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Cronaca

TARANTO: MEDAGLIA D'ONORE DEL CAPO DELLO STATO AI FAMILIARI DI DONATO TAGLIENTE

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Tempo di lettura 6 minuti Lo stesso Comune di Crispiano ha deciso di rendere onore al concittadino Benemerito della Patria, intitolandogli una strada cittadina.

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di Chiara Rai

Crispiano (TA) – Il prefetto di Taranto Umberto Guidato consegnerà la speciale benemerenza del Presidente della Repubblica ai familiari di Donato Tagliente, militare che dopo l'8 settembre rifiutò di collaborare con i tedeschi e fu deportato in Germania fino al settembre 1945.
La cerimonia di consegna avrà luogo nel corso di una riunione straordinaria a seduta aperta del Consiglio Comunale di Crispiano (TA), dove l'insignito ha vissuto, convocata il 9 settembre alle 17 dal Sindaco Egidio Ippolito.
Lo stesso Comune di Crispiano ha deciso di rendere onore al concittadino Benemerito della Patria, intitolandogli una strada cittadina. 

Francesco Tagliente, già Questore di Firenze, Questore di Roma e Prefetto di Pisa 

Sono onorato di questo importantissimo tributo dedicato dalla più alta carica dello Stato e dall’Amministrazione Comunale di Crispiano alla memoria di mio padre.

Ne sono fiero sia come familiare, insieme alla nostra famiglia tutta, ma soprattutto come uomo dello Stato cresciuto con un insegnamento che mi auguro possa essere trasmissibile di generazione in generazione: l’amore per la nostra Patria, la più completa dedizione ad essa senza compromessi e a costo di rimetterci la propria vita. Questi alti valori morali mi sono stati trasmessi dalla figura di mio padre Donato Tagliente, un uomo che ha sacrificato la sua famiglia per difendere la Patria.

L’auspicio è che la storia non venga mai dimenticata perché il sacrificio degli “eroi” della Patria che hanno scritto la storia d’Italia continui a servire d’insegnamento per i giovani di domani affinché imparino a coltivare il rispetto, la dignità e la consapevolezza di cosa significhi servire, amare, difendere il proprio Paese.

Il Sindaco di Crispiano Egidio Ippolito
Sono fiero di annoverare tra i cittadini crispianesi il benemerito della Patria Donato Tagliente, reduce dalla deportazione nei campi nazisti.
La Sua Commemorazione ha un duplice alto significato: il ricordo dell’uomo, della sua dedizione e sacrificio per la Patria, anche a scapito del bene più grande di cui godeva, la famiglia. Ma Donato Tagliente è soprattutto il simbolo di una memoria da tenere viva , i noi e nelle generazioni future, della tragedia e dolore che ha rappresentato il nazismo per la nostra terra.
Negli ultimi anni le istituzioni e le amministrazioni hanno maturato una sempre maggiore attenzione per gli accadimenti del secondo conflitto mondiale e soprattutto per la figura dei “deportati”, tanto che diverse disposizioni normative in materia sono entrate in vigore.
Leggendo la biografia di Donato Tagliente si rimane toccati dall’osservare il computo degli anni dedicati al servizio della Patria e sottratti ai propri affetti. Quasi 11 anni trascorsi tra campagne di guerra e deportazione nazista. Due frasi poi, apposte sul foglio matricolare, sintetizzano il periodo forse più duro e terribile di quegli anni:
9 settembre 1943: “catturato dalle truppe tedesche e condotto in Germania”
6 settembre 1945 “Rientrato in Italia”
Infatti, dopo la proclamazione dell’Armistizio, l’8 settembre del 1943, i nostri soldati vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere deportati nei campi di lavoro in Germania.
Donato Tagliente di fronte a quella difficile scelta, decise di non venire meno ai suoi doveri nella consapevolezza che solo così la sua Patria un giorno avrebbe riacquistato la propria dignità di Nazione libera.
Rifiutando l’arruolamento nelle file dell’esercito tedesco, venne fatto “prigioniero” e internato in un campo di concentramento in condizioni di vita disumane e sottoposto a privazioni di ogni sorta.
Per rimanere fedele all’onore militare e di uomo, scelse eroicamente la deportazione e la conseguente, terribile e lunga, sofferenza della fame, di stenti e di inenarrabili sofferenze fisiche e soprattutto morali.
La decisione presa lo scorso 8 luglio, insieme con la giunta comunale, di concerto con i capigruppo consiliari di intitolare una strada del Comune di Crispiano alla memoria di Donato Tagliente, ci è sembrata il giusto riconoscimento civico, soprattutto dopo aver appreso che nel mese di ottobre dello scorso anno, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto, lo ha insignito della prestigiosa Medaglia d’Onore” per le speciali benemerenze verso la Nazione.

