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Esteri

UE: "SARA' OBBLIGATORIO ACCOGLIERE GLI IMMIGRATI"

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Tempo di lettura < 1 minuto Sono previste infatti una serie di operazioni per affrontare l'emergenza tra cui un meccanismo per aumentare in modo significativo la solidarietà fra i paesi sull'accoglienza

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di Ch. Mo.

Bruxelles – Sempre più attuale come tematica, la questione degli immigrati finisce in Commissione Europea. Mercoledì prossimo sarà approvata la nuova strategia Ue sulle migrazioni. Le fonti comunitarie parlano di alcune iniziative legislative vincolanti con un approccio strutturale sulla questione. Seppure per mesi la nostra nazione avesse dichiarato di essere stata abbandonata dall'Europa in merito alla questione immigrazione, a breve potrebbe arrivare la tanto attesa risposta, e con essa, le contestazioni. Sono previste infatti una serie di operazioni per affrontare l'emergenza tra cui un meccanismo per aumentare in modo significativo la solidarietà fra i paesi sull'accoglienza e sulle richieste di asilo. Il prgramma di aiuti e l'aumento di mezzi per fronteggiare l'arrivo dei migranti nei nostri paesi però potrebbe favorire lo spostamento degli stessi in maniera esponenziale facendo collassare definitivamente le strutture che già ora risultano mal gestite e al collasso. Pare che la Commissione Europea stavolta voglia sostenere concretamente l' Italia e gli altri paesi del Mediterraneo obbligando però in un certo modo all'accoglienza. Dopo due giorni dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dunque sarà presentata la nuova strategia e dopo che il capo della diplomazia Ue Federica Mogherini avrà presentato la sua azione di contrasto ai trafficanti di esseri umani. In merito a queste iniziative europee, l'ambasciatore libico alle Nazioni Unite ha respinto qualsiasi ipotesi europea contro i trafficanti di esseri umani che preveda di colpire i barconi anche sul suolo libico. "Non siamo stati nemmeno consultati", ha detto Ibrahim Dabbashi, rappresentante del governo di Tobruk in un'intervista alla Ap, aggiungendo che il miglior modo per risolvere l'emergenza sbarchi è di armare il suo governo, l'unico riconosciuto a livello internazionale.

Esteri

Trump chiama Musk a Washington: il magnate di Tesla e X verso un ruolo chiave nell’amministrazione

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L’imprenditore potrebbe guidare un Dipartimento per l’Efficienza del Governo, con ampie deleghe su intelligenza artificiale, esplorazione spaziale e deregolamentazione

Appena eletto presidente, Donald Trump ha riservato a Elon Musk un elogio altisonante, definendolo “quel gran genio del mio amico”. La dichiarazione è apparsa come un segnale chiaro del ruolo di primo piano che il magnate di Tesla e di X (ex Twitter) giocherà nella futura amministrazione. Con un patrimonio stimato a 260 miliardi di dollari, Musk si prepara a diventare uno dei consiglieri più influenti di Trump, in un incarico che potrebbe comportare ampi poteri per incidere sulla gestione federale e promuovere temi chiave come intelligenza artificiale, esplorazione spaziale e politiche industriali.

Secondo fonti vicine alla Casa Bianca, Musk potrebbe essere chiamato a capo di un nuovo Dipartimento per l’Efficienza del Governo (soprannominato “Doge” in omaggio alla criptovaluta che Musk ha spesso sostenuto). La struttura sarebbe incaricata di operare significativi tagli alla burocrazia federale, una missione che rispecchia le critiche espresse più volte da Musk verso quella che considera una macchina amministrativa ingombrante e inefficiente.

Musk non ha mai nascosto le sue posizioni politiche controverse. Da autodefinitosi “assolutista della libertà di parola”, ha criticato il progressismo “woke” e i media tradizionali, sostenendo posizioni in linea con la campagna di Trump. Nei mesi precedenti al voto, il CEO di X ha fatto una mossa politica evidente, schierandosi apertamente con il candidato repubblicano e donando oltre 100 milioni di dollari al comitato America Pac, sostenitore di Trump.

Durante la campagna elettorale, Musk ha amplificato il suo supporto via social, generando una mole impressionante di contenuti: nelle ultime 24 ore prima del voto, ha twittato quasi 200 volte, con post che hanno totalizzato circa 955 milioni di visualizzazioni, secondo un’analisi del Financial Times. Nel corso di un’intervista a Tucker Carlson, Musk ha dichiarato: “Gioco per vincere, e non accetto mezze misure”, enfatizzando la sua intenzione di portare avanti un’agenda radicale al fianco del presidente eletto.

