteriore meccanica di gioco, la tuta alare, che permette al protagonista di sfrecciare tra piattaforme lontane, magari mentre sotto di esso gruppi di nemici attendono il suo arrivo. La continua introduzione di nuove meccaniche come queste contribuisce a rendere il gioco sempre molto vario e mai stancante, fino all’epilogo della storia che arriva oltre le 20 ore di gioco. Un bel passo in avanti se si considera che il primo Ghostrunner durava circa 8 ore e ci si muoveva solo a piedi.

Di grande pregio anche gli scontri coi boss, decisamente più coreografici, impegnativi e coinvolgenti rispetto a quelli visti nel capostipite della saga. I nemici principali difatti vantano moveset più articolati, che bisogna comprendere e studiare per avere la meglio. Si passa da duelli all’arma bianca contro avversari umanoidi a titaniche battaglie contro avversari di proporzioni colossali in alcuni dei momenti più incisivi della campagna: un passo avanti sostanziale rispetto a quanto visto nella precedente iterazione. Al fianco dell’avventura principale, infine, troviamo la modalità Roguerunner.exe che, come il nome suggerisce, è un’interpretazione in salsa roguelite dell’impianto ludico classico di Ghostrunner. In buona sostanza si tratta di una serie di stanze di difficoltà variabile e generate proceduralmente che sarà necessario completare per sbloccare nuovi potenziamenti utili a proseguire nella scalata. Non è nulla di particolarmente rivoluzionario ma è di certo un’altra aggiunta gradita. Ghostrunner 2 sfoggia una presentazione visiva di tutto rispetto. I modelli poligonali dei nemici, dei protagonisti e delle ambientazioni appaiono sufficientemente curati, le texture sono di buona fattura e anche le animazioni risultano convincenti. La direzione artistica, dal canto suo, propone una visione a base di neon e colori sgargianti di un universo cyberpunk oscuro e distorto, un contrasto che funziona e contribuisce a creare un’eccellente atmosfera. L’Unreal Engine 4, inoltre, riesce a gestire correttamente il carico di lavoro e i ritmi fulminei che caratterizzano il titolo, assicurando un’esperienza molto fluida e scorrevole, elemento vitale per un prodotto di questo genere. Eccellente anche il comparto sonoro, con una selezione musicale composta da brani synthwave e un ottimo doppiaggio in inglese. Tirando le somme, questo Ghostrunner 2 è un gioco che dà estrema soddisfazione, ma, come già detto, metterà a dura prova i nervi dei giocatori, anche dei più skillati. L’avventura di Jack stavolta è davvero bella difficile e prima di vedere la parola fine bisognerà impegnarsi al mille per mille. Ma alla fine che soddisfazione! Eh già perche quest’avventura è uno di quei giochi che una volta finito ti lascia qualcosa dentro.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay:9

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Metal Gear Solid Master Collection: Vol. 1, le origini del mito non muoiono mai

Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1è realtà. Si avete capito bene, il bundle delle meraviglie non è un sogno, è qui ed è pronto per essere giocato su Pc, Xbox, Switch e PlayStation. A oltre otto anni dall’uscita dell’ultimo capitolo canonico della serie, la saga che ha consacrato Hideo Kojima tra i game designer più noti del mondo dei videogames torna con una riedizione che ne celebra i 35 anni riportando su console di nuova generazione i primi cinque capitoli canonici e numerosissimi extra. Metal Gear Solid: Master Collection Vol.1 raccoglie così i primi tre capitoli principali della saga, ma anche i primi due Metal Gear nella versione originale per MSX, oltre ai bonus delle versioni Integral, Substance e Subsistence, persino nelle loro varianti regionali. Un pacchetto che punta tutto sulla fedeltà e sulla nostalgia, concedendo ai fan di vecchia data di rigiocare gli inizi della saga e a chi se li è persi di recuperarli in un unico magnifico bundle. Un’operazione conveniente insomma da parte di Konami anche in vista del futuro remake di Metal Gear Solid 3. Ci teniamo a sottolineare che i due Metal Gear per MSX, pubblicati rispettivamente nel 1987 e nel 1990 sono un valore aggiunto per chi ha vissuto quegli anni magici e si tratta, in questo caso, di puro retrogaming. Due chicche che attireranno l’attenzione solo dei veri nostalgici, dei completisti, di chi intende approfondire la propria conoscenza con la saga. Il cuore pulsante del gioco ovviamente sono la presenza di Metal Gear Solid, Metal Gear Solid 2 Sons of Liberty e Metal Gear 3 Snake Eater. Ovviamente l’originale Metal Gear Solid si pone come il titolo più rappresentativo di questa Master Collection, nel senso che evidenzia tanto il potenziale quanto i chiarissimi limiti del lavoro svolto da Konami. Il gioco appare infatti così com’era nel 1998, a una risoluzione improponibile su di uno schermo 4K e con due ampie cornici laterali legate alla mancanza dei 16:9. Dal menu principale è possibile selezionare la versione con cui ci si vuole cimentare, originale o Integral, nonché accedere alle espansioni Special Missions / VR Missions, che includono una serie di sfide extra rispetto alla campagna. Quest’ultima vede Solid Snake infiltrarsi nell’isola di Shadow Moses, in Alaska, per impedire a FOXHOUND di utilizzare il potente Metal Gear Rex e lanciare un attacco nucleare contro gli Stati Uniti. Per chi ha provato l’esperienza di Metal Gear Solid ai tempi dell’uscita su PlayStation, vestire nuovamente i panni di Snake si rivela senz’altro un’esperienza curiosa ed emozionante, al punto che la mancanza di ottimizzazioni e migliorie passa quasi in secondo piano, e per assurdo tutti quei pixel giganteschi e quei modelli spigolosi finiscono per assumere un valore nostalgico. Del resto sul fronte della direzione il gioco ha ancora molto da dire, e quel doppiaggio in italiano così traballante ma nel contempo che dona quel qualcosa in più a tutta l’avventura resta comunque un pezzo di storia. Allo stesso tempo, il gameplay stealth immaginato da Kojima per questo primo episodio tridimensionale sente inevitabilmente il peso degli anni, risultando ruvido e legnoso soprattutto durante i combattimenti, nonché viziato da quei limiti legati alla gestione della visuale che costituiscono in pratica un marchio di fabbrica per la serie, un meccanismo fondamentale e irrinunciabile. In ogni caso, come già detto, Metal Gear Solid è e rimane il titolo più desiderato, amato e voluto dai fan.

Il secondo capitolo presente nella Master Collection Vol. 1 è quello della versione HD firmata da Bluepoint Games nel 2011. Metal Gear Solid 2 offre un’avventura incredibilmente più avanzata di quella precedente, e da ogni punto di vista possibile. Per dar corpo a un racconto decisamente attuale e pensato per riflettere sui rischi dell’informazione liquida, Kojima non ha esitato a ingannare ripetutamente i giocatori con tante bugie, a cominciare da quella legata al vero protagonista. Una volta concluso “Tanker”, il prologo di Sons of Liberty, gli utenti restavano infatti di stucco quando abbandonavano i panni di Snake per vestire quelli di Raiden, un giovane sconosciuto impegnato in una missione sin troppo simile a quella di Shadow Moses per non destare sospetti. La trama ha i suoi eccessi ma è avvincente e si sviluppa sia tramite le conversazioni al codec, sia attraverso cutscene dall’ottimo taglio registico. Le espressioni facciali non riescono a nascondere l’appartenenza alla prima era PS2: ci pensano le grandi interpretazioni degli attori a mantenere alto l’interesse nei confronti dei personaggi. Gli addetti ai lavori non hanno purtroppo sistemato le imprecisioni e i refusi della traduzione in italiano e questa ci sembra francamente un’occasione sprecata. Ancora una volta insomma sono i meriti dell’opera originale a far risplendere questa versione in 1080p. Ben più agile e responsivo rispetto allo “spigoluto” Snake sulla prima PlayStation, Raiden può nuotare, appendersi alle ringhiere, scavalcare ostacoli ed eseguire rapide schivate, come pure affidarsi a una visuale in soggettiva per sparare ai nemici con precisione. A questo proposito, i soldati reagiscono con coerenza ai danni subiti e sanno anche difendersi con un’efficacia degna di produzioni moderne. Cambi di coperture, assalti coordinati e fughe dal protagonista per chiamare gli alleati: questi sono solo alcuni esempi dei comportamenti di quella che resta un’IA davvero convincente, capace di far vivere attimi di panico quando – nelle fasi di allerta – ci si nasconde in un armadietto sperando che gli assalitori corazzati tornino da dove sono venuti. Insomma, il salto do qualità estetico è notevole, le sorprese ci sono e sicuramente chi non lo ha mai giocato avrà di che divertirsi.

Anche nel caso di Metal Gear Solid 3: Snake Eater ci si trova dinanzi alla remaster del 2011 firmata Bluepoint Games, caratterizzata da una discreta resa su Xbox Series X grazie ai 1080p a 60 fps, sebbene lo stile grafico e l’effettistica tipici di tante produzioni giapponesi dell’epoca risultino invecchiati male. Narrativamente questo episodio è il prequel da cui ha origine la saga che si sviluppa poi con Peace Walker e Metal Gear Solid V: The Phantom Pain; non a caso è ambientato negli anni ’60, durante la Guerra Fredda, e ci mette al comando di Naked Snake durante una delicata missione di salvataggio che si trasforma ben presto in qualcosa di decisamente più complicato. Come avvenuto per Sons of Liberty, il gameplay tradizionale della serie compie dei passi in avanti, vengono introdotti alcuni elementi survival e il sistema di combattimento si apre a tante nuove possibilità, specie restando nell’ambito dell’azione stealth, con Snake che può farsi scudo dei nemici, interrogarli per carpire informazioni importanti e sfruttare elementi dello scenario a proprio vantaggio. Tanto in termini di meccaniche quanto in termini di direzione, narrazione e resa visiva, Snake Eater si pone inevitabilmente come il contenuto più attuale della Master Collection e, pur restando piuttosto spigoloso in diversi frangenti, è ancora in grado di trasmettere grandi emozioni durante le sue sequenze più significative e importanti, come il celeberrimo confronto finale. Tirando le somme: alla domanda vale la pena acquistare Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1? A livello contenutistico, l’operazione è clamorosamente fondamentale per chi ha intenzione di farsi una cultura in ambito videoludico, oltre ovviamente a parlare a quel pubblico sempre folto di persone che hanno nostalgia del periodo a cavallo tra la fine delgi anni ‘90 e i primi del 2000. Bisogna dire che molti giocatori si aspettavano qualcosa di più da questa riedizione, e diciamo che a conti fatti Konami ha fatto davvero il minimo indispensabile: è stata probabilmente presa una copia della HD Collection del 2007, è stata copiata su un disco e da lì replicato per rifornire i negozi. Zero, niente di più di questo, e dire che bastava poco per rendere una cosa gia bella di suo davvero splendida. Va però anche segnalato un elemento da non dimenticare: le intenzioni di Konami sono sempre state sincere, e nessuno, durante la promozione marketing, ha mai parlato di particolari migliorie o stravolgimenti. Se si sperava in una remastered corposa graficamente e tecnicamente, la Master Collection non la è. Non ha mai voluto esserlo. Lo dice il nome stesso: Collection, non Remastered. Quindi prima si entra in questa ottica, prima si capirà che l’intento di Konami era solo quello di preservare questi grandi titoli che tanto hanno dato all’industria videoludica. A nostro parere, sia che si giochi da Pc, che da Xbox, da PlayStation o da Switch, è quello che questa Collection vada assolutamente acquistata e giocata come si deve.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 8,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Xbox & Bethesda Games Showcase, 12 mesi di grande gaming

All’Xbox & Bethesda Games Showcase, è stata annunciata un’incredibile lineup di giochi, con contenuti diversificati rivolti a un’ampia platea di giocatori. Lo show di quest’anno ha mostrato le novità previste su Xbox nel prossimo anno: a partire da questa settimana con Microsoft Flight Simulator, Xbox punta a rilasciare lanci e update di contenuti su base mensile. Lo showcase ha avuto come protagonisti più di 30 titoli in arrivo su Xbox Game Pass nei prossimi 12 mesi, il meglio tra le centinaia di contenuti attesi per il 2022/2023. Un’ulteriore conferma di quanto il servizio in abbonamento Xbox Game Pass sia il modo più semplice per scoprire nuovi giochi, con accesso su console, PC o via cloud. Inoltre, l’Xbox & Bethesda Games Showcase ha rivelato una strepitosa lineup di videogames prevista su Xbox nel 2023: dall’attesissimo Redfall sino a Minecraft Legends, da Forza Motorsport, il racing game più tecnicamente avanzato di sempre, sino ad arrivare all’open-world RPG più aspettato degli ultimi 20 anni, Starfield. Le novità di Xbox per il prossimo anno sono davvero tante. Oltre a titoli realizzati da partner di tutto il mondo, come Diablo IV, è stata annunciata una partnership tra Xbox Game Studios e Kojima Productions per la realizzazione di un nuovo titolo; inoltre, grazie alla collaborazione con Riot, alcuni dei giochi più popolari al mondo, tra cui League of Legends e Valorant, saranno disponibili su Xbox Game Pass. Di seguito vi proponiamo il video dell’intero evento.