Il proclama di armistizio di Badoglio dell'8 settembre 1943, costituisce l'annuncio dell'entrata in vigore dell'armistizio con gli Alleati. Il messaggio, letto dal maresciallo Pietro Badoglio alle 19:42 al microfono dell' EIAR, annunciò alla popolazione italiana l'entrata in vigore dell' Armistizio di Cassabile firmato con gli anglo-americani il giorno 3 dello stesso mese.

Cenni storici sul campo di sterminio a Taranto
Il campo 'S' di Taranto o campo sant’Andrea raccolse prigionieri di guerra italiani e di altre nazionalità al termine del secondo conflitto mondiale. Il Campo, sebbene demolito nel maggio del 1946, è ancora visibile ed è ubicato fra le masserie Caselle (nord-ovest), Torre Bianca (Sud-Est), Sant'Andrea (Sud) e Torre Rossa (sud-ovest). Attualmente sono riconoscibili i basamenti delle baracche, parte dell'impianto fognario e stradale, nonché i percorsi delle recinzioni. In particolare, dalle foto da satellite o da aerofoto, si può distinguere in maniera netta l'impianto del campo.
Terminata la guerra, anche coloro ai quali era stato concesso l'onore delle armi nella resa, come i battaglioni della Xª Flottiglia MAS di Valerio Borghese, furono deportati, passando per la maggior parte dal campo di Afragola: dapprima fecero sosta per il riconoscimento al campo S di Taranto e poi furono deportati nel POW Camp di Algeri, da dove gli italiani tornarono al campo 'S', dove nel frattempo, erano stati imprigionati uomini di altre nazionalità, il 23 febbraio 1946, cioè un anno dopo la fine del conflitto mondiale.
I prigionieri di guerra italiani restarono rinchiusi in recinti detti Pen, senza servizi igienici, senza cibo sufficiente, senza letti. Molti morirono. I più tornarono però a casa, quando gli inglesi decisero di abbandonare la custodia del campo e i comandi italiani non accettarono di mantenere i connazionali rinchiusi in quel campo, definito, dai giornali del tempo, "Il campo della fame".
L’8 Settembre 1943 è una data importante nella storia d’Italia.
Diversi sono i significati dell’Armistizio per una nazione duramente provata dalla guerra, guerra a cui ha voluto partecipare senza capire bene a cosa stava andando incontro.
Il prof. Vittorio De Marco ha scritto un saggio molto interessante “Filo spinato alle porte di Taranto”. Egli fa sapere che tra Taranto e Grottaglie c’erano diversi campi di prigionia. Nelle vicinanze della città esistevano il grande Campo di S. Andrea, un campo reduci si trovava presso la masseria di Santa Teresa; nei pressi di Grottaglie era sistemato un campo di tedeschi; altri campi a Rondinella e a S. Giorgio; il così detto Campo «T» che raccoglieva reduci dall’Oriente e dalla Gran Bretagna; il Campo «R», ormai vuoto nei primi mesi del 1946.
In genere tutti istituiti e controllati dalle autorità militari inglesi. Si trattava di ex prigionieri italiani che già dal 1945 cominciarono ad arrivare dai vari campi di prigionia inglesi sparsi nelle sue colonie o da campi dell’Algeria e Tunisia.

