Connect with us

Primo piano

Università, test d'ammissione per medicina e odontoiatria: scatta la protesta

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 5 minuti Nella notte è stata innescata una manifestazione davanti al Miur da parte di organizzazioni di studenti e alcune aziende ospedaliere, in varie città italiane

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 5 minuti
image_pdfimage_print

 
di Angelo Barraco
 
ROMA – Sono iniziati stamattina i test d’ammissione alle facoltà di medicina e odontoiatria con il numero programmato a livello nazionale.

Sono 62.695 i giovani che ambiscono ad entrare nella rosa delle facoltà italiane che consentiranno ad un numero limitato di studenti determinati e ambiziosi di poter indossare un giorno il camice bianco. Quest’anno vi sono oltre duemila giovani in più ai test d’ammissione rispetto all’anno scorso.

Nella facoltà di Medicina sono disponibili 9.224 posti, per Odontoiatria invece 908, per un totale di 10.132.  Una media di uno studente su sei. Mercoledì 7 invece toccherà a Medicina Veterinaria e giovedì 8 a Scienze dell’Architettura. Proseguiranno martedì 13 settembre con Professioni sanitarie (Fisioterapia, Infermieristica, Logopedia, Ortottica, Assistenza oftalmologica, Ostetricia, Techiche Audioprotesiche, Tecniche della Prevenzione nell’ambiente e nei luoghi del lavoro, Tecniche di laboratorio biomedico, Tecniche di radiologia medica per immagini, radioterapia). Il primo settembre invece si sono svolti presso l’Università degli Studi di Palermo i test d’ingresso i test d’ammissione per i corsi di laurea in Ingegneria e Studi Interculturali.
 
Erano circa 2870 i candidati per 1048 posti disponibili. I corsi ad accesso libero invece erano cinque e hanno partecipato 300 ragazzi, tali corsi erano: Ingegneria cibernetica, civile ed edile, elettrica, elettronica, per l’ambiente e il territorio. Il rettore si dice soddisfatto dei dati, riferendo in un’intervista rilasciata a Repubblica che “I dati dei partecipanti ai test sono molto buoni: 1200 persone. Abbiamo registrato 350 utenti in più rispetto allo scorso anno e ricordiamo che ogni studente si candida per più test questo numero, seppur non altissimo, è per noi un segnale importante. Dopo anni di perdite continue, finalmente il nostro ateneo ricomincia a salire. Speriamo che questa inversione di tendenza continui. Ci stiamo impegnando per migliorare i servizi e aiutare i ragazzi. Per esempio, abbiamo accorpato i test di corsi di laurea simili. In questo modo i ragazzi hanno potuto risparmiare sulle iscrizioni ai quiz”. Si sono svolti anche i test delle facoltà di Chimica e Fisica e delle facoltà che puntano al mondo dell’agricoltura e dell’ambiente. Tutti gli studenti sono accolti e assistiti dalle associazioni che, con i banchetti, sono collocati davanti agli ingressi dove si terranno i test d’ingresso e danno supporto e opuscoli orientativi a tutte le giovani future matricole. Anche quest’anno vi sono state delle contestazioni del Collettivo universitario autonomo che ha posto uno striscione con un “No” al caro tasse e alle quote per accedere ai test. Un’attivista del collettivo ha riferito in un’intervista che hanno bloccato l’accesso alle aule del polo didattico “per ricordare come ogni anno molti ragazzi versano i 55 euro per i test e non hanno alcun certezza di poter accedere ai corsi desiderati. Quest’anno inoltre l’ateneo ha deciso di rendere la maggior parte dei quiz a numero aperto, mantenendo però la tassa sulle prove scritte. Perché? Per trarne profitto?”. Anche il Sindacato Udu aveva mosso delle lamentele in merito al pagamento della quota per i test a numero aperto “Perché continuare a far partecipare gli studenti ai test, se i corsi di laurea non sono più a numero programmato? In altre università d’Italia il test per la verifica delle conoscenze iniziali viene somministrato gratuitamente dai docenti durante la prima settimana di lezioni” Il rettore intanto ha riferito “Dal prossimo anno accorperemo ancora più test di corsi simili Così i ragazzi potranno risparmiare su questa tassa pagando solo una volta, per candidarsi a un corso a numero chiuso. La prova varrà anche per la loro candidatura ai corsi ad accesso libero”. Ma vi sono contestazioni in merito al numero aperto e ad eventuali problemi in alcuni indirizzi “Per esempio nel corso di Lettere: ci sono più di 400 candidati. Se queste richieste di accesso ai test si trasformeranno in immatricolazioni, l’ateneo sarà nelle condizioni di poter gestire un numero così alto di studenti? Siamo soddisfatti della scelta dell’università di abolire il numero chiuso, ma si è già pensato a cosa fare se il numero non sarà facilmente gestibile?” Ma dagli uffici dell’Università spiegano che “Si tratta di corsi che hanno sempre avuto un alto numero di studenti  e non
 necessitano di attività laboratoriali. Se ci sarà un alto numero di iscrizioni, provvederemo a fornire ai ragazzi gli spazi adeguati per seguire le lezioni. Ci penserà il nostro delegato alla logistica”. 
 
