Palermo, tentano rapina in sala scommesse: in manette due pregiudicati

PALERMO – I Carabinieri della Compagnia di Monreale hanno arrestato due malviventi mentre stavano mettendo a segno una rapina in via Malaspina, presso una sala scommesse. I due sono volti già noti alla Forze dell’Ordine e vantano precedenti per reati contro la persona e contro il patrimonio.

Si tratta di Giuseppe Balsamo, 56enne palermitano, e di Salvatore Cintura, 36enne palermitano. In particolare, i militari dell’Arma stavano effettuando un servizio antirapina in abiti civili a bordo di un auto civetta, quando la loro attenzione è stata attirata da due individui che con caschi integrali e con fare sospetto, intorno alle ore 19, sono entrati in una sala scommesse di via Malaspina.

Per questo motivo i Carabinieri hanno deciso di intervenire ed hanno sorpreso il Balsamo con una pistola in pugno, poi rivelatasi un’arma a salve priva del tappo rosso, con la quale aveva minacciato la titolare dell’esercizio commerciale. Disarmato il malfattore, entrambi i rapinatori sono stati immobilizzati e trasportati presso la Caserma dei Carabinieri di Monreale. L’Autorità Giudiziaria ha disposto la traduzione al carcere “Pagliarelli” di Palermo per i due rei, in attesa della convalida al G.I.P..

 

 




Festa delle Forze Armate e Unità d’Italia, Mattarella: “Memoria è ricchezza morale”

“In questo giorno, in cui ricordiamo la conseguita completa Unità d’Italia e rendiamo onore alle Forze Armate, rivolgo il mio pensiero commosso a tutti coloro che si sono sacrificati sull’Altare della Patria e della nostra libertà, per l’edificazione di uno Stato democratico ed unito. Coltivare la loro memoria significa comprendere l’inestimabile ricchezza morale che ci hanno trasmesso”. Sergio Mattarella celebra il 4 Novembre con un messaggio per la ricorrenza del Giorno dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate.

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha deposto una corona d’alloro all’Altare della Patria. Il Presidente era accompagnato dal premier Paolo Gentiloni e dal ministro della Difesa Roberta Pinotti. Presenti le più alte cariche dello Stato e il capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano. Tremila militari, di tutte le forze armate e della Guardia di Finanza, hanno assistito alla cerimonia. Schierati anche reparti a cavallo e una rappresentanza di allievi delle varie accademie e scuole militari in cima alla scalinata dell’Altare della Patria. Al termine, è stato suonato l’Inno d’Italia e sono volati sulla piazza e su il centro di Roma le Frecce Tricoloriche hanno colorato i cieli di verde, bianco e rosso.

“Siamo negli anni in cui la commemorazione di quel doloroso periodo della nostra storia nazionale offre la possibilità per una riflessione più profonda sul valore della pace, anelito insopprimibile di ogni società civile, dovere ma anche diritto di ogni uomo, delle nuove generazioni, dei deboli e indifesi, di coloro che scappano dalle guerre, dei tanti rifiutati e oppressi. Ed è in momenti come questo che dobbiamo rinnovare con forza il ricordo delle migliaia di Caduti sulle pietraie del Carso, sull’Isonzo, sul Grappa, sul Piave e in tanti altri luoghi entrati a far parte della nostra memoria collettiva”, ha affermato il ministro della Difesa, Roberta Pinotti.

Per l’occasione, tutti i palazzi del ministero della Difesa, delle Forze Armate e dei Comandi Generali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, sono coperti dal Tricolore. Aperti al pubblico i Palazzi dello Stato Maggiore della Difesa, dell’Esercito, della Marina e la Scuola Allievi Carabinieri Roma, nonché alcune caserme della Guardia di Finanza. Celebrazioni si svolgeranno ovunque. Dalla deposizione di una corona al Sacrario di Redipuglia ed al Sacrario dei Caduti d’Oltremare di Bari da parte dei presidenti di Senato e Camera, all’esibizione di Bande e Fanfare di Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza.

