YARA GAMBIRASIO: MASSIMO BOSSETTI RIMANE IN CARCERE

Tutto resta sospeso e Bossetti rimane in carcere. Solo il giorno dopo la richiesta di scarcerazione, il giudice Ezia Maccora ha dichiarato inammissibile la richiesta degli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni che non inviarono la notifica, come previsto dal codice penale, dell’istanza ai legali della famiglia Gambirasio.

di Cinzia Marchegiani


Bergamo – Novità o forse nulla all’orizzonte per Giuseppe Bossetti che si trova rinchiuso ancora nel carcere di Bergamo. Accusato dal PM Letizia Ruggeri dell’assassinio di Yara Gambirasio ritrovata in un campo di Chignolo d’Isola il 26 febbraio 2011 solo tre mesi dopo la sua scomparsa. Bossetti è l’indiziato numero uno dell’omicidio, agli occhi attenti dell’opinione pubblica viene dipinto come un uomo di ghiaccio capace di azioni di crudele ferocia, come giustificato dallo stesso Gip che ne ha convalidato il fermo. Un’Italia sempre più giustizialista forse perché è importante dare in pasto il mostro di turno, mentre non sono tutelati i diritti sanciti dalla stessa legge, che vuole il colpevole solo a condanna definitiva. Bossetti, indipendentemente dalla realtà dei fatti, è l’Enzo Tortora di turno, un monito che sembra non abbia gettato alcun seme. Proprio nei giorni scorsi, il 10 settembre 2014, i legali di Giuseppe Bossetti, la dottoressa Silvia Gazzetti ed il dottor Claudio Salvagni avevano presentato l'Istanza di scarcerazione del presunto colpevole per la giustizia italiana, ma il giudice non ha accolto la richiesta. Un delitto come tanti altri avvolto da misteri imperscrutabili, dove emergono con tutte le conseguenti fragilità, quelle prove inizialmente schiaccianti che con il tempo diventano troppo spesso labili, non databili e quelle stesse tracce nella scena del delitto anche  con tutte le tecnologie a disposizione per la ricerca scientifica, spesso rimangono fini a se stesse, poiché nel crimine perpetrato si cela molto di più di una macchia di sangue che non ha scritto nel suo codice genetico a che data e ora è stata prodotta. Così gli indizi forti e prova regina che ora hanno trovato solo un presunto colpevole, sono le tracce di DNA nei leggins e slip di Yara. Potrà essere questa unica prova a dimostrare la colpevolezza di Bossetti?

Ad oggi le notizie di questo giallo vedono  Bossetti in carcere,  il giorno dopo la richiesta di scarcerazione, il giudice Ezia Maccora ha dichiarato inammissibile la richiesta degli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, che come previsto dal codice penale, non hanno inviato la notifica dell’istanza ai legali della famiglia Gambirasio. Nell’ordinanza del GIP persistono i gravi indizi di colpevolezza e il pericolo di reiterazione del reato. Ora anche la seconda richiesta di scarcerazione è stata respinta.

Tutto è rimasto sospeso, ma non l’iter mediatico che spesso ha bisogno di essere alimentato per non far spengere la fiamma del sensazionalismo, nemico numero uno delle inchieste e del pudore che comunque dovrebbe essere difeso. E ora quelle stesse riflessioni del generale Luciano Garofano in un convegno dello scorso febbraio proprio sul femminicidio e la morte di una giovane ragazza riemergono con tutta la loro forza ad indicare la strada del monito che qui riportiamo: ”il legislatore nelle fasi d’investigazione deve porre attenzione sul ruolo invadente delle trasmissioni e giornali poiché le indagini preliminari vanno protette e non dibattute. L’art.5 inoltre rinnova la formazione degli operatori, errori umani fatti sui luoghi d’indagine in sede di primo intervento e anche successivamente non sono più tollerabili. L’omicidio di Serena Mollicone insegna che sono stati commessi troppi errori, tutti i processi dibattuti attendono ancora risposte dalle prove scientifiche, sciupate da un’anarchia investigativa, la scienza fa la differenza se la burocrazia, prima investigativa e poi processuale, sono nella giusta misura”. 

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