Ma andiamo ad esaminare tutti i titoli nello specifico: Microsoft ha dato inizio alla sua carrellata di presentazioni con Redfall, uno dei titoli più attesi dal pubblico per questa manifestazione. Redfall è uno sparatutto cooperativo open-world a tema horror sviluppato da Arkane Austin. Il gioco è ambientato in Massachusetts e ruota intorno alla caccia ai vampiri e alle creature soprannaturali. Durante il trailer viene presentato un ricco spaccato di gameplay che mostra un po’ di “tiro al vampiro” cooperativo e quattro personaggi giocabili. L’uscita del gioco è prevista nel 2023 su PC e console Xbox, anche come parte del Game Pass.

Di seguito è stato presentato Silksong, il seguito dell’acclamato Hollow Knight. Il software era stato annunciato per la prima volta nel 2019 e da allora le notizie non sono state molte. Lo showcase di Microsoft & Bethesda ha presentato un nuovo trailer di gameplay, ma non è stata fornita una data di uscita.

Poi è stata la volta del nuovo gioco del creatore di Rick e Morty, High on Life è firmato da Squanch Games di Justin Roiland. High on Life rappresenta il terzo titolo dello studio, dopo Trover Saves the Universe e Space Heroes ed uscirà nel 2022.

Il primo annuncio bomba dell’evento è stato quello di una partnership tra Microsoft e Riot Games, che vedrà l’arrivo su Game Pass dell’intero catalogo di Riot Games. Divenuta famosa soprattutto grazie al MOBA League of Legends, Riot Games ha poi espanso il suo orizzonte con ulteriori giochi dedicati allo stesso universo, come League of Legends Wild Rift (la versione mobile di LoL), Legends of Runeterra (gioco di carte), Teamfight Tactics (gioco tattico a turni) e con lo sparatutto competitivo Valorant. A partire dal prossimo inverno tutti questi giochi saranno disponibile su Xbox Game Pass. E dato che si tratta per lo più di titoli free to play, i possessori di abbonamento Game Pass riceveranno dei contenuti bonus all’interno di ciascun gioco. Di seguito la lista di tutti questi contenuti nel dettaglio.

League of Legends (PC) – Tutti i campioni sbloccati
League of Legends Wild Rift (Mobile) – Tutti i campioni sbloccati
Legends of Runeterra (PC e Mobile) – Foundation Set sbloccato
Teamfight Tactics (PC e Mobile) – Piccole Leggende sbloccate
Valorant (PC) – Tutti gli agenti sbloccati

Seguito dell’acclamatissimo A Plague Tale: Innocence, A Plague Tale: Requiem era già apparso nel corso del Tribeca Game Show, ma si è mostrato anche all’Xbox & Bethesda Games Showcase con un trailer di gameplay decisamente imponente. I protagonisti sono sostanzialmente gli stessi del primo episodio: Amicia, suo fratello Hugo, un medioevo impietoso e violento e… la peste portata da orde infinite di ratti che sciamano dappertutto e provengono da ovunque. Il gioco sarà realizzato in Unreal Engine 5 e darà peso al combattimento oltre che a dinamiche puramente stealth. La data di uscita non è stata precisata, ma la finestra di lancio è il 2022. Il gioco farà parte del programma Xbox Game Pass sin dal Day One.

Forza Motorsport tornerà con un nuovo episodio di una delle serie che sono diventate nel tempo il simbolo di Microsoft. Il gioco ha fatto la sua comparsa allo showcase con un corposo trailer di gameplay. Come sempre il gioco farà del dettaglio grafico e del buon uso delle tecnologie d’avanguardia suoi punti cardine. Gli sviluppatori hanno tenuto un breve intervento sul palco per discutere delle migliorie grafiche apportate con il Ray Tracing, del grande realismo fisico che caratterizzerà le corse e anche altri elementi di dettaglio, riguardanti il fattore meteorologico, il ciclo giorno/notte, i danni alla carrozzeria e l’esteso e minuzioso sistema di personalizzazione delle auto. Forza Motorsport uscirà per PC e console Microsoft nella primavera del 2023 e farà parte del programma Xbox Game Pass fin dal Day One.

Microsoft Flight Simulator riceverà un’edizione estesa con tanti nuovi modelli aerei e altre aggiunte in occasione del quarantesimo anniversario della serie. Microsoft Flight Simulator 40th dovrebbe arrivare a novembre 2022 e conterrà un ampio parco di veicoli da pilotare, tra ultraleggeri, elicotteri, alianti e molto altro. Come gradita (ed inattesa) aggiunta, Microsoft ha mostrato, in un breve trailer, un velivolo… molto particolare che si potrà pilotare in Microsoft Flight Simulator, stiamo parlando del Pelican di Halo, che è stato aggiunto sin dal termine della conferenza.

Overwatch 2, seguito dell’acclamatissimo sparatutto in prima persona competitivo di Blizzard Entertainment, uscirà il 4 ottobre 2022 e sarà Free to Play! Il trailer di gameplay mostra Junker Queen, una dei nuovi eroi giocabili introdotti con il secondo episodio. La combattente rivestirà il ruolo di tank e sarà armata di uno shotgun e di una robusta ascia a due mani. Si tratta di un personaggio già presentato all’interno della lore di Overwatch e ben noto ai giocatori: solo che ora diventa giocabile e costituisce il 34-esimo eroe reso disponibile ai giocatori dall’inizio della serie.

Blizzard Entertainment terrà un evento esclusivamente dedicato a Overwatch 2 il 16 giugno 2022 alle 19.00. In tale sede verranno probabilmente svelati nuovi dettagli non solo sui personaggi, ma anche sulla Closed Beta, sul PvE e altri contenuti relativi alle stagioni. Restate sintonizzati

Aell’Xbox & Bethesda Showcase ha fatto il suo debutto una nuovissima proprietà intellettuale. Ara History Untold è il nuovo gioco strategico a turni di Oxide che promette una sorta di “rivoluzione del genere“.Le scelte del giocatore possono influenzare pesantemente il mondo e l’esperienza di gioco. Il trailer mostrato è puramente cinematico e sfortunatamente non rivela alcun dettaglio sul gameplay effettivo del gioco, oltre a non lasciare neppure un indizio sulla data di uscita. Si sa comunque che il gioco uscirà per PC e farà parte del programma Game Pass fin dal Day One.

Nuovo trailer anche per The Elder Scrolls Online, che si è recentemente arricchito di una nuova espansione e una nuova regione. High Isle è già disponibile da diversi giorni per PC, Mac e Google Stadia e sarà disponibile in versione console a partire dal 21 giugno 2022.

L’espansione The Pitt per Fallout 76 era stata già annunciata, ma è apparsa all’Xbox & Bethesda Showcase con uno story trailer. Qui si preannuncia il ritorno ad una Pittsburgh post-atomica dilaniata dalla lotta tra due fazioni: i Fanatici e l’Unione. L’aggiornamento, ovviamente, prevede una moltitudine di nuovi contenuti quali armi, armature e altri oggetti. The Pitt uscirà a settembre 2022 e sarà disponibile gratuitamente ai giocatori di Fallout 76 su tutte le piattaforme, ovvero PC, PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One e Xbox Series X/S.

L’aggiornamento Hot Wheels per Forza Horizon 5 introduce anche su questo episodio della serie il brivido delle piste impossibili ispirate alle omonime macchine giocattolo targate Mattel. Questa espansione, in uscita il 19 luglio 2022 prevede anche un piccolo editor per la creazione di piste personalizzate, che possono poi essere rese disponibili all’utenza online.

Ark 2 è stato presentato all’Xbox & Bethesda Showcase attraverso uno spettacolare trailer che si è rivelato puramente cinematico, ma decisamente incisivo. La presentazione del gioco all’evento era stata già annunciata, ma quelli che si aspettavano di vedere sequenze di gameplay sono rimasti delusi in favore di un video decisamente spettacolare in cui la fanno da padroni i veri protagonisti del gioco. Ovvero dinosauri dalle dimensioni impressionanti… e Vin Diesel! Sappiamo infatti che l’attore figurerà nel gioco, che sarà realizzato mediante il motore di nuova generazione Unreal Engine 5. Purtroppo il trailer non ha nemmeno dato indizi sui contenuti del gioco né sulla data esatta di uscita. Restano confermate la finestra di lancio (2023) e la presenza del gioco su Xbox Game Pass sin dal Day One.

Scorn è il gioco ideale per chi cerca le emozioni forti. Questo gioco horror sci-fi, visivamente ispirato alle opere di H.R. Giger, presenta delle atmosfere cupe e desolate, che si mescolano con un’abbondanza di scontri violenti, smembramenti e spargimenti di sangue insieme a… ossa e parti del corpo. Scorn uscirà il 21 ottobre 2022 su PC e in esclusiva console su Xbox Series X/S. Farà inoltre parte del programma Xbox Game Pass sin dal Day One.

Pubblicato da Kepler e sviluppato da A44 (Ashen), Flintlock – The Siege of Dawn trasporta i giocatori in un mondo violento e dalle atmosfere cupe. Qui il corpo a corpo, la magia e le armi da fuoco sono protagonisti di feroci scontri, che vengono delineati dal trailer di gameplay mostrato all’Xbox & Bethesda Showcase. La protagonista del gioco, Nor Vanek, fa parte di un gruppo noto come Coalizione e il suo compito è salvare l’Umanità dalle inarrestabili orde di non morti che si sono riversate fuori dalla Porta dell’Aldilà. Flintlock – The Siege of Dawn uscirà nei primi mesi del 2023 per PC, PlayStation e Xbox, dove farà parte del programma Xbox Game Pass fin dal Day One.

Il team di Minecraft ha svelato all’Xbox & Bethesda Showcase Minecraft Legends, l’avventura strategica a “mattoncini”, spin-off del celeberrimo builder game targato Mojang. In quest’avventura il protagonista dovrà condurre le sue legioni per sventare un assalto di Piglin ed evitare che l’Overworld venga sopraffatto dal Nether. Nel gioco assisteremo ad uno sviluppo del protagonista, che combatterà in prima persona migliorando e potenziando il proprio equipaggiamento, ma ci confronteremo anche con delle sezioni strategiche, in cui impartire ordini ai soldati e guidare una battaglia da veri condottieri. Insomma, un mix di familiarità e di novità per questo titolo, volto ad espandere l’universo a mattoncini che ha conquistato un enorme consenso da parte del pubblico. Minecraft Legends uscirà nel 2023 per PC, PS4, PS5, Nintendo Switch, Xbox One, Xbox Series X/S e farà parte sin dal Day One del programma Xbox Game Pass.

