Ghost Recon Breakpoint, tornano i “fantasmi” di Ubisoft

Ghost Recon Breakpoint arriva su Pc, Xbox One e Ps4 a due anni e mezzo di distanza dal lancio del suo predecessore. Questa volta Ubisoft ha proposto un titolo che ha preso quanto di meglio ci fosse dal capitolo precedente, Wildlands (qui la nostra recensione), lo ha ampliato con meccaniche interessanti e gli ha donato una grafica del tutto più curata e ancora più bella da vedere.

Visto che squadra che vince non si cambia, la formula di gioco di Ghost Recon Breakpoint rimane fedele all’originale, offrendo un vasto open world liberamente esplorabile che fungerà da ambientazione per la nuova missione di Nomad, capitano della squadra Ghost che si trova ad affrontare in questo capitolo una situazione del tutto inedita, almeno per gli standard della serie.

Il palcoscenico è l’esotico arcipelago di Auroa nel sud dell’Oceano Pacifico, centro nevralgico delle operazioni della Skell Technology, azienda miliardaria e tentacolare che qui ha stabilito la sua personale Silicon Valley, libera da qualsiasi vincolo giuridico.

In questo paradiso in cui le migliori menti del pianeta si sono riunite per studiare e progettare la tecnologia del futuro che avrebbe dovuto migliorare la qualità di vita dell’uomo però, non tutto è andato come ci si aspettava.

Jace Skell, capo della Skell Technology si ritrova prigioniero delle sue stesse creazioni. L’isola di Auroa viene totalmente isolata dal resto del mondo dopo un colpo di stato militare ad opera di Cole D. Walker, ex Ghost interpretato da Jon Bernthal (lo Shane di The Walking Dead).

La scoperta della situazione avviene però dopo che una nave della marina americana affonda misteriosamente nelle acque vicine ad Auroa, e la CIA invia una squadra di circa 30 Ghost ad indagare.

Purtroppo anche questa spedizione non va per il meglio: gli elicotteri che trasportavano gli agenti vengono abbattuti da qualcosa di praticamente invisibile non appena entrano nello spazio aereo dell’isola. Adesso sta a chi gioca vestire i panni del Ghost Nomad, uno dei pochi sopravvissuti a questo attacco, per scoprire la verità dietro al tradimento di Walker e sventare una potenziale minaccia per il mondo intero.

Con queste premesse Ghost Recon Breakpoint è pronto a offrire ore e ore di gioco fra sparatorie, agguati, inseguimenti e molto altro ancora di cui a breve andremo a parlarvi.

Fin dalle primissime battute di gioco è possibile notare alcune importanti differenze che rendono Breakpoint sostanzialmente molto diverso dal precedente capitolo.

La prima cosa che inevitabilmente salta all’occhio è la posizione della telecamera alle spalle del protagonista, percettibilmente più vicina rispetto al passato. Questa scelta rende l’avventura di Nomad più personale, intima, anche perché Ghost Recon Breakpoint affida il sostentamento e la sopravvivenza del Ghost come mai la serie aveva fatto in passato. Gli elementi survival di cui parleremo in seguito rappresentano una graditissima novità, così come il rinnovato sistema delle armi che avvicina questo capitolo a un looter shooter, per non parlare dell’assenza dei compagni di squadra gestiti dal computer, che tra polemiche e ripensamenti non sono in ogni caso presenti in questa nuova avventura.

Tutte queste novità sul fronte del gameplay non vanno a intaccare la limpidezza dell’infrastruttura di gioco, molto coerente con quanto già visto in Wildlands nel 2017.

La nuova fatica di Ubisoft Paris non è altro che uno sparatutto in terza persona con elementi tattici, dotato di un sistema di coperture fluido e non legato alla pressione di un tasto, che può essere giocato dall’inizio alla fine da soli o in compagnia di altri tre amici.

Come fu per il capitolo precedente, anche in Ghost Recon Breakpoint l’elemento di gameplay principale è rappresentato sempre dalla minuziosa pianificazione e dallo svolgimento degli attacchi agli avamposti controllati dai Lupi e dai contractor della Sentinel, che punteggiano le 21 provincie in cui si divide Auroa.

La fase preparatoria che precede un assalto vede ancora come protagonista indiscusso il drone da ricognizione, che può identificare e marcare i nemici che sono segnalati sulla mappa con un generico alone rosso. In queste fasi l’HUD diventa un preziosissimo alleato, con cui tenere d’occhio la posizione dei soldati ostili e le informazioni su armi e attrezzature. Anche se l’uso della forza bruta è sempre un’opzione, la prassi largamente riconosciuta nel franchise Ghost Recon prevede che i giocatori operino in religioso silenzio, ed è proprio in queste situazioni che il gioco dà il suo meglio.

Questo risultato viene raggiunto in larga parte grazie al lavoro svolto sul gunplay, che si presenta all’appuntamento con la recensione in gran forma e privo di sbavature.

Complici alcune animazioni che ricalcano i movimenti tipici delle forze speciali, ripulire soldato dopo soldato un accampamento nemico è l’attività più piacevole che Ghost Recon Breakpoint possa offrire, specialmente se ci troviamo in squadra con altri giocatori.

Se da un lato i nemici non sono adeguatamente caratterizzati, una grossa variabile di gameplay è costituita dalla massiccia presenza dei droni, chimere tecnologiche costruite dalla Skell Technology e che popolano il gioco in tanti modelli diversi.

Oltre a droni di piccole e medie dimensioni, in alcune località dell’arcipelago si nascondono i Behemoth, le macchine più letali mai realizzate dalla compagnia, messe a difesa di tesori inestimabili. Affrontarli sarà molto impegnativo, esaltante, ma soprattutto anche molto appagante.

Parlando della componente survival in questo Ghost Recon Breakpoint, la prima, nonché più importante delle novità risiede nella rinnovata gestione della salute di Nomad.

Il protagonista infatti durante il combattimento può subire degli infortuni di tre diverse entità, che limiteranno progressivamente la capacità operativa sul campo del protagonista.

Per riprendersi da questi ferimenti, che riducono in via definitiva la barra della salute, saremo costretti a metterci al riparo per bendarci e curarci, un’operazione che dura momenti interminabili quando si è sotto il fuoco nemico.

