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Giorgia Meloni non conta più le minacce di morte. Le arrivano da ogni dove, con la stessa leggerezza con cui la sinistra “allargata” – ormai sarebbe più giusto dire allagata – la accusa di ogni nefandezza possibile. L’ultima? Una denuncia alla Corte penale internazionale per “concorso in genocidio”. Una follia giuridica che farebbe sorridere, se non mostrasse quanto in basso si sia scesi nel dibattito politico italiano.
È la solita strategia: non potendo batterla alle urne, provano a buttarla giù per via giudiziaria. Lo dice bene il ministro Giorgetti: “La sinistra non arriva al governo con le elezioni, ma con un golpe giudiziario o finanziario”. È storia, ricorda la premier. E la storia, quella vera, ci insegna che quando la politica smette di confrontarsi con le idee e si rifugia nei tribunali, il risultato è sempre lo stesso: caos, odio e paura.
Meloni non si lascia intimidire. Parla di “clima imbarbarito” e ha ragione da vendere. Perché non si può più accettare che chi governa democraticamente venga bollato come “criminale” o “assassino” solo perché non si piega al pensiero unico. Oggi chi osa difendere Israele, chi parla di confini, chi mette ordine nei conti pubblici o chi dice che l’Italia deve contare di più nel mondo, viene immediatamente etichettato come fascista, guerrafondaio o disumano.
Nel frattempo, mentre i “pacifisti” sfilano con chi inneggia a Hamas, l’Italia – quella vera, quella che lavora – invia 2.300 tonnellate di aiuti a Gaza. Altro che mani sporche di sangue: sono mani che aiutano, che costruiscono, che agiscono. Ma questo alla sinistra allagata non interessa, troppo impegnata a contare i like e a inseguire i cortei.
E così si arriva al paradosso: i fautori della pace difendono i terroristi, chi parla di libertà vuole censurare chi la pensa diversamente, chi dice di rappresentare i lavoratori organizza scioperi “pretestuosi” solo per attaccare il governo. Come ha detto Meloni, la Cgil sembra ormai più interessata a difendere la sinistra che i lavoratori.
La premier, invece, guarda avanti: manovra economica in difesa del ceto medio, autonomia differenziata per chi vuole correre, riforma del premierato per dare più forza alla volontà popolare. È questa la vera rivoluzione: ridare agli italiani il potere di scegliere e governare senza giochi di palazzo.
E mentre Matteo Renzi e altri “grandi strateghi” della politica continuano a fantasticare sul Quirinale o sui destini personali, Meloni risponde con la calma di chi sa cosa sta facendo: “Sto facendo il presidente del Consiglio, mi basta e mi avanza”. Una frase che vale più di mille discorsi.
Insomma, mentre la sinistra allagata affonda tra bandiere, slogan e denunce ridicole, Giorgia Meloni resta salda al timone. Governa, decide, risponde con i fatti. È questo che dà fastidio: non si può fermare chi ha dalla sua il consenso popolare e la forza della coerenza.
Alla fine, tra chi urla e chi lavora, gli italiani hanno già scelto da che parte stare.