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Cronaca

Uno Bianca: polemiche tra l'Arcivescono di Bologna e l'Associazione delle vittime

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Tempo di lettura 5 minuti Arcivescovo: “Ho un rapporto epistolare con uno della banda della Uno Bianca"

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di Angelo Barraco
 
Bologna – Si torna a parlare della Banda della Uno Bianca, a seguito delle dichiarazione dell’Arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi nel corso di un’intervista al “Festival Francescano”, in ha dichiarato “Ho un rapporto epistolare con uno della banda della Uno Bianca. Ho capito che il perdono è un itinerario faticoso ma che bisogna cercare di coltivare: è l'unica via umana che ci è concessa perché il male non distrugga noi” ha aggiunto “quando è difficile, doloroso, privo di senso” sottolineando che “il perdono non vuol dire cancellare la giustizia. Il perdono vuole la giustizia e libera dall'odio e dalla vendetta e per questo è ancora più forte. Il perdono libera”. Parole che sono state pronunciate in Piazza Maggiore e che hanno falciato l’animo di chi ancora ricorda quegli anni in cui il terrorismo e la criminalità si muovevano ad unisono, le strade diventavano quasi costantemente cimiteri a cielo aperto e le famiglie erano pronte a piangere il prossimo figlio o padre che non sarebbe tornato più a casa. Dichiarazioni che sono arrivate all’associazione delle vittime della Uno Bianca che ha replicato “L'Arcivescovo Matteo Zuppi mi disse già a giugno, a margine della Festa della Repubblica, che Alberto Savi, il 'fratello buono' della Banda della Uno bianca, gli aveva scritto per chiedere perdono. Io risposi: ma quale fratello buono, era come Fabio e Roberto. Era tra i killer che uccisero i carabinieri al Pilastro il 4 gennaio '91. Ho letto che Zuppi gli ha risposto mesi dopo che il perdono se lo devono meritare”. Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione familiari vittime della Uno Bianca e vedova di Primo Zecchi e ha aggiunto “La mamma di Umberto Erriu uno dei due carabinieri uccisi a Castel Maggiore il 20 aprile 1988, mi disse che il perdono se vuole lo decide Dio, le colpe terrene si devono pagare. Fra l'altro non stanno facendo nemmeno il carcere duro. Come associazione siamo tutti d'accordo. Paghino per quello che hanno fatto, nessun perdono. Sono dei delinquenti crudeli”. Una vicenda che ha riaperto una ferita non ancora cicatrizzata e che brucia ancora quando vi si poggia il fastidioso alcol che dovrebbe lentamente attutire il dolore ma che in realtà risulta lesivo per i familiari delle vittime che all’improvviso dall’oggi al domani hanno perso una persona cara, abbandonata per terra dalla polvere issata su da una macchina tanto comune quanto inquietante. 
 