Ad avere un impatto sull’esito dei combattimenti è anche la stamina, che può velocemente esaurirsi correndo e saltando da un riparo all’altro. Non è una buona idea trovarsi senza resistenza nel bel mezzo di uno scontro a fuoco, soprattutto quando si ha a che fare con terreni scoscesi, e questo aspetto, in concomitanza con l’introduzione degli infortuni, evolve secondo noi di tantissimo le fondamenta del gameplay della serie.

L’idea che Nomad abbia debolezze e vulnerabilità intensifica la percezione d’immersione, convincendoci di avere tra le mani la sopravvivenza di un vero soldato in un ambiente ostile e pericoloso. Le dinamiche survival di Ghost Recon Breakpoint orbitano poi attorno ai bivacchi, i piccoli accampanti disseminati per Auroa che i giocatori possono utilizzare per rifocillarsi, prepararsi e armarsi, ma anche e soprattutto per servirsi del viaggio rapido attraverso le diverse località dell’arcipelago.

Raggiungendo un bivacco si ha la possibilità di richiamare un veicolo, di consultare il negozio delle armi e delle attrezzature, ma anche di dedicare del tempo a una delle sei diverse attività che offrono buff consistenti alle statistiche di Nomad. Ad esempio, mangiare aumenta la resistenza agli infortuni e idratarsi fornisce un bonus alla stamina, mentre fare stretching garantisce più resistenza. Controllare armi e droni migliora le performance di entrambi, oppure è sempre possibile optare per un bonus all’ottenimento di punti esperienza con il quale livellare più velocemente.

Altra grande novità proposta in questo Ghost Recon Breakpoint è rappresentata dalle classi, ossia ruoli che ricalcano quelli che ognuno finisce con l’interpretare sul campo di battaglia. Le classi sono quattro, Medico da Campo, Assalto, Pantera e Tiratore, e danno accesso ad una serie di abilità e perk specifici che aiutano a rendere significativamente più variegato il gameplay di squadra. Ciascuna classe mette a disposizione un’abilità e un gadget unici, che nella classe Medico sono naturalmente orientati al curare i compagni, in quella Assalto a ridurre i danni subiti e a rendere più letale il Soldato, in quella Pantera a essere più furtivi e in quella Tiratore a visualizzare e a eliminare con più efficacia i nemici distanti.

Completando una serie di compiti sarà inoltre possibile livellare una classe per sbloccare perk aggiuntivi, aspetto che favorisce l’immedesimazione del giocatore nel suo ruolo. Naturalmente, tanto in PvE quanto in PvP si potrà passare in ogni momento da una classe all’altra, senza subire penalizzazioni di sorta. Insomma, scegliere quella adatta al proprio stile di gioco sarà uno dei piaceri offerti da Ghost Recon Breakpoint, che sotto questo aspetto riesce a offrire una nuova meccanica dall’indiscusso fascino.

Oltre al leveling delle classi, il giocatore può scalare ben 30 livelli ottenendo di volta in volta punti abilità, che possono essere investiti sui rami di un albero delle abilità non dissimile da quello di Wildlands ma molto, molto più folto, composto da oltre 50 perk attivi e passivi con cui personalizzare ulteriormente le abilità di Nomad sul campo di battaglia. Il titolo di Ubisoft può anche essere definito un vero e proprio loot shooter, infatti, tra le infinite influenze che hanno caratterizzato lo sviluppo di Ghost Recon Breakpoint è evidente la volontà della casa francese nel riprendere alcune caratteristiche dal suo The Division.

Infatti l’isola di Auroa è letteralmente disseminata di casse tramite le quali ottenere equipaggiamenti di ogni tipo.

https://www.youtube.com/watch?v=_RE1dX-9NQE&list=PLw5Dt8Rh0GQfeDqnHn6hMAF8AK3ap1Xna

Il livello di combattimento di Nomad viene definito dalla qualità del suo equipaggiamento, per cui è sempre una buona idea cercare di aprire più casse possibile nella speranza di trovare qualche arma, cappello, guanti e così via con statistiche migliori e magari qualche bonus passivo per essere sempre pronti ad affrontare nemici sempre più impegnativi… più o meno.

Qui infatti Ubisoft non sembra aver bilanciato benissimo il tutto, e la differenza tra armi che nella realtà hanno potenze di fuoco anche molto diverse è abbastanza minima, quasi da non giustificare l’impegno nell’esplorare e magari rischiare di essere scoperti pur di raggiungere una cassa; ben presto la voglia di cercare loot viene meno e ci si limita a raccogliere solo le casse che si trovano sul proprio cammino, senza impegnarsi più di tanto nella ricerca.

Interessante invece è il level system armi/equipaggimento. Esso è calcolato sulla media aritmetica dei valori di armi e vestiti inseriti negli 8 slot disponibili, e condiziona l’efficacia del protagonista quando affronta i nemici, anche loro dotati di livello. I modificatori ai danni inflitti e ricevuti dipendono in larga parte dalla difficoltà selezionata tra le quattro a disposizione (Arcade, Regolare, Avanzata ed Estrema), c’è da dire però che anche ad Arcade non sarà possibile caricare a testa bassa un gruppo di nemici, quindi, livello e difficoltà selezionata non salveranno il giocatore da azioni avventate o sciocche.

Per non nuocere al realismo, caratteristica centrale dell’intera serie, Ubisoft Paris ha scelto di applicare questa nuova filosofia del Livello Attrezzatura con alcune limitazioni, per evitare quel fastidioso effetto “bullet sponge” che spesso è una peculiarità di moltissimi looter shooter. In tal senso ogni nemico, anche i membri dei Lupi che sono di livello 150 o più, verranno abbattuti da un singolo colpo alla testa, quindi esiste la concreta possibilità di affrontare un loro accampamento senza i requisiti adeguati.

In Ghost Recon Breakpoint è stato rivoluzionato anche il processo che porta all’ottenimento delle armi, che possono essere acquistate dal negozio, trovate nelle casse nascoste nei punti di interesse di Auroa o ricevute come drop casuale dai nemici uccisi. Dal momento che è proprio attraverso i drop che Nomad sale di Livello Attrezzatura, capiterà spesso di dover aggiornare il proprio setup e utilizzare un vasto numero di bocche di fuoco, che si dividono tra fucili d’assalto, mitragliette, fucili a pompa, mitragliatrici leggere, fucili di precisione, DMR e pistole. Nel corso dell’avventura, non sarà tuttavia necessario affidarsi sempre al caso per giocare con la propria arma preferita, poiché nascosti nel mondo di gioco sono nascosti i progetti relativi a ognuna di esse, che una volta ottenuti offrono la possibilità di “forgiare” il fucile al Livello Attrezzatura corrente.

