Marco Silvestroni (FdI): “Tasse, immigrazione, sicurezza e famiglia. Fratelli d’Italia subito al lavoro”

“Fratelli d’Italia è subito al lavoro e non perde tempo: sul tavolo ci sono sei proposte concrete che possono realizzarsi subito e mi vedono impegnato in prima linea insieme al presidente Giorgia Meloni per gli italiani e per dare una risposta concreta a tutti coloro che ci hanno dato fiducia e ci hanno eletti. – Così in una nota il neo eletto deputato Marco Silvestroni, segretario FdI per la Provincia di Roma. – L’Italia – prosegue Silvestroni – può risollevarsi con la tassa unica al 15% su quanto dichiarato in più rispetto al 2017: questo significa tagliare le tasse per tutti, sia persone che aziende, e rimettere in moto l’economia eliminando anche il limite all’uso del contante perché ognuno può disporre dei propri soldi come vuole. Fondamentale è dare attenzione alle persone più deboli e quindi provvedere immediatamente al raddoppio delle pensioni d’invalidità. Gli italiani possono risollevarsi soltanto se si mette un freno all’immigrazione incontrollata dimezzando i costi di accoglienza dei richiedenti asilo e raddoppiando invece il fondo per i rimpatri. Inoltre, per tornare a sentirsi sicuri nel proprio Paese è necessario destinare più risorse alle Forze dell’Ordine e al comparto Sicurezza e questo si può fare destinando alla sicurezza degli italiani il 50% per cento dei beni e delle risorse sottratti alla mafia. Fondamentale per risollevare l’Italia è mettere la famiglia al primo posto: quello che vogliamo è che gli asili nido siano gratis e aperti fino a tardi anche d’estate. Perché c’è un Italia che lavora e che ha bisogno di essere sostenuta. Noi lavoriamo per gli italiani, siamo pronti. Aiutateci a realizzare le proposte di Fratelli d’Italia – conclude il deputato FdI – firmando domenica 18 marzo ai tanti gazebo sparsi per il territorio o tramite il sito del partito (www.fratelli-italia.it).”




Nemi e Genzano, Sagra delle Fragole e Infiorata: accordo tra i sindaci. Ecco le date

GENZANO (RM) – Posticipata l’Infiorata di Genzano di una settimana perché altrimenti l’evento più importante della cittadina dei fiori e del pane avrebbe coinciso con la Sagra delle Fragole di Nemi.

Il Corpus Domini, evento religioso di punta all’interno dell’Infiorata di Genzano quest’anno cade infatti nella prima domenica di giugno ovvero il 3 giugno, data in cui si celebra la sagra delle fragole a Nemi. Per questo motivo Daniele Lorenzon, sindaco di Genzano di Roma dopo essersi confrontato con il primo cittadino di Nemi ha deciso di posticipare lo storico evento religioso di una settimana: “La prima cosa che ho fatto è contattare il sindaco di Nemi – dice Lorenzon – per cercare di capire se potesse esserci o un evento cumulativo contemporaneo o separato ma abbiamo deciso di comune accordo anche con l’autorità religiosa di posticipare la data del Corpus Domini e quindi posso annunciare che l’Infiorata si terrà il 9,10 e 11 giugno”

Lorenzon nel corso della puntata di Officina Stampa da alcune anticipazioni:

“Il titolo del tema di quest’anno sarà “L’infiorata di Genzano di Roma, 240 anni di storia arte e tradizione” una tradizione – ha sottolineato Lorenzon – che ci accompagna dal 1.778. Importante è aggiungere che oltre lo stemma comunale sarà rappresentato anche il marchio dell’infiorata. Dunque protagonista del 2018 è la storia e le tradizioni del comune di Genzano rappresentate appunto dall’Infiorata. L’ordine dei tappeti è estratto a sorte ma l’unico paletto che abbiamo messo è che sotto il balcone del Comune ci sarà il quadro dell’artista ospite.

Daniele Lorenzon sindaco di Genzano intervistato da Chiara Rai durante la puntata di Officina Stampa del 15/3/2018 [VIDEO]

 




Torino, Thyssenkrupp: ex manager chiede la grazia a presidente della Repubblica

TORINO – Ha chiesto la grazia al presidente della Repubblica uno degli ex manager della Thyssenkrupp condannato per l’incendio che, il 6 dicembre 2007 a Torino, uccise sette operai. Marco Pucci sta scontando dal maggio 2016 la pena di sei anni e tre mesi di carcere. Nel giugno dello scorso anno aveva ottenuto la possibilità di svolgere un lavoro esterno con obbligo di rientro in cella alle 18.30.