La Banda della Uno Bianca ha insanguinato l’Emilia Romagna tra la fine degli anni 80 e la prima metà degli anni 90. Una lunga scia di sangue che per un lungo lasso di tempo è rimasta avvolta dal mistero, nascondendosi dietro ad un’incognita quale l’autovettura più comune dell’epoca, che impregnava l’asfalto di gomma, polvere e sangue, diventando allo stesso tempo il fattore scatenante di morte e dolore. Un gruppo criminale che si è sempre mosso nell’ombra, guidato dalla prontezza nell’agire determinata da una sicurezza dovuta alle professioni che svolgevano la maggior parte dei membri che ne facevano parte. Roberto Savi, classe 1954, è stato un appartenente della Polizia di Stato presso la Questura di Bologna, rivestendo il ruolo di assistente Capo; il fratello Fabio Savi, classe 1960, fece domanda per entrare in Polizia ma un problema alla vista comprometterà quelli che saranno i suoi obiettivi, inducendolo a svolgere lavori saltuari; Alberto Savi, classe 1965, è il fratello minore dei due fratelli appena citati, è un poliziotto e quando viene arrestato svolge il suo servizio d’ordine servizio presso il Commissariato di Rimini; un altro soggetto che viene coinvolto nella vicenda nella Uno Bianca è Pietro Gugliotta, classe 1969, un poliziotto che svolge servizio di operatore radio alla questura di Bologna. Non partecipa alle azione del gruppo ma viene condannato a 18 anni di reclusione; Marino Occhipinti, classe 1965, prende parte ad un’azione criminale che cagiona la morte di una guardia giurata e viene condannato all’ergastolo. Anch’esso è un poliziotto a Bologna e al momento dell’arresto la sua carica era di vice sovrintendente alla sezione narcotici; Luca Vallicelli, anch’esso poliziotto, ha partecipato alle prime rapine della banda ma senza cagionare la morte di nessun innocente. E’ attualmente libero a seguito di un patteggiamento di tre anni e otto mesi. I fratelli Savi sono stati condannati a tre ergastoli ciascuno, un ergastolo per Occhipinti, 28 anni per Gugliotta che si sono ridotti a 18 anni. Quest’ultimo, nel 2008, dopo 14 anni di reclusione ha ottenuto la libertà grazie all’indulto. Mario Occhipinti aveva chiesto lo sconto di pena un anno fa, ma la Procura ha deciso il no. L’ex poliziotto che prese parte ad un’operazione della Banda della Uno Bianca assaltando un furgone della Coop di Castel Maggiore, il 19 febbraio del 1988 dove fu uccisa la Guardia Giurata Carlo Beccari.  L’arresto di Occhipinti avvenne il 29 novembre del 1994, quando era vice-sovrintendente della sezione narcotici della Squadra Mobile. L’uomo si trova in regime di semilibertà dal 2012 e aveva chiesto il rito abbreviato, il Pm ha respinto l’accoglimento dell’istanza, il Gip invece si è riservato. 
 
La semilibertà. Dopo diciassette anni, due mesi e due giorni di carcere, Marino Occhipinti ottiene il 3 gennaio del 2012 la semilibertà che gli consente di lasciare l’istituto penitenziario per lavorare presso una cooperativa sociale. Prima della semilibertà però aveva potuto usufruire di alcuni permessi come quello avuto nel 2010 per andare ad una via crucis e il 31 maggio del 2010 era uscito per una malattia del padre. Aveva anche scritto una lettera di ringraziamento al Sindaco di Santa Sofia, paese in provincia di Forlì: “Dopo tutto quello che è successo, mi riferisco alla mia vicenda giudiziaria ero assolutamente sicuro che non sarei mai più tornato. Le parole di ringraziamento per come il paese di Santa Sofia ha saputo riaccogliermi che ho espresso in occasione delle esequie del mio babbo sono davvero sentite. Sono rimasto colpito quanto lei è venuto a porgere le condoglianze a me e a mia mamma”. Il Sindaco aveva risposto con una lettera pubblica: “Crediamo nella redenzione degli uomini e Marino ha iniziato il percorso di riacquisizione della sua dignità e per questo merita il nostro plauso. Molti santasofiesi, amici e conoscenti, lo hanno già accolto con affetto. Auspichiamo un suo completo e totale rientro nella nostra comunità”, ma tale scambio di lettere ha suscitato parecchie polemiche soprattutto da parte del circolo Sel locale che disse: “La redenzione di un colpevole è un fatto privato e come tale dovrebbe essere trattato. Enorme e incancellabile è invece la tragedia pubblica della Uno bianca che purtroppo è anche una tragedia privata e indimenticabile per le famiglie che subirono quei tragici eventi”.
 
Un anno fa è stato compiuto uno sfregio a Piazza Lipparini, nei confronti di un monumento in memoria dei tre carabinieri uccisi al Pilastro dalla Banda della Uno Bianca il 4 gennaio 1991 è stato imbrattato con una scritta “O noi o loro, Uno Bianca”. In merito a quanto accaduto è stato interpellato il magistrato che condusse le indagini all’epoca dei fatti, il procuratore aggiunto Valter Giovannini,  ha riferito che “si farà di tutto per individuare gli autori dell'odioso oltraggio”.  Il 4 gennaio 1991 furono uccisi dalla Banda della Uno Bianca: Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini. 
 