Questa funzione è utile inoltre per sorteggiare nuovamente le statistiche di un’arma: ognuna ha caratteristiche prestabilite, ma gode di due bonus casuali che sono determinati dalla rarità con cui viene ottenuta. Come ogni titolo di questo tipo, anche Ghost Recon Breakpoint offre i fantomatici livelli di rarità di ogni oggetto. Esistono cinque livelli di rarità, e proprio per questo può essere utile di tanto in tanto cercare di riottenere un fucile con statistiche migliorate, specialmente nella fase di endgame.

Ovviamente non manca il Gunsmith, ossia la sezione del menù dedicata alla personalizzazione delle armi. Le bocche di fuoco possono infatti montare una moltitudine impressionante di accessori ed essere colorante in ogni singola parte con tantissime mimetiche. Tutte le armi, in ottica endgame, possono essere inoltre potenziate attraverso tre livelli di qualità, che vengono preservati quando si scarta e si riceve nuovamente lo stesso fucile. Insomma, Ghost Recon Breakpoint è un titolo davvero molto complesso anche per quanto riguarda la sezione “equipaggiamento e armi”.

Se vi state chiedendo, ma Quanto dura questo Ghost Recon
Breakpoint? La risposta è: solo la campagn principale, circa una 25ina di ore.
Sempre in base poi a che difficoltà si gioca. A contorno delle 28 quest che
compongono la storia principale ci sono tantissime missioni secondarie, la
maggior parte di esse collegate alle due fazioni dell’isola (Coloni ed Esclusi)
che nel corso del supporto post-lancio si evolveranno con nuovi spunti
narrativi. L’unico elemento che riesce a spezzare la monotonia delle missioni è
il taglio investigativo che lo studio parigino ha voluto applicare alla maggior
parte delle attività, che impone al giocatore di trovare indizi, prove e
testimonianze che lo possano portare alla prossima fase della missione. Nel
menù principale è addirittura presente una sezione dedicata alla soluzione dei
grandi misteri di Auroa, che possono essere risolti scovando collezionabili e
altri indizi nel vasto mondo di gioco di Ghost Recon Breakpoint. Ma non finisce
qui, infatti il titolo di Ubisoft offre anche una modalità Multigiocatore PvP chiamata
Ghost War. Questa al momento non include moltissimi contenuti con due sole
modalità (deatmatch a squadre e cerca e distruggi) e sei mappe, ma sarà espansa
nel corso delle settimane e senza dubbio sa offrire spunti interessanti. La
nota positiva è che si può finalmente partecipare alle partite online con il
proprio avatar del PvE, che riceverà oggetti e armi dal multigiocatore in un
sistema di progressione condivisa che era fondamentale per legare
indissolubilmente le due esperienze. Le partite coinvolgono due squadre da
quattro Ghost ciascuna, che cominciano il match agli antipodi di mappe molto
grandi che favoriscono almeno in questa prima fase i cecchini e i tiratori
dalla distanza. Caricare a testa bassa potrà comunque essere molto
remunerativo, poiché risorse come medikit e batterie per il drone possono
essere trovate solo all’interno degli edifici che solitamente sono al centro
dell’ambientazione. Insomma, Ghost Recon Breakpoint è un gioco davvero pieno di
cose da fare e che per venire alla noia ci metterà davvero molto tempo.  A livello grafico/estetico, il gioco naviga
fra alti e bassi. Il colpo d’occhio generale è tutto sommato buono, ma spesso
ci sono momenti in cui si resta quasi a bocca aperta per lo stupore e altri in
cui invece si storce il naso davanti a modelli fin troppo legnosi e con pochi
dettagli, a volte anche nel corso delle stesse cut-scene. Sembra quasi che ci
siano problemi di caricamento delle texture (fortunatamente su Xbox One X
questo fenomeno è marginale e la situazione migliora notevolmente rispetto a
una S). A questo poi si uniscono anche numerosi bug grafici che, se possono
essere perdonati in un open world così vasto, in alcune occasioni hanno
compromesso la mia esperienza di gioco come la selezione rapida degli oggetti
che ogni tanto decide di non funzionare o personaggi chiave con cui parlare che
spariscono misteriosamente, bloccando così la missione e costringendo al
riavvio. Buono invece il frame-rate, che si è sempre mantenuto stabile a 30
fps, mentre su Xbox One X è possibile anche scegliere tra due modalità che si
concentrano di più sulla grafica o sulla fluidità. A livello audio il videogame
offre un ottimo doppiaggio in lingua italiana e sia dal punto di vista degli
effetti sonori che delle musiche il risultato è davvero stupefacente. Insomma,
tirando le somme, nella speranza che con il passare dei giorni Ubisoft rilasci
qualche patch correttiva per i sopracitati bug, Ghost Recon Breakpoint risulta
essere uno dei titoli migliori del momento: lungo, avvincente ed estremamente
divertente. A nostro avviso lasciarselo sfuggire potrebbe essere un vero
errore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Emoji, in arrivo 168 nuove “faccine”

Sono ben 168 le nuove emoji che si preparano a popolare le tastiere dei nostri smartphone.

L’Unicode Consortium ha annunciato la versione 12.1 del suo standard per caratteri digitali che, come noto, include anche le celebri faccine.

Le emoji sono diventate così importanti nella nostra vita da rappresentare la lingua più parlata al mondo, nonché un mezzo per descrivere il nostro stato d’animo utilizzando una semplice segno grafico.

Attualmente nel mondo sono oltre due miliardi le persone che utilizzano le faccine per comunicare.

Del resto, una emoji è molto più semplice da capire e permette a coloro che non parlano la stessa lingua di intendersi a vicenda. L’ultimo aggiornamento delle emoji risale allo scorso luglio quando, in occasione del World Emoji Day, era stato annunciato l’arrivo di nuove faccine dedicate all’inclusività e alle diversità.

Tra queste sono comparsi cani guida, protesi per gli arti e sedie a rotelle, nonché un maggior numero di emoticon dedicate alle etnie e ai diversi generi sessuali. Per ora non è stata annunciata una data ufficiale del rilascio delle nuove emoji versione 12.1, ma è normale supporre che le nuove faccine verranno introdotte durante le prossime settimane attraverso un aggiornamento di sistema sia su smartphone Android sia su iOS.

