VITA DA DISABILE: INTERVISTA A MARCELLA "ESMERALDA"

di Simonetta D’Onofrio

Napoli – Vivere con una disabilità permanente e irreversibile, che porta il corpo di un individuo a essere sottoposto a tante operazioni e continui controlli pur di non finire sulla sedia a rotelle è una condizione, purtroppo, comune a molti, dalla nascita, causata da eventi fortuiti o di forza maggiore. 

In questo contesto esistono persone che dal loro svantaggio fisico hanno trovato una notevole dose d’energia, una vera e propria integrazione avanzata in grado di trarre dalle loro diversità individuali una metodo per aiutare gli altri. Proprio come un modello di socializzazione adatto ad aiutare le problematiche, aumentando l’autostima dei soggetti affetti da gravi difficoltà. 

A Napoli abbiamo incontrato Marcella, colpita fin dai primi anni della sua vita dall’artrite reumatoide, una malattia autoimmune la cui causa a tutt’oggi è ancora sconosciuta e priva di una cura che possa essere considerata decisiva per superarla. Le abbiamo chiesto di spiegarci le sue sensazioni e il modo di affrontare le sofferenze patologiche e psicologiche che ne derivano.

 

Disabile e bellissima. Ti definisci così, perché? 

Ho 37 anni, sono di Napoli, bellissima e.. disabile! Una bella ragazza costretta a camminare con due bastoni… due Super bastoni!

La mia storia clinica comincia a sette anni, quando per la prima volta l'artrite reumatoide si è affacciata nella mia vita. 

 

Cosa comporta l’artrite reumatoide? Una malattia permanente, spiegaci cosa accade nella vita quotidiana.

 

L'artrite reumatoide, fa parte di una famiglia molto ampia, la famiglia delle malattie reumatiche che a loro volta, sono coinvolte nel circuito delle malattie autoimmuni.

Il nostro sistema immunitario, solitamente funziona al 100% ma in alcuni casi, (come nel mio) questo impazzisce senza alcuna spiegazione logica ed anziché aiutare l'organismo a difendersi dagli agenti esterni, diventa anch'esso una minaccia per l'organismo stesso. Da questo squilibrio, nascono le cosiddette “malattie autoimmuni” che possono colpire qualsiasi parte del corpo umano e che ahimè, sono incurabili. A me è toccata l'artrite reumatoide, una malattia infiammatoria che nel corso del tempo, se non tenuta scrupolosamente sotto controllo, può distruggere irreversibilmente la cartilagine che protegge le ossa e portare dolori fortissimi oltre che limitazioni articolari molto gravi.

 

“[…] Se non tenuta scrupolosamente sotto controllo”, cosa significa?

Esattamente quello che è successo a me: stiamo parlando degli anni '80 e sicuramente la scienza non era avanti come oggi, quindi era molto possibile che i medici, anche quelli “bravi” potessero confondere i sintomi o sbagliare la cura e fin qui ci siamo, il problema però sorge quando gli stessi medici “bravi” speculano sulla vita di una bambina di sette anni facendola vivere da cavia dentro un ospedale per anni… questo non si fa! I bambini non si toccano!

Tutta questa perdita di tempo, ha fatto sì che la mia malattia degenerasse talmente tanto da costringermi ad affrontare 5 interventi di protesi articolare, per permettermi di vivere almeno al 70% la mia vita. In un certo senso, così è stato, le protesi mi hanno risolto una bella parte di problemi ma cazzarola, me ne ha portati altri: essendo parti meccaniche impiantate in sostituzione dell'osso, vanno soggette ad usura e nel corso degli anni devono essere per forza sostituite e sostituite e sostituite finché qualcuno, anche in questo caso, non si decide a crearne di definitive risparmiandoci stress e depressioni inutili.

 

Ti chiami Marcella, ma ti sei soprannominata “Esmeralda”, proprio come il personaggio de “Il gobbo di Notre Dame" di Victor Hugo. Per quale motivo?

Si, infatti. Mi chiamo Marcella “Esmeralda” ma quest'ultimo non è il mio secondo vero nome. E' un nome che ho voluto attribuirmi fin da piccola è proprio Esmeralda, il mio personaggio di fantasia più amato. Ti spiego subito. Esmeralda è una delle protagoniste del romanzo "Il gobbo di Notre Dame" di Victor Hugo; Nella rivisitazione della Disney, così come nel romanzo, è una gitana e dalla piccola comunità Parigina nella quale vive, viene etichettata con il termine di "diversa", ciò nonostante, essendo dotata di grande bellezza, di grazia e di un forte senso di solidarietà che la porta a guardare oltre le apparenze fisiche e culturali, riesce a rapire il cuore di tutti coloro che hanno la fortuna di incontrarla sulla propria strada. La grande personalità di Esmeralda e la sua spiccata voglia di giustizia e di libertà, così come gli abitanti della piccola cittadina di Parigi, ha conquistato anche me, tanto che un bel giorno, ho deciso di rendere anch'io onore ad un personaggio che seppur immaginario, in larga misura mi assomiglia quasi come una goccia d' acqua. 