Le manifestazioni e contestazioni non solo al sud, poiché nella notte è stata innescata una manifestazione davanti al Miur da parte di organizzazioni di studenti e alcune aziende ospedaliere, in varie città italiane, che hanno protestato contro il numero chiuso. Gli studenti dicono “Siamo pronti  a raccogliere ogni segnalazione di irregolarità al nostro indirizzo mail: ricorsi@unionedegliuniversitari.it. Udu e Rete degli Studenti Medi” e in una nota fanno sapere che “anche quest'anno saremo presenti negli atenei di tutta Italia per distribuire la nostra 'Guida al Test sicurò: al suo interno è indicato tutto ciò che deve accadere per far sì che il test si svolga in maniera regolare, evitando quindi che prove inique e fallaci vadano a condizionare il futuro di studenti già pesantemente danneggiati da questo sistema di accesso”. Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Universitari ha dichiarato che “i bandi contengono elementi peggiorativi rispetto al passato, come la diminuzione sostanziale dei posti disponibili (se ne perdono più di 1000, di cui 300 a medicina) e la chiusura anticipata delle graduatorie al termine del primo semestre, lasciando immaginare che questo comporterà un'ulteriore riduzione dei posti. In questo modo moltissimi potenziali studenti sono buttati fuori dalle università, e si vedono negata la possibilità di scegliere il proprio futuro. è venuto il momento di dire basta”, il coordinatore nazionare della Rete degli Studenti Medi, Gianmarco Manfreda, aggiunge “Sempre più studenti si trovano impreparati al momento della scelta del proprio percorso universitario: molti decidono proprio di non iscriversi, altri scelgono inconsapevolmente, non avendo avuto gli strumenti per poter valutare attentamente le varie possibilità. Per altri ancora la scelta è influenzata da vincoli di carattere economico. Per questo, come studenti medi, diciamo che è necessario non solo superare il numero chiuso, ma anche prevedere seri programmi di orientamento negli ultimi anni delle scuole superiori, in modo da poter permettere agli studenti di fare una scelta consapevole: bisogna pensare a scuola e università come due percorsi non distinti bensì in continuità”. 
 
L’università e il lavoro. Vi sono settori dove sembra esserci una ripresa e sono principalmente i settori del servizio alle imprese. I settori manifatturieri e dell’edilizia invece non brillano di luce ma rimangono arenati dalla crisi che continua a colpirli. I giovani che intraprendono un percorso di studi, spesso si trovano dinnanzi ad un bivio: piacere di un determinato settore o possibilità lavorative che quel determinato settore può offrire? E’ una scelta ardua, complessa, che spesso porta a pentimento ma comunque incentrata principalmente sulla voglia di raggiungere un obiettivo e portarlo a termine. Ma un paese in cui la crisi è tangibile, i giovani preferiscono lo studio o il lavoro? Per quanto riguarda le iscrizioni, emerge che sono gli studenti più ricchi ad accedere alle università e al politecnico. Sono le fasce di reddito più alte ad emergere, le più basse invece si assottigliano e molti giovani preferiscono intraprendere attività lavorative, senza dar peso ulteriore alle loro famiglie. La tassazione università è un peso per molte famiglie che non sempre possono permettersi di pagare rette in continuo aumento, malgrado vi siano borse di studio che ammortizzano quelli che sono gli anni fuori sede. Ma fuori dall’Italia la concezione dell’università non è molto distante dalla nostra poiché spesso il titolo ottenuto non da immediate possibilità di inserimento e vi sono numerosi studenti costretti ad intraprendere altre attività lavorative. Il 40% dei laureati in Russia per esempio, svolge un impiego che non corrisponde al percorso laurea. Molti giovani russi studiano prevalentemente per ottenere un titolo e sembra essere una realtà molto diffusa. Una teoria che trova conferma anche nelle parole di Rostislav Kapelyushnikov, vice direttore del Centro di Ricerca per il lavoro della Scuola superiore di economia. Sostiene infatti che “Tutti credono di dover ottenere un titolo. Dove e come lavorare poi viene determinato a seconda delle circostanze”. Secondo  Kapelyushnikov, il 20% dei laureati russi non pratica la professione corrispondente al titolo universitario e il 15-20% svolge un lavoro per il quale la laurea non è indispensabile. In Italia invece i giovani emigrano, cercando fortuna altrove, poiché le terre aride della crisi e della tassazione che spezza le gambe alla giovane imprenditoria non lasciano scampo a giovani, ambizioni e volenterosi neolaureati. 