Come dichiarato dall’Unicode Consortium, i nuovi emoji non sono poi così “nuovi”. Per lo più si tratta di variazioni applicate alle emoji già presenti. In particolare, 138 sono state ideate per rappresentare le persone senza però indicarne il genere, mentre le restanti 30 raffigurano una combinazione tra le faccine esistenti caratterizzate da una diversa tonalità della pelle che si tengono per mano.

Sono solo 26 le emoji inedite che rappresentano diversi tipi di persone con diversi stili di acconciatura. Sono state inserite persone calve, ricce, insegnanti studenti cuochi, meccanici, giudici, agricoltori, cantanti e altro ancora. Tutte le versioni, naturalmente, comprendono entrambe i sessi. Insomma, le emoji sono pronte a rinnovarsi per stare al passo coi tempi e ad accompagnarci ogni giorno in tutte le nostre conversazioni.

F.P.L.




GRID, si torna in pista con la serie racing di Codemasters

Dopo 11 anni di assenza Codemasters torna a calcare le competizioni automobilistiche a ruote coperte con il ritorno dell’attesissimo GRID.

Sarà riuscita la software house Britannica a ricreare quel mix di gare spettacolari e immediatezza che tanti giocatori aveva conquistato nella scorsa generazione?

Secondo noi sembra proprio di si, quindi sia che giochiate su Pc, che su Xbox One che su PS4, ma soprattutto se cercate un racing game che vi faccia provare le stesse emozioni del pasato, GRID è quello che state cercando. Ma andiamo subito a scoprire il perché.

Una volta avviato il gioco, il menu principale offre subito tre modalità: la Carriera, la Gara Veloce e il comparto Multigiocatore.

Naturalmente il fulcro del gioco è rappresentato dalla Carriera, che abbandona completamente l’impostazione cinematografica del primo episodio o quella manageriale del successivo, mettendo sul piatto la classica serie di gare e campionati senza alcuno spazio per divagazioni di qualsiasi altro genere.

Abbiamo quindi a disposizione sei Categorie caratterizzate principalmente dal tipo di vetture coinvolte, ognuna composta da più campionati che si possono affrontare a piacimento.

Per accedere ai campionati successivi, naturalmente, è necessario ottenere buoni piazzamenti e, una volta vinti almeno 10 campionati di una singola categoria, si potrà accedere agli Showdown finali che, a loro volta, dopo averne vinti quattro dei sei disponibili, daranno accesso alle GRID World Series. All’inizio di ogni gara si ha la possibilità di effettuare le Qualifiche Rapide, evento opzionale che decreterà la nostra posizione in griglia e che, se non affrontato, relegherà la vettura del giocatore in ultima posizione.

Aspetto non di poco conto, vista la brevità che coinvolge tutte le gare che il gioco propone e che difficilmente si spingeranno oltre i 5 minuti di durata. Nella carriera si hanno a disposizione tre tipi diversi di gare: la corsa tradizionale dove conta il piazzamento finale, quella da punto a punto su uno dei pochi circuiti lineari presenti e i Time Attack, che sono identici alle gare tradizionali ma che decreteranno il vincitore solo ed unicamente in base al tempo sul giro, ignorando il piazzamento nonostante la contemporanea presenza degli altri piloti in circuito.

Naturalmente vincendo gare si possono ottenere crediti necessari all’acquisto di nuove vetture che bisognerà utilizzare nei campionati successivi, ma oltre a questi si ricevono anche punti esperienza che serviranno per salire di livello dando accesso a nuove livree, oppure a nuovi stemmi e sfondi che ci permettono di personalizzare il profilo pilota e anche a nuovi compagni di team che si possono ingaggiare nella propria squadra. Uno degli aspetti peculiari di questo GRID è inoltre la possibilità di impartire ordini di squadra al compagno di scuderia tramite l’utilizzo della croce direzionale. Ad esempio si può chiedere all’ingegnere di pista di dire al compagno di team di attaccare chi gli sta davanti o di mantenere la propria posizione.

In GRID la Carriera inizia con un breve prologo/tutorial che mette il giocatore alla guida di tre diverse auto in altrettanti eventi nel tentativo di raggiungere il miglior piazzamento entro pochi giri e qui la guidabilità, le scarse differenze tra le tre tipologie di auto coinvolte, le “combo” delle manovre in gara piazzate in sovraimpressione in mezzo allo schermo ed il commento molto marcato denotano come la serie sia passata con questo episodio ad abbracciare completamente la filosofia arcade, abbandonando ogni velleità simulativa senza troppi pensieri.

Lo stile di guida è molto uniforme anche con vetture completamente diverse, ignorando parametri fondamentali come la trazione o anche banalmente il peso delle auto, che si rivelano tutte agilissime e con una rapportatura cortissima tanto da portare ad affrontare curve, che normalmente si dovrebbero affrontare in seconda, anche in quarta.

Discorso analogo anche per il sound dei motori che si rivela molto simile tra i diversi veicoli, anche quando invece dovrebbe avere differenze sostanziali a seconda del tipo di motore utilizzato. Insomma, GRID non è un simulatore di guida, sia ben chiaro, ma un divertentissimo quanto scatenato arcade automobilistico puro.

Passiamo ora però all’aspetto cardine del gameplay, ovvero
la guida e il concept delle gare. Innanzitutto si corre sempre e solo su
tracciati. Niente strade aperte e lunghe traversate. I circuiti sono misti tra
reali come Brands Hatch, Indianapolis, Sepang o Laguna Seca, e cittadini come
Barcellona e San Francisco, per un totale di 13 tracciati che danno vita a 80
diverse variazioni, un numero davvero buono. Su pista corrono fino a un massimo
di 16 vetture contemporaneamente, con tante auto che si sfidano
contemporaneamente in circuiti stretti, è facilissimo che si verifichino spettacolari
incidenti, specialmente alle prime curve. GRID, proprio come il titolo di cui è
il reboot, implementa un sistema di danni avanzato che coinvolge non solo
l’estetica ma anche la fisica, con danni alla meccanica che possono comportare
anche il ritiro dalla gara. GRID però, come abbiamo detto, fa
dell’accessibilità uno dei suoi cavalli di battaglia, e perciò ci sono diversi
livelli di difficoltà che modificano profondamente lo stile di guida. Il
livello medio preimpostato è tarato per i novizi, con traiettorie dinamiche,
freno e accelerazione assistita, cambio automatico, assenza di danni fatali e
possibilità di rewind in caso di errori grossolani. Tarato così, il risultato è
molto abbordabile. In parole povere, è facile vincere le gare di un paio di
giri anche partendo dall’ultima posizione e senza eseguire le qualifiche. Diverso
è il discorso se si imposta il massimo livello di difficoltà, con tutti gli
aiuti disattivati, assenza di rewind, e danni meccanici e fatali attivi. In
questo caso è necessario lottare a ogni curva, facendo attenzione a non
impattare su avversari e muretti. Anche un minimo contatto in curva può provocare
un testacoda, compromettendo quasi sicuramente la gara. In più, senza le traiettorie
dinamiche che indicano anche la velocità consigliata, diventa tassativo
conoscere a menadito i tracciati se si vuole sperare di arrivare sul podio.