In 28 città si terranno cerimonie militari e iniziative quali ‘Caserme Aperte’ e ‘Caserme in Piazza’ con il coinvolgimento delle amministrazioni comunali. Coinvolte anche le scuola con la consegna di una bandiera ad un istituto scolastico in ognuna delle città, da parte di rappresentativa militare. Il ministro Pinotti saluterà in videoconferenza dal Comando Operativo Interforze i militari impegnati nelle missioni internazionali. “Le nostre forze armate – ha spiegato – sono tra le eccellenze del paese, apprezzate in tutto il mondo. C’è una specificità italiana, legata alla tradizione del Paese: i nostri militari hanno profondo rispetto per le popolazioni e la cultura delle nazioni in cui vanno ad operare”.

Agli eventi che caratterizzano il 4 novembre a Roma se ne aggiungono tanti altri in tutto il Paese. Da parte sua, Enzo Bianco, sindaco di Catania e presidente del consiglio nazionale dell’Anci, ha rilevato che “forse mai come in questo 2017 le Forze armate sono, e appaiono a tutti gli italiani, presidio fondamentale della pace nel mondo e della sicurezza delle nostre città e comunità”.




Choc a Roma: due quattordicenni stuprate da rom conosciuti in chat

ROMA – Violentate da un ragazzo conosciuto in chat. E’ quanto sarebbe accaduto a due quattordicenni romane.  I carabinieri hanno arrestato due giovani di 20 e 21 anni, nati a Roma da famiglie di origini bosniache e domiciliati in un campo nomadi. Sono accusati di violenza sessuale di gruppo continuata e sequestro di persona continuato in concorso. Stando a quanto ricostruito, una delle ragazze aveva conosciuto in chat il 21enne. All’incontro, a cui è andata con la sua amica, il 21enne le avrebbe costrette a seguirlo in un terreno nascosto alla vista dei passanti dove avrebbe abusato sessualmente di loro, mentre il suo amico faceva da palo, dopo averle legate per impedire loro di allontanarsi.

Dalle indagini dei Carabinieri è emerso che solo il 21enne avrebbe avuto un rapporto sessuale con le vittime, dopo averle minacciate di morte, costringendole a farsi legare in una zona boschiva alla periferia di Roma, mentre il 20enne faceva da palo. I fatti sono avvenuti a maggio, ma le minori in un primo momento non hanno denunciato l’accaduto né sono ricorse a cure mediche. Dopo un mese, venuti a conoscenza dell’episodio, i genitori di una delle due vittime si sono rivolti ai Carabinieri.




Brindisi, lite in famiglia: 25nne uccide il padre a coltellate

BRINDISI – Uccide il padre a coltellate. L’omicidio è stato compiuto durante una lite in famiglia ieri sera a Brindisi, in un condominio in via Favia, in zona Cappuccini. Le indagini vengono condotte dalla Squadra Mobile.

L’omicida, un ragazzo 25nne si trova ora in stato di arresto. La vittima si chiamava Franco Tafuro, di 50 anni. Sarebbe stato colpito da una sola coltellata all’addome. È stato soccorso e condotto in ospedale, dove è morto. I poliziotti della Squadra mobile hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto il figlio Antonio. Il provvedimento restrittivo è a firma del pm di turno Luca Miceli, che ha disposto l’autopsia. Il venticinquenne risponde di omicidio volontario. A quanto si è saputo, al momento del delitto nell’abitazione della famiglia Tafuro c’era una terza persona.




Caso David Rossi, omicidio o suicidio? Analisi deduttiva dei fatti

I grandi investigatori della letteratura gialla asseriscono, dalle pagine dei loro autori, che non esiste il delitto perfetto

Che cioè non è possibile uccidere una persona senza essere scoperti. Questo è vero in linea di principio. Ma un delitto è perfetto quando viene mascherato da suicidio, o da incidente.

Abbiamo provato a immaginare come si siano svolti i fatti quella famosa sera di maggio del 2013, nella sede del Montepaschi, a Siena, nell’ufficio del dottor David Rossi, Responsabile della Comunicazione della banca. Abbiamo provato ad immaginare che non di suicidio si sia trattato, ma di un omicidio premeditato e attentamente pianificato da esperti di morte. La Magistratura farà luce su ogni aspetto della vicenda, e alle sue conclusioni ci affidiamo. Ma troppo interessanti sono le anomalie di questo ‘caso’, messe in luce dal servizio del giornalista delle Iene Antonino Monteleone. Proviamo perciò, nell’ipotesi che di delitto si sia tratto, a percorrere la via di chi analizzerà, o ha già analizzato ogni elemento che possa portare ad una soluzione.