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Primo piano

Elezioni Europee, per Mario Draghi serve un cambiamento radicale e accende il dibattito

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

La figura di Mario Draghi, che ieri ha sferzato l’Europa chiedendo un cambiamento radicale e ha fatto irruzione nelle Europee spiazzando i partiti, accende il dibattito in vista del voto Ue di giugno.

Per il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, “Draghi ha centrato il punto nello stressare il fatto che alcune delle nostre politiche sono state disegnate 20, 30 anni fa e in questi anni il mondo è cambiato.

La competitività è stato un fatto soprattutto interno all’Ue ma non abbiamo affrontato l’argomento dal punto di vista della competitività nel contesto globale. Necessitiamo di una politica industriale assertiva, ed è per questo che il cambiamento radicale a cui fa riferimento Mario Draghi si sta gradualmente verificando ma è assolutamente necessario”.

“Mi spiace deludervi ma a livello di leader non stiamo ancora parlando delle cariche di vertice dell’Ue, perché non sappiamo quale sarà il risultato delle elezioni europee e perché in alcuni Paesi si devono tenere le elezioni nazionali, dunque ci sono troppe incognite: il vero dialogo inizierà a giugno”, ha detto la premier estone Kaja Kallas rispondendo alla domande se le quotazioni di Mario Draghi, dopo il discorso di ieri, siano salite. “Detto questo Draghi mi piace molto”, ha aggiunto.

“Ho molto rispetto per Mario Draghi ma non voglio interferire in vicende italiane o altro. Lo rispetto molto, questo è quanto ho da dire”, ha affermato il premier ungherese Viktor Orban, rispondendo alle telecamere di La7, a margine della conferenza delle destre in corso a Bruxelles. Parlando sul tentativo di ieri di far sospendere la conferenza da parte dell’amministrazione comunale di Saint-Josse, Orban ha poi commentato: “sono contento di essere qui, oggi siamo qui al confine tra libertà e tirannia”.

Stoccate all’ex premier arrivano dal ministro Matteo Salvini, nel suo libro “Controvento”. di cui vengono anticipati stralci in attesa della presentazione a Milano il 25 aprile. Il leader della Lega definisce “sconcertanti” alcuni ministri scelti da Draghi per il suo esecutivo. Draghi – dice ancora Salvini – “ci rassicurò ma non fece nulla per la pace fiscale”.

Continua a leggere

Castelli Romani

Asl Roma 6, all’ospedale dei Castelli operativo il nuovo reparto di terapia subintensiva

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

Un servizio fondamentale per chi è colpito da ictus

Presentata l’Unità Trattamento Neurovascolare (UTN) dell’ospedale dei Castelli (ODC). Un reparto di terapia subintensiva dotata di 5 posti letto, strumentazione tecnologica e diagnostica di alto profilo e ad alta intensità di cura destinata ad accogliere pazienti affetti da lesioni cerebrovascolari acute, di natura ischemica o emorragica.

Il nuovo servizio si inserisce nella rete dell’Emergenza tempo-dipendente della Regione Lazio come unità di I livello che ha come riferimento la UTN di II livello del Policlinico Tor Vergata.

A sua volta l’Ospedale dei Castelli rappresenta la struttura di riferimento per l’ictus acuto per l’ospedale di Velletri.