 Ai livelli più alti
di difficoltà, anche gli avversari diventano più aggressivi e hanno la propria
personalità grazie a un’IA avanzata; in più reagiscono allo stile di guida di
chi sta dinanzi lo schermo fino a decidere di innescare dei veri e propri
duelli, diventando così la nemesi del pilota. Giocando senza gli aiuti GRID
diventa dunque più realistico, ma il suo DNA rimane sempre arcade. Tecnicamente
parlando GRID utilizza il celebre Ego Engine di Codemasters che, sebbene riesca
ancora ad offrire un discreto colpo d’occhio ed una buona fluidità specialmente
su Xbox One X, comincia a mostrare il peso degli anni. I modelli delle vetture
sono buoni, forti anche di un discreto sistema di danni che ne influenza le
prestazioni e che potrà portare ad una fine prematura della gara dopo aver
subito dei danni irreversibili, ma sono assenti tocchi di classe o cura
certosina nei dettagli degli interni come invece possiedono i titoli più famosi
del genere automobilistico. Discorso analogo anche per quel che riguarda la
realizzazione dei circuiti, infatti, il motore grafico fa il suo dovere senza
però mai spingersi al massimo sebbene l’orizzonte visivo e gli effetti meteo
come i riflessi delle fonti di luce o la pioggia riescano ad offrire un quadro
globale più che discreto. Parlando del comparto multigiocatore, esso non offre
particolari spunti, offrendo solo la possibilità di effettuare una gara veloce
o quello di creare una partita privata. Carina l’idea di creare una sala
d’attesa ambientata in un circuito ad 8 in cui sfidarsi in un rapido
Destruction Derby prima dell’inizio della gara vera e propria. Peccato che la
scarsa popolazione dei server fa si che spesso e volentieri le gare siano miste
fra piloti controllati dalla I.A. e persone vere. Tirando le somme, questo GRID,
nonostante i suoi limiti, è un prodotto per chi cerca un prodotto meno
simulativo e più arcade, con una grafica buona, che mostri i danni ad ogni
collisione e che possa far passare qualche ora di divertimento. Se tutto quel
che si vuole è quanto detto allora il titolo di Codemasters è quello che fa per
voi. Se invece si cerca qualcosa di più simulativo è meglio navigare verso
altri lidi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 8,5

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Surface Laptop 3 e Pro 7 arrivano negli store italiani

Dopo il lancio dello scorso 2 ottobre, Microsoft annuncia la disponibilità in tutt’Italia di Surface Laptop 3, acquistabile nei formati da 13,5 pollici, da 15 pollici, e di Surface Pro 7.

I nuovi device, nati dall’evoluzione dei due modelli precedenti per offrire all’utente una maggiore potenza e un’esperienza d’uso senza precedenti, vanno ad ampliare la famiglia dei dispositivi targati Surface, la linea di Microsoft sinonimo di eccellenza, qualità e design. Perfetta combinazione tra potenza ed eleganza, Surface Laptop 3, disponibile in entrambe le sue varianti, si propone come il laptop perfetto per ogni giorno, è due volte più veloce e garantisce un’autonomia che consente di utilizzare il dispositivo per l’intera giornata lavorativa. Entrambi i formati sono dotati sia della porta USB-A sia di quella USB-C e supportano un processore Intel Core di decima generazione. In più, per chi desidera prestazioni grafiche senza precedenti, Surface Laptop 3 da 15’’, garantisce performance grafiche migliorate grazie al nuovo processore AMD Ryzen Surface Edition presente nella versione Consumer.

Surface Laptop 3 è disponibile anche nell’elegante colorazione Black, arriva sul mercato a partire da 1.169€ per il 13 pollici e 1.399€ per il 15 pollici. E’ disponibile per l’acquisto anche il nuovo Surface Pro 7, device perfetto per chi non vuole rinunciare al comfort e alla versatilità di un 2-in-1. Pro 7, che include il processore Intel Core di decima generazione e integra sia la porta USB-A sia quella USB-C, garantisce una velocità due volte maggiore rispetto al modello precedente. 

Surface Pro 7 è disponibile a partire dal prezzo consigliato di 919€. Al fianco delle configurazioni Consumer, la linea Surface propone Laptop 3 e Pro 7 anche nella versione commerciale, sfoggiando feature studiate appositamente per le esigenze aziendali, come ad esempio l’inclusione di Windows 10 Pro, Advanced Exchange Service 10 senza costi aggiuntivi e il supporto per Windows Autopilot. Le aziende che desiderano ampliare il proprio parco macchine e scegliere il meglio della tecnologia per incrementare la produttività, possono acquistare Surface Laptop 3 da 13,5 pollici e da 15 pollici sul Microsoft Store e presso i rivenditori autorizzati rispettivamente a partire da 1.269€ e 1.499€, e Surface Pro 7 a partire da 1.019€.

