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Vicariato di Roma: nuove riforme o ritorno all’autoritarismo? [INCHIESTA #5]

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Dalla Capitale alla Toscana: Gervasi e Salera verso nuovi incarichi ecclesiastici

Nel corso della storia, la Chiesa ha spesso sperimentato un intricato legame tra potere e fede, dando luogo, talvolta, a episodi di ambiguità e autoritarismo. Questo aspetto sembra oggi riemergere nel cuore del Vicariato di Roma. Le recenti riforme istituzionali promosse da Papa Francesco, culminate nella Costituzione Apostolica In Ecclesiarum Communione del gennaio 2023, avevano l’obiettivo dichiarato di rendere più trasparente e aperta la gestione ecclesiastica, allineandola ai principi di uguaglianza e democrazia. Tuttavia, alcune voci all’interno della Chiesa stessa segnalano che queste modifiche normative potrebbero avere l’effetto opposto, aprendo le porte a una gestione autoritaria.

Il nuovo assetto, che ha sostituito la precedente costituzione Ecclesia in Urbe, ha subito suscitato critiche per le sue contraddizioni. Nel dicembre 2023, Papa Francesco ha approvato un nuovo Regolamento Generale del Vicariato, destinato a chiarire e applicare In Ecclesiarum Communione, ma che non è stato pubblicato ufficialmente. Questo silenzio istituzionale ha generato molteplici interrogativi e sospetti sulla reale natura della riforma, spingendo alcuni a vedere in essa un possibile rafforzamento del potere centrale, concentrato nelle mani del Vicario, Mons. Baldo Reina.

In questo contesto di trasformazioni, sembra che Mons. Dario Gervasi potrebbe essere presto destinato a Grosseto, mentre Mons. Daniele Salera sarebbe in procinto di trasferirsi a Siena per supportare il Cardinale Lojudice, rafforzando la presenza di figure di rilievo nelle diocesi toscane.

Il Ritorno della “Legge ad Personam”?

Un punto particolarmente critico della nuova gestione risiederebbe in quella che alcuni definiscono una sorta di “legge ad personam”, applicata in ambito ecclesiastico per favorire certe figure o escluderne altre da ruoli chiave. Questo principio, associato al clientelismo, desta preoccupazione in quanto sembra contrastare con l’idea di uguaglianza proclamata dalla Chiesa stessa e dai valori democratici. Il potenziale accentramento del potere e l’assegnazione di incarichi specifici a figure già consolidate all’interno del Vicariato di Roma alimentano dubbi circa l’effettiva apertura e trasparenza che la riforma avrebbe dovuto portare.

Riorganizzazioni e possibili conseguenze

Le riforme non si limitano alla riorganizzazione dei ruoli, ma interessano anche la struttura di controllo all’interno del Vicariato. Tra le modifiche previste, si vocifera che Mons. Reina possa ottenere poteri simili a quelli previsti in Ecclesia in Urbe, e che l’eliminazione della Commissione Indipendente di Vigilanza, istituita per garantire trasparenza e giustizia, sia ormai all’orizzonte. La soppressione di alcuni ruoli, come quello dei vescovi ausiliari e dei direttori, potrebbe accentrare ulteriormente la gestione della Diocesi nelle mani di pochi.

Le reazioni a questa “retro-riforma” vanno oltre le semplici divergenze normative, ponendo questioni più ampie di equità e coerenza rispetto ai valori fondanti della Chiesa. Invece di promuovere una distribuzione del potere che rispecchi i principi evangelici, il Vicariato potrebbe andare incontro a un’involuzione, trasformandosi in una struttura accentrata e chiusa. Se i timori legati a un nuovo autoritarismo trovassero conferma, questa riforma rappresenterebbe un momento delicato per la Chiesa, chiamata a rispondere delle proprie scelte nel rispetto della trasparenza e dell’uguaglianza che predica.

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Roma, città aperta o città allo sbando? La capitale tra disagi quotidiani, criminalità e ingiustizie: è tempo di risposte dalle istituzioni

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Nel caos delle strade e sui mezzi di trasporto, bande di borseggiatori agiscono impunemente, mettendo in pericolo residenti e turisti

La città eterna diventata la torre di Babele, e fin qui non ci sarebbe niente di male, considerando che è il centro culturale mondiale, e la sua bellezza e la sua storia ne esaltano l’importanza, facendola diventare il luogo al mondo più importante da visitare. Purtroppo, oltre la celebre canzone, viene alla mente il titolo di un altro grande film “Roma città aperta”, per la situazione attuale della capitale.

Roma città aperta nel bene e nel male, ma, attualmente i lati negativi, sono di gran lunga superiori a quelli positivi. La vita, per chi vive in città, è diventata difficile, difficoltosa e pericolosa, ricordando l’atmosfera dei violenti stati sudamericani.

Non ci sono settori della vita pubblica, esenti da pesanti critiche e preoccupazioni, e, questo non fa altro che aumentare la tensione e la paura per la propria incolumità, oltre le difficoltà di qualsiasi esigenza burocratica.

L’ onesto cittadino che lotta giornalmente per le necessità lavorative, o ancor più riguardanti la salute, deve subire passivamente ingiustizie e pericoli di vario genere. Si perde tempo e lavoro per poter rinnovare una semplice Carta D’ Identità, a volte bisogna aspettare dei mesi, e magari, dover andare a richiederla in altri luoghi al di là della nostra residenza, ci sono spesso scioperi dei mezzi pubblici, stranamente quasi sempre di venerdì, e di conseguenza si ricorre ai Taxi che non si trovano, e che quando si è fortunati a trovarne uno, si incappa in qualche conducente disonesto che approfitta della situazione.

Ma la situazione più grave è quella della criminalità, sia essa micro od organizzata, a rendere la vita, ogni giorno più difficile e pericolosa. Quali sono le risposte delle istituzioni? I malavitosi approfittano di queste leggi permissive, per essere sempre più sfrontati, arroganti e violenti, trasferendo, quando sono stranieri, la violenza dei loro paesi nelle nostre città. Sui mezzi pubblici, le bande sudamericane di borseggiatori, hanno preso il sopravvento su quelle dei Rom, con la novità di essere più violenti e quindi potenziali assassini.

La tecnica di borseggio, si differenzia oggigiorno non soltanto per la loro abilità, ma per la cattiveria con cui rubano con violenza fisica infischiandosene della presenza di altre persone. Tutto ciò accade, perché sanno bene che le leggi italiane sono permissive, ed il numero di questi delinquenti cresce esponenzialmente di giorno in giorno.

Perché lavorare, quando ci si può arricchire facendo il finto turista? Perché queste persone, colte sul fatto più volte, sono ancora in circolazione, libere di tornare a delinquere? Quando il derubato reagisce, viene malmenato se non addirittura accoltellato, ma se arreca danno al malvivente deve anche risarcirlo. Questo stato di fatto, è lo specchio del paese di Pulcinella, dove il più debole deve subire in ogni caso. Sulla metro, gli altoparlanti invitano continuamente i viaggiatori a stare attenti per la presenza di possibili borseggiatori, autentica presa in giro, perché questi ci sono sempre e sempre più numerosi.

Dalle telecamere si vedono benissimo, si riconoscono, ma quando fuggono con il bottino non vengono fermati e perquisiti. Abbiamo bisogno di questi stranieri? Fra l’altro, mettono in cattiva luce i loro stessi connazionali, che al contrario lavorano onestamente con tanti sacrifici. Si deve necessariamente spendere una parola sul fenomeno Cicalone.

Cicalone ed i suoi compagni stanno svolgendo un’opera utile e buona per la società, denunciando apertamente questi borseggiatori, senza alcuna violenza e cercando di far capire loro che non si deve rubare. Meriterebbero una medaglia, poiché le forze dell’ordine, oltre avere le mani legate, non possono essere onnipresenti, ma i soliti buonisti, comodi nelle loro poltrone, attaccano questo paladino e compagni, protettori della legalità, dei deboli turisti e della dignità del nostro paese, asserendo, che non è compito loro l’ordine pubblico. Le autorità politiche e tutte le altre del campo giudiziario, devono spiegare ai cittadini, perché questi delinquenti sono ancora liberi di arricchirsi sulle lacrime delle persone oneste, malmenandole spesso pubblicamente se reagiscono, consci che nessuno interviene in difesa perché ha paura. E’ questo il nostro bel paese? Necessitano diecimila Cicalone.

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Trump vince la corsa alla Casa Bianca: la rinascita di un sogno americano

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Il Tycoon ha saputo cogliere il malessere di una nazione stanca, che vede nelle teorie gender e nelle identità fluide, un’anomalia piuttosto che un progresso

Donald Trump, l’imprenditore diventato presidente, ha riconquistato la Casa Bianca in un’operazione che ha dell’incredibile.

Una vittoria, questa, non solo del partito Repubblicano, che riaccoglie a braccia aperte il suo leader dopo il naufragio del 2020, ma anche una riconquista del voto popolare, portando i conservatori a dominare nuovamente il Senato e la Camera dei Rappresentanti.

Un “filotto” riuscito a pochi presidenti e che interrompe il ritmo delle previsioni cupe che i sondaggisti americani avevano alimentato, fallendo clamorosamente ancora una volta.

Ma cosa c’è dietro questa vittoria?

E qui ci sono domande che risuonano forti. Perché, chiedo, Donald Trump ha vinto ancora una volta? La risposta si nasconde nei dati: la sua narrazione riesce a calamitare il voto dell’americano medio, accalappiano anche i giovani sotto i 30 anni.