Poi è stato il turno di Lightyear Frontier, un builder game sviluppato da Frame Break che richiama molto le atmosfere di No Man’s Sky. Alla guida di un mech dovremo esplorare un ambiente alieno, raccogliere risorse e costruire strutture per creare un ambiente autonomo e vivibile, atto ad ospitare una colonia terrestre. Il gameplay è di tipo sandbox e vedrà il giocatore impegnato non solo a costruire una base, ma anche a gestire e coltivare una fattoria aliena e a ricercare potenziamenti per il proprio mech. Lightyear Frontier raggiungerà il mercato in modalità Early Access nel 2023, per PC, Xbox One e Xbox Series X/S. Farà inoltre parte del programma Xbox Game Pass fin dal Day One.

All’Xbox & Bethesda Showcase è stato annunciato anche il porting per console di Gunfire Reborn, già presente per PC in versione Steam e per dispositivi mobile. Gunfire Reborn è un roguelike con un gameplay da sparatutto in prima persona, in cui i protagonisti sono animali armati fino ai denti che si fanno strada tra nemici e boss imponenti, attraversando livelli generati proceduralmente. Il gioco arriverà su Xbox Series X/S nell’ottobre del 2022 e sarà disponibile anche nell’ambito del programma Xbox Game Pass.

The Last Case of Benedict Fox, titolo pubblicato da Rogue Games e sviluppato da Plot Twist, è un’avventura di stampo Metroidvania con un gameplay soulslike per quanto attiene al combattimento. Il gioco è ispirato alle atmosfere di H.P. Lovecraft e si baserà molto sul cupo tenore della narrazione, enigmi, rivelazioni sconcertanti e altri elementi capaci di tenere il giocatore col fiato sospeso. Il gioco arriverà nella primavera del 2023 per PC e Xbox Series X/S, come parte del programma Xbox Game Pass sin dal Day One.

As Dusk Falls, sviluppato da Interior Night, si basa soprattutto su una narrazione intensa ed emozionale. Nell’arco di più di 30 anni, copre le vicende di due famiglie statunitensi, che vengono narrate con un occhio di riguardo all’approfondimento e introspezione dei personaggi. A tal riguardo vale la pena di precisare che il gioco può essere giocato da soli, ma anche con una coop che prevede fino a otto giocatori. La presentazione ha fornito anche una data di uscita: As Dusk Falls sarà disponibile dal 19 luglio 2022 per PC e Xbox Series X/S, come parte del programma Xbox Game Pass sin dal Day One.

Naraka Bladepoint, un popolare battle royale sviluppato da 24 Entertainment, che aveva fatto il suo debutto su Steam nell’agosto del 2021, arriverà anche su console Xbox il 23 giugno 2022. Per l’occasione, viene introdotta anche una campagna single player, oltre all’aggiunta di numerose armi in un corposo pacchetto aggiuntivo. Il gioco supporterà il cross-platform, dando così la possibilità ai giocatori di giocare insieme anche se da piattaforme diverse e sarà disponibile come parte del programma Xbox Game Pass sin dal lancio di questa versione, il giorno 23 giugno 2022.

Sviluppato da Obsidian Entertainment, Pentiment è un gioco di ruolo ambientato nel XVI secolo. Con uno stile grafico estremamente particolare, il gioco è curato da Josh Sawyer, già direttore di capolavori come Pillars of Eternity e Fallout: New Vegas. Pentiment presenta un mondo illustrato ispirato ai manoscritti miniati e alle stampe xilografiche in un periodo in cui l’Europa era il crocevia di grandi cambiamenti politici e religiosi. Il protagonista è Andreas Maler, un maestro d’arte coinvolto in storie di omicidi, scandali e intrighi nelle Alpi Bavaresi. Pentiment conduce il giocatore a scoprire l’Europa del XVI secolo attraverso una prospettiva estremamente peculiare, quella di un maestro d’arte dell’epoca. La grafica ricalca lo stile dei manoscritti e dei primi libri stampati, presentando un vivace e variegato cast di personaggi nel corso dell’esplorazione della città di Tassing e della vicina abbazia di Keirsau. Le decisioni prese durante la partita avranno un grande impatto sul futuro della comunità. Pentiment uscirà a novembre del 2022 su PC e Xbox e farà parte sin dal Day One del programma Xbox Game Pass.

L’Xbox & Bethesda Showcase ha confermato l’arrivo della versione definitiva di Grounded, che si trovava in accesso anticipato sin dal 2020 su PC e Xbox One. Il gioco uscirà sulle stesse piattaforme nel settembre 2022. Inoltre, farà parte del programma Game Pass fin dal Day One. Grounded è sviluppato da Obsidian Entertainment ed è un originale survival multiplayer in cui i giocatori interpretano dei ragazzi miniaturizzati che devono sopravvivere alle micidiali insidie “entomologiche” riservate da un normale giardino ad un essere di proporzioni microscopiche. Farfalle, millepiedi, ragni, tutto diventa un potenziale pericolo. Nella storia completa del gioco, che arriverà con la release, i giocatori dovranno scoprire, da soli o in gruppo, la chiave del mistero alla base della loro trasformazione. Nel contempo dovranno difendersi dai nemici utilizzando armi e difese varie e costruendo una base che andrà poi resa sicura dagli attacchi degli insetti.

Ereban: Shadow Legacy è una nuovissima IP, proveniente dallo studio indipendente Baby Robot Games, sotto la produzione di Raw Fury. Il gioco è un platform con dinamiche stealth ed action, ambientato in un futuro molto cupo. La protagonista, Ayana, appartiene ad una razza ormai estinta, di cui è l’ultima discendente, rimasta dormiente per molto tempo. In un futuro dominato da entità robotiche non certo benigne, Ayana si muoverà nelle ombre per aggredire di sorpresa i nemici e neutralizzarli con le sue particolari abilità; oppure per scivolare inosservata e sparire nelle ombre avvalendosi anche delle occasioni di furtività offerte dallo scenario. Trattandosi di un annuncio a sorpresa, relativo ad un progetto ancora in lavorazione, non è stata fornita neppure una finestra di lancio per questo gioco. Si sa, però, che uscirà per PC e Xbox e che sarà disponibile sin dal Day One come parte del programma Game Pass.

Un trailer cinematico di grande impatto visivo ha segnato la comparsa di Diablo IV sul palcoscenico dell’Xbox & Bethesda Showcase. Il trailer mostra un’ulteriore classe che va ad aggiungersi al carnet dei personaggi disponibili nel nuovo episodio di una delle serie più acclamate di casa Blizzard: il necromante. Dopo due minuti e quaranta di spettacolare presentazione visiva, nel tipico stile della casa californiana, giunge un altro video a spiegare gli aspetti di gameplay più importanti relativi alla nuova classe.

Uno dei primi aspetti che ci vengono presentati durante il trailer di gameplay è la possibilità di personalizzare il proprio eroe. Una novità, per una serie che ha sempre fatto dei “modelli predefiniti”, contrapposti agli “avatar personalizzabili” il proprio fiero stendardo. Tuttavia, il bisogno di adeguarsi agli standard imposti con lo scorrere del tempo (Diablo 3, il predecessore, è uscito nell’ormai lontano 2008, vale a dire quasi quindici anni fa!) per un titolo che ormai si basa moltissimo sul multiplayer, ha dettato chiaramente questo cambiamento come una necessità piuttosto che un’opzione. In Diablo IV il necromante, al pari delle quattro classi già presentate in precedenza, sarà disponibile da subito e non dovrà essere acquisito in seguito tramite l’aggiunta di DLC. Il trailer sottolinea anche la natura Open World del gioco, un’altra novità per una serie che ha sempre previsto per i suoi ambienti una struttura variabile e procedurale, ma rigidamente confinata. L’esperienza viene già da ora presentata come spiccatamente cooperativa e con un mondo condiviso: il gioco sarà giocabile in cross-platform, consentendo ai giocatori di partecipare a sessioni multiplayer indipendentemente dalla piattaforma su cui giocano. E consentirà anche una coop locale a schermo condiviso. Per finire, Diablo IV si adegua ad uno standard, già imposto precedentemente da altri giochi in cui determinate attività, denominate di Endgame, appunto, diventano disponibili solo dopo aver completato la campagna del gioco. Le Spedizioni dell’Incubo prevedono dungeon influenzati da modifiche e condizioni di difficoltà aumentata che li rendono immensamente più ostici (ma anche più remunerativi) delle loro controparti originali. L’Albero dei Sussurri proporrà obiettivi sempre diversi, simili a “taglie” a cadenza periodica, per conquistare bottini ancora più appetitosi. E il Tabellone dell’Eccellenza metterà a disposizione degli avventurieri di livello massimo nuove skill e talenti per potenziarsi oltre ogni livello concepibile da un mortale, aprendo la strada a nuove build e combinazioni speciali. Diablo IV uscirà nel 2023 per PC, PS4, PS5, Xbox One e Xbox Series X/S.

Nella settima stagione di Sea of Thieves, disponibile dal 21 luglio 2022 su PC e Xbox anche tramite Cloud, tutti coloro che vorranno prendere il mare potranno sentirsi capitani, dando il nome alle proprie navi, personalizzandole e decorandole. La settima stagione di Sea of Thieves, presentata durante lo showcase di ieri, porta con sè anche una canzone!

Ravenlok è una nuova IP presentata ieri all’Xbox & Bethesda Showcase. Sviluppato da Cococucumber (Echo Generation), Ravenlok si presenta come un’avventura ricca di elementi fantastici che sembrano citazioni più o meno esplicite alle avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, a cominciare dallo specchio, attraversando il quale la protagonista si ritrova catapultata in un mondo alternativo. I toni di quest’avventura, però, sembrano piuttosto cupi e l’ambientazione presenta delle evidenti contaminazioni steampunk. Il gioco uscirà, in un momento imprecisato del 2023, su PC e Xbox Series X/S. Farà inoltre parte del programma Xbox Game Pass sin dal Day One.

Sviluppato da Geometric Interactive, sotto la direzione di Jeppe Carslen (Limbo, Inside), Cocoon racconta l’esplorazione di altri mondi attraverso il viaggio interdimensionale. In termini di gameplay, ciò si svolge attraverso sequenze di combattimento, platforming e risoluzione di enigmi. Cocoon uscirà nel 2023 su console Xbox e PC, e sarà incluso nel programma Game Pass sin dal Day One.

Anche Team Ninja e Koei Tecmo hanno saputo stupirci durante l’Xbox & Bethesda Showcase con un trailer tanto inaspettato quanto spettacolare di una nuova IP. Trailer puramente cinematico che non rivela, per ora, alcun indizio sul gameplay ma offre una finestra di lancio. Wo Long – Fallen Dynasty uscirà nei primi mesi del 2023, in cui il gioco uscirà su Xbox e PC e farà parte, sin dal Day One, del programma Game Pass. Non è ancora chiaro se si tratterà di un’esclusiva console o se il gioco vedrà la luce anche sulle piattaforme di casa Playstation.

Altri due annunci importanti si sono associati alle dichiarazioni di Phil Spencer riguardo l’importanza attribuita da Xbox Gaming al mercato nipponico. In questo contesto è stata presentata una delle novità più attese dal pubblico per il parco titoli Xbox. Il trittico di giochi della serie Persona che comprende gli episodi dal 3 al 5 sarà reso disponibile su Xbox Game Pass e sulle piattaforme di casa Microsoft, dopo decenni di esclusività per le console Sony. Persona 3 Portable, Persona 4 Golden e Persona 5 Royal saranno tutti disponibili per Xbox One, Xbox Series X/S e PC e nell’ambito del programma Game Pass. Il primo dei tre giochi ad apparire sul catalogo sarà proprio Persona 5 Royal, che arriverà il 21 ottobre 2022 su Xbox Series X/S e PC e sarà presente fin da subito su Xbox Game Pass.