Francesco Pellegrino Lise




Scompaiono i postini: un vuoto sociale

Addio ai portalettere. Quei postini tanto amati di una volta che, soprattutto nei comuni piccoli o medi, oltre a portare la posta fungevano anche da figura quasi amicale per alcuni destinatari, specialmente i più anziani.  Secondo l’US Bureau of Labor Statistics questa professione andrà a scomparire, conseguenza del crollo dell’invio di lettere e pacchi sostituiti da Internet e droni, oltre al fatto che la digitalizzazione porterà nel 2020 anche all’eliminazione delle cassette delle lettere sostituite da hub tecnologiche. In un paese come l‘Italia, composto da migliaia di comuni medio-piccoli, la progressiva assenza di queste figure ha anche precise ripercussioni sociali. Secondo un recente studio di The European House Ambrosetti – Openjobmetis, in Italia gli over 65 rappresentano ormai il 22,8% della popolazione (gli over 75 sono l’11,7%) e oltre il 46% di questi vivono da soli. L’agenzia di comunicazione Klaus Davi & Co., in collaborazione col pool di psicologi dell’associazione ‘Donne e qualità della vita’, guidato dalla dottoressa Serenella Salomoni, ha svolto, per conto di City Poste Payment, società di servizi postali privata con 200 agenzie in tutta Italia, fondata dall’imprenditore Bachisio Ledda, una ricerca su 800 anziani che vivono in comuni sotto i 5.000 abitanti. È emerso che molti pensionati si sentono più soli a seguito della diminuzione del numero dei portalettere che periodicamente si recava a casa loro a recapitare lettere, cartoline, pensioni o pacchi. Non era necessario che il destinatario fosse l’anziano stesso ma anche qualche vicino di casa. Ma l’occasione era sempre buona per scambiare due parole. Un buon 56% rimpiange la presenza di questa figura sparita anche a causa del taglio di un centinaio di uffici postali sul territorio nell’ultimo decennio. Il portalettere offriva l’occasione di parlare di notizie, pensioni, sicurezza, politica, figli e nipoti e anche di acciacchi. Secondo la ricerca tra le figure ‘professionali’ che nei paesini avevano una funzione sociale e che andavano a esercitare fino a qualche anno fa il lavoro anche a domicilio e sono più rimpianti ci sono: il lattaio 27%, il fruttivendolo 18%, il panettiere 16%, il giornalaio 15%, il parrucchiere 13% e il sacerdote o la suora 11% che facevano visita spontanea.

Ora sta venendo meno anche il portalettere. Ma l’azienda City Poste Payment non ha rinunciato alla figura del portalettere. “Purtroppo non si può invertire la tendenza ma è anche vero che nessuno vuole più fare questo lavoro e meno che mai andare in bellissimi ma sperduti paesini dell’Italia soprattutto al Centro e al Sud. Il problema è che” – come spiega Bachisio Ledda, a capo di City Poste Payment, – “per colpa del reddito di cittadinanza non trovo più chi vuole lavorare, c’è il rischio concreto che siano disertati i colloqui di lavoro. Con questo provvedimento non c’è più convenienza a cercare un impiego. Il timore concreto è che i famosi 780 euro (contributo massimo previsto), portino in dote un effetto dissuasivo nella ricerca di lavoro, soprattutto nei lavori a basso reddito. Il rischio è che si disincentivi la ricerca, come per gli impieghi part-time”, – conclude Bachisio Ledda.

Ma perché il portalettere suscitava simpatia e fiducia? Secondo la ricerca con il tempo i ‘destinatari’ imparavano a conoscerli e i portalettere, a loro volta, oltre ad avere dimestichezza dell’area di consegna nei piccoli comuni, conoscevano anche chi ci abitava e se altri famigliari vivevano allo stesso indirizzo. Se il destinatario si trasferiva sapevano persino dove andare a recuperarlo. Spesso veniva offerto loro il caffè perché il portalettere diventava un punto di riferimento a cui a volte chiedere anche delle informazioni o semplicemente ci si sfogava.”




Salute mentale: il progetto Itaca Bologna non lascia nessuno indietro

Nasce sotto le Due Torri l’associazione Progetto Itaca Bologna – odv (organizzazione di volontariato) che si prefigge lo scopo di attivare iniziative di informazione, prevenzione e supporto rivolte a persone affette da disturbi della salute mentale e alle loro famiglie, in collaborazione con la rete delle istituzioni mediche e del privato sociale del settore. L’associazione, costituita da volontari e senza scopo di lucro, si ispira a Progetto Itaca Onlus, nata a Milano nel 1999 e diventata l’organizzazione italiana più attiva e dinamica in questo campo. Nel luglio 2012 nasce Fondazione Progetto Itaca con il compito di coordinare il network delle 12 associazioni locali: Milano, Roma, Firenze, Palermo, Genova, Parma, Napoli, Catanzaro – Lamezia, Padova, Lecce, Torino e Rimini.

Per l’occasione si terrà sabato 26 ottobre 2019 alle 10.30, nell’aula Centro Congressi Belmeloro in Via Andreatta 8, la conferenza “Progetto Itaca – la persona al centro e una rete per la Salute Mentale”.

La conferenza è moderata dal prof. Domenico Berardi, direttore Scuola di specializzazione Psichiatria – Università di Bologna; introduce Marilena Pillati, Vicesindaco di Bologna.

Interverrà Angelo Fioritti, Direttore Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’AUSL Bologna, e i relatori di Progetto Itaca saranno: Ughetta Radice Fossati, Segretario Generale della Fondazione Progetto Itaca Onlus e Francesco Baglioni, Direttore dell’Associazione Progetto Itaca Onlus di Milano.

L’iniziativa, voluta da Fondazione Progetto Itaca Onlus, con il patrocinio del Comune di Bologna e della Città Metropolitana di Bologna e la collaborazione del Centro Servizi Volontariato VOLABO di Bologna, del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna e dell’AUSL di Bologna, ha lo scopo di promuovere attenzione e sensibilità ai problemi di chi soffre di disturbi psichiatrici e di informare sulle iniziative che Progetto Itaca vuole avviare anche a Bologna

Del comitato esecutivo fanno parte: Gabriella Bassi Calletti, Marina Orlandi Biagi, Giuliana De Faveri Cavazza, Antonella Dolcetta Golinelli, Donatella Ferretti Mattioli, Marina Senin Forni, Michela Rapetti Garagnani, Grazia Gazzoni Frascara, Barbara Vancini Ruffo, Alberica Theodoli Pascale, Annapaola Tonelli, Elisa Zoppelli Vico.




Marsala, il cimitero si rifà il look

Sono iniziati Lunedì e sono ancora in corso gli interventi di scerbatura nel Cimitero di Marsala. L’impresa aggiudicataria del servizio – dopo avere sistemato e ridato decoro a diverse aiuole – in atto è impegnata nel campo delle inumazioni. “I lavori per il verde riguarderanno l’intera area cimiteriale – sottolinea l’assessore Andrea Baiata che, ieri, ha effettuato un primo sopralluogo; mentre con altro appalto si stanno realizzando anche opere murarie e manutenzioni edili. Altri interventi, infine, riguarderanno la pulizia straordinaria anche all’esterna del Cimitero, in prossimità dell’ingresso di via Dante Alighieri”. In collaborazione con l’Energetikambiente poi, nell’imminenza dell’1 e 2 Novembre – giornate in cui aumentano notevolmente le visite ai defunti – si procederà alla consueta pulizia generale del Cimitero. A tal fine, un apposito provvedimento sindacale ne ha disposto la chiusura per Martedì 29 e Mercoledì 30 Ottobre; mentre Giovedì 31 l’ingresso ai luoghi di sepoltura sarà consentito solo nella mattinata, dalle ore 8 alle 13 (pomeriggio chiusura).