“Marco Pucci ha diritto all’oblio, che va di pari passo con il diritto al perdono per una responsabilità oggettiva e non diretta”: l’avvocato Massimo Proietti, legale dell’ex manager Thyssen condannato in via definitiva a sei anni e 10 mesi per il rogo di Torino commenta con l’ANSA la richiesta di grazia presentata dal suo assistito.

L’istanza, in base a quanto si apprende, è stata inoltrata nel dicembre scorso, ma la difesa ha ritenuto opportuno tenerla riservata. “Siamo sempre stati convinti – ha detto ancora l’avvocato Proietti – che le responsabilità di quanto accaduto dovessero essere ricercate altrove”.

Secondo il legale “al di là dell’assoluta gravità del fatto, Pucci non può essere simbolo di una crocifissione o di una gogna”. “Ha già pagato pesantemente fino ad oggi – ha aggiunto – il suo ruolo di responsabile commerciale dell’area marketing. Ora ha diritto di intraprendere questo percorso nel silenzio ed in maniera serena, come la legge gli consente”.

Per i parenti delle vittime, non può essere concessa alcuna grazia. “Noi non concediamo la grazia a nessuno. E nemmeno lo deve fare il presidente Mattarella”: afferma Graziella Rodinó, madre di Rosario, uno dei sette operai morti. “Ce li hanno ammazzati, non meritano nessun perdono. Semmai lo chiederanno a Dio. Per ora devono stare in galera”, ha aggiunto.

 




Palermo, Ingroia: la Finanza gli sequestra oltre 151 mila euro di beni

PALERMO – La Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 151 mila euro all’ex pm di Palermo Antonio Ingroia nell’ambito dell’inchiesta in cui l’ex magistrato è indagato per peculato. Si tratta di un sequestro per equivalente disposto dal gip su richiesta della Procura del capoluogo. Da amministratore unico di Sicilia e Servizi, società a capitale pubblico che gestisce i servizi informatici della Regione siciliana, Ingroia avrebbe percepito indebitamente rimborsi di viaggio per 34 mila euro e si sarebbe liquidato un’indennità di risultato sproporzionata rispetto agli utili realizzati dalla società: 117 mila euro. Nella vicenda è coinvolto anche Antonio Chisari, all’epoca dei fatti revisore contabile della società partecipata regionale Sicilia e Servizi s.p.a. Anche lui come Ingroia è accusato di peculato. Le contestazioni mosse agli indagati nascono dalla natura riconosciuta alla Sicilia e-Servizi s.p.a. di società in house della Regione da cui deriva che entrambi abbiano rivestito la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Ingroia, prima liquidatore della società (dal 23 settembre 2013), è stato successivamente nominato amministratore unico dall’assemblea dei soci, carica che ha ricoperto dall’8 aprile 2014 al 4 febbraio 2018.




Napoli, vigilante ucciso: fermati 3 minori. Volevano la sua pistola

NAPOLI – Sono tre minorenni i responsabili della morte della guardia giurata Francesco Della Corte, aggredito a colpi di bastone lo scorso 3 marzo mentre stava chiudendo la stazione della metropolitana di Piscinola, a Napoli, e deceduto due giorni fa in ospedale.

I tre, due 16enni ed un 17enne, sono stati fermati dalla Polizia con l’accusa di tentata rapina e omicidio doloso. I ragazzini, tutti incensurati, hanno confessato l’aggressione e sono stati portati nel carcere di Nisida. Nessuno di loro frequenta un istituto scolastico.

Della Corte, 51 anni di Marano, fu colto alle spalle e picchiato mentre stava effettuando gli ultimi controlli prima di chiudere il cancello d’ingresso alla stazione della metro. I tre minorenni volevano rapinarlo della sua pistola, ma non ci riuscirono.

Portato all’ospedale Cardarelli e operato d’urgenza al cervello, Della Corte era stato tenuto in coma farmacologico, ma nella notte tra giovedì e venerdì è morto.




Tensioni tra Russia e Gran Bretagna: Putin accusato di aver avvelenato ex spia russa e sua figlia

S’infittisce il giallo sulle morti russe in Gran Bretagna e dei tentati omicidi, mentre il ministro degli Esteri di Londra, Boris Johnson, rompe l’ultima barriera dello scontro ad altissima tensione con Mosca accusando Vladimir Putin in persona d’aver dato – con “estrema probabilità” – l’ordine di avvelenare l’ex spia Serghei Skripal e sua figlia Yulia, ridotti in coma a Salisbury il 4 marzo con un micidiale agente nervino.

