Red. Cronaca
Velletri (RM) – La mattina di venerdì 4 marzo, i Carabinieri della Compagnia di Velletri hanno dato esecuzione, nella provincia di Roma e Latina, a un provvedimento cautelare – emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Velletri dott.ssa Zsuzsa Mendola su richiesta della locale Procura diretta dal Dott. Francesco Prete – nei confronti di 14 soggetti ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di corruzione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione di telefoni cellulari e schede telefoniche utilizzate dai detenuti nel carcere di Velletri e riciclaggio di autovetture. Contestualmente, in collaborazione con il personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, sono state eseguite perquisizioni in alcune celle degli Istituti di Pena di Civitavecchia, Frosinone, Roma Rebibbia, Roma Regina Coeli, Campobasso, Viterbo e Spoleto.
L’attività investigativa, condotta dalla Compagnia Carabinieri di Velletri e coordinata dal Sost.Proc. Dott. Giovanni Taglialatela, ha fatto venire alla luce condotte corruttive che permettevano l’introduzione all’interno del carcere di Velletri di sostanze stupefacenti, telefoni cellulari e schede telefoniche in uso ai detenuti eludendo i controlli. In particolare, nel corso delle indagini, è emersa la responsabilità di un agente di polizia penitenziaria, già agli arresti domiciliari perché tratto in arresto in flagranza di reato nel mese di febbraio 2015 e di un infermiere in servizio nella struttura penitenziaria, colpito dall’odierna misura. Le richieste pervenivano ai due pubblici ufficiali direttamente dai detenuti; questi ultimi tramite gli apparati cellulari illecitamente in uso nella cella si mettevano in contatto con i familiari per ordinare la droga e schede telefoniche che venivano smerciate nel carcere.
Per mesi i carabinieri hanno intercettato decine di detenuti che parlavano assiduamente con l’esterno della struttura con parenti, amici anche per proseguire nei loro traffici illeciti. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati nelle celle dell’istituto di pena di Velletri, anche in collaborazione con il personale della Polizia Penitenziaria, 6 apparati cellulari, 3 schede telefoniche e sostanza stupefacente tipo hashish, eroina e cocaina; in un’occasione nel corso di un’attività di perquisizione all’interno di una cella del carcere un detenuto ha ingerito due schede telefoniche, rinvenute e sequestrate a seguito di esame radiologico e successiva espulsione; nella circostanza è stato anche recuperato un apparato cellulare opportunamente occultato nel WC della cella, già intercettato dagli investigatori.
Dalle attività si è evidenziato un sistematico utilizzo da parte dei detenuti di telefoni cellulari all’interno delle celle mantenendosi in costante comunicazione con l’esterno (ben 15 schede telefoniche intercettate e intestate a soggetti ignari, spesso stranieri). Per questi il Giudice, condividendo l’impostazione della Procura, ha ascritto il reato di “Ricettazione”, considerando le SIM derivanti dall’attività illecita collegata al reato di “Sostituzione di persona”.
Come citato dal Giudice nel provvedimento cautelare, in alcune conversazioni si percepisce in maniera emblematica la dimensione del fenomeno; in una telefonata intercettata si percepisce che in una cella si utilizzano contemporaneamente 3 cellulari mentre in un’altra chiamata una voce femminile, come se stesse contattando un centralino, dice: Pronto…carcere di Velletri?, chiedendo informazioni su un parente detenuto che non sente da un po’ di giorni; naturalmente dall’altra parte c’era uno dei tanti detenuti utilizzatori clandestini dell’apparato che si è messo a disposizione della donna. In un’altra chiamata un detenuto parlando ad un parente riferisce che in serata chiamerà con una nuova scheda e poi aggiunge “adesso in cella siamo in tre tutti e tre a parlare al telefono”.
In altra circostanza un detenuto di sesso maschile trasferito presso l’istituto di pena di Viterbo ha portato con sé l’apparato telefonico intercettato dagli investigatori, introducendolo nelle parti intime. Cellulare che è stato successivamente recuperato e sequestrato grazie all’intervento del personale della Polizia penitenziaria di quell’Istituito.
Durante l’attività investigativa sono state rinvenuti e sequestrati a casa di un indagato alcuni “pizzini” eloquenti con i quali un detenuto comunica allo zio fuori dal carcere di fare riferimento ad un infermiere per introdurre in carcere materiale illecito:
“Caro zio……qui c’è un infermiere che mi viaggia già, gli do il tuo numero …… devi farmi entrare un telefono piccolissimo con due schede e un po’ di pasticche….”; “Caro zio mi raccomando all’infermiere….ti chiamerà lui allora pasticche più che puoi telefoni e schede….”.