 

Gli assassini

Possiamo chiamarli così, nella nostra simulazione. Sono occorse probabilmente non meno di tre persone per portare a termine l’omicidio. Tre persone di sesso maschile, di età compresa fra i 25 e i 40 anni, esperti di ciò che andavano a fare, avvezzi alla morte, forse militari o ex militari. Senza segni particolari, ad esempio, nell’abbigliamento, ma vestiti in modo anonimo, che non suscitasse curiosità; magari con una borsa professionale di pelle in mano, come se dovessero discutere con Rossi di qualcosa e dovessero portare dei documenti. Dei tre, uno è rimasto fuori, a copertura dell’operazione, e due sono entrati, attraversando una porta già aperta, e il secondo se l’è chiusa alle spalle.

L’orario

Dopo le 19,30 in banca non c’è più nessuno, o quasi. Il basista – dobbiamo considerare anche quello – ha riferito che il dottor Rossi si trattiene ogni sera oltre l’orario degli impiegati, e sono sicuri di trovarlo solo. Oppure la circostanza non è abituale, e allora dobbiamo pensare che qualcuno abbia avvertito chi di dovere della presenza del funzionario, solo, in fondo al corridoio, con la porta aperta. Nessuno ha controllato se anche la finestra del tragico volo fosse già aperta, o se sia stata aperta dagli ‘operatori’, nel qual caso si sarebbero potuto rinvenire tracce papillari – impronte digitali – almeno di uno dei due sulla maniglia. Tracce di DNA avrebbero potuto essere reperite in particolare sulle maniche della camicia della vittima, visto che vasti ematomi hanno interessato le braccia, all’altezza specialmente dei bicipiti. Essendo poi stata ‘ripulita’ successivamente la scena del crimine, nessuno ha inteso cercare nella stanza tracce anche di DNA estranee a Rossi e ai suoi collaboratori.

Le modalità dell’omicidio

Non esiste dunque il delitto perfetto, secondo alcuni. Casi molto vecchi sono stati risolti dopo venti o trent’anni grazie alle nuove tecniche scientifiche. Nel caso di David Rossi consideriamo l’ipotesi che di delitto si sia trattato, e non di suicidio. Chi l’ha ordinato e progettato ha considerato i presupposti: la preoccupazione di Rossi per le indagini della Guardia di Finanza, certe operazioni – acquisizione di Antonveneta – nelle quali lui era coinvolto, e magari pensieri di natura familiare e affettiva. Qualcuno ha riferito di averlo visto, negli ultimi tempi, con un’espressione grave, come se avesse preoccupazioni importanti. Quindi era logico organizzare un finto suicidio. Siamo rimasti con due sicari dentro l’ufficio, con la porta chiusa, e il terzo fuori. Non sappiamo se i due abbiano manifestato immediatamente le loro intenzioni, né se la finestra fosse chiusa. Ipotizzando che uno dei due si sia diretto alla finestra, e l’abbia aperta, Rossi può aver subito compreso le loro intenzioni. Ne è nata una colluttazione, della quale sono testimoni i segni sul volto e sulle braccia di Rossi. Una colluttazione non è mai silenziosa. Possibile che nessuno abbia sentito rumore, grida o trambusto? Nel servizio delle Iene si vede chiaramente che la finestra dell’ufficio di Rossi ha il davanzale molto basso, e che, per sicurezza, è stata installata una sbarra che è posta a circa 25 centimetri dal davanzale, per evitare cadute accidentali. È stato quindi necessario alzare il corpo della vittima oltre la sbarra, e per fare questo occorrono almeno due persone, anche prestanti fisicamente, ed esperte nel corpo a corpo. Due persone che l’hanno preso per le braccia e per le gambe, portandolo oltre il riparo effimero della sbarra, dopo aver tentato di ridurlo all’impotenza colpendolo sul volto: di questo fanno fede le vaste ecchimosi all’altezza dei bicipiti, la ferita al polso sinistro, causata dalla compressione esercitata sull’orologio – che poi si è strappato ed è caduto per terra – e i segni sul volto, dovuti a percosse. Rossi ha cercato di tenersi avvinghiato ad uno dei suoi uccisori, ed è per questo motivo che il corpo è caduto con il viso rivolto al muro del palazzo, piuttosto che verso l’esterno, come di solito succede nei casi di suicidio. È questo il motivo per cui, come dice l’esperto della famiglia Rossi, non c’è stata rotazione in avanti del corpo, e l’impatto è avvenuto prima con le gambe, poi con il bacino e per ultimo con il busto e il capo. Rossi è rimasto agonizzante per ventidue minuti – secondo l’orologio della telecamera di sorveglianza – con le braccia aperte e la camicia parzialmente fuori dai pantaloni, fatto dovuto alla colluttazione.