Un altro annuncio bomba è stato il momento dedicato alla parentesi Kojima. Ad ulteriore conferma delle parole di Spencer, ma sempre con un modo di fare piuttosto criptico, Hideo Kojima, noto ed eccentrico designer giapponese (Metal Gear Solid, Death Stranding) ha registrato un messaggio in cui si esprime riguardo al misterioso progetto che sta sviluppando in collaborazione con Microsoft. Ecco il testo del suo messaggio: “Esiste un gioco che ho sempre desiderato creare. Un gioco completamente nuovo, che non assomiglia a nulla che abbiate mai visto o sperimentato prima. Ho atteso a lungo il giorno in cui, finalmente, mi si presentasse un’opportunità. Adesso, grazie all’avanzatissima tecnologia Cloud offerta da Microsoft e al cambiamento nel trend dell’industria, ho finalmente la possibilità di mettermi alla prova con questo concept mai visto prima. Forse ci vorrà un po’ di tempo, ma non vedo l’ora di lavorare con Xbox Game Studios e potervi portare, in futuro, qualche notizia che di sicuro vi emozionerà!”.

Come sempre, anche l’Xbox & Bethesda Showcase si è concluso con un annuncio molto importante, molto atteso e, in questo caso, molto corposo. Dei rumoreggiati “venti minuti” da dedicare a Starfield, il nuovissimo GdR spaziale di Bethesda, ne sono stati “mantenuti” ben 15, con scorci di gameplay molto significativi intervallati da una presentazione fornita da Todd Howard in persona. Nella parte conclusiva del trailer, si cerca di dare una risposta seppur vaga, alla domanda: “Quanto è grande Starfield?”. Il pianeta dove si trova New Atlantis, Jemison, è nel sistema di Alpha Centauri. E’, comprensibilmente, un pianeta con buone caratteristiche di abitabilità e la sua componente esplorabile non si limita all’avamposto: è possibile scendere in un altro punto del pianeta e dedicarsi alla sua esplorazione. Esplorazione che si può portare avanti anche sugli altri pianeti del sistema, che ovviamente potrebbero avere caratteristiche climatiche e biomi diversi: pietroso, ghiacciato, infuocato. E anche la gravità, il tipo di fauna e di flora e altre caratteristiche possono variare. Allo stesso modo, è possibile darsi all’esplorazione di altri sistemi solari. Ce ne sono più di 100, per un totale di oltre mille pianeti esplorabili. Con la promessa che potranno diventare molti di più in futuro, dato che le parole che Howard ha pronunciato nel suo “discorsetto” di chiusura, lasciano intendere che il gioco potrà beneficiare di aggiornamenti ed espansioni anche dopo il lancio: “Non vediamo l’ora che possiate provare il gioco. Grazie per essere stati con noi quest’oggi e grazie per tutto il sostegno che ci avete dato nel corso dei decenni e soprattutto per quello che ci avete dato su questo gioco. Creare questo gioco è stato un viaggio incredibile, ma siamo certi che sia solo l’inizio, perché il vero viaggio inizierà quando comincerete a giocarlo. Non vediamo l’ora di scoprire che cosa troverete!“. Starfield uscirà nel 2023 per PC e Xbox (anche su Cloud) e farà parte del programma Xbox Game Pass sin dal Day One.

Tirando le somme, Questo Xbox & Bethesda Games Showcase 2022 ha mostrato davvero tante novità per i prossimi 12 mesi, i possessori di Xbox e soprattutto gli abbonati al Game Pass avranno davvero tanti videogames da provare e con cui mettersi alla prova e passare ore ed ore di divertimento.

Francesco Pellegrino Lise




Outriders il nuovo “Looter Shooter” con elementi RPG di Square Enix

Outriders è il nuovo looter-shooter cooperativo sviluppato da People Can Fly e prodotto da Square-Enix per Pc, Xbox e PlayStation. Ma veniamo al dunque: la Terra è finita. Questo è il rassicurante incipit del gioco, e a distruggerla sono stati proprio gli esseri umani. Da questo drammatico evento parte l’affannosa ricerca di un nuovo pianeta da colonizzare, e la scelta cade sul rigoglioso Enoch, un mondo all’apparenza perfetto per ridare una terra natia al genere umano, ma che inevitabilmente cela parecchi lati oscuri che porteranno il giocatore ad affrontare una colonizzazione tutt’altro che semplice. Il gioco ha inizio con uno scarno editor che permette ai giocatori di creare il proprio personaggio. Sarà possibile selezionare il sesso, uno tra i non molti volti, l’acconciatura e qualche dettaglio come trucco e cicatrici varie. Dopo aver fatto ciò ci si potrà finalmente buttare nella mischia. L’inizio di Outriders ha uno svolgimento piuttosto lento e, nella prima fase di gioco, si limita ad illustrare le meccaniche di base, fatte di sparatorie in terza persona con la possibilità di sfruttare i ripari disseminati nel mondo di gioco. Il protagonista del gioco è un membro degli Outriders, l’avanguardia di quel che rimane del genere umano. Il compito del proprio alter ego virtuale è quello di sincerarsi delle condizioni del pianeta alieno per poi dare il via alla colonizzazione vera e propria. Naturalmente le cose non saranno esattamente come da previsioni, e ad attendere il colonizzatore ci sarà una catastrofica tempesta magnetica capace di sterminare quasi tutti i membri della spedizione. Anche il protagonista viene travolto da questa terribile calamità, ma sorprendentemente non verrà ucciso, ma sarà lasciato in fin di vita e con capacità decisamente inaspettate. Durante l’abbattersi della tempesta il nostro Outrider riuscirà a stento a raggiungere le capsule criogeniche nel disperato tentativo di guarire le proprie ferite, e verrà ibernato per risvegliarsi trent’anni dopo, quando la situazione su Enoch è ormai precipitata. Una volta risvegliati, infatti, bisognerà calarsi in un mondo in rovina, con la razza umana divisa, in guerra e dispersa su un pianeta diventato improvvisamente ostile e pericoloso. D’ora in poi il protagonista scoprirà di non essere più un normale umano ma bensì una “Mutazione” dotata di poteri speciali, e bisognerà far luce sugli avvenimenti che hanno ridotto la razza umana allo stremo avvicinandola all’inevitabile estinzione. La trama non è certamente il fiore all’occhiello di questa produzione e non brilla per originalità, ma contribuisce a creare una discreta atmosfera grazie ai molti misteri che circondano l’arrivo del protagonista e che andranno a dipanarsi nel corso della storia, ma anche svelati tramite i molti collezionabili che raccontano nel dettaglio tutto quello che è accaduto nei trent’anni del sonno criogenico. Una volta terminata questa fase iniziale, il gioco entra nel vivo facendo scegliere al giocatore una tra le quattro classi a disposizione, aspetto che andrà ad influenzare profondamente il gameplay di Outriders. Si potrà scegliere se calarsi nei panni del Tecnomante, perfetto per gli scontri a lunga distanza grazie ai suoi gadget tecnologici che ci aiuteranno durante gli scontri, mentre il Piromante fa largo uso dell’evocazione e del potere del fuoco per farsi largo negli scontri a media distanza; il Mistificatore invece è perfetto per attacchi a corta distanza mordi e fuggi grazie ai suoi poteri che gli permettono di manipolare lo spazio ed il tempo, ed infine il Distruttore rappresenta la classe “tank” del gioco, con una grandissima resistenza e capace di sfondare le linee nemiche grazie alla sua enorme potenza di fuoco. Ognuna di queste classi porta in dote poteri speciali che ben presto diventano uno degli aspetti più importanti del gioco. Questi attacchi vengono associati ai tasti dorsali del controller e ne sblocchiamo di nuovi man mano che si sale di livello, decidendo di volta in volta quali utilizzare.

Uno degli aspetti principali di questi poteri, specialmente all’inizio, è che rappresentano l’unico modo per poter ripristinare i punti vita. Diventa quindi importante saperli sfruttare nel modo migliore, riuscendo al contempo ad eliminare i nemici, ma anche a rigenerare la propria salute e gli scudi. Inutile dire che oltre alla loro indubbia utilità, gli attacchi speciali rappresentano anche una vera e propria gioia da utilizzare. Questo contribuisce ad attenuare significativamente l’importanza della meccanica di copertura presente nel gioco: affidarsi unicamente alle coperture in Outriders porta solo ad un risultato: la morte. Non solo perché le coperture possono essere distrutte, lasciando completamente allo scoperto il personaggio, ma anche per via delle routine comportamentali dei nemici: che siano umani ribelli, creature indigene di Enoch o altre fazioni di cui non vi sveleremo nulla, ogni gruppo di nemici che si affrontano sarà sempre composto da avversari di vario genere. Oltre ai classici fucilieri o agli infallibili cecchini piazzati in lontananza, ci sono sempre gruppi di antagonisti che attaccheranno venendo incontro forti della loro agilità e dei loro colpi corpo a corpo, oppure i corazzati che si fanno scudo delle loro armature per non fermarsi di fronte a nulla. Tutti questi aspetti mettono il giocatore nella condizione di sfruttare le coperture quando necessario, ma soprattutto spingono nella direzione di combattimenti più dinamici, ricchi d’azione e che ben presto diverranno letteralmente frenetici. Outriders cala nei suoi particolari meccanismi di gioco un po’ alla volta e, dopo aver assaggiato le varie classi ed i relativi poteri, entra in gioco un’altra delle sue peculiarità: la personalizzazione delle armi e le relative meccaniche di Looter Shooter. Come ogni gioco appartenente a questo genere, i nemici “droppano” ricompense che potranno essere armi o parti di equipaggiamento. Come da tradizione sono suddivise in categorie da quelle comuni passando per le rare, arrivando infine a quelle di classe Elite e Leggendario. Se nelle prime fasi di gioco si avrà a che fare solo con armi arrugginite o comuni nel migliore dei casi, proseguendo nella storia e salendo di livello si potranno raccogliere armi rare, ed in questo frangente entra in scena un’altra caratteristica peculiare di Outriders: le Mod. Partendo come già detto dalle armi rare, sarà presente una Mod che va a modificare il comportamento degli attacchi speciali, portando bonus di vario genere capaci ad esempio di infliggere più danni, effetti di stato o migliorare le capacità curative di quel determinato attacco. Ogni arma ha quindi una o due Mod predefinite, e basterà rottamarla per poi ritrovare quelle stesse Mod nell’inventario, pronte per essere riutilizzate su altre armi o armature. Si potrà quindi equipaggiare un set di Mod perfetto per potenziare il proprio stile di gioco, favorendo alcuni aspetti ad altri a seconda delle intenzioni che si hanno e dando una profondità davvero invidiabile a tutto ciò che concerne il nostro equipaggiamento. Anche le Mod sono suddivise per livelli, tre relativi alle Mod per le armi ed altri tre dedicati alle Mod per l’equipaggiamento. Nel primo caso le Mod di primo livello permetteranno di applicare svariati bonus agli attacchi speciali, mentre salendo di livello si andrà a modificare il comportamento stesso delle nostre armi tramite una serie di bonus che vanno dal classico aumento dei parametri di danno, a reazioni più elaborate come esplosioni che dilanieranno i corpi dei nemici andando anche a ferire chiunque si trovi nei paraggi del malcapitato. Lo stesso succede con le Mod dedicate alla corazza e anche in questo caso si potrà agire su un grande numero di effetti bonus tra cui scegliere.

