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Usa: Trump e Clinton, l'America è chiamata a decidere

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Tempo di lettura 6 minuti Ecco tutti i dati relativi alle elezioni presidenziali

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di Angelo Barraco
 
Washington – Alle ore 12 italiane di oggi (ore sei locali) si è aperta la campagna elettorale più discussa e avvincente d’America che da New York fino a Miami giunge finalmente al capolinea e ha visto fronteggiarsi spalla a spalla  la biondissima e carismatica Hillary Clinton,  ex first lady che ha preferito alla poltrona di casa sua il comodissimo e prestigioso trono della Casa Bianca in passato tenuto in caldo dal marito Bill e dalla sua amante, dall’altro fronte c’è invece il magnate dell’imprenditoria americana Donald Trump, che non le ha mandate a dire e pur di ottenere voti ha messo in piedi teatrini di ogni tipo alla vigilia dell’Election Night, con una fuga  improvvisa durante un comizio che nemmeno alla Sagra del Carciofo dopo un’indigestione acuta la si vede con tanta enfasi e dovizia nei particolari e che ha fatto parlare le tv americane e sollevato molti dubbi. Ma come si svolge il voto del Presidente degli Stati Uniti? Non è il popolo ad eleggere direttamente il Presidente degli Stati Uniti, sono 538 grandi elettori suddivisi in 50 Stati in base alla popolazione. Il candidato che vince in uno Stato ottiene la totalità dei suoi elettori eccetto in Maine e Nebraska ove eleggeranno poi il Presidente. Sono chiamati alle urne circa 130milioni di americani, 200milioni meno rispetto ai residenti in Usa. Bisogna infatti togliere i minorenni, gli stranieri –compresi coloro muniti di Green Card- cittadini con reati penali, con problemi mentali, coloro che non sono iscritti a registri elettorali. 

Ma non siamo di certo qui per parlare di come hanno fatto spalluccia in questi lunghi ed estenuanti mesi di campagna elettorale poiché sono dettagli oggettivi ben noti ai rigori delle cronache del globo, l’aspetto che andremo ad analizzare è di carattere prettamente tecnico e l’America si trova dinnanzi ad un bivio: Democratici con Hillary o Repubblicani con Trump? Due arterie che non si incrociano ma che determineranno certamente un cambiamento di carattere globale e i mercati del mondo già ne risentono. Ciò che emerge però è che la spinta iniziale e irruenta di Donald Trump ha subito un netto e drastico calo nelle ultime settimane, ma lui non si arrende e come un caterpillar irrompe con il suo caratteristico sproloquio enunciando ai posteri: “Sara' una Brexit all'ennesima potenza, una vittoria senza precedenti”. I dati mostrano un netto vantaggio della biondissima Hillary che attraverso il suo sempreverde sorriso mostra con orgoglio la rimonta avvenuta sul ranch finale. Una battaglia dura che mira all’obiettivo unico di raggiungere il “Magic number” dei 270 elettori necessari per sedere sul tanto ambito podio della White House. Entrambi hanno scelto la Pennsylvania per la finale, Hillary soprattutto a Filadelfia con marito e figlia e con Barack Obama e Michelle Obama in caso di vittoria. Sono 203 gli Stati che Hillary ha sicuri, chiamati “likely” sono e che si trovano nella colonnina blu: Illinois (20), New Jersey (14), Washington (12), Rhode Island (4), Delaware (3). Vengono chiamati “leans” Wisconsin (10), Minnesota (10), Oregon (7), Connecticut (7), Maine CD1 (1). Donald Trump invece dalla sua parte ne ha 164 e sono i cosiddetti “Likely” che sono che si trovano nella colonnina rossa: Indiana (11), Texas (38), Missouri (10), Utah (6), Montana (3), South Dakota (3), Tennessee (11), Alaska (3), Kansas (6), Nebraska CD2 (1), vi sono poi i cosiddetti “leans” e qui troviamo South Carolina (9). Per Hillary Clinton, che gi risulta favorita, basta prevalere in due Stati come la Florida e la Pennsylvania per vincere, mentre per il Tycoon la salita diventerebbe ripidissima e dovrebbe accumulare tante vittorie per poterla battere. In questa campagna elettorale vi sono inoltre quindici Stati che non si trovano nella colonnina denominata “Toss up”, Stati da tener d’occhio e sono: Florida (29), Ohio (18), Michigan (16), Pennsylvania (20), New Hampshire (4), Maine CD2 (1), Maine (2), North Carolina (15), Virginia (13), Georgia (16), Colorado (9), Nevada (6), New Mexico (5), Arizona (11), Iowa (6). Una terra di mezzo che può essere determinante, soprattutto se vi fosse la propensione di Stati come Florida (29) e Pennsylvania (20) di virare a favore di Hillary, si decreterebbe così la sua inoppugnabile vittoria dinnanzi ad un ipotetico Trump che si troverebbe dinnanzi ad una netta discesa nell’oblio dei suoi stessi deliri e il dubbio amletico sul vincitore si annullerebbe in un istante.  “Farò il mio meglio se avrò la fortuna di vincere. Così tanta gente dimostra come oggi il voto sia importante per il futuro del Paese” così ha dichiarato Hillary Clinton, giunta insieme al marito Bill dinnanzi ad un seggio elettorale a Chappaqua a nord di New York. Ma in questa vertiginosa campagna elettorale entrambi i candidati hanno racconto simpatie e antipatie reciproche da parte di un popolo che è sempre stato affamato da una spettacolarizzazione politica animata da uno spirito prospettico devoto alla comunicazione di massa e all’idealismo delle grandi manovre direttamente proporzionate alle parole e alle azioni compiute dai candidati e al loro modus operandi.
 