L’indagine, già in sé complessa per l’ampiezza delle prassi criminose sopra descritte, è stata resa più difficile dalla carenza di specifici strumenti normativi di repressione del fenomeno. In assenza di una specifica previsione normativa che vieta l’uso degli apparati cellulari da parte dei detenuti (condotta che comporta esclusivamente una violazione disciplinare interna per uso di “oggetto non consentito”) si è contestato il reato di ricettazione che ha imposto accertamenti più lunghi e laboriosi.
Al di là di questo aspetto preoccupa la verosimile diffusione del fenomeno che rende necessari maggiori e più serrati controlli tesi ad evitare che i detenuti possano continuare a gestire traffici illeciti servendosi di soggetti collegati dall’esterno.
A carico di un indagato di Aprilia (LT) colpito da misura in carcere è stato rubricato altresì il reato di riciclaggio di automezzi rubati. Nel corso delle indagini, in collaborazione con i carabinieri del Reparto territoriale di Aprilia e grazie all’attività tecnica di intercettazione, sono state rinvenuti nella sua disponibilità e sequestrati 4 mezzi con telaio “ribattuto” e documenti contraffatti tra cui: 1 Smart, 1 mini Cooper, 1 carro attrezzi e 1 Lancia Y, risultati rubati rispettivamente in Roma, Albano Laziale e Latina.
Capena – Il Comune di Capena ha approvato un nuovo provvedimento che riguarda la trasformazione delle aree PEEP (Piani di Edilizia Economica e Popolare) in piena proprietà, così come previsto dalla Legge 448/1998. Quest’atto che attribuisce di fatto l’agibilità agli immobili arriva a seguito di un fiume di polemiche e accuse di cattiva gestione e utilizzo improprio di fondi pubblici, sollevate da una cittadina e riprese dal quotidiano L’Osservatore d’Italia. E forse l’atto sarà anche propedeutico a garantire in seguito i servizi di cui necessita l’area come il rifacimento del manto stradale che versa in pessime condizioni.
La delibera per la trasformazione delle aree PEEP
Il Consiglio Comunale, nella seduta del 3 settembre 2024, ha deliberato sulla possibilità per i residenti delle aree PEEP di trasformare il diritto di superficie in piena proprietà. Questa misura consente ai proprietari di alloggi popolari di liberarsi dai vincoli di prezzo massimo di vendita e di affitto, rendendo gli immobili liberamente commerciabili.
Nel dettaglio, i cittadini possono richiedere la rimozione dei vincoli pagando un corrispettivo calcolato secondo quanto previsto dalla legge. Il provvedimento è stato dichiarato immediatamente eseguibile per l’urgenza di mettere ordine in una questione che si trascina da tempo.
Le accuse di cattiva gestione
Poco prima dell’approvazione del provvedimento, è emerso un caso di grande rilevanza mediatica, in cui una cittadina ha denunciato il Comune di Capena e un amministratore di condominio per favoreggiamento nell’uso di fondi pubblici. Secondo quanto riportato dall’Osservatore d’Italia, la denuncia evidenzia irregolarità nella gestione dei fondi destinati alle opere di ristrutturazione di alcuni edifici situati nelle aree PEEP, con accuse di favoritismi e decisioni amministrative poco trasparenti.
Impatto sulla comunità
Mentre il Comune difende la legittimità del suo operato e l’importanza di liberare il mercato immobiliare nelle zone PEEP, la comunità è divisa. Alcuni residenti vedono la delibera come un’opportunità per acquisire la piena proprietà dei propri immobili, mentre altri temono che i costi per rimuovere i vincoli siano eccessivi e ingiustificati. Altri ancora si chiedono se le accuse di cattiva gestione possano minare la fiducia nei confronti delle istituzioni locali.
La questione rimane aperta, e sarà necessario monitorare gli sviluppi futuri, sia sul fronte legale che su quello amministrativo.
Cobas Lavoro Privato: “Serve un impegno concreto per proteggere la vita dei lavoratori”
I lavoratori dell’igiene urbana di Grottaferrata, rappresentati dal sindacato Cobas Lavoro Privato, hanno espresso in una nota ufficiale la loro vicinanza alla famiglia dell’operaio deceduto ad Ariccia mentre era impegnato nelle operazioni di raccolta dei rifiuti.