Il caso Skripal s’incrocia intanto – seppure senza un legame diretto, avverte Scotland Yard – con quello di Nikolai Glushkov: sodale 69enne dell’oligarca ribelle Boris Berezovski nelle scorribande miliardarie del business russo degli anni ’90, trovato morto lunedì nel suo lussuoso rifugio londinese di Clarence Avenue e sulla cui fine giusto oggi la polizia britannica ha deciso di aprire un fascicolo per omicidio. Dopo aver riscontrato tracce di “compressione sul collo” che questa volta – a differenza di quanto capitato nel 2013 per lo stesso Berezovski, ex eminenza grigia del Cremlino diventata bestia nera di Putin nei primi anni ’90 e deceduto sempre nel Regno Unito – non si ritiene possano essere giustificate come allora con un ‘suicidio’ o un qualche ‘gioco estremo’.

Per il momento, in effetti, i sospetti sulla morte di Glushkov restano confinati genericamente alle sue “frequentazioni” di uomo d’affari pluri-condannato, sul quale del resto pendeva una domanda d’estradizione russa già respinta da Londra. Ma l’associazione col reprobo Berezovski fa suonare un ennesimo campanello d’allarme, al di là del fatto che nella sua vicenda “non c’è alcuna evidenza che sia stato avvelenato”. Evidenza che viceversa c’è eccome per gli Skripal, vittime di un attacco chimico che sta intossicando ogni giorno di più anche le relazioni politico-diplomatiche fra Mosca e Londra. E più in generale fra Mosca e l’occidente.

L’indiscrezione del giorno da Salisbury, sul fronte investigativo, è che l’agente nervino usato contro l’ex spia e sua figlia potrebbe essere arrivato dalla Russia nella valigia di Yulia, in visita al padre da pochi giorni: nascosto forse in polvere fra “i vestiti, i cosmetici o un regalo” (un profumo?). Questo almeno a prestar fede a fonti dell’intelligence di Sua Maestà citate dal Daily Telegraph, le quali peraltro non chiariscono se questa ipotesi, presentata come “una teoria”, si basi già su qualche elemento concreto o sia invece saltata fuori per esclusione, dopo il mancato ritrovamento di tracce di sorta di quella squadra di esecutori “al servizio del Cremlino” che nelle parole del giornale conservatore gli investigatori pare immaginassero di trovare. Sia come sia, la convinzione britannica di una colpevolezza russa ai massimi livelli resta granitica, mentre il leader laburista Jeremy Corbyn appare isolato – fra le critiche del suo stesso partito – nell’invito a “non affrettare il giudizio”.

Raccolta la solidarietà degli alleati Nato (oggi è stata la volta di Paolo Gentiloni, mentre Angela Merkel ed Emmanuel Macron fanno sapere per ora di “valutare reazioni” aggiuntive di Germania e Francia), Theresa May si prepara alla replica di Mosca all’espulsione dei 23 diplomatici russi e alle altre misure annunciate nei giorni scorsi. Il Cremlino però prende tempo, assaporando il momento giusto e controbattendo per ora alla guerra delle parole. In particolare all’indirizzo di Boris Johnson, i cui sospetti su Putin vengono bollati dal portavoce presidenziale Dmitri Peskov come “affermazioni sconcertanti e imperdonabili”, estranee persino al “galateo diplomatico”. Buone maniere perdute a parte, la sfida ha comunque il sapore di una Guerra Fredda sempre più risorgente.

La Nato ammonisce la seconda potenza nucleare del pianeta a non “sottovalutare la risolutezza e l’unità” d’intenti degli alleati occidentali. E nel frattempo le inchieste giudiziarie incrociate di Mosca e Londra si moltiplicano su binari (o forse mondi) paralleli. In attesa di una resa dei conti anche di fronte all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), dove i russi – che insistono a negare ogni coinvolgimento di Stato – aspettano di vedere i campioni della sostanza identificata dai britannici come una specifica tossina dei letali agenti novichok. Concepiti nella vecchia Urss e monopolio ‘loro’, accusa Londra. Riprodotti pure negli Usa e in Gran Bretagna, rimbecca Mosca.




Roma, automobilista non si ferma all’alt: carabiniere spara e ferisce due donne

ROMA – Scene da film ieri sera a Roma dove due donne a bordo di uno scooter sono rimaste ferite da un colpo di pistola. Dalle prime informazioni sembra che durante un’attività di polizia giudiziaria i carabinieri avevano intimato l’alt a una macchina che non si è fermata e si è data alla fuga tentando di investire un carabiniere che ha sparato ferendo le due donne, probabilmente madre e figlia. Secondo quanto si è appreso, non sono in gravi condizioni. L’auto è riuscita a scappare e sono ora in corso ricerche.