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Costume e Società

7 maggio 1973, l’Arma dei Carabinieri conquista la vetta dell’Everest

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Nel 49° anniversario dell’incredibile impresa, resta impressa nella memoria di ogni italiano l’immagine della Bandiera issata ai confini del mondo

7 maggio 1973, esattamente 49 fa, venti anni dopo la prima conquista dell’Everest ad opera di Edmund Hilary, quella italiana fu la 7° spedizione a raggiungere la cima più alta del mondo.

L’impresa ebbe una risonanza mondiale e ne fecero parte anche cinque militari dell’Arma dei Carabinieri, il Capitano Fabrizio Innamorati, Comandante di Compagnia presso il Battaglione Carabinieri Paracadutisti di Livorno e i Carabinieri Ivo Nemela, Enrico Schnarf, Gualtiero Seeber e Giuseppe Cheney, provenienti dal Centro Addestramento Alpino di Selva di Val Gardena (BZ), componenti militari della I.E.E. (Italian Everest Expedition), insieme ad altri componenti provenienti da “reparti di montagna” per un totale di 54 militari (dei quali 33 alpinisti) e 11 civili.

La selezione dei partecipanti alla spedizione, articolata in colloqui psico-attitudinali, esami clinici e valutazione fisiologica, fu altamente complessa e il 21 febbraio iniziò finalmente la marcia di avvicinamento al campo base, a quota 5.365 mt. s.l.m..

La Spedizione partì in aereo alla volta del Nepal tra la seconda metà di gennaio e i primi di febbraio 1973. Venne organizzata dal Ministero della Difesa, che fornì il supporto logistico, le attrezzature, i mezzi di trasporto (aerei ed elicotteri) e di collegamento.

Il Capitano dei Carabinieri Fabrizio Innamorati

Al Capitano Innamorati era stata affidata anche la direzione dei rifornimenti e dei trasporti. E proprio l’opera di rifornimento, lenta ma costante, fu il presupposto indispensabile per il buon esito dell’operazione.

Le prime difficoltà si presentarono a causa delle intense nevicate che rallentavano il cammino e per una pesante defezione dei portatori originata dalle persistenti avverse condizioni del tempo che, peraltro, impedirono il regolare, prezioso apporto degli elicotteri.

Non mancarono i sintomi tipici della prolungata permanenza ad alta quota col determinarsi di diffusa insonnia e inappetenza.

Solo il 28 marzo ebbero inizio le salite alle alte quote e, tre giorni dopo, il nucleo, composto dai militari dell’Arma, impiantò il campo base avanzato a quota 6.950 m, effettuando la prima prova di respirazione con bombole d’ossigeno.

L’attestazione del successo della spedizione si ebbe il 5 maggio, con il raggiungimento della vetta di 8.848 m da parte della prima cordata. Il 7 maggio, alle ore 13 locali, anche il Cap. Innamorati raggiunse la vetta con due alpinisti ove piantò la sua piccozza cui era legato il Tricolore italiano. La sosta fu brevissima, pochi minuti di esultanza e di commozione, il tempo per fissare alcune immagini cinefotografiche, poi si riprese la via del ritorno. Prima di iniziare la discesa, il capitano Innamorati affidò alle nevi eterne dell’Everest una piccola riproduzione in peltro del cappello da carabiniere, la tradizionale “lucerna”.

Il successo dei singoli fu condiviso con il resto dei componenti la spedizione, perché tutti riuscirono a sperimentare l’alta quota restando incolumi, fatti salvi lievi principi di congelamento alle estremità per alcuni.

“… abbiamo incontrato una bufera … circa due ore fermi, bloccati a cento metri dalla vetta con un maggior consumo di ossigeno, naturalmente … correvamo il rischio di dover ripiegare per l’infuriare delle fortissime raffiche di vento … ma eravamo decisi a non cedere …” (da una intervista del Cap. Fabrizio Innamorati)

La montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio tempo e misura” – (Paolo Cognetti).

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Rai Gulp, “Le Cronache di Nanarìa”: La dislessia spiegata in una serie tv per ragazzi

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Da lunedi 3 aprile 2023 tutti i giorni alle ore 14.10 e 19.10 su Rai Gulp e in anteprima su RaiPlay dal 31 marzo 2023
 
 
 
Da lunedì 3 aprile 2023 arriva su Rai Gulp “Le Cronache di Nanarìa”, la prima serie tv rivolta ai giovanissimi che esplora l’universo della dislessia, prodotta da Rai Kids e Aurora tv,in onda tutti i giorni alle ore 14.10 e 19.10 su Rai Gulp e, in anteprima su RaiPlay dal 31 marzo 2023.
 