La Strage del Pilastro. Il 4 gennaio del 1991 alle ore 22, la Banda della Uno Bianca si trovava casualmente presso il quartiere Pilastro di Bologna per puro caso poiché era diretta a San Lazzaro di Savena per rubare auto. Ad un certo punto in Via Casini, all’altezza delle Torri, l’auto dei carabinieri sorpassa l’auto della Banda ma la banda non gradì il gesto poiché penso che tale manovra di sorpasso servisse per impossessarsi dei numeri di targa e decise di eliminare i carabinieri. Li hanno affiancati e ad un certo punto Roberto Savi inizia a sparare sul lato del conducente ad Otello Stefanini, malgrado le ferite però il carabiniere tenta la fuga ma sbatte accidentalmente contro dei cassonetti della spazzatura, l’auto viene immediatamente raggiunta dalla Banda e crivellata di proiettili. Andrea Moneta e Mauro Mitilini (gli altri carabinieri), rispondono al fuoco e feriscono Roberto Savi ma la banda ha il sopravvento poiché è in possesso di armi più forti e li uccide. La Banda si impossessa dell’ordine di servizio dei carabinieri.

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Andria, blitz nei negozi e ristoranti: boom di “lavoratori in nero”

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Numerosi i controlli effettuati dai militari dell’Arma a diversi esercizi commerciali bar e ristoranti nel centro di Andria dove sono state rilevate sanzioni amministrative e ammende per un totale di circa 20.000 euro.
Nei giorni scorsi i Carabinieri della Compagnia di Andria, coadiuvati da personale del Nucleo
Ispettorato del Lavoro eseguivano delle attività ispettive in alcuni ristoranti del comune di
Andria dove venivano riscontrate diverse violazioni del Testo Unico Sicurezza sul Lavoro,
entrato in vigore nel 2008, che costituisce indubbiamente il principale riferimento legislativo sul tema della sicurezza dei lavoratori.
Gli articoli contestati sono diversi e riguardano principalmente l’omessa sorveglianza sanitaria e la formazione dei lavoratori nonché la presenza di alcuni lavoratori senza relativo contratto, i cosiddetti “lavoratori in nero”, privi della tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie
professionali.
Sono state elevate sanzioni amministrative e ammende pari a circa 20.000 euro e nel contesto
ispettivo veniva applicato anche il provvedimento della sospensione dell’attività imprenditoriale a seguito degli accertamenti dei lavoratori irregolari e gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.
Continueranno nei prossimi giorni i controlli da parte dei militari in tutta la Provincia BAT al
fine di ridurre, soprattutto con l’inizio della stagione estiva, il fenomeno del lavoro a nero.

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Roma, blitz all’alba di Carabinieri e Polizia: in manette 11 persone:

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I reati contestati sono di rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, riciclaggio di denaro, spaccio di sostanze stupefacenti
 
 
Dalle prime luci dell’alba, nelle province Roma, Viterbo e Frosinone, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma e gli agenti della Polizia di Stato del I Distretto Trevi Campo Marzio stanno dando esecuzione a un’ordinanza, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma, che dispone misure cautelari nei confronti di 11 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, riciclaggio di denaro, spaccio di sostanze stupefacenti.
 
L’attività di indagine, nata nell’ottobre 2022, trae origine dalle denunce di un soggetto, consumatore di sostanze stupefacenti, che aveva maturato con i propri spacciatori un debito che non era riuscito più a onorare, generando le violente reazioni di questi ultimi. In particolare, l’attività d’indagine, durata oltre un anno, ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza di un gruppo criminale, operante nel quartiere romano di Cinecittà, di cui farebbero parte gli indagati e di documentare come questi ultimi fossero soliti operare delle violente ritorsioni nei riguardi degli acquirenti di droga morosi.
 