L’attivismo di Musk non è privo di controversie. Secondo PolitiFact, nelle prime due settimane di ottobre Musk ha pubblicato 450 post contenenti una grande quantità di disinformazione, che ha generato milioni di visualizzazioni e interazioni su X. I critici sostengono che l’imprenditore stia polarizzando la piattaforma e promuovendo narrazioni estremiste, riducendo al contempo la moderazione e il controllo sui contenuti.

Nonostante le critiche, l’entourage di Trump ha lodato il contributo di Musk alla campagna elettorale, attribuendogli il merito di aver rafforzato la voce dei conservatori sui social e di aver portato “trasparenza” alla politica. Il sostegno di Musk si è tradotto in benefici anche per Tesla, che ha riportato guadagni significativi in Borsa grazie all’entusiasmo per il nuovo ciclo politico.

L’influenza di Musk nella Casa Bianca potrebbe estendersi oltre il semplice ruolo di consigliere. Fonti riportano che il magnate della tecnologia potrebbe portare con sé alleati di alto profilo, come l’investitore David Sacks e Palmer Luckey, co-fondatore della start-up di tecnologia difensiva Anduril. Questa rete di contatti della Silicon Valley promette di rafforzare l’agenda di deregolamentazione e innovazione che Musk e Trump condividono.

Intanto, anche dall’estero si osserva con attenzione la nuova direzione della politica americana. Analisti economici e politici, tra cui rappresentanti della finanza mondiale, esprimono preoccupazioni su come l’influenza di Musk e della sua visione ultraliberale impatteranno sui delicati equilibri commerciali e ambientali.

In una Casa Bianca che si appresta a incarnare un nuovo ciclo politico, Elon Musk si trova quindi al centro della scena, pronto a usare il suo ruolo per indirizzare una serie di riforme che, se attuate, potrebbero ridefinire il volto dell’amministrazione pubblica americana.

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Esteri

Putin in attesa delle mosse di Trump: Russia-USA, una relazione sospesa

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Mosca cauta sulle relazioni con Washington: solo i primi passi del presidente americano chiariranno il futuro delle tensioni e delle collaborazioni

Con l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, si riapre il dibattito sulle prospettive di relazione tra Washington e Mosca, specialmente in un contesto internazionale segnato da tensioni e divisioni geopolitiche. La posizione del Cremlino è, per ora, di cauta attesa: come dichiarato dal portavoce della Presidenza russa, Dmitry Peskov, il governo russo osserverà attentamente le prime mosse e dichiarazioni di Trump in merito alla Russia prima di formulare una strategia chiara nei suoi confronti.

Secondo dichiarazioni ufficiali riportate dalla TASS, la Russia si concentrerà sui propri obiettivi strategici e, in merito agli Stati Uniti, non prevede cambiamenti di linea senza un’indicazione concreta da parte di Trump stesso. Il Ministero degli Esteri russo, attraverso la portavoce Maria Zakharova, ha sottolineato che l’ultima tornata elettorale statunitense è stata “un caos assoluto,” in un clima di “illegalità” che, secondo la Russia, mina la credibilità del processo elettorale negli Stati Uniti.

La cautela del Cremlino e la speranza di un dialogo

Alla luce della vittoria di Trump, il Cremlino ha confermato una posizione prudente. Nelle ultime ore, Peskov ha dichiarato alla stampa russa che non è ancora previsto un messaggio di congratulazioni ufficiali da parte di Vladimir Putin. Questo atteggiamento è motivato, come spiegato dallo stesso Peskov, dalla “natura attuale dei rapporti” tra i due Paesi e dal coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto ucraino. La guerra in Ucraina, infatti, rimane un tema centrale che influenza profondamente il rapporto tra Russia e USA.

In passato, Trump ha espresso opinioni favorevoli alla possibilità di ridurre gli impegni finanziari e militari degli Stati Uniti all’estero. Questo aspetto, commentato anche da Dmitry Medvedev, vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo, potrebbe essere un segnale positivo per Mosca. Medvedev ha fatto notare che Trump ha mostrato una certa riluttanza a investire fondi americani in “parassiti,” termine con cui ha indirettamente riferito anche all’Ucraina. Tuttavia, nonostante queste dichiarazioni, il Cremlino attende segnali più chiari e azioni concrete prima di trarre conclusioni su eventuali cambi di rotta.

Temi caldi: conflitto ucraino e sicurezza globale

Il nodo principale per un possibile riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia rimane il conflitto in Ucraina. La Russia si è detta intenzionata a proseguire con le proprie operazioni militari e strategie nella regione, senza previsioni di compromesso immediato. In questo contesto, una nuova presidenza Trump potrebbe aprire opportunità di negoziato solo nel caso in cui l’amministrazione americana si mostrasse disposta a rivedere il proprio impegno in Ucraina.