Nanarìa è Arianna, undicenne brillante e sognatrice, che inizia la prima media scoprendo che il problema che aveva incontrato nella scuola primaria ha un nome, dislessia: inizia così a conoscerlo e a comprenderlo. E piano piano ad accettarsi sempre di più.
 
La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) che si manifesta nella correttezza e/o nella velocità  di lettura. Ancora oggi, pur riguardando quasi 1 alunno per classe in Italia e circa 3 milioni di persone, è sorprendentemente poco conosciuto sia dai genitori che dai ragazzi, un disturbo invisibile spesso non diagnosticato in tempi adeguati. Una tardiva diagnosi non solo può compromettere la carriera scolastica, ma l’intero percorso di crescita dei ragazzi con il rischio di crisi di autostima e episodi di bullismo.
 
Èd è proprio quello che succede ad Arianna (Valentina Filippeschi), protagonista della storia, ragazzina brillante che alle elementari è stata perseguitata da “inspiegabili” problemi di rendimento, accompagnati dalle prese in giro di alcune compagne di classe. Attraverso un video diario la ragazza racconta il suo tragicomico ingresso alle medie con le disavventure scolastiche dovute anche al suo disturbo ma soprattutto la scoperta del corso di teatro, attività che sembrerebbe la meno indicata per lei… Ma è cosìche incontra l’estrosa Nora (Francesca Carrain), un’insegnante attenta e pronta all’ascolto, e alcuni meravigliosi compagni di viaggio con cui trova la forza per superare ogni difficoltà. Calcando il palcoscenico, fra improvvisazioni brillanti ed esercizi di immedesimazione, Arianna impara a esprimere tutto il suo potenziale di creatività e ad accettarsi: allora, l’errore che fa quando deve scrivere il proprio nome davanti a tutti, con un piccolo colpo di genio diventa un sofisticato nome d’arte: Nanaria.
 
“Le Cronache di Nanaria”, che gode del patrocinio di AID (Associazione Italiana Dislessia), non solo vuole informare e sensibilizzare su questa tematica con un linguaggio corretto e vicino ai ragazzi, ma anche superare lo stigma legato a questo disturbo dell’apprendimento, mettendo in scena con leggerezza ed ironia temi universali durante la crescita, come la scoperta e l’accettazione di sé e dell’altro, l’importanza della solidarietà e dell’amicizia, l’esplorazione delle proprie capacità e la scoperta dei propri talenti.
 
Sfondo delle avventure teatrali di Nanaria, una splendida opera del pittore Enrico Benaglia, artista contemporaneo che si è confrontato con una diagnosi tardiva di dislessia. Una sua opera impreziosisce il fondale del palcoscenico su cui si muovono i ragazzi, dandogli un’atmosfera magica e sognante, rendendolo il luogo dove tutto è possibile, basta saper immaginare.
 
“Le Cronache di Nanaria” è una serie in 15 episodi da 25 minuti, diretta dal regista appena trentenne Matteo Gentiloni, che con la sua opera “Mollami” ha suscitato interesse con il racconto originale di un’adolescenza difficile. Con lui un cast di giovanissimi talenti tutti di età compresa fra i 13 e 14 anni.
 
Associazione Italiana Dislessia (AID) – www.aiditalia.org
 
AID – Associazione Italiana Dislessia – nasce nel 1997 con la volontà di fare crescere la consapevolezza e la sensibilità verso i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia, disortografia), che in Italia si stima riguardino quasi 3 milioni di persone. L’Associazione conta, oggi, 13.000 soci e 85 sezioni attive distribuite su tutto il territorio nazionale. AID lavora per approfondire la conoscenza dei DSA; promuovere la ricerca; accrescere gli strumenti e migliorare le metodologie inclusive a scuola e nel mondo del lavoro; affrontare e risolvere le problematiche sociali legate ai DSA.
 
L’Associazione è aperta ai genitori e familiari di bambini dislessici, agli adulti con DSA, agli insegnanti e ai tecnici (logopedisti, psicologi, medici).
 