“Esprimiamo la nostra solidarietà alla famiglia del collega di Ariccia, scomparso tragicamente mentre svolgeva il proprio lavoro”, si legge nel comunicato. Il sindacato sottolinea con forza la necessità di un impegno più incisivo per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. “Auspichiamo, insieme al Cobas Lavoro Privato, che gli organi preposti intensifichino la vigilanza per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, affinché tragedie simili non si ripetano mai più.”
Il tragico incidente ha scosso profondamente la comunità dei lavoratori, che si unisce nel cordoglio e nel richiamo urgente a una maggiore attenzione alle condizioni di sicurezza, soprattutto in un settore delicato come quello della raccolta rifiuti, dove spesso operazioni quotidiane nascondono rischi gravissimi. Il sindacato ha ribadito che la tutela della vita umana deve essere una priorità assoluta, richiedendo controlli più rigidi e misure preventive più efficaci nei luoghi di lavoro.
A Monte Compatri torna l’allarme per la sicurezza del versante dietro il muro di contenimento fatto edificare dall’ex sindaco Fabio D’Acuti. La struttura, costruita per prevenire fenomeni franosi, è ora al centro delle preoccupazioni dei residenti di via Ciaffei, timorosi che il prossimo nubifragio possa mettere in pericolo anche le loro abitazioni.
“Con le prossime piogge torrenziali verranno giù anche le case!” – questo il grido d’allarme in uno dei tanti post sui social, espressione del crescente malcontento tra i cittadini.
Un video, girato dalla nostra redazione ieri mattina proprio in via Ciaffei, mostra lo stato attuale del “Muro della discordia”, il quale avrebbe dovuto risolvere i problemi di dissesto evidenziati già durante la fase progettuale. Tuttavia, le condizioni della scarpata sembrano peggiorate, rafforzando le paure di chi teme una frana verso via Fontana delle Cannetacce, la strada sottostante. La preoccupazione dei residenti, dunque, non appare ingiustificata: il rischio di ulteriori cedimenti, aggravato dalle piogge autunnali, mantiene alta la tensione nel quartiere.
Si tratta del muro costruito dall’amministrazione guidata dall’ex sindaco Fabio D’Acuti che avrebbe dovuto evitare quei “fenomeni franosi” che una rilevazione tecnica aveva evidenziato già agli inizi in fase progettuale.
Oggi la paura dei cittadini di via Ciaffei, e non solo, è quella di ritrovarsi franati nella strada sottostante, via Fontana delle Cannetacce.
Ad oggi nella strada insiste un senso unico proprio per scongiurare, come indicato nell’ordinanza sindacale n. 24 del 17 agosto 2022, rischi per “l’incolumità pubblica e privata”. Nelle foto che abbiamo scattano sono ancora più evidenti i segni del cedimento del manto stradale e le piogge degli ultimi giorni stanno erodendo sempre di più la scarpata che insiste dietro le spalle del muro.
In questi giorni siamo andati proprio alla ricerca delle fasi che hanno poi portato, nei primi mesi del 2021, alla realizzazione di questo progetto che vede la luce dopo una delibera di giunta municipale, la n. 134 del 20 ottobre 2016 (corretta per quanto riguarda il computo metrico con la delibera di giunta municipale n. 15 del 2 febbraio 2017), che, partendo da “un bando per la concessione di finanziamenti regionali a favore dei Comuni per gli interventi di dissesto idrogeologico annualità 2016” e, si legge nella delibera, “PREMESSO che questa Amministrazione intende mettere in sicurezza via Ciaffei, area interessata dal dissesto; che per l’area interessata è stato redatto l’inventario dei fenomeni franosi ( IFFI ) da un geologo abilitato; che è stata redatta dichiarazione sull’esistenza di aree PAI; che è stata redatta altresì la dichiarazione relativa alla proprietà o alla disponibilità dell’area oggetto di richiesta del finanziamento” faceva partire l’iter per la realizzazione di un progetto che ammontava a € 198.207,66 che evitasse quei “fenomeni franosi” citati nella delibera. La situazione attuale desta molte preoccupazioni evidenziate da alcuni post su fb degli stessi residenti nella vita. Nei primi mesi del 2021 il muro venne realizzato scatenando le accuse dell’allora consigliere di minoranza, oggi sindaco di Monte Compatri, Francesco Ferri, che lo definiva “… osceno … conferma del pressappochismo dell’amministrazione D’Acuti (nds l’allora sindaco Fabio d’Acuti, oggi consigliere comunale di minoranza)” e concludeva, tuonando nel suo intervento, “vogliamo capire come sono stati spesi i soldi della collettività e in tal senso saremo intransigenti rispetto a tanto pressappochismo. O si è all’altezza delle aspettative dei monticiani o dimissioni immediate”. L’amministrazione d’Acuti cadde alla fine di maggio 2021 con le dimissioni di 9 consiglieri comunali portando poi il paese alle elezioni dell’ottobre 2021 che videro la vittoria come sindaco di Francesco Ferri. Da allora non vi è stato più nessun intervento seppure con delibera di Consiglio Comunale numero 11 del 12 aprile 2023 a seguito di una mozione a firma dei consiglieri comunali del gruppo Nuovi Orizzonti per Monte Compatri, Fabio d’Acuti, Adriano di Franco (assessore ai lavori pubblici durante i lavori di costruzione del muro) ed Agnese Mastrofrancesco l’intero consiglio comunale approvava all’unanimità una mozione “recante ad oggetto Mozione per indagine geologica su tratto stradale Via G. Ciaffei”.