Paliano: 6 milioni per una nuova scuola

Sei milioni di euro per la costruzione di una nuova scuola a Paliano, che possa sostituire il vecchio plesso di Via Fratelli Beguinot e ospitare in una struttura moderna, adeguata ed efficiente, gli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado della città: un nuovo finanziamento per l’edilizia scolastica di Paliano, dunque, ottenuto grazie all’accesso in graduatoria al decreto “Sisma 120” del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e annunciato dal sindaco Domenico Alfieri durante la sessione dedicata alle comunicazione nel consiglio comunale tenutosi ieri, 22 ottobre, presso il Teatro comunale Esperia.
«Grazie a questi nuovi, ingenti fondi – ha dichiarato il sindaco Domenico Alfieri – frutto dell’impegno dell’amministrazione e dei tecnici comunali, garantiremo ai nostri figli una grande opera pubblica, pienamente fruibile e in regola con le più stringenti norme antisismiche, ideata per costruire un solido futuro ai palianesi di domani, fondato sul valore imprescindibile dell’istruzione. Finalmente una nuova scuola».
«In un momento in cui gli investimenti pubblici nelle strutture scolastiche
risultano carenti, qui a Paliano riusciamo a porci in controtendenza, riuscendo a trovare nuove risorse grazie al lavoro quotidiano dei nostri uffici. La nuova scuola di Paliano sarà un’opera destinata a segnare uno spartiacque tra passato e futuro, e offrirà ai nostri ragazzi un luogo all’avanguardia dove crescere e apprendere in piena sicurezza». Queste le parole dell’assessore alle Opere pubbliche, Federico Fiore.
«La costruzione di un nuovo plesso scolastico – è stato il commento
dell’assessore alle Politiche scolastiche, Eleonora Campoli – oltre che una grande opportunità di crescita per tutta la nostra comunità, rappresenta il segno tangibile di una volontà amministrativa che mira a risolvere nel concreto le problematiche più importanti per le famiglie, come assicurare luoghi protetti e sicuri per i nostri figli».




Nemi, 10 mila euro a una famiglia indigente per affittare un villino… a Rocca di Papa: 3 piani, 4 bagni e un castagneto privato

NEMI (RM) – Quella che vogliamo raccontare è una gran bella storia come non se ne sentono molte ai giorni d’oggi. I servizi sociali al Comune di Nemi funzionano meglio che in Svizzera. Prima ci si accontentava di tre cuori e una capanna, oggi la musica è cambiata.

Il protagonista è il Comune di Nemi la cui area Servizi Sociali ha scongiurato l’ipotesi che una famiglia con tre bambini potesse “vedersi privata dei propri diritti” come frequentare con regolarità la scuola e servirsi dei servizi scolastici accessori, vivere insieme ai genitori e in una casa idonea alle loro esigenze).

In concreto i servizi sociali hanno trovato una abitazione a questa famiglia residente a Nemi che stava per essere sfrattata. Non è il primo aiuto che i servizi sociali danno loro.

Già con determinazione n.126/2019 al nucleo familiare era stato concesso un primo contributo straordinario di €500,00 per soddisfare le immediate necessità dei minori.

Ebbene il Comune di Nemi si è attivato immediatamente chiedendo contributi economici, tant’è che la direzione regionale ha concesso la somma di € 8.500,00 e il Comune di Nemi di 1.500,00 euro per un valore complessivo di dieci mila euro. Una cifra importante che è servita alla famiglia per trovare una bella casa, anzi non una casa ma addirittura un villino, anche se con contratto per 18 mesi (dal 20 giugno 2019 al 19 dicembre 2020) e anche se in un altro Comune e cioè a Rocca di Papa.

QUESTA LA DETERMINA [CLICCARE PER LEGGERE]

QUESTO IL CONTRATTO [CLICCRE PER LEGGERE]

Si Rocca di Papa con cui Nemi ha comunque già un legame per il fatto che il Comandante Gabriele Di Bella dirige anche il comando della municipale rocchegiana dopo la tragica esplosione del palazzo Comunale.

L’affitto non è certo dei più bassi, si parla di mille e cento euro al mese. Una sistemazione non certo sacrificata per una famiglia indigente date le caratteristiche: il villino è addirittura senza mobili che vanno comunque messi (o comprati o regalati la bella casa va ammobiliata). C’è un piano terra grande open space con angolo cottura, una camera , un bagno e il giardino. Al primo piano c’è un salotto, un’altra cucina , un bagno e giardino con portico, al secondo piano tre camere, due bagni e terrazza. Poi c’è anche un bel garage e un castagneto.

Le risorse reperite per questa famiglia indigente, per cui si è lieti che abbia trovato un bella sistemazione, non potevano essere ripartite per più nuclei familiari con un ridimensionamento delle spese? Anziché un villino a mille e cento euro al mese non si sarebbe potuto trovare un appartamento spazioso a 800 euro nel comune di residenza che è Nemi? Non sarebbe stato meglio che la famiglia rimanesse a Nemi che ha una scuola vicino ed è il territorio che elargisce l’aiuto economico? Se tutte le famiglie in difficoltà e con uno sfratto sul groppone si ritrovassero spesato l’affitto di un villino con 4 bagni, due cucine, salotti, terrazza, giardino, garage e persino un castagneto allora in questo comune dei Castelli è certo, si sta meglio che in Svizzera.

Che il Comune voglia fare concorrenza al reddito di cittadinanza dei pentastellati? Ironia a parte, la realtà a volte lascia a bocca aperta. E questa storia non è affatto fantastica. In allegato all’articolo i documenti direttamente scaricabili.




Sociale, Cangemi: “Seconda edizione No Bulli Cup, vince il gioco di squadra”

In campo per dire no al bullismo:
108 atleti delle scuole calcio di SS Lazio, AS Roma e Frosinone Calcio hanno
disputato il Trofeo No Bulli nell’ambito della campagna di contrasto al
bullismo e al cyberbullismo ‘No Bulli’ promossa dal vice presidente del
Consiglio regionale del Lazio, Giuseppe Cangemi, insieme alle tre società di
calcio professionistiche.