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“Caccia all’uomo. Cesare Battisti una vita in fuga”: su Rai 3 la docufiction sul terrorista pluriomicida

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Saranno gli investigatori i protagonisti dell’indagine e dell’arresto a raccontare la lunga caccia a Battisti

Andrà in onda il 1° aprile in prima serata su Rai 3 “Caccia all’uomo. Cesare Battisti una vita in fuga”, la docufiction coprodotta da Rai Fiction e Indigo Stories per la regia di Graziano Conversano che racconta la fine della fuga lunga trentasette anni e l’arresto dell’ex terrorista pluriomicida Cesare Battisti.

Una grande “caccia all’uomo”, frutto di una operazione internazionale che grazie alla costanza della Polizia di Stato e alla collaborazione delle forze dell’ordine boliviane, ha così reso giustizia alle vittime e ai loro parenti, con la condanna all’ergastolo in via definitiva in Italia, per quattro omicidi compiuti negli anni Settanta.

Trentasette anni tra Europa e Sud America, polemiche, intercettazioni e pedinamenti, durante i quali Battisti ha sempre trovato il modo di sottrarsi alla giustizia. Fino al 12 gennaio del 2019. Viene arrestato a Santa Cruz de la Sierra da una squadra speciale dell’Interpol formata da poliziotti italiani e boliviani. Al momento del fermo ha 64 anni, era in fuga più o meno dal 13 dicembre, quando la Corte Suprema del Brasile, paese in cui viveva dal 2004, ne aveva ordinato l’arresto in vista di una possibile estradizione in Italia, negata in precedenza dall’ex Presidente Luiz Inácio Lula da Silva.

In Caccia all’uomo saranno gli investigatori i protagonisti dell’indagine e dell’arresto a raccontare la lunga caccia a Battisti: non solo strategia investigativa, tecnologia e mezzi innovativi, ma anche le emozioni di chi quotidianamente compie con abnegazione e grande professionalità il proprio mestiere nell’ombra. Una ricerca incessante, serrata e densa di colpi di scena per scovare il latitante in un territorio sconfinato del Sud America, con poche tracce da seguire, fatta da uomini e donne dello Stato abituati a lavorare lontano dai riflettori, con dedizione e spirito di gruppo.

Le testimonianze e le ricostruzioni dei poliziotti che hanno condotto le ricerche negli ultimi anni della sua clandestinità – Eugenio Spina, Giuseppe Codispoti, Emilio Russo e Cristina Villa – ci guidano in tutte le complesse fasi dell’operazione.

Caccia all’uomo ripercorre le contraddizioni dell’Italia degli anni di piombo, i complicati rapporti diplomatici tra i paesi coinvolti, ricostruisce le tante maschere e le mille vite di Battisti anche attraverso le testimonianze dei protagonisti di quegli anni e dei parenti delle vittime: Alberto Torregiani, figlio di Pierluigi Torregiani, il gioielliere ucciso in un agguato dei PAC perché ritenuto un “giustiziere di proletari”, e Maurizio Campagna, fratello di Andrea Campagna, il giovane agente della Digos freddato da cinque colpi di pistola alla schiena esplosi proprio da Battisti. E ancora, Arrigo Cavallina, l’ex terrorista fondatore dei Proletari Armati per il Comunismo, Michele Valsenise, ambasciatore d’Italia in Brasile tra il 2004 e il 2009, lo storico Alessandro Giacone, i giornalisti Giovanni Bianconi e Carlo Bonini.

A corredo della narrazione materiale esclusivo fornito dalle forze dell’ordine: interviste agli investigatori e documenti che ricostruiscono la storia criminale di Cesare Battisti e la sua latitanza.

Caccia all’uomo. Cesare Battisti una vita in fuga è prodotto da Rai Fiction e Alessandro Lostia per Indigo Stories. Regia di Graziano Conversano; soggetto e sceneggiatura Giovanni Filippetto e Jan Ronca; direttore della fotografia Luigi Montebello; scenografia Barbara Vandi, Emanuela Rota; costumi Daniela Guastini; montaggio Michele Castelli; musiche Giorgio Spada; casting My casting; aiuto regia Adriano Candiago; fonico Davide Pesola; direttore di produzione Luca Guerra; produttore esecutivo Andrea Magnaschi; produttore RAI Lorenza Bizzarri.

Cast artistico: Andrea Cagliesi (Cesare Battisti); Alessandra Cheli (Cristina Villa); Martino D’Amico (Emilio Russo); Rosario Terranova (Giuseppe Codispoti).