Non ci è dato sapere, al momento, se detta indagine sia stata poi posta in essere dall’attuale amministrazione comunale ma quello che poi abbiamo rilevato, passando in rassegna le delibere di consiglio comunale e di giunta municipale, è una delibera di giunta che ha attirato la nostra attenzione.
Si tratta della delibera n. 102 del 22 giugno 2023 avente ad oggetto “RISOLUZIONE CONTROVERSIA COMUNE DI MONTE COMPATRI/SOC. DFC COSTRUZIONI SRL AI SENSI DELL’ART. 1965 C.C.- PROVVEDIMENTI”. La DFC Costruzioni è la ditta vincitrice dell’appalto per la realizzazione del famoso “Muro di Via Ciaffei” ed entrando nello specifico della delibera si evincono due particolari:
un decreto ingiuntivo notificato al comune di Monte Compatri per il pagamento della fattura 6/2021 della ditta per un importo di € 127.000 “oltre interessi come richiesti nel limite del tasso soglia, spese legali di procedura di ingiunzione liquidate in € 2.135,00 per compenso ed € 406,50 per esborsi, oltre oneri come per legge”;
due note degli uffici comunali in relazione “all’opportunità di proporre o meno opposizione” a detto decreto.
Sempre leggendo la delibera appare una situazione che ci ha sorpresi in quanto dapprima si autorizza il sindaco, Francesco Ferri, a proporre opposizione, in nome e per conto del Comune, avverso il decreto ingiuntivo n. 437/2022 del 24/02/2022 emesso dal Tribunale di Velletri per il pagamento a favore della Soc. D.F.C. Costruzioni s.r.l., entro il termine di quaranta giorni dalla notifica dello stesso ricorso, della somma di € 127.000,00 nominando un legale con conseguente pagamento delle spese (€ 9322,82 come si evince nella delibera di giunta comunale n. 46 del 17 marzo 2022) e poi si effettua una risoluzione in quanto, prosegue la delibera di giunta, “appare opportuno e conveniente per il Comune addivenire alla definizione transattiva della vicenda nei termini suggeriti dal legale difensore, al fine di porre fine ad una controversia in essere”.
In ragione di quanto sopra indicato la giunta comunale di Monte Compatri delibera “congrua la somma omnicomprensiva di € 100.000,00, a tacitazione di ogni pretesa economica avanzata da D.F.C. Costruzioni s.r.l.”.
Questa, ad oggi, una prima cronistoria “fugace” relativa alle vicissitudini che hanno portato dalla valutazione di un rischio concreto e tangibile, i succitati “fenomeni franosi” di cui alla delibera di giunta n. 134/2016, alla realizzazione di un opera che, stando alle molte voci non è conclusa, alla perdita del finanziamento iniziale della Regione Lazio, in quanto l’opera non venne terminata, ad un decreto ingiuntivo al quale dapprima il comune si è opposto, con un esborso per spese legali di circa diecimila euro e poi all’esborso di centomila euro per un opera che, apparentemente, di sicurezza ne offre ben poca.
Nei prossimi giorni proveremo ad incontrare l’allora sindaco, l’avvocato Fabio d’Acuti, e l’ex assessore ai Lavori Pubblici, Adriano di Franco per avere un quadro ancora più dettagliato dei passaggi che hanno portato poi alla realizzazione del muro. Ovviamente sarà nostra premura contattare sia gli uffici che hanno rilasciato dapprima un parere favorevole all’opposizione al decreto ingiuntivo e successivamente, invece, a convergere sulla posizione di “tacitazione omnicomprensiva” e in ultimo capire gli obiettivi dell’attuale amministrazione monticiana in merito alla risoluzione di questo annoso problema.