La struttura di gioco di Outriders si lascia affrontare tranquillamente in Single Player dall’inizio alla fine, rendendolo effettivamente un gioco fatto e finito, aperto comunque ad eventuali e future aggiunte tramite espansioni di vario genere, con inoltre la possibilità di affrontarlo in cooperativa fino a tre giocatori. La storia è lineare e permette di esplorare Enoch, suddividendolo nei più classici degli stage, ognuno in zone diverse del pianeta contraddistinte da diversi biomi, passando dai resti di città in rovina, attraverso foreste e paludi, fino alle lande deserte delle fasi finali della campagna. Il gioco è quindi suddiviso tra le missioni principali, accompagnato da un discreto numero di missioni secondarie e da attività di vario genere come la caccia alle bestie più feroci del pianeta alieno, od alle taglie poste sulla testa di alcuni criminali, arrivando infine alla ricerca di antichi cimeli che ricordano come era la vita sulla Terra ormai distrutta. Ognuna di queste attività ovviamente offre ricompense sotto forma di esperienza, armi di livello superiore e così via, il tutto dettato dal livello di difficoltà impostato, che può regolarsi autonomamente grazie al Livello del Mondo. Man mano che ci si fa largo tra le numerosissime fila nemiche, infatti, il livello del Mondo sale attraverso i 15 livelli disponibili. L’aumento di livello del Mondo comporta la possibilità di ottenere ed equipaggiare armi di livello superiore al proprio, ma contemporaneamente anche il livello dei nemici subisce lo stesso incremento, mantenendo il tasso di sfida sempre piuttosto alto ed impegnativo. Come detto, il Livello del Mondo si adatta alle prestazioni del giocatore sul campo di battaglia: se si riuscirà a farsi largo senza mai morire il livello salirà a ritmi sostenuti, mettendo continuamente alla prova il giocatore; se invece si incontreranno troppe difficoltà o si incapperà in continue morti premature, il Livello del Mondo si abbasserà cercando di aiutare il giocatore a superare le difficoltà incontrate. In ogni caso, è possibile modificare la possibilità di disattivare la crescita automatica del tasso di difficoltà e viceversa, alzandolo o abbassandolo senza limitazioni a seconda delle difficoltà che ci si troverà affrontando un particolare punto di gioco. Dopo aver concluso la campagna – e per farlo ci vorranno circa 40 ore comprendendo anche le missioni secondarie – c’è la possibilità di affrontare le Spedizioni: queste sono collegate al finale del gioco, quindi cercheremo di non svelare alcun dettaglio che vada a toccare parti della trama. Vi basti sapere che le Spedizioni altro non sono che particolari missioni di recupero di alcuni Pod orbitali con al loro interno un notevole numero di ricompense di altissimo livello. Ovviamente per recuperarle sarà necessario affrontare enormi orde di nemici in missioni che metteranno seriamente in difficoltà i giocatori. Essendo missioni di alto livello e relative alla fase Endgame del gioco, è caldamente consigliato di affrontarle in compagnia di altri giocatori ormai giunti al Level Cap – in questo caso il Livello 30 – visto anche che le ricompense migliori verranno guadagnate solo completando queste particolari missioni entro un tempo limite. Anche le Spedizioni offrono un livello di difficoltà crescente e, esattamente come il Livello del Mondo, avranno 15 livelli di difficoltà. Ovviamente, anche in questo caso, a maggiori difficoltà corrispondono ricompense migliori, permettendo di portare il nostro alter ego virtuale ed il suo equipaggiamento a livelli altissimi. Tirando le somme, possiamo dire che Outriders è un gioco particolare: da una parte abbiamo un gameplay divertente e frenetico in grado di offrire combattimenti memorabili e terribilmente soddisfacenti, con ottime meccaniche da Looter Shooter, una buona gestione dell’equipaggiamento e la moltitudine di Mod che ci permettono di personalizzare il gameplay in maniera davvero profonda e sorprendente. Il tutto connesso ad un sistema di difficoltà dinamica davvero intelligente e strettamente collegato al Loot. Outriders è un progetto riuscito, che nonostante alcuni difetti si presenta come un’esperienza spettacolare, da non sottovalutare in nessun caso. La storia all’inizio poco incisiva si evolve nel modo giusto con l’aumentare delle ore, proprio come le possibilità offerte dal fantastico sistema loot and shoot, che unito a quello di crafting permette di creare un alter ego su misura per ogni giocatore. Provatelo, soprattutto visto che è gratuito se avete un abbonamento Gamepass Ultimate su Xbox, e siamo sicuri che non ve ne pentirete.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Shining Resonance Refrain, la saga JRPG torna finalmente in Occidente

A patto di non essere fan di vecchia data o quei tipi di giocatori che adoravano il genere JRPG d’importazione, è molto difficile che si conosca la saga di Shining, una serie longeva quasi quanto quelle di best seller del genere come Final Fantasy e Dragon Quest. Lanciato da SEGA negli anni ‘90, il franchise era noto anche nel nostro continente, almeno fino a quando il colosso nipponico, nella seconda metà degli anni 2000, decise di confinare la serie nel solo continente asiatico. Dopo ben 14 anni dall’uscita di Shining Soul II per GBA, il publisher ha deciso di riprovarci, lanciando sui mercati occidentali la versione rimasterizzata di Shining Resonance, un action RPG uscito nel 2014 su PlayStation 3. Disponibile adesso su PlayStation 4, Nintendo Switch e per la prima volta anche su Xbox One, Shining Resonance Refrain include non solo i circa 150 DLC distribuiti per l’edizione originale, ma anche una buon numero di accorgimenti tecnici studiati apposta per rendere ancora più unica questa splendida riedizione. La trama di Shining Resonance è un classico dei JRPG e affonda le sue radici in molte leggende del fantasy classico con richiami alla mitologia norrena. Il gioco è ambientato in un mondo fantasy e colorato, dove i draghi governavano l’intera terra di Alfheim e convivevano pacificamente con gli Elfi. Utilizzando le mistiche Canzoni Runiche, questi potevano addirittura entrare in comunione con le possenti creature e sfruttarne gli straordinari poteri. Il meraviglioso regno idilliaco di Alfheim venne però sconvolto da Deus, un essere malvagio e più potente di qualsiasi drago esistito, che dopo aver spaccato in due fazioni la razza elfica provocò una guerra che avrebbe inghiottito il mondo intero e che sarebbe stata ricordata negli annali di storia col nome di Ragnarok. A distanza di mille anni dalla sconfitta di Deus, i draghi risultano ormai estinti, ma la terra di Alfheim continua ad essere attanagliata nella morsa della guerra: il vicino e potente Impero di Lombardia ha già conquistato mezzo continente e si prepara a schiacciare i piccoli regni alleati di Astoria e Wellant. L’unica speranza rimasta alle due nazioni è rappresentata dai Dragneer, i guerrieri che utilizzano in battaglia degli antichi strumenti musicali donati ai mortali dal leggendario Shining Dragon: una creatura che ora giace nel corpo del giovane spadaccino chiamato Yuma. Orfano sin dalla giovane età, il ragazzo in grado di trasformarsi nella bestia mitologica è tuttavia impaurito dalle sue capacità e ha deciso di tenere nascosto il suo segreto, almeno finché una sfortunata serie di eventi non lo costringerà a farne uso e ad evocare la spada Vandelhorn. In seguito a questa premessa non proprio originale e ricca di cliché, il giovane familiarizzerà sempre più coi poteri dello Shining Dragon e deciderà di mettersi al servizio del regno di Astoria, per garantire la libertà ai suoi pacifici abitanti. Grazie alla musica i potenti Dragoneer possono “comunicare” con i draghi e sfruttare il loro potere in battaglia. Ogni protagonista del gioco possiede un’arma chiamata Armonics, che naturalmente ricorda uno strumento. Questa può essere usata/suonato nel corso delle battaglie per ottenere dei bonus temporanei. Non tutti i personaggi che si usano saranno Dragoneer, ma ciò non significa che siano meno importanti o utili in battaglia.

Come da tradizione dei JRPG nipponici è possibile modificare in qualsiasi momento la “formazione”, scegliendo tra i protagonisti sbloccati fino a quel momento. A tal proposito è opportuno fare una precisazione: all’inizio del gioco bisognerà decidere se giocare l’avventura Classica o la versione Refrain. Quest’ultima viene consigliata a chi ha già portato a termine l’avventura. Questo perché la presenza di due nuovi personaggi giocabili, disponibili quasi da subito, potrebbe creare un po’ di confusione. Detto in parole povere, scegliendo da subito la modalità Refrain si verrà a conoscenza di dettagli della trama in modo brusco e apparentemente insensato, con il rischio quindi di perdere importanti dettagli e di compromettere l’esperienza di gioco. A livello di gameplay, il titolo è un action-GdR con combattimenti in tempo reale, un character design molto curato e che gode di una longevità immensa. Ovviamente Shining Resonance Refrain posside un’importante componente “social”, con dialoghi, relazioni da instaurare e persino incontri romantici tra i vari membri del party. Il combat-system è piuttosto basico, soprattutto se si è abituati a JRPG che prediligono scontri più tattici. In sostanza le battaglie sono in stile button mashing senza particolari varianti in cui, anche grazie alla valida IA degli alleati, rimanere uccisi anche nelle battute finali del gioco è piuttosto raro. La barra della stamina infatti si riempie molto velocemente, i poteri curativi dei compagni evitano sempre il peggio e il protagonista Yuma può trasformarsi in un possente drago dagli attacchi devastanti in grado di rompere le difese di qualsiasi nemico. È vero che abusando di questo potere c’è il rischio che Yuma entri in modalità berserk e inizi a prendersela anche con gli alleati, ma questi possono intonare un canto in grado di calmare la furia di Yuma e quindi di riequilibrare le sorti del combattimento. Ovviamente in Shining Resonance Refrain sono presenti anche poteri speciali e abilità da migliorare nel corso del gioco, ma a parte le armi Armonic e le gemme Aspect non aspettatevi comunque nulla di molto profondo, anche perché al passaggio di ogni livello di esperienza non è possibile assegnare punti abilità o migliorare le classiche statistiche tipiche di qualsiasi GdR. Aspetto piacevole di Shining Resonance Refrain è l’importanza dei legami con i vari membri del party, utili non solo per scoprire il background narrativo di quelli che più intrigano il giocatore, ma anche per costruire una sorta di patto-amicizia che, se abbastanza solido, può portare a potenziamenti temporanei in sede di combattimento.