Il repubblicano Trump, con il suo irruento carattere pronto a tutto, ha raccolto il 24% di elettori che lo vedono in modo negativo contro il 57% che lo vedono invece in modo positivo; Hillary invece, che porta ancora addosso l’abito da first lady ben disegnato ma pronto ad essere tolto definitivamente con grande orgoglio e classe, ha raccolto il 52% negativo e 31% positivo. Un’immagine che hanno dato agli americano e che si è tergiversata nell’esito finale che fa emergere il 46,8% per Hillary contro il 44,3% per Trump in attesa di raggiungere il “Magic Nuber”.  Il vantaggio di Hillary è di 4 punti su 6 e anche i mercati hanno scommesso su di lei e i sondaggi del New York Times dimostrano che viene favorita per l’85% rispetto al suo avversario, ma l’attenzione è sempre mantenuta alta poiché tutto può cambiare e il trionfo di Trump può considerarsi comunque possibile. L’ex first lady ha dichiarato: “Dobbiamo affrontare la prova del nostro tempo, facciamo in modo che non possano esserci dubbi sul risultato di questa elezione, fermare l'establishment politico corrotto” Trump ha riferito invece: “fermare l'establishment politico corrotto. Gli unici che possono fermare questa macchina corrotta siete voi…Hillary è il voto del fallimento, ora è il momento di cambiare”. L’Election Day rappresenta un giorno di estrema importanza per il popolo americano che confluirà alle urne  I primi seggi che chiuderanno a mezzanotte dell’8 (ora italiana) saranno quelli del Kentucky e Indiana, il 9 novembre invece chiuderà il seggio dell’Alaska. Ecco nello specifico gli orari: Indiana e Kentucky (ore 24:00); Florida, Georgia, South Carolina, Vermont,  Virginia (ore 01:00); North Carolina, Ohio, West Virginia (ore 01:30); Alabama,  Connecticut,  Delaware, Illinois, Maine, Maryland, Massachusetts ,  Mississippi,  Missouri,  New Hampshire, New Jersey,  Oklahoma, Pennsylvania,  Rhode Island, Tennessee, Washington DC (02:00); Arkansas (02:30); Arizona,  Colorado, Kansas, Louisiana, Michigan, Minnesota, Nebraska, New Mexico,  New York, South Dakota, Texas, Wisconsin,  Wyoming (03:00); Iowa, Montana, Nevada, Utah (04:00); California, Hawaii, Idaho, North Dakota, Oregon, Washington (05:00); Alaska (05:00). 
 