Il Campo “S” o di S. Andrea era già operativo dai primi mesi del 1945, ma subì un incremento numerico nei primi mesi dell’anno successivo. Qui tra il febbraio e il maggio 1946 furono internati circa diecimila prigionieri italiani divisi in 10 grandi recinti o “pens”, come li chiamavano gli inglesi. Cominciarono ad affluire verso i primi giorni di febbraio da varie località. Parte erano prigionieri presi prima del’8 settembre 1943; qualche migliaio era stato catturato dopo l’armistizio nelle isole dell’Egeo. Tra gli internati si trovavano anche ex appartenenti alle forze armate nazifasciste e una speciale categoria denominata “recalcitranti”. Questa comprendeva coloro che erano appartenuti a formazioni di SS e di polizia (per lo più alto-atesini bilingui), componenti delle Brigate Nere, della Legione “Muti”, della X Flottiglia MAS, del reggimento paracadutisti “Folgore”. Altri giovanissimi avevano fatto parte delle formazioni del maresciallo Graziani. Altri prigionieri provenivano dall’isola di Creta. Gli accordi tra inglesi e autorità militari italiane prevedevano un passaggio di competenza dagli uni agli altri, ma sostanzialmente il Campo, alla fine di maggio del 1946 implose senza che questo passaggio formale potesse avere i suoi effetti. Gli accordi prevedevano l’istituzione di una commissione che avrebbe dovuto individuare i prigionieri “normali” da quelli accusati di far parte di corpi speciali macchiatisi di stragi ed altro.
Ancora nei primi mesi del 1946, quando ormai la vita democratica si era nuovamente instaurata nel Paese, quando la guerra era finita già da un anno, vi erano ancora soldati italiani, prigionieri sullo stesso suolo patrio che non potevano ancora riabbracciare le proprie famiglie per meri problemi burocratici e di scarsa collaborazione tra inglesi e autorità militari e politiche italiane.
I tarantini, attraverso le varie organizzazioni umanitarie locali (Ente Comunale di Assistenza, Croce Rossa, Arcivescovado, enti privati) risposero con generosità all’appello di questi prigionieri malnutriti, maltrattati, in condizioni igieniche molto difficili, man mano che notizie sempre più precise sulle loro reali condizioni uscivano da quel campo.
L’arcivescovo del tempo, mons. Ferdinando Bernardi, riuscì ad entrare finalmente nel Campo, dopo ripetute richieste al Comando alleato di Caserta, il 10 marzo 1946, accompagnato da tre sacerdoti tra cui il suo vicario generale mons. Guglielmo Motolese. Non poté naturalmente vedere o incontrare tutte le migliaia di prigionieri. Fu invece accompagnato ad uno steccato sistemato apposta per l’occasione, dove incontrò folte rappresentanze di tutte le sezioni. Qui celebrò la messa e dopo restò a colloquio con il comandante del Campo allo scopo di concretizzare un piano di soccorso per i prigionieri. Da quel giorno tutta la diocesi fu mobilitata per gli aiuti ed arrivavano quotidianamente carri con pacchi destinati a tutti i prigionieri. Anche le famiglie dal centro e nord Italia mandavano i propri pacchi o denaro direttamente all’Arcivescovado per far giungere un aiuto concreto ad un proprio parente e tutto fu fatto con molto scrupolo ed attenzione attraverso la sezione tarantina della Pontificia Commissione di Assistenza.
Nelle carte di questo Campo “S” conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma ci sono alcuni elenchi di prigionieri, soprattutto quelli ritenuti “pericolosi”; anche tra le carte private dell’arcivescovo Bernardi ci sono diverse lettere di prigionieri che richiedevano o ringraziavano. E’ da ricordare che nell’aprile 1997 si sono ritrovati a Taranto alcuni superstiti del Campo per rievocare quei mesi e l’aiuto generoso ricevuto dalla città e dalla Chiesa tarantina.