 

La scena del crimine

Non sappiamo se uno dei due sicari si sia affacciato alla finestra dopo il volo, probabilmente sì. Abbiamo però la registrazione della telecamera di sicurezza che ci mostra, immediatamente dopo l’impatto del corpo sul selciato, due figure che si affacciano all’imbocco del vicolo. La prima molto confusa, evanescente, solo un attimo. La seconda più intellegibile, ma non abbastanza da poter essere identificata. Si vede anche un furgoncino parcheggiato all’inizio del vicolo, che copre parzialmente la visuale della piazzetta: nessuno ha indagato su quel veicolo, se fosse lì abitualmente, se vi fosse stato parcheggiato quella sera in previsione dei fatti, proprio per coprire la vista della piazzetta, né chi ne fosse il proprietario. Nella nostra analisi i tre operatori hanno poi lasciato la scena indisturbati. Davanti i primi due, dietro, il palo. Le banche sono piene di telecamere di sorveglianza interne: ormai non è più possibile andare a controllarne i filmati nei quali certamente i tre sicari sono stati ripresi. La cosa preoccupante è che mezz’ora dopo la caduta di Rossi, qualcuno è andato nel suo ufficio, ha trovato l’orologio strappato dal cinturino e lo ha gettato accanto al corpo: di questo fa fede sempre la registrazione della telecamera di sorveglianza. Allora dobbiamo pensare che qualcuno sia stato inviato a coprire le tracce della colluttazione, a rimettere tutto in ordine , e, trovato per terra l’orologio, lo abbia gettato vicino al corpo. Non avrebbe potuto tenerlo in tasca, perché compromettente, né avrebbe potuto lasciarlo dov’era, in quanto avrebbe testimoniato di una lotta. Né avrebbe potuto scendere e poggiarlo accanto al cadavere, per ovvie ragioni. Era qualcuno della banca? Forse sì, molto probabilmente. Allora c’è qualcuno della banca che sa, e che non parla.

 

I mandanti

Per conoscere i mandanti dobbiamo conoscere il movente. È chiaro che un’operazione del genere – sempre che le cose siano andate in questo modo – parte da molto in alto. Eliminare un funzionario di banca non è cosa comune. Bisogna pensare – sempre che i mandanti fossero nell’ambito bancario – che fosse in possesso di informazioni scomode, e che avrebbe potuto riferirle alla Magistratura, o alla Guardia di Finanza, – cosa che lui aveva dichiarato di voler fare – informazioni che avrebbero coinvolto persone di alto livello, magari politici importanti, o che le sue informazioni avrebbero nociuto talmente tanto, da mettere in pericolo la stessa esistenza della banca. Questo nel caso, già ipotizzato, che il rischio fosse nelle indagini sull’operazione di acquisto di Antonveneta. Ma quando Rossi, in una sua mail, dice di ‘aver fatto una cavolata’, a cosa si riferisce? Certo l’acquisizione della Banca Antonveneta non era dipesa da lui, ma da qualcuno molto più in alto. A questo punto viene da pensare alla registrazione che Monteleone ha ‘carpito’ all’ex sindaco di Siena Piccini. Una registrazione in cui il Piccini parla di ‘informazioni avute da una persona vicina ai Servizi’, riguardanti festini con cocaina ed altro che si sarebbero tenuti in una villa nell’Aretino, e ai quali avrebbero partecipato alti funzionari di banca, politici e ‘toghe’, in una sorta di ricatto reciproco. E questo, secondo la registrazione del Piccini, potrebbe essere il motivo per cui il caso Rossi è stato archiviato per ben due volte.

 

Ancora molto ci sarebbe da dire, e da analizzare. Fermiamoci qui. Aspettiamo i risultati delle indagini della Magistratura, e speriamo che sia fatta luce sull’ennesimo ‘caso’ dubbio italiano, riguardante un grande organismo come il Monte dei Paschi. Senza che diventi un ‘cold case’, da risolvere fra venti o trent’anni.

Roberto Ragone