Tecnicamente parlando il gioco non fa mistero di arrivare dalla passata generazione, con un impatto grafico mediamente piatto, ma tendenzialmente solido. Il character design mostra un buon lavoro concettuale e l’utilizzo dei costumi presenti nei DLC rendono migliore il colpo d’occhio, mostrando una definizione maggiore nelle texture rispetto a quelli originali. Di tutt’altro livello la davvero buona colonna sonora visto anche che dopo poche ore di gioco vi sarà chiara l’importanza della musica in Shining Resonance Refrain. E il doppiaggio? Ottimo anch’esso, a patto di scegliere quello nipponico. Da evitare quello inglese, mentre va segnalato con forza la presenza dei testi solo in lingua anglosassone. Niente italiano, scelta che pesa non poco, vista anche l’enorme mole di dialoghi (presenti in game. Se proprio non masticate l’inglese, meglio pensare due volte all’acquisto, in quanto, vista la natura del gioco, essi sono di vitale importanza. Tirando le somme, Shining Resonance Refrain è un JRPG ben studiato, sebbene non all’ultimo grido e gradevole dal punto di vista grafico, un titolo capace di dare spunti interessanti sulla gestione del party e i combattimenti venendo, inoltre, venduto a prezzo se non budget, comunque inferiore alle cifre canoniche, niente male per un pacchetto da 45 ore di gioco circa. Quindi, a patto che si capisca un po’ d’inglese, il software è un ottimo prodotto, capace di tener compagnia durante le calde giornate estive e con la possibilità di rivivere l’avventura una seconda volta grazie alla doppia storia disponibile.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8
Sonoro: 8
Gameplay: 7,5
Longevità: 8,5
VOTO FINALE: 8

 

Francesco Pellegrino Lise




Crash Bandicoot N.Sane Trilogy arriva anche su Xbox One, Pc e Switch

Con l’arrivo della Crash Bandicoot N.Sane Trilogy anche su Xbox One, Pc e Nintendo Switch, il “vero” Crash, quello partorito dalla mente dei programmatori californiani di Naughty Dog, ha smesso ufficialmente di essere una personaggio esclusivo delle console Sony. Il titolo infatti raccoglie i primi tre capitoli della saga, rispettivamente Crash Bandicoot, Crash Bandicoot 2: Cortex Strikes Back e Crash Bandicoot 3: Warped, con una nuova veste grafica, più moderna e meno squadrata rispetto al passato, grazie al lavoro svolto da Vicarious Visions, che si è decisamente concentrato su quella, lasciando quasi invariato tutto il resto, con i pro e i contro di vent’anni fa. Quindi, parlando di giocabilità, almeno per quel che riguarda le meccaniche, c’è ben poco da raccontare se non per i livelli Stormy Ascent e Future Tense che rappresentano qualcosa di inedito, ma non di così rivoluzionario. Le modalità in-game rimangono le medesime, così come i nemici, con il Dr. Neo Cortex come cattivone principale e ricorrente. In game, per facilitarsi la vita è meglio usare i tasti direzionali rispetto alle levette analogiche, dal momento che la maggior parte dei salti, e dei movimenti in generale, avviene in maniera bidirezionale (avanti-dietro, destra-sinistra). Altra meccanica ripresa dal titolo uscito un anno fa su ps4 è la possibilità di usare Coco Bandicoot che, soprattutto per il pubblico femminile, potrebbe rappresentare una novità gradita e al contempo dare importanza alla sorella del protagonista, che non è mai stata troppo al centro del franchise. Su Xbox One i caricamenti sono incredibilmente veloci, forse fin troppo: se da una parte ha una connotazione positiva, visto che si ottimizzano i tempi, dall’altra non permette ai giocatori di leggere i suggerimenti che vengono proposti di volta in volta. Per quel che riguardano i tip, non sempre sono fondamentali, ma per un pubblico che si approccia alla trilogia senza mai averla provata prima, forse era il caso di farli apparire qualche secondo in più.

https://www.youtube.com/watch?v=041DBnxBYPI

La versione più interessante, tra quelle rilasciate i primi di luglio è sicuramente quella per Nintendo Switch

Questo perché, come accade con tutti i giochi per la console ibrida giapponese, rende possibile fruire la trilogia in un’inedita modalità portatile. Switch alla mano, Crash Bandicoot N. Sane Trilogy è lo stesso spettacolo visivo di sempre, anche se propone una grafica meno definita e pulita rispetto a tutte le altre versioni per console e PC. In generale, i colori sono più scuri e la visuale è tendenzialmente più sporca per via dell’aliasing, visibile soprattutto in lontananza, e una leggera sfocatura che copre l’immagine. Escluse queste piccole (e forse lecite) differenze, che si notano maggiormente giocando in modalità TV, a livello prestazionale, invece, la N. Sane Trilogy per Switch si presenta nello stesso e identico modo delle altre versioni per console base (PS4 e Xbox One, quindi): il frame rate è ancorato ai 30 fps, mentre la qualità dell’opera di rimasterizzazione di Vicarious Visions resta pregevole e apprezzabilissima sia per qualità che gusto artistico. La condizione generale dell’adattamento viene ammorbidita dalla fruizione sullo splendido schermo di Nintendo Switch, che ho preferito rispetto alla modalità televisiva per due motivi: l’aspetto visivo tendenzialmente più gradevole e la possibilità di giocare in mobilità. La struttura dei livelli, che durano quasi sempre una decina abbondante di minuti, e la spensieratezza del gameplay rendono la N. Sane Trilogy perfetta anche per una partita mordi e fuggi, una situazione pressoché inedita per la maggior parte degli utenti interessati al rifacimento in alta definizione: ci sono stati, in passato, dei capitoli portatili di Crash, ma, escludendo l’emulazione su PSP e PS Vita, questo è l’unico modo per fruire i capitoli principali della saga in movimento.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, su Xbox One normale ed S la trilogia si comporta esattamente come visto e apprezzato un anno fa su PlayStation 4. I 1080p e i 30fps vengono raggiunti senza troppi problemi e, in generale, la grafica è davvero molto piacevole, però la cosa cambia nettamente su Xbox One X, dove si ha letteralmente la sensazione di essere di fronte a un’immagine più pulita e definita, addirittura più di quella che caratterizza da un anno la versione per PlayStation 4 Pro. Ovviamente la versione PC di Crash Bandicoot N. Sane Trilogy è, a ben vedere, il massimo dal punto di vista visivo, però se non si dispone di un pad, il gioco perde molto a livello di feeling, specialmente se si è degli amanti della saga che hanno avuto il piacere di giocare alle versioni originali di 20 anni fa. E’ bene dedicare qualche riga anche ai livelli bonus, Stormy Ascent, già disponibile da luglio scorso su PS4, e Future Tense, arrivato anche su console Sony proprio in concomitanza con il lancio della trilogia su PC, Xbox One e Nintendo Switch. Entrambi gli stage offrono un level design che innalza la difficoltà in maniera esponenziale e che farà davvero dannare i giocatori con salti al millimetro, piattaforme instabili e checkpoint distribuiti col contagocce. Stormy Ascent è un livello ostico pensato in origine da Naughty Dog, Future Tense è invece una trovata totalmente inedita realizzata da Vicarious Visions, che si è ispirata proprio al castello tempestoso del primo contenuto aggiuntivo per proporre la sua personalissima visione per un livello difficile di Crash. Tirando le somme, se vi state chiedendo se vale la pena di acquistare questa Crash Bandicoot N.Sane Trilogy, la nostra risposta è assolutamente sì, infatti qualora voleste rivivere o vogliate scoprire i fasti dell’eroe che ha accompagnato un po’ tutti i gamers dall’era analogica a quella digitale, basterà acquistare il titolo al prezzo di 40 euro e prepararsi a vivere ore ed ore di folle divertimento in salsa old style. Una vera chicca per tutti, un tesoro imperdibile per chi è cresciuto con i videogame del brand.

Francesco Pellegrino Lise




Assassin’s Creed Rogue Remastered, il capitolo più cupo della saga torna su Next Gen

A distanza di quattro anni dal lancio, Ubisoft propone l’edizione rimasterizzata di Assassin’s Creed Rogue, capitolo più oscuro dell’intera serie passato in sordina per via della sua uscita esclusivamente su Pc, Xbox 360 e Ps3, ma soprattutto perché fu messo in vendita nello stesso periodo di “Unity”, primo titolo della serie che usciva sulle console next gen. Già al tempo del lancio, questo titolo di “transizione” da un’epoca videoludica a un’altra, era stato etichettato come una copia carbone del bellissimo “Black Flag”, dal momento che ne recuperava pressoché integralmente buona parte delle meccaniche di gioco. La vera novità di Rogue, però, consisteva nelle sue ambizioni narrative: per la prima volta nella saga, infatti, il giocatore era chiamato ad impersonare un templare, nemico giurato degli Assassini. Da un simile spunto “rivoluzionario” non è germogliato però un gameplay altrettanto coraggioso. Dinanzi alle caraibiche meraviglie di “AC Black Flag” o alle sublimi architetture parigine di “Unity”, le lunghe traversate marine di Shay apparivano lievemente sottotono. Eppure, nel complesso, Rogue non era certo un prodotto da sottovalutare: mescolando alcune soluzioni di gioco estrapolate dai suoi predecessori, l’opera ha finito per incarnare un ottimo riassunto delle caratteristiche chiave del brand. Pertanto, la versione rimasterizzata di Rogue, che trasporta anche su Xbox One e PS4 l’ultimo capitolo della così detta “trilogia americana”, racchiude l’essenza vera degli Assassin’s Creed, prima che la serie decidesse di “migrare” verso nuovi orizzonti creativi.

Assassin’s Creed Rogue racconta il viaggio di Shay Cormac evidenziando una vera e propria presa di coscienza, ma soprattutto stravolgendo la così netta distinzione tra buoni e cattivi presente fin dai primi titoli della saga. Dopotutto, prima di essere la storia di un eterno conflitto tra due schieramenti, quella di Assassin’s Creed racconta una storia di uomini. Nonostante alcuni buchi di sceneggiatura, è stato il terzo capitolo della serie a instillare il seme del dubbio nella mente dei giocatori: chi ha memoria della seppur breve alleanza tra Haytham Kenway e il figlio Connor? In quei frangenti il Gran Maestro Templare espone la sua versione dei fatti al giovane, mettendo in luce le fragilità del credo degli Assassini. Da quel preciso momento la serie ha iniziato a non vestire più soltanto il bianco o il nero, anzi ha ridefinito sé stessa con diverse tonalità di chiaroscuro. Assassin’s Creed Rogue, non ha fatto altro che trattare a fondo i temi di cui sopra, narrando – tra le altre cose – vicende un po’ più interessanti e circostanziate rispetto a quanto visto in “Black Flag”. Ubisoft ha quindi deciso di dare una seconda chance a questo titolo proponendolo in versione rimasterizzata per tutti i giocatori che vogliono saperne di più sul ciclo a stelle e strisce dell’opera. Il protagonista di Assassin’s Creed Rogue è diverso da tutti gli altri in quanto va oltre la fede nella sua fazione d’appartenenza, e cerca di vedere con i propri occhi ciò che è giusto o sbagliato, senza lasciarsi incantare da ideali predeterminati. Shay è un Assassino, ma non nutre più fiducia nel “credo”, colpevole – a suo dire – d’aver agito senza moralità alcuna. Pronto a tradire la causa della Confraternita pur di rispettare il suo codice d’onore, il protagonista si arruola così tra le fila del nemico, indossando le vesti di un Templare. Giocando ad Assassin’s Creed Rogue ci si accorge di come esso rimanga un capitolo di spessore all’interno della timeline, un tassello mancante che, sebbene non del tutto indispensabile, aiuta a fare chiarezza su alcuni snodi dell’epopea di Ubisoft. Laddove, almeno nelle premesse, la storyline tenti di imboccare sentieri alternativi a quelli canonici, ludicamente tutto resta estremamente tradizionale. Questo immobilismo, sia chiaro, non è per forza un male, specialmente se consideriamo che la base di partenza è la stessa di “Black Flag”, un gioco che ha saputo traghettare la serie verso lidi avventurosi e pirateschi. Ecco che, come nel quarto episodio, anche in Rogue le battaglie navali svolgono un ruolo centrale. La Morrigan è un’imbarcazione da domare, imbellettare, potenziare: si potrà così veleggiare tra le onde, godersi i panorami lontani, il sibilo della brezza, i canti marinareschi. Ancora oggi, se Rogue sopravvive alle intemperie degli anni, il merito spetta a questo instancabile gusto per i viaggi a bordo dell’imbarcazione, per le avvincenti battaglie navali, per i saccheggi e gli abbordaggi, per gli inseguimenti rocamboleschi fra le onde in tempests, per la scoperta di atolli deserti e tesori sommersi. Nel 2014, Ubisoft commise l’errore di proporre un’esperienza troppo simile a quella del suo predecessore uscito appena un anno prima, limitando fortemente lo stimolo, il gusto ed il desiderio di perdersi al largo dell’oceano. Ma oggi, dopo essere stati avvolti dal solleone d’Egitto con Origins (qui la nostra recensione) ed aver attraversato immense distese di sabbia, bagnarsi con l’acqua salata del mare trasmette una sensazione quasi di novità. In quanto a giocabilità, Assassin’s Creed Rogue non era particolarmente originale già quattro anni fa, e questa edizione rimasterizzata del prodotto non apporta alcun cambiamento. L’impostazione iniziale è esattamente quella di Black Flag: nelle primissime battute della storia si ottiene una nave e la si utilizza per muoversi all’interno di mappe marittime, alternando la missione principale ad attività collaterali. A questo si aggiungono le classiche missioni individuali per il brand, da effettuare in ambienti urbani più o meno estesi.