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Macabri ritrovamenti a Roma: motorino abbandonato e resti di animali inquietano i cittadini. E’ paura di riti satanici

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Sui social si segnalano una serie di episodi simili in diverse zone della capitale, sollevando dubbi su possibili rituali occulti

In un prato della zona nei pressi di via del Casale Ciminelli, infatti, è stato rinvenuto un motorino abbandonato, accanto al quale giaceva una testa di animale, probabilmente un montone, insieme a pelliccia e interiora sparse a terra. L’insolita e macabra scena non è passata inosservata, portando alcuni cittadini a contattare immediatamente i carabinieri del 112 e la polizia locale.

La situazione è fascinosa e inquietante, e non è isolata. Sui social network, molti utenti hanno condiviso le loro esperienze, evidenziando un fenomeno che, a quanto sembra, è costante in diverse zone della capitale. “Su via Torre Jacova, settimana scorsa, ho trovato zampe e altri resti, credo di coniglio, erano stati buttati lì in un sacchetto che i cani randagi e le cornacchie hanno aperto, sparpagliando il contenuto lungo la strada”, ha commentato un cittadino, aggiungendo di aver rinvenuto anche ciò che sembrava essere la pelle di un gatto. “Che diamine sta succedendo?!”, si chiede preoccupato.

Le voci che circolano tra i residenti sono molte e crescenti, con alcuni che non escludono la possibilità di riti satanici o pratiche simili dietro a queste inquietanti scoperte. Il clima di allerta è palpabile, e la paura tra le persone aumenta. Rivendicazioni come queste, seppur basate su speculazioni, testimoniano un malessere che si insinua nel tessuto sociale, rendendo i cittadini sempre più ansiosi e diffidenti.

La situazione non è semplice e necessita di un’attenta analisi delle autorità. Gli agenti di polizia e i carabinieri sono chiamati non solo a indagare su questi eventi, ma anche a rassicurare la popolazione che esige sicurezza e chiarezza. Le istituzioni dovrebbero intervenire tempestivamente per fare luce sulla questione, prevenendo il diffondersi del panico tra i cittadini e garantendo la sicurezza di tutti.

In un mondo dove il rispetto per gli animali e l’ambiente dovrebbe essere una priorità, tali episodi mettono in evidenza la necessità di un intervento deciso e di campagne di sensibilizzazione per educare la popolazione al rispetto delle vite e delle norme che regolano la convivenza civile.

Mentre le indagini avanzano, resta da sperare che simili episodi non si ripetano e che i cittadini possano tornare a vivere in serenità, senza l’ombra di eventi così inquietanti che minacciano la sicurezza e la tranquillità del loro quartiere.

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Cronaca

Milano inaugura l’intera linea M4: la nuova metropolitana blu che collega Linate al centro città e oltre

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Un’opera epocale per la mobilità del capoluogo lombardo. Festa cittadina e dichiarazioni di orgoglio da parte del sindaco Sala e del ministro Salvini

La città di Milano festeggia l’inaugurazione della linea completa della M4, la metropolitana “blu” che collega l’aeroporto di Linate al centro cittadino, fino a San Cristoforo. Il sindaco Giuseppe Sala ha definito l’opera “epocale”, un traguardo importante per la città e per tutti coloro che hanno lavorato alla sua realizzazione. “È un’opera di grande dedizione e fatica, ma ci siamo arrivati. Questo non è un punto di arrivo, ma un nuovo punto di partenza”, ha affermato Sala durante la cerimonia. La M4, dopo l’apertura della prima tratta Linate-San Babila nel luglio 2023, oggi si estende fino a San Cristoforo, unendo in maniera rapida e sostenibile l’est e l’ovest della città. In parallelo, si guarda già al futuro con il sogno della M6, una sesta linea per migliorare ulteriormente la mobilità cittadina.

