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Editoriali

Una chiesa altamente incostituzionale che punta alla "politica alta"

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Tempo di lettura 3 minuti Nicolás Gómez Dávila -Tra poche parole, 1977/92- scriveva “La Chiesa impotente di oggi dimentica che solo chi è potente può dire sciocchezze senza screditarsi”

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di Angelo Barraco
 
“La Chiesa è chiamata a compromettersi. Si dice che la Chiesa non debba mettersi nella politica, la chiesa deve mettersi nella politica alta” è questa la frase che ha pronunciato Papa Francesco nel corso di un convegno sulla criminalità organizzata e la tratta di esseri umani avvenuto nel mese di giugno. Un concetto che esprime un’esigenza quasi viscerale di un’istituzione con potere autonomo e e forte, che sembra essere rinata con Papa Bergoglio, figura carismatica che ha portare pace, amore, umiltà in ogni angolo del mondo, una figura perfettamente disegnata ad hoc da architetti che muovono i fili di un sistema tanto grande quanto complesso. Una figura che ha saputo risollevato la chiesa cattolica da un periodo di “Crisi della fede” avuto con Papa Benedetto XVI. Bergoglio parla di una chiesa pronta a subentrare in politica, saltando la staccionata e abbattendo metaforicamente la barriera unidirezionale e di fede, una Chiesa che oggi vuole muoversi “nella politica alta”, quella politica che cambia il volto del nostro paese, della nostra Italia che ogni giorno assume dimensioni e sfaccettature sempre differenti a causa di una continua e repentina evoluzione sociale e culturale, quella politica che spesso è marcia, corrotta e collusa: Ma tale affermazione è oggettivamente concretizzabile? Partiamo da un principio fondamentale che è riportato sulla nostra Carta Costituzionale e che sta alla base della inapplicabilità di quanto dichiarato dal pontefice: Articolo 7 recita: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. 
 
Ciò significa che entrambi i poteri posseggono una reciproca posizione istituzionale indipendente. Il secondo comma stabilisce che “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi”. I Patti Lateranensi rappresentano un trattato/concordato che hanno dato vita allo Stato della Città del Vaticano. Furono firmati in data 11 febbraio 1929 dal cardinale Gasparri, segretario di Stato Vaticano e da Mussolini. L’accordo è racchiuso in 14 tabella, che nel corso degli anni subirono delle lievi modifiche. In un primo momento la religione cattolica viene indicata come “religione cattolica, apostolica e romana”, quindi come sola religione di Stato. Tale concordato da inizialmente alcuni privilegi agli ecclesiastici come l’esonero dalla leva militare e speciali trattamenti penali, insegnamento della religione a scuola, assistenza spirituale alle forze armate. Il tutto cambia molti anni dopo, esattamente il 18 febbraio 1984, quando il cardinale Agostino Casaroli  e il presidente del Consiglio Craxi firmano un accordo di revisione in merito ad alcuni aspetti del Concordato. Da quel momento sarà l’8×1000 a finanziare il clero e i vescovi verranno più nominati mediante l’approvazione del governo italiano. Cambiano anche le clausole che riguardano il matrimonio, l’insegnamento della religione a scuola che diventa facoltativa, la Sacra Rota. Tale modifica è avvenuta sulla base del terzo comma dell’articolo 7 della Costituzione Italiana “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. Uno Stato fa fronte agli elementi oggettivi di pressione interna –quali crisi, guerre, immigrazione- attraverso l’applicazione delle leggi e l’azione repentina ai fini di poter garantire la sicurezza ai cittadini e l’efficienza dei servizi che ogni cittadino ha il diritto di ottenere grazie al contributo che versa costantemente. L’articolo 117 recita “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. L’articolo 70 invece puntualizza ulteriormente il concetto legislativo “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Ciò significa che la costituzione italiana –costituzione rigida modificabile con apposito atto normativo con procedura aggravata- non apre le porte alla legiferazione se non agli appartenenti dello Stato stesso. Le affermazioni di Bergoglio, seppur piene di entusiasmo e sicuramente spinte da una un’innata voglia di avanzamento all’interno della “politica alta”, non possono trovare riscontro oggettivo e vi è una carta costituzionale che dimostra oggettivamente quanto sia difficile la salita per la “politica alta”. Nicolás Gómez Dávila -Tra poche parole, 1977/92-  scriveva “La Chiesa impotente di oggi dimentica che solo chi è potente può dire sciocchezze senza screditarsi”.

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Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

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Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

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Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

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Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

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Editoriali

Come ristorarsi dopo le fatiche quotidiane

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La pedagogia del benessere si occupa delle persone in contesti si salute psico-fisica. Ognuno di noi dopo una giornata di lavoro, commissioni, studio necessita di uno o più momenti di ristoro.


n questi termini si può parlare di pedagogia del benessere sia fisico che mentale.
La pedagogia del benessere è un ramo della pedagogia tradizionale che si occupa, mediante alcune tecniche, di far star bene le persone.

In che senso la pedagogia del benessere parla di ristoro?

Ebbene sì, il pedagogista o lo psicologo non ricevono i clienti nello loro studio e non c’è un rapporto duale, ma il benessere lo si ritrova insieme ad altri soggetti, all’interno di un gruppo, facendo passeggiate, yoga o mindfulness.
Nell’ultimo decennio è nato un forte interesse per queste nuove pratiche fisiche, ma anche mentali.

Lo stare bene insieme ad altri, durante una passeggiata o in una seduta di mindfulness, giova non solo al gruppo, ma soprattutto all’individuo nella sua singolarità. Le strategie individuate dalla pedagogia del benessere sono, in Italia, molto utilizzate; basta pensare ai corsi di yoga o di mindfulness. Quest’ultimi vengono svolti sia nelle palestre, ma anche all’aperto (es. dopo che è piovuto) poiché l’ambiente esterno, l’aria o il venticello sono condizioni di rilassamento.
L’obiettivo della pedagogia del benessere è anche scaricare lo stress quotidiano ed evitare disturbi psicotici quali l’ansia o la depressione. A favore di questo obiettivo è utile sia la palestra per allenare il corpo, ma anche una palestra per esercitare la mente.

La salute mentale è fondamentale per affrontare la vita e le fatiche di tutti i giorni; pertanto “avere il vizio” di utilizzare tecniche di “tonificazione della mente” è sicuramente un’abitudine sana. La pedagogia del benessere professa anche obiettivi di tipo alimentare per promuovere, non tanto il fisico filiforme quanto la salute fisica intesa come consapevolezza di quanti grassi, proteine e zuccheri dobbiamo assumere in una giornata.

Il benessere del corpo è proporzionale a quello della mente e viceversa. Il prendersi cura di noi stessi aiuta a prevenire difficoltà future e soprattutto a vivere esperienze positive. Da sempre lo slogan “prevenire è meglio che curare” è uno degli scopi della pedagogia del benessere.
Non tutti seguono questi consigli, perciò sarebbe opportuno dare un’architettura decisiva alla figura del pedagogista del benessere senza confonderlo con un personal trainer o un nutrizionista. È opportuno parlare di più di questo tipo di pedagogia per promuovere la conoscenza.

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