L’orientamento di Trump di “fermare le guerre,” come ha annunciato durante la sua vittoriosa dichiarazione a Mar-a-Lago, lascia intendere che la sua politica estera possa puntare a una maggiore riduzione della presenza militare americana all’estero. Se Trump dovesse decidere di moderare il sostegno all’Ucraina, questo potrebbe agevolare le intenzioni russe. Tuttavia, una simile prospettiva si scontra con l’attuale posizione bipartisan del Congresso USA, dove il sostegno all’Ucraina è rimasto fino ad oggi costante.

Attesa e osservazione: il Cremlino mantiene il silenzio

Per ora, Mosca ha adottato un atteggiamento di prudente silenzio. Il Cremlino, come confermato da fonti ufficiali, valuterà ogni passo della nuova amministrazione USA per comprendere se vi siano margini per un miglioramento dei rapporti, almeno su alcuni dossier globali come il controllo degli armamenti e la cooperazione in materia di sicurezza energetica.

Resta quindi incerto il futuro dei rapporti tra le due potenze. Il Cremlino osserva con cautela le prime mosse di Trump, sapendo che il conflitto in Ucraina rappresenta ancora un ostacolo fondamentale, e che l’approccio americano verso questa crisi definirà buona parte delle relazioni bilaterali.

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Editoriali

Trump vince la corsa alla Casa Bianca: la rinascita di un sogno americano

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Il Tycoon ha saputo cogliere il malessere di una nazione stanca, che vede nelle teorie gender e nelle identità fluide, un’anomalia piuttosto che un progresso

Donald Trump, l’imprenditore diventato presidente, ha riconquistato la Casa Bianca in un’operazione che ha dell’incredibile.

Una vittoria, questa, non solo del partito Repubblicano, che riaccoglie a braccia aperte il suo leader dopo il naufragio del 2020, ma anche una riconquista del voto popolare, portando i conservatori a dominare nuovamente il Senato e la Camera dei Rappresentanti.

Un “filotto” riuscito a pochi presidenti e che interrompe il ritmo delle previsioni cupe che i sondaggisti americani avevano alimentato, fallendo clamorosamente ancora una volta.

Ma cosa c’è dietro questa vittoria?

E qui ci sono domande che risuonano forti. Perché, chiedo, Donald Trump ha vinto ancora una volta? La risposta si nasconde nei dati: la sua narrazione riesce a calamitare il voto dell’americano medio, accalappiano anche i giovani sotto i 30 anni.

È un successo che travalica le polemiche e che riaccende il sogno americano, quel sogno che molti avevano dato per spacciato.

Trump ha saputo cogliere il malessere di una nazione stanca, che vede nelle teorie gender e nelle identità fluide, un’anomalia piuttosto che un progresso.

La sua retorica si contrappone a una realtà dove, secondo lui, la politica sembra sempre più al servizio di una ristretta élite di minoranze e delle loro tutele.

Una narrativa, questa, che riesce a risuonare nelle stanze della gente comune, quella che si alza la mattina per andare a lavorare e non ha voglia di sentir parlare di diritti che percepisce come distanti dalla sua quotidianità.

In un discorso che già entrerà nella storia, Trump dichiara: “Abbiamo fatto la storia”.

È una frase che riempie di orgoglio i suoi sostenitori, che lo vedono come un guerriero tornato a combattere per la propria patria. Dopo una sconfitta che sembrava definitiva e le incertezze nate dalle sue vicende legali, il tycoon è riuscito a risalire la corrente e, con audacia, è tornato a rivestire la carica di presidente.

La sua vittoria è un monito, una catarsi per molti americani che credevano di aver visto il peggio; è una vittoria che si nutre della paura e dell’incertezza, del desiderio di sicurezza e di un ritorno a un’idea di America che, secondo il suo discorso, è stata minacciata ed, oggi, con il suo ritorno, torna anche l’eco di un’America che si crede forte, indomita e irriducibile.

Così, mentre i democratici si interrogano su come navigare il nuovo panorama politico, Trump riprende il suo posto nel grande gioco della sfida politica americana.

Siamo di fronte a un nuovo inizio? O semplicemente a una transizione che mette in luce le profonde divisioni di un Paese che fatica a trovare un terreno comune?

Le prossime mosse saranno fondamentali, ma una cosa è certa: Donald Trump sa come sfruttare le fragilità di una nazione, e lo ha dimostrato ancora una volta.

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