Vaccini anti Covid, l’Italia produrrà lo Sputnik: 10 milioni di dosi entro il 2021

Johnson&Johnson ha comunicato all’Unione Europea di avere problemi di approvvigionamento che potrebbero complicare i piani per fornire 55 milioni di dosi del suo vaccino contro il coronavirus nel secondo trimestre dell’anno. Lo hanno riferito fonti Ue all’agenzia Reuters.

Il vaccino di J&J, che richiede una sola dose, dovrebbe essere approvato l’11 marzo dall’Ema. L’azienda si è impegnata a fornire 200 milioni di dosi all’Unione europea per il 2021.

“Se un’azienda ha un problema” di produzione “non significa che l’intero programma” vaccinale “è in pericolo“. Così il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, rispondendo a una domanda sui possibili ritardi di produzione del vaccino Johnson&Johnson, che sta per essere approvato dall’Ema. “Non sono preoccupato sul target” di produzione “che abbiamo per il secondo trimestre. Sappiamo che qualcuno farà meglio e qualcuno sarà in ritardo, ma mi impegnerò personalmente in modo ufficiale con Johnson&Johnson dopo l’approvazione dell’Ema”, ha detto Breton, aggiungendo che “l’Ue ha molte vie a disposizione se qualcosa va male”.

“Firmato il primo accordo in Europa tra il fondo governativo russo e la società Adienne Pharma&Biotech per la produzione in Italia del vaccino Sputnik V“. Lo annuncia la Camera di Commercio Italo-Russa in una nota pubblicata sul suo sito internet. “Nelle scorse ore l’amministratore delegato del Russian Direct Investment Fund (Rdif), Kirill Dmitriev, ha confermato di aver raggiunto un accordo con l’azienda Adienne Pharma&Biotech per la produzione dello Sputnik V in Italia, siglando il primo contratto europeo per la produzione locale del vaccino. La partnership permetterà di avviare la produzione già dal mese di luglio 2021“. 

“Il processo produttivo innovativo” del vaccino russo Sputnik “aiuterà a creare nuovi posti di lavoro e permetterà all’Italia di controllare l’intero processo di produzione del preparato. Questo permetterà la produzione di 10 milioni di dosi entro la fine dell’anno“. Lo fa sapere la Camera di Commercio Italo-Russa.

Ha sede a Lugano, in Svizzera, ma stabilimento produttivo anche a Caponago, in provincia di Monza e Brianza, la società biofarmaceutica Adienne Pharma & Biotech che produrrà in Italia, a partire da luglio, il vaccino russo Sputnik V. Nata nel 2004, negli anni si è specializzata nella produzione di farmaci di nicchia – si legge sul suo sito internet – spesso trascurati dalle grandi produzioni, per curare le cosiddette malattie rare o orfane. In particolare nella ricerca e nella commercializzazione sull’oncoematologia, sulle malattie autoimmuni, sul trapianto di organi e di midollo osseo. Per le sue produzioni ha ricevuto anche diversi riconoscimenti. L’azienda è presieduta da un italiano, Antonio Francesco Di Naro, una lunga carriera nel settore farmaceutico, che è anche co-fondatore dell’azienda. 

Oltre alla italo-svizzera Adienne ci sono altre due società ai blocchi di partenza per la produzione in Italia dello Sputnik. Lo dice all’ANSA, raggiunto per telefono, il presidente di Banca Intesa Russia, Antonio Fallico. “Sono due aziende – dice – molto note nel campo e sono nella fase finale delle trattative con il Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF). Questo potrà dare ulteriore impulso alla produzione dello Sputnik in Italia”. “Credo che la documentazione complessiva analitica, riparametrata sugli standard europei, sarà consegnata all’Ema entro fine mese e dunque per maggio potrà arrivare la registrazione”, dice.

“Attualmente non sono in corso colloqui per integrare lo Sputnik V nella strategia Ue sui vaccini”. Così un portavoce della Commissione Ue ha replicato all’annuncio dell’avvio della produzione del vaccino russo Sputnik in un impianto in Italia. Gli Stati membri, ha ricordato il portavoce, possono sempre “concedere l’approvazione del vaccino Sputnik” nell’ambito dell’autorizzazione per uso di emergenza, ma “in questo caso la responsabilità spetterà allo Stato membro e non all’azienda, come sarebbe se il vaccino ottenesse l’autorizzazione all’immissione in commercio dell’Ue”.

Per raggiungere la cosiddetta immunità di gregge sarà necessario vaccinare l’80% della popolazione italiana. Lo ha detto il presidente dell’Accademia dei Lincei, Giorgio Parisi, nell’audizione davanti alla Commissione Igiene e Sanità del Senato. “Le nuove varianti del virus SarsCoV2 sono più contagiose – ha osservato Parisi – e di conseguenza si può stimare che per raggiungere l’immunità di gregge non basta rendere immune il 60% della popolazione, come si stimava all’inizio dell’epidemia”, ma “bisogna arrivare a rendere incapaci di trasmettere il contagio l’80% della popolazione”.