Dopo la prima edizione della No
Bulli Cup, organizzata dalla AS Roma nel maggio scorso, sabato 12 ottobre il
secondo appuntamento promosso dalla SS Lazio presso il centro Sportivo Armata
del Mare per un’altra giornata di sport e gioco all’insegna della cultura del
rispetto.

Nove le squadre che hanno
partecipato al mini torneo guidate dai responsabili delle scuole calcio,
Stefano Pasquinelli (SS Lazio) che ha curato l’organizzazione dell’evento,
Mirko Manfré (AS Roma) e Luigi Lunghi, presidente della Academy Calcio
Frosinone. In campo per i biancocelesti SS Lazio, ASA e Campus Eur; per i
giallorossi AS Roma, Acquacetosa e Salaria Sport Club e per i gialloblu
Frosinone Calcio, Accademia gialloazzurri e Academy Ferentino. Dopo la sfilata
di presentazione, i piccoli calciatori si sono scatenati sul tappeto verde
dell’Anfield Road, del Camp Nou e del Parco dei Principi sostenuti dal tifo
entusiasta e divertito delle tante famiglie presenti.

Al termine dei triangolari, a
tutte le formazioni è stata consegnata la coppa No Bulli e la maglia No Bulli
in ricordo della giornata.

“Ancora una volta ha vinto il
gioco di squadra ha commentato Cangemi durante le premiazioni – La campagna ‘No
Bulli’ sta diffondendo tra i giovani un messaggio forte contro il bullismo e,
per questo, ringrazio ancora una volta Lazio, Roma e Frosinone per aver accettato
di condividere con noi questo percorso di educazione rivolto ai bambini delle
scuole calcio. Non solo quelli delle tre società, che giocano con il logo No
Bulli sulle maglie ufficiali, ma anche i tanti calciatori in erba che
coinvolgiamo con queste ulteriori iniziative. Un contagio positivo contro
qualsiasi forma di prepotenza e a beneficio del rispetto reciproco sul campo,
negli spogliatoi, a scuola e più in generale nella vita”.

Prossimo appuntamento della
campagna No Bulli sui campi del Frosinone Calcio.




Libere professioni, presentata alla Camera la mozione di Fratelli d’Italia. Cuccioletta: “Tutelare i giornalisti nell’esercizio della loro professione”

E’ stata presentata ieri in conferenza stampa
alla Camera dei Deputati la mozione per le Libere Professioni alla presenza del
Presidente di FDI Giorgia Meloni, del Presidente Gruppo Parlamentare alla
Camera dei Deputati Francesco Lollobrigida e del Presidente Gruppo Parlamentare
Senato della Repubblica Luca Ciriani.

La conferenza stampa, introdotta dalla
coordinatrice nazionale del dipartimento professioni di FDI Marta Schifone, ha
illustrato in modo puntuale tutti e 21 punti della mozione.

Giorgia Meloni ha espresso grossa soddisfazione
per il lavoro svolto dal dipartimento, sottolineando che oggi l’unico partito
che si occupa dei problemi dei liberi professionisti e del “popolo delle
partite IVA” è FDI.

In particolare ha sottolineato l’importanza di tre mozioni in particolare: quella volta ad adottare iniziative per applicare una “flat tax” al 15 per cento sugli incrementi di fatturato prodotti dai liberi professionisti e dalle piccole e medie imprese con fatturato pari o inferiore a 50 milioni di euro e con un numero di dipendenti pari od inferiore a 250, realizzati rispetto all’ultimo esercizio di bilancio e reinvestiti in economia reale; quella tesa ad intraprendere ogni opportuna iniziativa di carattere normativo atta a garantire la diffusa applicazione del principio dell’equo compenso per le prestazioni svolte da professionisti a favore delle pubbliche amministrazioni, grandi imprese, banche e assicurazioni, principio già contemplato all’articolo 13-bis della legge professionale forense, recepito nella legge di bilancio 2018 ed esteso anche alle prestazioni, per quanto compatibili, degli altri Ordini professionali di cui all’articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a tutti i liberi professionisti, indipendentemente dalla iscrizione o meno ad un ordinamento professionale, commisurato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto; quella volta ad adottare iniziative per sospendere l’obbligo di emissione della fattura elettronica per tutti i soggetti privati non esenti fino al 1° gennaio 2022.

“Personalmente ritengo che il lavoro svolto attraverso numerose audizioni ed incontri con tutte le categorie professionali abbia prodotto 21 mozioni di fondamentale importanza – dichiara Roberto Cuccioletta Coordinatore Regionale Dipartimento Professioni di FDI – ma che devono rappresentare – prosegue – il punto di partenza di un lavoro ancora più ampio ed impegnativo. Dal punto di vista tecnico ritengo importantissima la mozioni e sul già citato “equo compenso”, ma non meno importanti sono quella relativa a prevedere specifiche iniziative finalizzate alla revisione dei compensi per i consulenti tecnici di ufficio ausiliari della giustizia, la cui tariffazione è ancora regolata dal Testo unico sulla giustizia che richiama la legge n. 319 del 1980, obsoleta sia nel testo che nei contenuti, tenendo conto che attualmente gli onorari sono commisurati al tempo impiegato dai professionisti a svolgere l’incarico e valutati poco più di quattro euro l’ora e quella di importantissima valenza sociale relativa ad adottare iniziative per predisporre un Testo unico sull’abbattimento delle barriere architettoniche e sull’accessibilità, anche d’intesa con la rete delle professioni tecniche e con le rappresentanze interessate del terzo settore, perché oggi esistono una serie di norme tra di loro non coordinate e obsolete. Per quanto concerne i giornalisti – prosegue Cuccioletta – non posso non mettere in evidenza la mozione volta a tutelare i giornalisti, nell’esercizio della loro professione, dai sempre più frequenti episodi di intimidazione ed aggressione, per salvaguardare la libertà di informazione così come garantita dalla Carta costituzionale. Il mio lavoro, come coordinatore regionale del dipartimento, dovrà vedermi ancora più impegnato, quindi, a raccogliere tutte le istanze che nascono dal territorio, a partire dai più piccoli comuni, al fine di tradurre in altre azioni di tutela di tutti i professionisti, anche quelli non afferenti a specifici ordini professionali, anche perché questi ultimi due governi sembrano più impegnati a tutelare chi non vuole lavorare o chi vuole andare in pensione prima piuttosto di tutti quegli italiani che lavorano ogni giorno senza alcuna certezza del proprio futuro.”