Sono stati raccolti elementi indiziari per cui in alcuni episodi le vittime venivano trasportate all’interno delle abitazioni di alcuni sodali ove venivano percosse e minacciate con una pistola puntata alla tempia al fine di obbligarle a effettuare i pagamenti, anche attraverso bonifici bancari. Talvolta, poiché si era esaurito il “plafond” giornaliero presso la banca, venivano sequestrati e malmenati tutta la notte, in attesa di poter effettuare altri bonifici il mattino seguente. Nei casi in cui non riuscivano a ottenere il denaro preteso, le minacce venivano estese anche ai familiari dei malcapitati.
 
L’analisi del flusso di denaro estorto (oltre 300.000 euro) ha permesso di identificare tutti i beneficiari dei bonifici bancari in soggetti ritenuti vicini al soggetto più autorevole del gruppo criminale, Daniele Salvatori e di documentare le attività finalizzate al reimpiego e al riciclaggio del denaro che dai vari conti correnti veniva, tramite ulteriori bonifici o attraverso il prelievo in contanti, trasferito ad altri beneficiari.
 
A Daniele Salvatori, classe 1977, già noto alle forze dell’ordine, il 12 giugno 2023, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma avevano già notificato un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, per l’estorsione ai danni di un trentaseienne residente nella provincia di Frosinone e dei suoi familiari. A conferma della pericolosità e della spregiudicatezza del destinatario del provvedimento restrittivo, in data 03.10.2022, il Salvatori era stato arrestato in flagranza di reato dai Carabinieri della Sezione Radiomobile di Cassino (FR), poiché sorpreso nei pressi dell’abitazione delle vittime in possesso di un’arma clandestina.
 
Privo di virus.www.avast.com



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Settimo Milanese, tenta di violentare due minorenni : in manette un 22enne

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A Settimo Milanese, i Carabinieri della locale Stazione hanno arrestato, in esecuzione ad una ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal GIP del Tribunale di Milano, su richiesta della locale Procura della Repubblica, un ventiduenne di nazionalità ecuadoriana, ritenuto responsabile del reato di tentata violenza sessuale ai danni di due minori, una classe 2010 e l’altra 2012, entrambe residenti in quel centro.

La misura scaturisce dall’attività investigativa, avviata dalla Stazione di Settimo Milanese nel mese di gennaio del 2023, che ha consentito di ricostruire in maniera dettagliata due distinti episodi avvenuti rispettivamente il 30 gennaio 2023 ed il 19 febbraio 2024 e che hanno visto quali vittime le due ragazze.

Dalle indagini condotte si è accertato che la prima vittima, mentre stava passeggiando con il proprio cane, veniva pedinata dall’uomo che dopo averla raggiunta all’interno dello stabile condominiale in cui la stessa vive, la avvicinava in prossimità dell’ascensore ed improvvisamente iniziava a stringerla a sé con la forza. In tale circostanza solo la pronta reazione della ragazza che riusciva a divincolarsi dalla presa riusciva ad interrompere il proposito delittuoso dell’uomo.

Nel secondo caso gli accertamenti investigativi espletati hanno consentito di appurare che lo stesso soggetto, con un’azione criminale pressoché identica, aveva avvicinato un’altra ragazza minore all’uscita da scuola, pedinandola fino all’ingresso del condominio in cui la stessa abita e dopo essere salito con quest’ultima all’interno dell’ascensore, all’apertura delle porte l’uomo, con una mossa repentina, la afferrava per il maglione tentando di tirarla verso di sé. Anche in questo caso la pronta reazione della minore, che riusciva a guadagnare la fuga, aveva consentito di evitare ulteriori conseguenze.

L’arrestato è stato condotto presso la propria abitazione e sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, come disposto dalla competente Autorità Giudiziaria.

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