Se Edward Kenway si muoveva in un’unica mappa di Cuba e dintorni, l’avventura di Shay ne presenta due, la River Valley e l’Atlantico del Nord. Meno estese del predecessore, si differenziano per la natura e il clima, e presentano un paio di insediamenti minori accessibili senza caricamenti. L’unica ambientazione cittadina è New York, la cui mappa è in buona parte ripresa dal terzo capitolo della serie. Le meccaniche a disposizione del giocatore, a terra come in mare, sono sempre le stesse: arrampicata, mimetizzazione e stealth sono quelli ovviamente già visti in “Black Flag”, con la cerbottana sostituita da un fucile ad aria compressa. Allo stesso modo non sono cambiati né il sistema di guida della Morrigan né il suo sistema di potenziamento. Anche il combattimento, tanto in mare quanto a terra, non si muove da com’era sulle piattaforme old gen. Se la trama principale è ristretta in sei sequenze di ricordi, per una durata complessiva di circa una decina di ore, le attività collaterali sono come sempre abbondanti e tengono impegnati i giocatori per almeno il doppio del tempo. In Assassin’s Creed Rogue l’unico elemento effettivamente nuovo rispetto ai titoli precedenti è la possibilità di subire abbordaggi e non solo farli. Questa condizione avviene quando la Morrigan viene speronata con successo dal veliero avversario, cosa che obbligherà i giocatori a difendersi in corpo a corpo. Cacciare gli animali rimane comunque abbastanza velleitario, così come il potenziamento del personaggio, tanto che si finisce per concentrare tutte le finanze solo sulla Morrigan procurandosi i materiali con la pirateria. Per dare vita a questo Assassin’s Creed Rogue: Remastered, Ubisoft ha rimesso insieme buona parte del team originale, che con piacere è tornato a lavoro sulle gesta di Shay Cormac. Gli sforzi della squadra hanno permesso al gioco di offrire una risoluzione di 4K sia su Xbox One X che su PS4 Pro e di arricchire la presentazione visiva con una serie di accorgimenti grafici. Le texture in alta definizione, le luci e le ombre di qualità più elevata e una miglior effettistica in generale, non potranno che far piacere a coloro che vestiranno i panni del cacciatore di Assassini per la prima volta. I miglioramenti grafici e le differenze con le versioni della scorsa generazione sono evidenti anche su PS4 e Xbox One, che vantano tutte le migliorie di cui sopra e una risoluzione di 1080p. Sul fronte sonoro, Rogue si presenta bene grazie a un doppiaggio in Italiano sempre calzante e a una colonna sonora avvincente. Tirando le somme, se vi state chiedendo se vale effettivamente la pena di acquistare Assassin’s Creed Rogue Remastered, la risposta è sì, a patto che non lo abbiate giocato in versione “old gen” o siate dei fan sfegatati della serie che vogliono avere la collezione al completo. L’avventura di Shay è assolutamente godibile anche a 4 anni di distanza dalla sua uscita e se si vuole avere una visuale globale dell’intero universo della serie, non giocare questo capitolo sarebbe un vero e proprio errore.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 8
Longevità: 7,5
VOTO FINALE: 8

 

Francesco Pellegrino Lise




Super Lucky’s Tale, il platform in esclusiva per Xbox One e Pc

Amanti del genere platform è il momento di rimboccarsi le maniche, infatti se siete possessori di una console della famiglia Xbox One potrete giocare al nuovissimo Super Lucky’s Tale. Il gioco, amplia la saga dedicata alla simpatica volpe Lucky, già protagonista di “Lucky’s Tale”, titolo che sfruttava la realtà virtuale. Microsoft si fa quindi carico di un nuovo titolo platform che, a differenza di Cuphead, punta sul 3D e sul 2.5D. Grazie al supporto di “Xbox Play Anywhere” si potrà scaricare la versione digitale del titolo in questione su un PC dotato di Windows 10 o su una delle tre varianti di Xbox One presenti sul mercato, certi di avere le medesime performance su tutte le console. Su PC le opzioni permettono di personalizzare una serie di parametri come texture, qualità degli effetti e delle ombre e l’attivazione o meno del Vsync, oltre all’ovvia scelta della risoluzione. Sul fronte dei comandi, invece, quando si gioca a Super Lucky’s Tale bisogna considerare l’uso di un pad come priorità anche su Pc, ma la tastiera è comunque supportata e relativamente comoda anche a seguito di un numero esiguo di azioni da poter compiere. Parlando dell’esperienza di gioco, la trama ripercorre un po’ i classici del genere, infatti tutto ha inizio quando dopo un atterraggio di emergenza, Lyra, sorella maggiore di Lucky, può finalmente mettersi a studiare il magico “libro delle ere”. A creare scompiglio però ci pensa “la cucciolata”, ossia una temibile banda di gatti interessata proprio al libro. Nella zuffa fra Lyra e i felini il libro si apre e il povero Lucky insieme alla banda vengono risucchiati al suo interno. Il tomo catapulta così in un universo parallelo i protagonisti e gli antagonisti di questa rocambolesca avventura, dove il simpatico volpino dovrà affrontare ben quattro mondi per poter sistemare le pagine del libro e ritornare alla sua realtà. L’obiettivo del giocatore, che ovviamente vestirà i panni del giovane Lucky sarà quello di raccogliere più quadrifogli possibili, risolvendo minigame, semplici puzzle o compiendo azioni particolari, al fine di rendere fluida la progressione, aprire le porte delle zone bloccate e tentare di soddisfare tutti i requisiti richiesti per non avere improvvise battute d’arresto. In Super Lucky’s Tale funziona un po’ come nella maggior parte dei platform, ma in questo caso saranno visibili solo i quadrifogli totali, che sono novantanove per mondo, e non quelli utili per superare l’area. Per ottenerli tutti bisognerà dunque andare a zonzo e cercarli, consapevoli che taluni sono ben nascosti e complicati da raggiungere, mentre altri sono reperibili all’interno dei sottolivelli che compongono ogni singolo mondo, precisamente quattro per ciascuna di queste mini aree. Il primo lo si otterrà superando semplicemente la zona, il secondo trovando un’area distaccata, solitamente posizionata sottoterra, il terzo accumulando trecento monete e il quarto, infine, collezionando le cinque lettere dislocate in aree difficili da scovare che compongono il nome del protagonista.

Questa struttura, assieme ad alcune sezione in 2.5D, ricordano molto serie storiche come Donkey Kong, e in effetti sono queste le parti più riuscite di Super Lucky’s Tale. Purtroppo però quando sarà necessario muoversi liberamente all’interno di ambienti tridimensionali, emerge qualche problema che farà storcere il naso ai puristi del genere. Nel gioco purtroppo non si potrà muovere la telecamera a trecentosessanta gradi come ormai è consuetudine in quasi tutti i titoli contemporanei; al contrario, si potra solo spostarla verso le tre direzioni previste dagli sviluppatori complicando di molto la vita ai giocatori che spesso e volentieri si troveranno a fallire salti decisivi che gli faranno perdere preziose vite. Questa è anche la causa di molti “reload” e, se non fosse che la difficoltà di Super Lucky’s Tale non si attesta mai a livelli elevatissimi, per quanto sia tale da risultare comunque impegnativa, risulta comunque frustrante l’idea di perdere per una colpa non del tutto da addebitare a chi gioca. A livello di tempo, ogni sottolivello ha una durata media di circa cinque minuti, salvo ovviamente che non si muoia e si debba ricominciare. Fin dai primi momenti di gioco si avverte anche un senso di estrema ripetitività delle piattaforme, che non sono particolarmente caratterizzate, per quanto svolgano la loro funzione. Graficamente parlando Super Lucky’s Tale è davvero molto gradevole da vedere, coloratissimo e in grado di presentare personaggi sempre aggraziati e carini, ma nonostante questo i personaggi mancano totalmente di profondità perché a conti fatti sembrano solo delle macchiette che recitano frasi scontate e mancano di personalità. A conti fatti, dopo averlo provato a lungo possiamo dire che questo gioco lascia un retrogusto amaro, di quelli che fanno dire che con un po’ più di accortezze il gioco sarebbe potuto venir fuori decisamente meglio. Tuttavia ,se si è amanti del genere vale comunque la pena dargli una chance. Infatti se si riuscirà a chiudere un occhio con i difetti sopra descritti, tra le mani potrebbe piombarvi un prodotto valido che nasconde indubbie qualità, ma che deve ancora mostrare il suo reale valore mafari con l’ausilio di qualche patch correttiva. Alla luce di quanto detto, tirando le somme, Questo Super Lucky’s Tale nonostante non impressioni per giocabilità e profondità si difende bene dal punto di vista grafico e della sfida. Riuscire a completare il titolo al cento per cento infatti non sarà affatto semplice e i giocatori più incalliti sicuramente apprezzeranno tale peculiarità.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5
Sonoro: 6,5
Gameplay: 6
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 6,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Pes 2018: Konami fa gol su Xbox One, PS4 e Pc

Anche quest’anno, puntuale come un orologio svizzero, Konami ha lanciato il suo videogame dedicato al calcio, quindi, per la gioia di tutti i fan del mondo, PES 2018 è finalmente realtà. Vincitore del premio “Best Sports Game” alla Gamescom di quest’anno, il titolo ha creato grande attesa nel mondo dell’industria videoludica e in particolare tra i giocatori che hanno avuto la possibilità di provarlo in versione demo o negli eventi in cui il gioco è stato mostrato. Esaminando il titolo, che vi ricordiamo essere disponibile su Pc, Ps4 e Xbox One, si può osservare che sul campo da gioco virtuale Konami non ha voluto stravolgere quanto di buono fatto negli ultimi anni, un lavoro che a detta degli appassionati del genere, l’ha portata nuovamente a rivaleggiare ad armi pari con il rivale di Ea, ossia FIFA. Gli sviluppatori, in quest’edizione 2018, hanno comunque deciso di rallentare ulteriormente la velocità della partita in modo da porre l’accento sul gioco ragionato, di sistemare l’intelligenza artificiale dei portieri e di rivedere tutto il sistema delle animazioni e della fisica del pallone. Tutti elementi, in altre parole, che l’attentissima community aveva messo in evidenza negli scorsi mesi e che sono stati ulteriormente perfezionati. Ma andiamo a esaminare il titolo Konami più da vicino.