Storia della M4: un’opera lunga e complessa

L’idea di costruire una nuova linea metropolitana a Milano, in particolare la M4, ha origini lontane. La proposta di un collegamento diretto tra l’aeroporto di Linate e il centro della città risale addirittura agli anni ’90. Tuttavia, tra progetti, pianificazioni e difficoltà finanziarie e burocratiche, i lavori veri e propri sono iniziati solo nel 2015. La M4 è stata pensata per essere completamente automatizzata e priva di conducente, con l’obiettivo di offrire un servizio rapido e moderno. Dopo anni di cantieri, ritardi dovuti anche alla pandemia di Covid-19, e continui lavori in corso nel cuore della città, la prima parte della linea è stata finalmente inaugurata a luglio 2023, collegando Linate a San Babila, una delle piazze centrali di Milano.

La svolta con il completamento: San Cristoforo finalmente connessa

L’inaugurazione della tratta fino a San Cristoforo, avvenuta a ottobre 2024, segna il completamento dell’intera linea M4, estendendo il servizio fino al quartiere ovest di Milano, lungo un percorso totale di 15 chilometri e 21 stazioni. Questa nuova linea, considerata la “quinta metropolitana” di Milano, permette di percorrere la distanza da Linate a San Cristoforo in soli 30 minuti, unendo est e ovest della città con un servizio efficiente e sostenibile, fondamentale per decongestionare il traffico milanese.

La M4 si inserisce nel contesto della crescente necessità di migliorare i trasporti pubblici e ridurre l’inquinamento. Il percorso sotterraneo ha richiesto una notevole sfida tecnica, con scavi eseguiti nel centro storico, un’area particolarmente complessa per via della densità degli edifici e dei servizi urbani. L’infrastruttura è stata concepita per integrarsi con le altre linee già esistenti, facilitando i collegamenti e offrendo nuove opportunità di mobilità urbana.

Una festa per Milano: musica e spettacoli lungo la tratta

Per celebrare questo grande risultato, la città ha organizzato una festa lungo tutta la linea M4. A partire dalle 13:30 del 12 ottobre 2024, artisti di strada, musicisti e performer hanno animato le tredici nuove stazioni e in particolare il mezzanino di San Babila, dove la metro blu si interseca con la linea rossa M1. Più di 40 artisti hanno preso parte agli eventi, che hanno incluso anche spettacoli in cinema e teatri situati lungo il percorso della nuova linea. Un vero e proprio giorno di festa per Milano e per i suoi cittadini.

Un traguardo importante per Webuild e l’industria italiana

L’opera della M4 rappresenta un importante successo anche per Webuild, l’azienda italiana che ha guidato la costruzione della linea. Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild, ha dichiarato: “Per noi è un traguardo importante. Costruire 15 chilometri di metropolitana nel cuore di una città come Milano, in tempi relativamente brevi, è un risultato significativo, soprattutto considerando le difficoltà legate alla pandemia di Covid-19”. Salini ha sottolineato l’orgoglio dei lavoratori che hanno partecipato a questo progetto, definendolo un esempio di come l’industria italiana possa competere a livello globale nella realizzazione di infrastrutture avanzate.

Salvini: “La M4 è simbolo della buona politica”

Anche il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha presenziato all’inaugurazione, sottolineando come la realizzazione della M4 rappresenti un esempio di buona politica: “È una bellissima giornata che unisce la buona politica. Almeno sulle infrastrutture, la politica non dovrebbe dividersi, perché si tratta di servizi per i cittadini”. Salvini ha poi annunciato il prossimo obiettivo per Milano: il prolungamento della M4 fino a Buccinasco e Baggio, ampliando ulteriormente la rete dei trasporti pubblici nella città metropolitana. “Milano è un modello”, ha aggiunto il ministro, evidenziando come la città stia crescendo rapidamente in vista delle Olimpiadi invernali del 2026, che porteranno nuove infrastrutture e lasceranno in eredità importanti servizi per i cittadini, come lo studentato a prezzi calmierati.

