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Redazione
Trevignano (RM) – C’è voluto tanto a partorirla, e adesso eccola qui la locandina del FilmFest 2014. Vedetela come vi pare: un fiore dai petali variopinti, oppure un mondo che galleggia nell’Universo, fatto di donne e di uomini di molti colori e di molte identità. Del FilmFest 2014, che inzierà giovedì 25 settembre, abbiamo cercato di dare un’immagine vivace, vitale, allegra, concettualmente positiva.
Migrare è oggi quasi una condizione per restare al mondo: non ci sono soltanto le persone che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla povertà e vanno in cerca di un destino migliore. Ci sono anche i nostri figli che sempre più frequentemente conducono esperienze di studio e di lavoro all’estero. L’auspicata fine della terribile crisi economica che attanaglia il mondo dal 2007, e che abbiamo raccontato cinematograficamente nell’edizione 2013 del Trevignano FilmFest, non cambierà di molto queste vecchissime e nello stesso nuovissime abitudini. Viviamo in un mondo globalizzato nel quale quella che i sociologi francesi chiamano “mixitè”, la coesistenza di persone di differenti identità nazionali, etniche, culturali, religiose sarà un dato sempre più centrale.
Molti continuano a scrivere e a sollecitarci perché divulghiamo il programma del FilmFest 2015. Dateci ancora una decina di giorni o poco più e vi parleremo dei film, dei documentari e dei protagonisti che verranno a Trevignano. Del resto tutta l’attenzione è ancora assorbita dal Festival di Venezia, no?
Riflettiamo piuttosto su un bell’editoriale di Giovanni De Mauro, pubblicato nel numero del 29 agosto del settimanale L’Internazionale, attorno ad una nuova figura di migrante: “l’immigrato digitale”. De Mauro riprende il concetto-guida di un libro del giornalista canadese Michael Harris, dal titolo The end of absence, la fine dell’assenza: “Se sei nato prima del 1985, sai com’è la vita con e senza Internet. Viaggi tra un Prima e un Dopo. Se sei più giovane, invece, non hai vissuto da adulto in un mondo prima di Internet. Quelli di noi in questa generazione a cavallo, con un piede nel mare digitale e l’altro ancora a riva, vivono uno strano malessere nel tentativo di acclimatarsi. Siamo immigrati digitali e, come tutti gli immigrati, spesso non troviamo accogliente il nostro mondo”.
Ma “se siamo le ultime persone ad aver conosciuto la vita prima di Internet, siamo anche gli unici ancora capaci di parlare entrambe le lingue, siamo gli unici traduttori di un Prima e di un Dopo…” Si può essere migranti, dunque, anche senza spostare fisicamente le proprie vite. Ragionando attorno a come la rete ha cambiato il mondo, e a come, attraverso quali storie, il cinema l’ha raccontato, magari potrebbe balzar fuori l’idea per il FilmFest del prossimo anno.
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