Laddove Hillary Clinton e Donald Trump hanno la sicurezza oggettiva di ottenere consensi e voti nei vari Stati americani a seguito della serrata campagna elettorale, esiste una “terra di mezzo” costituita da quindi Stati che invece tengono in bilico le sorti di colui o colei che siederà nei prestigiosi salotti della Casa Bianca. Si tratta di quindici Stati che nel corso del tempo hanno cambiato la loro propensione nei confronti di un candidato rispetto che un altro e oggi fanno parte dello status “Toss Up”. Analizziamo i singoli Stati e i risultati che da Marzo a Maggio sono mutati per poi arrivare ad una situazione di stallo: la Florida (29) registra un 46.4 a favore di Hillary, che viene battuta da Trump con un +2.0 da Trump che porta ad un risultato di 46.6; l’Ohio (18) registra un 42.3 per Hillary che viene annientata da Trump con un +3.5 raggiungendo quindi il 45.8; il Michigan (16) vede la Clinton al 45.4 con un +3.4 a favore dell’ex first lady che batte il tycoon a 42.0; la Pennsylvania (20) vede nuovamente la Clinton in testa con 46.2 e +1.9 contro il 44.3 di Trump; il New Hampshire (4) vede la first lady a 43.3 con +0.6 battendo Trump a 42.7; ma il Tycoon non è silente e ne Maine CD2 (1) ottiene il 41.5 con il +0.5 battendo con il 41.0 Hillary; nel Maine (2) ha la meglio Hillary con il 44.0 e un +4.5 che le fa onore dinnanzi ad un esimio 39.5 di Trump; North Carolina (15) vede la vittoria di Trump con il 46.5 e il +1.0 contro i 45.5 di Hillary; Virginia (13) una rimonta notevole di Hillary che raggiunge un punteggio di 47.3 con un +5.0 contro i 42.3 di Trump; in Georgia invece è Trump ad avere la meglio con un punteggio di 49.2 e un +4.8 contro il 44.4 di Hillary; In Colorado (9) Hillary ottiene il 43.3 con un +2.9 su Trump che invece ottiene un 40.4; in Nevada (6) è Trump ad avere la meglio con il 45.8 e un +0.8 su Hillary che invece ottiene il 45.0; New Mexico (5) torna in rimonta Hillary con un punteggio di 45.3 e un recupero di +5.0 su Trump che invece ottiene 40.3; in Arizona (11) Trump ottiene il 46.3 con il +4.0 su la Clinton che ottiene il 42.3; l’Iowa (6) vede protagonista ancora una volta il tycoon con il 44.3 e un +3.0 su Hillary che invece si ferma al 41.3. Altri due Stati erano incerti, ovvero Oregon (7) e Wisconsin (10) che invece adesso si sono schierati dalla parte della biondissima Hillary: il Wisconsin ha visto una rimonta della first lady con un +6.5 raggiungendo il 46.8 contro i 40.3 di Trump, mentre l’Oregon (7) a quota 44.0 contro i 36.0 e un supplemento di +8.0 a favore di Hillary. Secondo quanto riportato dal sito RealClearPolitics, alcuni Stati che si trovano nella cosiddetta “Toss Up” ovvero nella terra di mezzo hanno riportato alcuni dati relativi alle elezioni in corso con un’evidente propensione a Hillary Clinton rispetto che a Trump. Ecco gli Stati a favore di Hillary: Virginia +1.8, Georgia 1.6, Indiana +1.6, Maine +1.6, Maine CD1 +1.6. Ma prima di arrivare a questo fatidico giorno in cui l’America è stata chiamata a scegliere il futuro Presidente degli Stati Uniti si è svolta la prima dura battaglia delle Primarie, che da un lato ha visto i Democratici e da un lato i Repubblicani. Per ottenere la nomination democratica sono necessari 2.383 delegati sui 4.764 complessivi: Hillary Clinton ha ottenuto 2.820 delegati, Bernie Sanders 1.880 delegati e Martin O’Malley 0 delegati. Per la corda dei Repubblicani sono indispensabili 1.237 delegati su 2.472 complessivi: Donald Trump ha ottenuto 1.542 delegati, Ted Cruz 560 delegati, Marco Rubio 167 delegati, John Kasich 161 delegati.