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Castelli Romani

Colonna, un borgo pieno di strade dedicate alle donne

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Il Comune ha deciso di cambiare la toponomastica per ben sei vie cittadine e contrastare così la forte disparità di genere

Ci sono storie di donne che hanno contribuito a rendere ricca di valori la società. Vanno ricordate e il fatto che esistano amministrazioni talmente sensibili da intraprendere un percorso virtuoso in questa direzione è qualcosa che dona speranza e desiderio di coltivare ancora quei valori che un tempo erano molto floridi. Ci sono sei strade dedicate alle donne che si sommano alle altre quattro già esistenti . È  nel piccolo borgo di Colonna ai Castelli Romani che il Comune ha deciso di cambiare la toponomastica per ben sei vie cittadine e contrastare così la forte disparità di genere che, censimento alla mano, esiste nelle titolazioni. 

Da oggi nella cittadina che conta poco più di 4 mila abitanti, troveremo via Rosalia Marazzano, la storica levatrice di Colonna e poi via Rita Atria, la collaboratrice di giustizia che si uccise pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio e via Eunice Kennedy, figlia della famiglia stanutitense Kennedy impegnata nel sociale e nella disabilità e fondatrice di Special Olympics.

Oltre a queste tre grandi donne le cui storie sono ricche di valori, ci sono tre strade che omaggiano tutte le lavoratrici della terra di Colonna, terra ricca di vigneti e di uliveti: via delle Sermentatrici, via delle Scacchiatrici e via delle Legatrici: «Ci alzavamo alle quattro e andavamo nei campi – ha raccontato una donna di 96 anni –oggi i ragazzi che fanno i vandali dovrebbero andarea lavorare in campagna per capire bene il valore della vita». 

Sabato alla presentazione di queste sei nuove strade c’è stata una grande partecipazione da parte della comunità colonnese, donne e uomini del territorio che hanno apprezzato: «Ci siamo mossi – ha detto il sindaco Fausto Giuliani – ancor prima che l’Anci esortasse in maniera virtuosa i Comuni a dedicare tre aree a tre donne, una di rilevanza locale, una nazionale e una straniera. Noi questo percorso lo abbiamo già intrapreso diverso tempo fa, oggi abbiamo cambiato la toponomastica di sei strade e possiamo raccontare le storie delle donne che abbiamo scelto».

E  l’assessora alla Scuola e Pari Opportunità Valeria De Filippis insieme all’assessora alla Cultura Serena Quaglia hanno aggiunto: «Il nostro percorso teso a colmare il divario di genere – dice – non si esaurisce con questa iniziativa perché intraprenderemo prossimamente un progetto con le scuole per titolare alcune classi alle donne costituenti».

Chi era Rosalia Marazzano? La levatrice del paese che tra il 1950 e il 1975 fece nascere a Colonna 625 bambini e bambine. Oggi la strada a lei intitolata si trova in pieno centro storico, sotto palazzo Colonna e ha sostituito una parte di via Della Madonnella che continua ad esistere. Una donna, tra le prime negli anni ’60  a prendere la patente, costantemente aggiornata e soprattutto empatica con le famiglie e con le donne che ha aiutato a partorire: «dare il nome di una strada alla levatrice del paese – ha detto l’insegnante Rossana Laterza dell’associazione Toponomastica Femminile – significa contribuire a dare una identità a questo luogo. La media di strade intitolate a donne va dal 3 al 5 per cento e sono in prevalenza sante, mentre quelle dedicate agli uomini sono circa il 40 per cento. C’è ancora molta strada da fare».

E poi l’assessora alla Cultura serena Quaglia ha fatto un passaggio su via Via Rita Atria, che si trova nella parte superiore di Colle Sant’Andrea: «È stata una testimone di giustizia – ha detto – che ha 17 anni si è tolta la vitauna settimana dopo che venne ucciso il magistrato Borsellino. Era una donna che ha deciso di mettersi contro la mafia e di credere nella giustizia».

Via Eunice Kennedy prende una parte di via Colle Sant’Andrea di Sopra e un pezzo di via dei Mattei: «Una donna che ha fatto la differenza per le persone con disabilità intellettive – hanno detto l’insegnante Gabriella Giuliani e la responsabile di Special Olympics Silvia Merni – ha coltivato una cultura del rispetto e inclusione che passa anche per una pratica sportiva condivisa».  

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