Il futuro della mobilità milanese

La M4 rappresenta solo l’ultima tappa di un più ampio piano di sviluppo per la mobilità milanese. Il completamento della metropolitana blu, oltre a migliorare i collegamenti tra i quartieri della città, contribuisce alla riduzione delle emissioni di CO2, grazie a un mezzo di trasporto sostenibile e automatizzato. Con lo sguardo rivolto al futuro, Milano punta già alla progettazione della M6 e al continuo miglioramento delle sue reti di trasporto pubblico, consolidando il suo ruolo di città modello per l’innovazione e lo sviluppo urbano in Italia e nel mondo.

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Castelli Romani

Monte Porzio Catone: la nuova rotonda sotto accusa

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Ogni mattina, all’alba, si ripete lo stesso copione.
“Esco dal cancello di casa, in via di Monte Compatri, e mi trovo subito immerso in una scena di caos – dice l’avvocato Evandro Senatra, uno dei decano tra gli avvocati di Monte Porzio Catone – Frotte di studenti affollano la fermata dell’autobus, alcuni addirittura sul manto stradale, rischiando di trovarsi in situazioni pericolose. Questo è solo l’inizio di una mattinata che si preannuncia problematica!”

La nuova rotonda, che ha fatto tanto discutere nel comune di Monte Porzio Catone, si è rivelata una benedizione per pochi, ma per la stragrande maggioranza è diventata un vero e proprio incubo.
La fila di automobili che si snoda da Monte Compatri, arrivando fino alla località Ponte Grande, è sintomatica di un ingorgo senza fine.
In molti impiegano, al mattino o nelle ore di punta, quasi mezz’ora solo per raggiungerla su di un tragitto che, un tempo, richiedeva pochi minuti.
«In certe ore di punta è peggio che a Roma!», dice uno dei tanti “arrabbiati” sui social.
Ma il problema non riguarda solo il traffico congestionato. La sicurezza è un tema sempre più impellente.


Quello che appare sempre più evidente, ci dicono molti cittadini, è la necessità di adottare un controllo più rigoroso per le auto che giungono da Frascati. Troppo spesso si assiste a veicoli che ignorano il segnale di dare precedenza, imboccando Via di Monte Compatri a velocità ben superiori al limite di 30 km/h. Questo comportamento mette a repentaglio non solo la vita degli automobilisti, ma soprattutto quella dei pedoni, e in particolare degli studenti, che ogni giorno attraversano la strada per raggiungere la fermata dell’autobus.
E se a tutto ciò aggiungiamo, sempre come dicono alcuni cittadini della zona, il “cattivo” comportamento dei mezzi pubblici, “il gioco è fatto”.
Gli autobus del Cotral, l’azienda dei trasporto regionale vengono indicati, in molti post, come “indisciplinati” e “pericolosi”.
Va da se che bisogna ricercare una soluzione rapida e veloce ma soprattutto va predisposta, a stretto termine, una banchina riparata per i tanti passeggeri che attendo il bus direzione Frascati.

la “assai discussa” fermata dei bus Cotral

Fioccano già le proposte, come quella di creare “una piccola rientranza nella proprietà alle spalle”, oppure spostando la fermata dei bus Cotral in un luogo ove i passeggeri non rischino di essere investiti dalle auto.
Inoltre, sarebbe utile, dicono sempre i cittadini sui social, installare dei semafori funzionanti durante le ore di punta per regolare il traffico, evitando di ricadere nelle insidie delle “rotonde” che, nel nostro caso, sembrano piuttosto causare un ulteriore ingorgo.
“La sicurezza e il benessere della comunità devono essere la priorità” è il filo conduttore delle dichiarazioni di molti cittadini monteporziani.

Si spera che le istituzioni ascoltino le richieste dei cittadini e trovino soluzioni efficaci per rendere vivibile il territorio.

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