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Usa, Harris vs Trump: Il dibattito che potrebbe decidere le sorti della Casa Bianca

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A soli due giorni dalla sfida televisiva, i candidati intensificano la preparazione mentre i sondaggi li vedono testa a testa

La corsa alla Casa Bianca entra nel vivo con l’imminente dibattito televisivo tra Kamala Harris e Donald Trump, un evento che potrebbe rivelarsi decisivo per le elezioni del 5 novembre. Con gli ultimi sondaggi che mostrano i due candidati praticamente alla pari, la tensione sale e gli strateghi politici si dividono equamente nelle loro previsioni.

A poco più di 48 ore dall’atteso confronto su ABC News, sia la democratica Harris che il repubblicano Trump hanno intensificato la loro preparazione. La vice presidente, chiusa nel suo hotel a Pittsburgh, Pennsylvania, si è circondata di consiglieri fidati e preparatori d’elite, tra cui Philippe Reines, ex consigliere di Hillary Clinton, che interpreta il ruolo di Trump nelle simulazioni.

Per Harris, la posta in gioco è particolarmente alta. Un recente sondaggio del New York Times/Siena College ha rivelato che il 28% degli elettori indecisi ritiene di “non conoscerla abbastanza” sottolineando l’importanza di questa opportunità per presentarsi al pubblico. La sua campagna ha espresso preoccupazioni riguardo al formato del dibattito, temendo che i microfoni spenti possano svantaggiarla.

Trump, d’altra parte, sta affrontando la preparazione con un approccio apparentemente più rilassato, ma secondo fonti vicine, con un’intensità senza precedenti. Il tycoon continua a girare gli Stati in bilico, attaccando Harris definendola “peggio di Biden” durante un comizio in Wisconsin.

I sondaggi nazionali mostrano una situazione di sostanziale parità con Trump al 48% e Harris al 47% secondo il NYT/Siena. Questa situazione di equilibrio si riflette anche negli Stati chiave come Wisconsin, Pennsylvania e Michigan.

Per Harris, il dibattito rappresenta un’opportunità cruciale per conquistare gli elettori ispanici di sesso maschile, un gruppo demografico essenziale per la vittoria. Inoltre, dovrà dimostrare di essere una vera alternativa a Biden, considerando che oltre il 60% degli elettori desidera un cambiamento, ma solo il 25% vede Harris come tale, contro il 53% per Trump.

Mentre il paese si prepara a questo momento cruciale, entrambi i candidati sono consapevoli che la loro performance potrebbe influenzare significativamente le loro possibilità di vittoria. Con la nazione divisa e gli elettori indecisi che potrebbero fare la differenza, questo dibattito si preannuncia come uno degli eventi politici più importanti dell’anno, potenzialmente in grado di determinare il futuro leader degli Stati Uniti.

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Francia, nuovo Governo: Macron bloccato tra i partiti

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La Francia è intrappolata in un’impasse senza precedenti, con il presidente Emmanuel Macron bloccato in un labirinto politico che sembra non avere via d’uscita. La scelta del nuovo premier, incaricato di formare un governo che possa gestire efficacemente il Paese, si sta rivelando una sfida insormontabile. Le consultazioni con i partiti politici, iniziate la scorsa settimana, non hanno portato ad alcun risultato concreto, lasciando il Paese in uno stallo politico che giorno dopo giorno diventa sempre più difficile da risolvere.

Dopo aver incontrato il Nuovo Fronte Popolare, Macron ha ricevuto i rappresentanti della destra, nella speranza di trovare un consenso per il nuovo esecutivo. Tuttavia, il clima politico è rimasto teso e privo di progressi significativi. La presidente dell’Assemblea Nazionale, Yael Braun-Pivet, è stata la prima ad arrivare all’Eliseo, ma ha lasciato l’incontro senza rilasciare dichiarazioni, segno del profondo disaccordo che persiste.

Diverso l’approccio dei leader del Rassemblement National, Marine Le Pen e Jordan Bardella, che non hanno esitato a manifestare la loro opposizione a un eventuale governo del Nuovo Fronte Popolare, anche in assenza di ministri dell’ala sinistra di Jean-Luc Mélenchon. Le Pen ha chiaramente espresso l’intenzione di chiedere una sessione straordinaria del Parlamento a settembre per valutare la possibilità di censurare il governo non appena verrà formato. “Non cambia assolutamente nulla”, ha dichiarato, evidenziando come la sfiducia nei confronti di qualsiasi esecutivo proposto sia totale.