 

Questo è il motivo per il quale, ormai da anni, il nome “Esmeralda” si accompagna a quello di Marcella? 

Penso sia il mio vero nome. Forte eh?  Durante la spiegazione, sicuramente mi hai sentito pronunciare la parola “diversa” … Ho voluto essere delicata, già perché spesso mi definisco addirittura handicappata: Io sono Marcella e sono handicappata! E ma non è stato facile arrivare fino a qui… e già! In un primo momento della mia vita infatti, ho cercato di nascondere i miei problemi fisici ad ogni costo e con metodi alquanto bizzarri e stravaganti: C' è stato il periodo in cui ho portato anelli talmente grandi e trash da coprire la deformità delle mani, quello in cui ho indossato "pantaloni a zampa” talmente larghi da non lasciar intravedere la magrezza delle gambe o addirittura, (e qua ho sfiorato la pazzia) il periodo in cui ho fatto il bagno al mare… con il jeans! 

Praticamente per anni, ho cercato di nascondere la mia realtà raccontandomi e raccontando agli altri, una serie di bugie che a lungo andare, sono divenute la prigione nella quale mi sono sentita al sicuro fino al giorno in cui, grazie a Dio, grazie alla bellezza della mia vita (che nonostante a tratti limitata, è sempre stata molto piena), grazie al sostegno morale degli amici, all' amore di Diego (Il mio fidanzato) ed all' appoggio della mia famiglia, ho deciso di abbandonare per vivere finalmente la vita di Marcella Esmeralda, una bella ragazza, divertente, simpatica, brillante, allegra ed… handicappata! 

 

Handicappata, un termine ormai considerato desueto. Mi sorprende l’utilizzo di tale vocabolo

Non sorprenderti se troppo spesso uso il termine "handicappata"; Questa sottolineatura non vuole essere un’offesa né per me, né per l’orecchio che mi ascolta ma semplicemente una presa di coscienza nuda e cruda; Si, perché troppo spesso, sperando di nascondere la testa sotto la sabbia, “qualcuno” si prende la briga di coniare nuovi termini per definire la categoria… “Per e non turbare la suscettibilità dei diversamente abili” dicono! Ebbene personalmente, e come me credo la maggior parte degli “invalidi”, è più facile sentirsi mortificati dallo scarso interesse che la società ha per il nostro settore, dai diritti che quotidianamente ci vengono sottratti, o da un misero sussidio economico che ci nega la dignità di arrivare a fine mese che da un banalissimo vocabolo! Oltretutto questi, sono termini che da qualsiasi lato vengono letti, in qualsiasi forma vengono scritti, ed in qualunque lingua vengono pronunciati, hanno sempre lo stesso ed identico significato cioè "persona con handicap" per cui, credo che sia necessario, non tanto usare “belle parole” per definire lo strano mondo dei "deficitari" di cui faccio parte, ma adoperarsi tutti con fatti concreti per restituire dignità e rispetto ad un settore troppo spesso maltrattato. A parte la polemica che è un tratto proverbiale del mio carattere, ci tengo a sottolineare il fatto di essere definito "handicappato" non deve rappresentare un limite, bensì un modo diverso di affrontare la vita rispetto ai soliti standard. Il vero e proprio handicap, non dipende soltanto dal fatto di avere problemi fisici ma anche, da come si affronta la vita. Il segreto per me, è stato quello di imparare a convivere con la mia diversità e riconoscermi come una persona che, nonostante le difficoltà che si porta addosso da anni, ha comunque la forza di combattere e di tenere alto il morale che, in molti casi vale già il 50% della guarigione… come faccio? 