È un successo che travalica le polemiche e che riaccende il sogno americano, quel sogno che molti avevano dato per spacciato.

Trump ha saputo cogliere il malessere di una nazione stanca, che vede nelle teorie gender e nelle identità fluide, un’anomalia piuttosto che un progresso.

La sua retorica si contrappone a una realtà dove, secondo lui, la politica sembra sempre più al servizio di una ristretta élite di minoranze e delle loro tutele.

Una narrativa, questa, che riesce a risuonare nelle stanze della gente comune, quella che si alza la mattina per andare a lavorare e non ha voglia di sentir parlare di diritti che percepisce come distanti dalla sua quotidianità.

In un discorso che già entrerà nella storia, Trump dichiara: “Abbiamo fatto la storia”.

È una frase che riempie di orgoglio i suoi sostenitori, che lo vedono come un guerriero tornato a combattere per la propria patria. Dopo una sconfitta che sembrava definitiva e le incertezze nate dalle sue vicende legali, il tycoon è riuscito a risalire la corrente e, con audacia, è tornato a rivestire la carica di presidente.

La sua vittoria è un monito, una catarsi per molti americani che credevano di aver visto il peggio; è una vittoria che si nutre della paura e dell’incertezza, del desiderio di sicurezza e di un ritorno a un’idea di America che, secondo il suo discorso, è stata minacciata ed, oggi, con il suo ritorno, torna anche l’eco di un’America che si crede forte, indomita e irriducibile.

Così, mentre i democratici si interrogano su come navigare il nuovo panorama politico, Trump riprende il suo posto nel grande gioco della sfida politica americana.

Siamo di fronte a un nuovo inizio? O semplicemente a una transizione che mette in luce le profonde divisioni di un Paese che fatica a trovare un terreno comune?

Le prossime mosse saranno fondamentali, ma una cosa è certa: Donald Trump sa come sfruttare le fragilità di una nazione, e lo ha dimostrato ancora una volta.

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Sicurezza stradale o fonti di entrate? L’Italia al centro del dibattito sulle multe da record

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Con oltre 1,5 miliardi di euro incassati nel 2023 e un numero spropositato di autovelox e T-Red, il Paese si interroga se il fine ultimo sia davvero la protezione degli automobilisti o un’opportunità di guadagno per le amministrazioni locali

Negli ultimi due anni, il concetto di “sicurezza stradale” in Italia è stato messo in discussione, con cifre record di multe che hanno portato a incassi straordinari per le amministrazioni comunali, spesso a scapito della vera protezione degli automobilisti.

Un esempio eclatante arriva dal semaforo di via Tuscolana a Frascati, che da solo può emettere fino a 1.300 multe al giorno, alimentando il dibattito sull’effettiva funzione di questi strumenti di controllo.

Una delle tante foto giunte in redazione che mostrano la coda del semaforo di via Tuscolana a Frascati

Il 2023 ha segnato un record, con sanzioni che in totale hanno superato la cifra di 1,5 miliardi di euro. Tra le città più colpite c’è Firenze, con una media di 198,6 euro di multe per abitante. Ma è il piccolo comune di Colle Santa Lucia, in provincia di Belluno, a destare scalpore: con soli 346 abitanti, ha raccolto ben 747 mila euro in contravvenzioni.

Un’indagine più ampia ha poi rivelato la sorprendente diffusione di autovelox in Italia

Su 113.831 autovelox presenti a livello mondiale, ben 11.303 si trovano nel nostro Paese, che rappresenta così il 9,93% del totale globale, nonostante la rete stradale italiana si estenda per circa 487.700 chilometri, una lunghezza ben inferiore rispetto a quella degli Stati Uniti o di altre nazioni europee con minore densità di apparecchi. Questo confronto mette in luce una realtà preoccupante: se Paesi come Regno Unito, Germania, Spagna e Svezia dispongono di un numero inferiore di dispositivi nonostante le reti stradali più ampie, ci si interroga sul perché l’Italia abbia così tanti strumenti di controllo.

Il fenomeno T-Red

A Cerveteri, comune con 37.978 abitanti, i sistemi T-Red hanno emesso oltre 4.200 multe in un anno, mentre a Roseto degli Abruzzi, con 25.670 abitanti, si sono registrate oltre 1.000 sanzioni in pochi mesi. Questi esempi fanno sorgere domande sull’effettivo scopo dei controlli, progettati per garantire la sicurezza stradale ma spesso percepiti come strumenti per far cassa.

La proliferazione di autovelox e T-Red, nati per proteggere gli automobilisti, porta oggi molti a domandarsi se l’obiettivo non si sia spostato da quello della sicurezza stradale a una mera fonte di entrate per le amministrazioni locali.

È tempo di riflettere sul reale significato di sicurezza stradale e garantire che questi strumenti rispondano a un’autentica necessità di protezione, piuttosto che al bisogno di riempire le casse pubbliche.

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