A peggiorare ulteriormente la situazione, si è aggiunto il leader dell’ex Republicain, Eric Ciotti, che ha dichiarato la sua ferma opposizione a un primo ministro scelto dal Nuovo Fronte Popolare, preannunciando un voto di censura immediato da parte del suo gruppo. La possibilità di una seconda ondata di consultazioni non è più solo un’ipotesi remota, ma un’opzione sempre più concreta, mentre il tempo stringe.

L’attuale stallo non è solo una questione politica, ma rappresenta anche una crisi istituzionale. Gabriel Attal, il premier dimissionario, è ormai da 41 giorni alla guida del governo per gli affari correnti, una situazione senza precedenti dalla Seconda Guerra Mondiale. Questo prolungato periodo di incertezza sta sollevando preoccupazioni non solo tra i politici, ma anche tra i cittadini francesi, sempre più disillusi e preoccupati per la mancanza di una leadership stabile.

Nel frattempo, la tensione tra i partiti continua a crescere. Il Nuovo Fronte Popolare, ansioso di imporre la candidatura di Lucie Castets, non sembra disposto a scendere a compromessi. Il socialista Olivier Faure ha già messo in guardia contro una “messa in scena” orchestrata da Macron, mentre l’Insoumis Manuel Bompard ha parlato di “manovre” presidenziali per impedire alla sinistra di governare. Bompard ha avvertito che qualsiasi nomina diversa da quella di Castets potrebbe portare a un’escalation di tensioni, con proteste di piazza e, in ultima istanza, alla destituzione dello stesso Macron.

In questo contesto di crescente frustrazione e incertezza, il presidente Macron ha ancora pochi giorni per trovare una soluzione, prima di partire per la Serbia per una visita ufficiale. Con la cerimonia di apertura dei Giochi Paralimpici all’orizzonte, sembra sempre più probabile che la nomina del nuovo premier debba ancora attendere, prolungando ulteriormente l’impasse politica che sta paralizzando la Francia.

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Israele e Hamas: accordo rischia di fallire

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L’accordo per il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco è sull’orlo del fallimento e non esiste uno schema alternativo che possa essere presentato al suo posto.

Lo hanno riferito a Politico due alti funzionari Usa e due israeliani. “Non sappiamo se Sinwar vuole l’accordo”, ha detto una fonte, “se non lo vuole, c’è la possibilità che l’Iran attacchi e la situazione degeneri”. Mentre gli Usa spingono per un vertice al Cairo venerdì, un funzionario israeliano ha affermato: “Non è affatto sicuro che ci sarà un vertice, se ci fosse, non ci sarebbe nulla di cui parlare finché Israele resterà sulla sua posizione”. 

In un attacco con un drone israeliano a Sidone è stato ucciso Khalil el-Moqdah, fratello di Mounir el-Moqdah, un comandante delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, il braccio armato di Fatah palestinese, secondo quanto scrive il quotidiano L’Orient le Jour online citando un annuncio fatto nel campo palestinese di Ain el-Héloué, nei pressi di Sidone. Suo fratello Mounir è uno dei leader palestinesi di Fatah in Libano. È stato ripetutamente accusato da Israele di contrabbando di armi alle Brigate dei Martiri di al-Aqsa nella Cisgiordania occupata.

“Hezbollah ha lanciato questa mattina 50 razzi nel centro della città di Katzrin. Hezbollah spara indiscriminatamente contro i civili israeliani. Come ogni Paese che protegge i propri cittadini, agiremo di conseguenza”, ha dichiarato su X il portavoce dell’esercito Daniel Hagari.

Intanto i media libanesi riferiscono di un attacco di un drone israeliano a un veicolo nel campo profughi palestinese di Mieh Mieh, vicino alla città costiera di Sidone. L’Idf non ha ancora rilasciato dichiarazioni.

L’ esercito israeliano continua a operare nell’area di Rafah, nel sud della striscia di Gaza, e nelle ultime 24 ore ha eliminato decine di terroristi, distruggendo infrastrutture e individuando numerosi armamenti. Lo ha riferito il portavoce dell’Idf aggiungendo che l’aeronautica israeliana ha colpito circa 30 obiettivi terroristici nella Striscia, incluse postazioni di lancio e di osservazione.

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