 

Ecco spiegati meglio. Come fai? Dove trovi questo entusiasmo?  Anche la tua vita raccontata in un libro.  Quanta energia…

Mi adopero per gli altri facendo del bene a me stessa. Della mia storia ne ho voluto fare un libro a cui ho dato il titolo di "Un giorno credi…" (Il racconto di Marcella). Nelle pagine, emerge l’immagine di una ragazza forte e coraggiosa che ha voglia di lottare non solo per se stessa, ma per tutti quelli che si trovano nella sua condizione, per questo decide la propria testimonianza per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle malattie reumatiche e stimolare nell’ambito medico la ricerca di una cura e la creazione di protesi articolari più durature, che risparmino agli ammalati i frequenti interventi a cui, oggi, sono costretti. In questo caso, così come nel “Super H project”, l'intero ricavato delle vendite e delle manifestazioni, è devoluto interamente in beneficenza alla ricerca contro l'artrite reumatoide ed al sostegno, l’inclusione e la difesa dei diritti dei disabili! Come dici? Chi è Super H?!? Ma sono io, tu, e tutti coloro che hanno voglia di difendere i diritti dei più deboli! 

L'idea nasce a quattro mani, con Diego, il mio fidanzato: “Perché non t'inventi un Super eroe disabile? Rivolgiti ai bambini che sono il futuro del mondo e la nostra ultima speranza… tu la faccia tosta ce l'hai!” mi ha detto un giorno, e così è nato il “Super H project”, fumetto ispirato al mio romanzo "Un giorno credi…", che ha come protagonista una bambina speciale che fa della sua disabilità un'opportunità per aiutare chi come lei ha problemi fisici… e lo fa in maniera divertente e spensierata, vestendo i panni di un Supereroe, Super H appunto, che compare alla fine della proiezione del fumetto e che incarno personalmente. Grazie alle sue due armi speciali, i suoi "Super bastoni", Super H difende i diritti dei più deboli attraverso l'insegnamento di 10 regole destinate ai bimbi più fortunati, che se rispettate, possono aiutare chi come me ha difficoltà fisiche.

Nel mio fumetto ho voluto realizzare il concetto che la disabilità qualche volta può anche rappresentare un'opportunità per migliorare la propria condizione di vita e quella degli altri che come me vivono nel pianeta di “Haccalandia” e per trasferire agli altri questo concetto, ho voluto rivolgermi ai bambini che sono il nostro futuro e che, così come dice Diego, probabilmente hanno il potere di cambiare le cose. In questo progetto, patrocinato dal Comune di Napoli, mi affianca una cara amica: Maria Rosaria, responsabile del Coordinamento delle pari opportunità e politiche di genere della regione Campania di cui faccio parte. Insieme ci attiviamo in ogni modo per regalare sorrisi, esperienze e divertimento ai bimbi che pur non conoscendo la loro potenza, ci nutrono dei loro sorrisi regalandoci emozioni davvero grandi… sapessi le loro facce quando compaio dal nulla con il mantello e i bastoni! 

 

Emoziona sentire la tua storia. Ora dopo poco tempo stai coordinando anche un nuovo progetto editoriale: un concorso di scrittura dedicato al tema della disabilità, “Cari amici Mi scrivo…”. Di cosa si tratta?

 Ultimamente, mi sono inventata un concorso amatoriale che ho deciso di chiamare “Cari amici Mi scrivo..”, è rivolto principalmente a se stessi: credendo fermamente nel valore terapeutico della scrittura, e rifacendomi alla mia personalissima esperienza di vita, ho voluto invitare chiunque se la sentisse a raccontarsi la propria storia, prendendo finalmente coscienza del proprio problema e conviverci nel miglior modo possibile. Raccontarsi, riconoscersi e liberarsi, questo è il vero concorso da vincere! 

Il concorso “cari amici Mi scrivo” è molto semplice, è iniziato il 1 agosto e terminerà il 1 ottobre 2014. Prevede votazioni online da parte di amici, conoscenti e parenti, alle quali si affiancheranno le votazioni finali di esperti selezionati per l'occasione. 

 

Il premio finale, oltre che uno straordinario senso di sollievo, prevede nel far arrivare fin a casa del vincitore, una copia cartacea del mio libro, oppure a scelta, una t-shirt, con il logo del concorso. Che fai, TI SCRIVI anche tu? 

In conclusione, non ci resta che augurarle un grande successo per l’iniziativa che Marcella ha pensato di divulgare per cercare di aiutare coloro che condividono le sue stesse difficoltà. L’entusiasmo e la passione che Marcella ha manifestato durante l’intera intervista sono attitudini che difficilmente incontriamo nella consuetudine di chi si impegna nella realizzazione di un’idea. Chi è interessato all’iniziativa ed avere ulteriori informazioni può raggiungere la pagina Facebook :“Marcella Stasio official”.

 

 

 

 

 

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