Una volta avviato il gioco, Pro Evolution Soccer 2018 si presenta agli occhi degli appassionati con dei menu molto simili a quelli dell’edizione scorsa. Stesso discorso va fatto anche per quanto concerne le modalità di gioco, a parte un paio, e alcune opzioni extra. Dunque si possono disputare le partite amichevoli, la Champions League e l’Europa League, così come la Champions asiatica. Si possono anche giocare alcuni campionati europei, di cui solo un paio completamente licenziati, e utilizzare una manciata di club internazionali sparsi qua e là. Mancano praticamente tutte le big inglesi e tedesche, e in Italia addirittura la Juventus. Insomma, niente di nuovo in tal senso, anche se questa questione licenze inizia un po’ a pesare dopo tutti questi anni. Sono Presenti poi tutti i classici tornei tipici della serie e la modalità Diventa un Mito, ormai vetusta sotto certi punti di vista, che fa il paio con la Master League. Quest’ultima come novità di rilievo propone dei tornei pre-campionato e una gestione del mercato un po’ più rifinita. Dulcis in fundo, le “vere” novità: le partite in cooperativa online con un massimo di tre giocatori per squadra anche sulla stessa console, e la partita casuale. Presente ovviamente anche l’apprezzatissima modalità MyClub, qui, oltre allo scontato inserimento di nuove leggende, gran parte del lavoro svolto è stato orientato a migliorare e ricalibrare il sistema che gestisce le aste e l’intesa della squadra, fondamentali in una modalità che fa proprio di elementi come questi gli aspetti fondamentali. Tutto questo senza dimenticare l’integrazione della modalità co-op online 2Vs2 o 3Vs3 con supporto fino ad un massimo di due ospiti in locale, fruibile sia all’interno dello stesso MyClub che in versione stand alone, e soprattutto la ricomparsa della selezione casuale, tornata d’attualità dopo anni di silenzio e che darà modo di effettuare match fra squadre composte da giocatori random selezionati secondo criteri più o meno definibili. Dal punto di vista del gameplay su questo Pes 2018 sono stati fatti diversi passi in avanti rispetto alla passata edizione. Una volta scesi in campo, l’utente ritrova il solito feeling con i comandi e una giocabilità simile a quella del capitolo precedente, ma un tantino più rifinito in diverse sfaccettature. Il ritmo di gioco è lento e ragionato, le squadre tendono a costruire l’azione piuttosto che a cercare quella personale del singolo, tranne nei casi in cui la fase del match lo consente e il giocatore che si impersona non è uno di quei fuoriclasse che ha nelle proprie corde l’estro e un certo tipo di giocata solitaria.

Complice sicuramente un’intelligenza artificiale leggermente più evoluta, gli atleti virtuali si comportano in maniera più logica nella gestione del pallone e mostrano una maggiore predisposizione a rispettare la tattica e le strategie scelte dall’allenatore. In questo modo si hanno movimenti più intelligenti, che seguono la naturale evoluzione dell’azione. In questo nuovo Pes si riesce finalmente a costruire un’azione e a compiere i gesti più semplici senza dover sempre fare troppi “passaggi” innaturali nei micro movimenti a causa di animazioni troppo rigide. Questo si traduce anche in un maggior controllo palla, segno che il Real Touch+ funziona, che assieme a una più credibile “fisicità” dei calciatori nella gestione della sfera, con gli atleti più possenti capaci di far sentire maggiormente il proprio peso, specie nei contrasti, portano a un approccio alle varie situazioni della partita più libere e aperte rispetto al recente passato. Migliorie sono state apportate anche nelle conclusioni a rete, dove però si nota una certa discrepanza nel realismo dei tiri tesi, rispetto a quelli più morbidi. Nel primo caso si ha la sensazione davvero di percepire una certa potenza nella botta e una pesantezza di fondo della palla, mentre nel secondo a volte no. Mantenendo fede a quanto già visto nel precedente capitolo, tecnicamente PES 2018 si attesta su livelli di assoluta eccellenza. Tutto merito del Fox Engine, sempre più raffinato ed in grado non solo di offrire un colpo d’occhio decisamente di impatto, ma anche di garantire una fisica a giocatori e pallone al limite della realtà. Il livello delle animazioni ha raggiunto vette davvero incredibili, tanto da consentire anche ricostruzioni in sede di motion capture a dir poco meticolose e tali da riprodurre su schermo le gesta e le forme di gran parte dei giocatori presenti all’interno del gioco, conosciuti o meno che siano. Come da prassi, Konami non si è infatti limitata a mappare solo i nomi più rilevanti, ma ha cercato di “approfondire il discorso” anche con atleti di leghe e campionati certamente minori ma non per questo meno importanti.

Il punto di forza di PES resta tuttavia la fisica utilizzata per la gestione della palla, come sempre dotata di un peso specifico maggiore rispetto alla concorrenza e per questo capace di garantire uno maggiore spettro di possibilità. Scoccare un tiro dalla lunga distanza che possa raggiungere il sette non sarà mai una cosa scontata, mentre a fare tutto il resto ci penseranno i già citati Real Touch+ e full body touch che in qualsiasi occasione saranno sempre pronti a ricordarvi che in PES molto dipenderà dalla vostra capacità di capire come intervenire sul pallone al fine di non trasformare un goal sicuro in una figuraccia dalle proporzioni bibliche. Alti e bassi invece per gli stadi, che nel caso di quelli generici sono per la maggior parte nella media, mentre assolutamente spettacolari appaiono quelli coperti da licenza ufficiale. Ad ogni modo, a corroborare il tutto ci sono poi una regia degna di una trasmissione televisiva, con inquadrature ad hoc sui volti dei calciatori in fase di riscaldamento o dopo un’azione decisamente pericolosa, sugli spalti e a bordo campo che, specie durante le manifestazioni ufficiali come per esempio la Champions League, restituisce agli utenti tutta l’atmosfera della competizione e la sensazione di parteciparvi davvero con la propria squadra del cuore. Completa il quadro un comparto sonoro capace di restituire tutta l’atmosfera che si respira all’interno di un vero stadio durante una partita di calcio. Buona, infine, la telecronaca in italiano del mai scontato Fabio Caressa, che in Pes 2018 propone al pubblico una serie di nuove frasi che vanno ad aggiungersi e ad arricchire, il vecchio commento delle ultime edizioni che lo hanno visto protagonista insieme a Marchegiani. Volendo parlare di difetti, l’ultima fatica dedicata al mondo del calcio di Konami non è perfetta, alcuni nei infatti ci sono e coinvolgono principalmente la presenza di licenze ridotte all’osso e la tendenza del sistema ad assegnare di tanto in tanto il controllo del giocatore piazzato peggio o quello del portiere a propendere sempre più verso la respinta che non verso la trattenuta del pallone anche in occasione di tiri facilmente parabili. Problemi sicuramente fastidiosi ma comunque parzialmente arginabili e che si spera possano essere risolti nel prossimo futuro. A parte questo però, Pes 2018 è un prodotto serio, ben realizzato e che sicuramente vale la pena di essere giocato dagli amanti del genere.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9
Gameplay: 8,5
Sonoro: 8,5
Longevità: 8,5


VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Destiny è ancora più grande con I Signori del Ferro

 

di Francesco pellegrino Lise


Dal 2014 ad oggi, milioni di Guardiani si sono radunati per proteggere l’ultima città della Terra dall’Oscurità, vivendo una grandissima avventura interstellare che li ha portati negli angoli più remoti del nostro sistema solare. Dopo il successo di critica e pubblico della sua prima grande espansione, Destiny: Il Re dei Corrotti, uscita nel 2015, è da oggi disponibile un nuovo capitolo nella storia della serie, Destiny: I Signori del Ferro. In questo dlc i giocatori potranno rivivere i loro primi momenti nel mondo di gioco e combattere fianco a fianco con uno dei più grandi eroi di Destiny, Lord Saladin, contro un nemico emerso dalle nebbie del passato. Con “I Signori del Ferro”, Bungie perfeziona quindi l’esperienza del suo MMO (massive multiplayer online game ndr.) di punta donando all’intera storyline un’importante senso di epicità. In questa espansione “anno 3” i giocatori saranno impegnati ad aiutare Lord Saladin, l’ultimo Signore del Ferro, nonché patrono dello Stendardo di Ferro, a combattere il ritorno di S.I.V.A., una straordinaria tecnologia biomeccanica che inizialmente ha consentito all’uomo di conquistare lo spazio ma che successivamente è diventata senziente ed aggressiva. Per questo motivo i Signori del Ferro, fino a quel momento ritenuti gli invincibili difensori dell’Ultima Città, sono stati costretti a sacrificarsi per sigillarla al di fuori del Cosmodromo, l’ultima roccaforte dell’umanità, ponendo fine per sempre alla minaccia. Così almeno avevano creduto fino ad ora. Gruppi di Caduti, infatti, sembrano essere entrati in contatto con questa pericolosa tecnologia ottenendo nuovi strepitosi armamenti. L’avventura porterà i giocatori ad esplorare una nuova zona situata ad est del Cosmodromo chiamata “terre infette” e il Picco Felwinter, una nuova area social nella quale si ritroveranno i Signori del Ferro. Le Terre Infette posseggono una conformazione ad anello e nasconde tra le viscere delle sue gallerie un complesso industriale, denominato la Forgia dell’Arconte. Questo luogo funziona in tutto e per tutto come la Corte di Oryx. Per attivare le sue sfide, infatti, bisognerà consumare un’offerta di Siva presso i suoi terminali per far partire una battaglia simile ad un evento pubblico, alla quale tutti coloro presenti sul server potranno partecipare. Tale area garantirà “drop” unici per i team vittoriosi nonché rappresenta un ottimo passatempo da affrontare con gli amici. Per il resto la zona sembra piuttosto classica, ricca di nemici e di taglie dell’Avanguardia, da completare per poter accedere ai nuovi equipaggiamenti venduti, così da arrivare al più presto al nuovo livello massimo di luce. Le terre infette nascondono inoltre diversi segreti, come per esempio alcuni pezzi di un’arma che andrà trovata al termine della breve campagna principale, una scorciatoia che collega al vecchio Cosmodromo in versione rivisitata o alcuni i passaggi segreti da aprire utilizzando delle chiavi lasciate cadere dai nemici più aggressivi presenti in zona.

 

 

Dopo le prime ore ore di gioco, nelle quali si sbloccano la nuova area sociale, il Picco di Felwinter, e un paio di missioni all’interno delle Terre Infette, coronate da un bel finale nel quale sarà necessario combattere tre avversari molto speciali brandendo le nuove asce fiammeggianti, questo DLC finalmente si aprirà lasciando i giocatori del tutto liberi di seguire le quest rimanenti e di scoprire tutte le novità nascoste tra le fredde nevi delle Terre Infette. Con I Signori del Ferro Bungie ha ormai metabolizzato la necessità di espandere con regolarità il suo ibrido MMO/shooter e ha trovato una formula con la quale ampliare l’universo di gioco e contemporaneamente tenere legati i giocatori diluendo le cose da fare nel tempo. I contenuti proposti sono di buon livello, come la breve ma intensa campagna, le nuove mappe PvP e un raid ben strutturato e divertente che assieme ai nuovi assalti e una nuova modalità multigiocatore chiamata “supremazia”, molto simile alla ben nota “uccisione confermata” vista in Call of Duty, offre un pacchetto completo e ricco di divertimento. Ne I Signori del Ferro è presente anche un nuovo raid, chiamato Furia Meccanica, dove sei giocatori dovranno unire le loro forze, comunicare come un vero gruppo di alleati sul campo di battaglia e trovare il modo di sconfiggere uno dei nemici più pericolosi dell’intera saga. Quest’incursione, a differenza delle precedenti è costellata da segreti da scoprire e per i più tenaci, nasconde un particolarissimo enigma che farà rispolverare ai più anche i libri di matematica. Un plauso va inoltre fatto all’incredibile colonna sonora che dona alla nuova espansione del gioco targato Bungie, un senso di epicità davvero estremo. Da segnalare inoltre, in concomitanza con l’uscita della singola espansione I Signori del Ferro, anche un’edizione di Destiny da collezione che comprende il gioco base più tutti i contenuti aggiuntivi usciti fino a ora. Tale pacchetto è stato pensato per tutti quei giocatori che non si sono ancora avvicinati per adesso all’incredibile universo dell’MMO più giocato su Xbox One e PlayStation4. Tirando le somme, con questo nuovo interessantissimo capitolo della saga, Bungie e Activision hanno ampliato per l’ennesima volta l’universo di uno fra i videogame più amati degli ultimi anni proponendo una trama epica, moltissime attività da portare a compimento e tante ore di divertimento allo stato puro.

 

VOTO FINALE: 9,5