Presenti il Commissario Straordinario Asl Roma 6 dott. Francesco Marchitelli, il Direttore Sanitario Asl Roma 6 dott. Vincenzo Carlo La Regina, il Direttore Medico di Presidio (Odc) dott. Daniele Gentile, il Dr Fabrizio Sallustio Direttore UOSD Unità Trattamento Neurovascolare (UTN), Responsabile Unità Ictus-Ospedale dei Castelli, il Dr Carlo Capotondi direttore UOC Radiologia Diagnostica ed Interventistica, la Dr.ssa Carla Giancotti direttore UOC Anestesia e Rianimazione oltre ai
sindaci di diversi Comuni, istituzioni, autorità militari, civili e religiose. La presentazione ha visto anche la partecipazione di diversi sindaci del territorio e del sindaco di Lanuvio e deputato della Repubblica Andrea Volpi.

“Il nuovo reparto UTN – dichiarano il Commissario Straordinario Marchitelli insieme al Direttore Sanitario La Regina – rappresenta un servizio fondamentale dove ogni giorno si compiono gesti straordinari per salvare vite. La sua apertura è un tributo all’impegno verso il miglioramento della salute pubblica e alla dedizione del personale medico, che con professionalità, impegno e cuore si adopera per offrire cure di altissimo livello. Innovazione e dedizione alla cura delle persone sono tra i pilastri cardine che ci permettono di continuare a fare importanti passi insieme per la comunità”.

A inizio 2024, all’UTN e a tutto l’Ospedale dei Castelli è andato il premio di centro ictus “Diamond” conferito dal gruppo ISA (Italian Stroke Association)-Angels (società deputata all’implementazione dei percorsi diagnostico-terapeutici dell’ictus in Europa).

L’UTN rappresenta un reparto in cui operano, in un modello di multidisciplinarietà, diversi professionisti tra cui neurologi vascolari ossia con esperienza nella diagnosi e cura delle patologie cerebrovascolari, infermieri dedicati, fisioterapisti, logopedisti, dietisti.

“Uno degli obiettivi principali dell’UTN – dichiara il Dr Fabrizio Sallustio, Direttore UOSD Unità Trattamento Neurovascolare (UTN), Responsabile Unità Ictus-Ospedale dei Castelli – è ridurre i tempi di intervento in caso di emergenza neurovascolare. Grazie alla presenza di personale esperto e all’infrastruttura specializzata, i pazienti possono ricevere trattamenti cruciali in modo tempestivo senza doversi spostare a Roma con il rischio di gravi conseguenze e complicazioni a lungo termine. Inoltre, l’approccio multidisciplinare del reparto consente di valutare ogni caso in modo completo, individuando le migliori strategie terapeutiche per ciascun paziente”.

Tanto più lunga è l’occlusione arteriosa tanto più esteso è il danno cerebrale che ne deriva. Dal 2023 infatti, a seguito dell’evidenza di tempi di trasferimento ben oltre le 2 ore per i pazienti che, candidati alla trombectomia meccanica, venivano trasferiti a Tor Vergata per effettuare la procedura endovascolare, di comune accordo con la Radiologia Interventistica, coordinata dal Dr Carlo Capotondi e dal responsabile della team di radiologi interventisti dr Daniel Konda e il reparto di Terapia Intensiva, coordinata dalla dr.ssa Carla Giancotti e dal responsabile del reparto dr.ssa Simona Straffi, si è deciso di trattare questi pazienti direttamente presso l’Ospedale dei Castelli. Ad oggi tale scelta è stata premiata dai risultati in termini di esito clinico che attestano una percentuale di pazienti a medio-termine con indipendenza funzionale e autonomi (56%), nessuna disabilità (43.5%), disabilità moderata ma in grado di spostarsi autonomamente (18%), (disabilità grave 10%) (mortalità 12%).

Continua a leggere

Salute

Aspettativa di vita e fattori che la influenzano: si vive più in Italia rispetto al resto del mondo?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

L’aspettativa di vita è un indicatore chiave della salute di una popolazione e può variare notevolmente tra i diversi paesi del mondo. Ecco un confronto tra l’aspettativa di vita in Italia e in altre regioni del mondo:

  1. Italia: Negli ultimi anni, l’aspettativa di vita in Italia è stata generalmente alta, sebbene ci siano variazioni tra regioni e gruppi demografici. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), nel 2020 l’aspettativa di vita alla nascita in Italia era di circa 83 anni per gli uomini e 86 anni per le donne.
  2. Resto dell’Europa: L’aspettativa di vita in molti paesi europei è simile o leggermente superiore a quella italiana. Ad esempio, in Francia e in Spagna, l’aspettativa di vita alla nascita è di circa 82 anni per gli uomini e 86-87 anni per le donne. Alcuni paesi nordici come Svezia e Norvegia hanno aspettative di vita ancora più alte.
  3. Stati Uniti: L’aspettativa di vita negli Stati Uniti è generalmente inferiore rispetto a molti paesi europei e all’Italia. Nel 2020, l’aspettativa di vita alla nascita negli Stati Uniti era di circa 76 anni per gli uomini e 81 anni per le donne, secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Tuttavia, è importante notare che l’aspettativa di vita negli Stati Uniti può variare notevolmente tra gruppi demografici e geografici.
  4. Asia: In molti paesi asiatici, l’aspettativa di vita è aumentata rapidamente negli ultimi decenni, ma può ancora essere inferiore rispetto a quella dei paesi occidentali. Ad esempio, in Giappone, noto per la sua longevità, l’aspettativa di vita alla nascita è di circa 84 anni per gli uomini e 88 anni per le donne.
  5. Africa: L’aspettativa di vita in Africa varia notevolmente da paese a paese e può essere influenzata da fattori come la povertà, l’accesso ai servizi sanitari e le condizioni socioeconomiche. In generale, l’aspettativa di vita in molti paesi africani è inferiore rispetto a quella dei paesi sviluppati, con alcune eccezioni come il Nord Africa e i paesi dell’Africa meridionale.

In sintesi, l’aspettativa di vita in Italia è generalmente alta e confrontabile con quella di molti altri paesi europei, mentre può essere più elevata rispetto a quella degli Stati Uniti e di alcuni paesi in via di sviluppo. E’ comunque importante considerare una serie di fattori che possono influenzare l’aspettativa di vita, tra cui l’accesso ai servizi sanitari, lo stile di vita, l’ambiente sociale ed economico e le politiche di salute pubblica. Vediamo come l’Italia si confronta con il resto del mondo su questi fattori:

  1. Accesso ai Servizi Sanitari: L’Italia ha un sistema sanitario pubblico universale, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che fornisce assistenza sanitaria a tutti i cittadini e ai residenti legali. Questo assicura un accesso relativamente ampio ai servizi sanitari, anche se possono verificarsi differenze regionali nella qualità e nell’accessibilità dei servizi. Nel confronto con il resto del mondo, molte nazioni europee hanno sistemi sanitari simili basati su assicurazione pubblica o nazionale, garantendo un accesso universale ai servizi sanitari. Tuttavia, in altri paesi, come gli Stati Uniti, l’accesso ai servizi sanitari può essere più limitato a causa dei costi elevati e della mancanza di copertura assicurativa per alcuni gruppi di persone.
  2. Stile di Vita: Lo stile di vita degli italiani è spesso associato a una dieta mediterranea, ricca di frutta, verdura, pesce e olio d’oliva, che è considerata salutare e può contribuire a bassi tassi di malattie cardiovascolari e obesità. Tuttavia, come in molti altri paesi occidentali, ci sono preoccupazioni riguardo a crescenti tassi di obesità, sedentarietà e cattive abitudini alimentari, che possono influenzare negativamente la salute della popolazione.
  3. Ambiente Sociale ed Economico: L’Italia è un paese sviluppato con un alto tenore di vita, un sistema educativo avanzato e un forte senso di coesione sociale. Tuttavia, ci sono disparità socioeconomiche tra regioni e gruppi demografici, con alcune aree del sud Italia che affrontano sfide economiche e sociali più grandi rispetto ad altre. Il confronto con il resto del mondo mostra che l’Italia si colloca generalmente tra i paesi con uno standard di vita elevato e una buona qualità della vita.
  4. Politiche di Salute Pubblica: L’Italia ha adottato diverse politiche di salute pubblica per affrontare le sfide sanitarie, inclusa la promozione di stili di vita sani, la prevenzione delle malattie croniche e la gestione delle emergenze sanitarie. Ad esempio, l’Italia ha introdotto misure per ridurre il consumo di tabacco, promuovere l’attività fisica e migliorare la nutrizione della popolazione. Tuttavia, come in molti altri paesi, ci sono sfide nella realizzazione e nell’attuazione di politiche efficaci di salute pubblica, e vi è sempre spazio per miglioramenti e innovazioni.

In sintesi, l’Italia presenta aspetti positivi nei fattori di accesso ai servizi sanitari, stile di vita, ambiente sociale ed economico e politiche di salute pubblica, ma affronta anche sfide simili ad altri paesi sviluppati. L’attenzione continua su questi fattori può contribuire a migliorare ulteriormente la salute e il benessere della popolazione italiana.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti