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LUIGI BONAVENTURA: DALLA 'NDRANGHETA CROTONESE PASSA DALLA PARTE DELLA GIUSTIZIA

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Tempo di lettura 6 minuti Bonaventura: "Le posso dire che una parte della Chiesa non andrà mai a prendere il caffè a casa di un pentito".

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di Simonetta D’Onofrio

La mafia è un fenomeno complesso, le cui dinamiche si sono trasformate nel tempo. Le associazioni criminali hanno modificato il loro modo di operare, e hanno esteso il loro bacino d’influenza, tanto da non poter più identificare la singola organizzazione con la regione di appartenenza. Il raggio d’azione di mafia, ’ndrangheta o della camorra ha raggiunto e superato le regioni dell’Italia settentrionale, arrivando a colpire con azioni clamorose anche all’estero.
Ma non si può circoscrivere il pensiero sulle mafie solamente alle azioni malavitose, non dobbiamo limitarci a pensare il mafioso come appare in film come “Il Padrino”, o nella serie “La Piovra”. Oggi la mafia ha esteso il suo controllo nelle operazioni finanziarie, nella politica e negli ambienti societari che sembrano apparentemente meno legati al modus operandi degli “uomini d’onore”.

Anche il pentitismo ha dovuto evolversi, perché la società è cambiata rispetto ai tempi di Tommaso Buscetta, che tra i primi, negli anni Ottanta, ha svelato al giudice Falcone molte attività delle famiglie della “cupola”. Oggi i mass-media hanno azzerato le distanze, hanno creato una piazza virtuale su cui anche chi vuole far comprendere i motivi di una scelta certamente difficile, perché ritenuta infamante da quanti fino al giorno prima erano più vicini al pentito, cerca di far sentire la propria “voce”.
È questo il caso di Luigi Bonaventura, una volta esponente di spicco di una delle famiglie più note della ‘ndrangheta crotonese, che ha deciso di tagliare i ponti col passato, dissociandosi da una rete di amicizie, parentele e legami appartenenti alla ‘ndrangheta.
A suo favore è stata lanciata in Rete una petizione https://www.change.org/p/protezione-per-il-collaboratore-di-giustizia-luigi-bonaventura, che ha raccolto in poco tempo oltre 18.000 firme, adesioni a testimonianza del ruolo importante che ha avuto per la lotta alla mafia. Bonaventura ha deciso definitivamente di “cambiare vita” e con le sue confessioni e dichiarazioni ha permesso alle Procure d’Italia di stanare diversi intrecci presenti all’interno di una piaga come la mafia.
Con la raccolta delle firme si vuole sensibilizzare la società civile, la politica e le figure decisionali di questo Paese che un pentito e collaboratore di giustizia attivo deve avere alcune garanzie fondamentali per l’incolumità della sua vita. Infatti, per un pentito di primo piano come Bonaventura ci sono delle accortezze che dovrebbero essere sostenute e garantite in qualsiasi momento, perché è sempre suscettibile ad attacchi e vendette trasversali. Proprio per questo abbiamo intervistato il collaboratore di Giustizia, Luigi Bonaventura, per raccontarci la sua storia di pentito.

Com’è nata la petizione? Perché questa decisione?

La petizione è nata per dare voci a quanti sono nella mia stessa condizione e che non hanno trovato o avuto la possibilità di esternare i propri problemi, anche gestionali, che purtroppo subentrano durante un programma di protezione. Un’evoluzione che, passo dopo passo, si è trasformata, un'idea verso la ricerca di un cambiamento politico che può avvenire anche tramite una domanda semplice rivolta alla comunità digitale.
Anche in quest’ambito, purtroppo c’è il rovescio della medaglia, se così si può dire. Infatti, sono diverse le personalità e le peculiarità che intervengono all’interno di un programma di protezione. Anche in un’organizzazione criminale, troviamo i rubagalline, quelle stesse persone che all’interno della malavita, lavorando con la mafia e che con gli affari sporchi fatti con loro non avrebbero mai raggiunto uno” stato di benessere”, come quello che oggi lo Stato gli riconosce, con i diritti di legge, anche per la famiglia. Non è una cosa marginale questa differenza. Anche tra i pentiti ci sono quelli che giocano in serie A, in B e nelle divisioni regionali…C’è una bella differenza se un pentito aveva avuto nel suo passato un ruolo primario nell’’ndrangheta. Purtroppo, in questo caso raccoglie gente che ha fatto arrestare solo ladri di gallina, non c’è un giusto rapporto di equiparazione. La società questo lo deve capire…Oltretutto si va avanti su questa strada, anche se per combattere veramente la lotta alla mafia.
Diciamolo chiaramente, ancora oggi ci sono ancora tante, forse troppe che non vogliono estirpare la mafia. Non sono solo i mafiosi e i collusi a farla rimanere attiva. La mafia, come la intendo io, è una società per azioni, “La mafia S.p.A.”. Ognuno ci naviga dentro, in quest’azienda, grande e redditizia e, secondo delle azioni che si posseggono, c i si arricchisce abbastanza.

Quindi la mafia non si sconfiggerà mai? E’ solo un’utopia?

Non disco questo. Le parole di Falcone bisogna ripeterle sempre, in ogni momento. Lui lo diceva chiaramente: “ogni fenomeno umano è destinato a nascere e a morire”. L’utopia, poi, come parola la considero deleteria, penso che ogni volta che si pronunci non si desideri intenzionalmente far nulla. Per la specie umana nulla è impossibile, quindi anche la mafia può essere sconfitta. Siamo arrivati oggi, nel 2014 a un punto di non ritorno, paradossalmente se stiamo così ora, è ancora per questo motivo. Per sconfiggerla in Italia si dovrebbe raggiungere un picco massimo, considerare un’emergenza esponenziale, allora sì che qualcuno sarà costretto veramente a intervenire.


Parlare di mafia circoscritta al sud è ormai una definizione anacronistica. Tutte le mafie sono così diffuse nel territorio italiano?

In linea di massima sì, non si tratta di un fenomeno di questi ultimi anni. Se vogliamo fare una distinzione, possiamo considerare solo “Cosa nostra” diversa dalle altre, di tipo federalista, presente nella Sicilia occidentale…
Oggi la politica, in particolare, si stupisce se si afferma che la mafia nel Nord sia molto fluida, ma sono quarant’anni che esiste là, non è un anno, sono tanti anni che è radicata nel Settentrione. Anzi si è internazionalizzata. Come non ricordare la strage di Duisburg, quelli che venivano dalla faida di S. Luca. La strage di Ferragosto in Germania avvenuta il 15 agosto 2007, è un fatto unico, non solo perché è avvenuto davanti a un ristorante italiano “Da Bruno”, ma è stato un atto che di legittimazione della ‘ndrangheta europea. Anche se c’è stata una risposta mediatica da parte dei media, anche allora alcuni apparati deviati preferirono ridimensionare l’accaduto.
 

Ritorniamo alla petizione in suo favore. In questo momento in Italia c’è tanta crisi, il lavoro che non c’è, le famiglie indebitate, le aziende che chiudono giornalmente. Una piaga diffusa. Che senso ha mobilitarsi a favore di un pentito?

La gente si dovrebbe mobilitare per quello in cui crede realmente, ognuno deve lottare per il proprio settore. Io non chiedo soldi, aumento di stipendio, cose in più. Proteggere un ex-mafioso, significa anche agire sull’economia, un “valore aggiunto” al sistema paese. Intervenire direttamente in alcuni campi “comprometterebbe” positivamente il sistema-paese. Io attualmente prendo dallo Stato circa 1.500 euro al mese, ma sono tutti giustificati questi soldi. Consideri che collaboro con undici Procure in tutta Italia e una straniera, compresa la Direzione Antimafia. Ripeto non sto attaccando lo Stato. Forse per qualcuno non sono motivati, per quello che ho fatto in passato, ma adesso ho intrapreso un altro cammino. Collaborare per sconfiggere la mafia significa anche attenuare il livello di crisi che stiamo vivendo, se poi vogliamo entrare nel merito della mia storia personale, sono un collaboratore volontario; se per qualcuno siamo troppo onerosi al Paese, allora non vi servite dei collaboratori di giustizia.
 

Le 18.000 mila firme stanno a significare che c’è qualcosa che non va nel sistema in generale, il punto da scardinare è l’apparato che circonda lo Stato. Una parte della politica collusa, uomini a essa legati come Cosentino, Dell’Utri, Scaiola, non vogliono che la mafia sia debellata. Ci chiediamo il perché?

Questa petizione serve anche a questo, cioè andare contro questa parte oscura che tutt’oggi “lavora” in Italia.
Anche sotto l’aspetto organizzativo, i programmi di protezione sono da rivedere. Mi spiego meglio. Appena sono entrato nel programma, mi hanno trasferito a Termoli, vicino ad altri appartenenti alla Sacra Corona Unita e ho trovato anche alcuni miei compaesani crotonesi. Poi stavo a due passi dalla camorra. Questa è la situazione, io sono costretto a certe restrizioni e sarebbe meglio osservarle bene queste cose. Se mi chiede se ero felice quando ero mafioso, come posso risponderle? Sono nato in una famiglia mafiosa e ne sono uscito, sono felice di essere così. L’ho fatto soprattutto per i miei figli e non me ne pento.
 

I figli cosa ne pensano?

I miei due figli, due suoceri, una moglie, due cognati tutti sotto protezione. Ho spezzato una catena, sono orgogliosi di ciò, anche se il loro destino è segnato dal passato così particolare che ha avuto il loro papà. Quando si nasce sotto mamma ‘ndrangheta, ci si affilia, vivi in un ambiente così blindato che non puoi andare da un’altra parte. Dove vai quando nella tua famiglia sei figlio di un ‘ndranghetista. I miei figli appartengono a questa nuova vita, una stella differente, non importa se oggi anche gli altri che mi sono vicino non mi credono. Io ho lottato per nuovi valori.
Cos’è un valore importante per la mafia? Ad esempio l’onore è avere prestigio tra la gente, nelle processioni religiose ci ferma qualche volta sotto la casa del mafioso importante di turno.
Sì, accade anche questo. Non tutta la chiesa è così, una parte, però legittima la mafia, o meglio l’atteggiamento mafioso, una parte della chiesa ripeto. Le posso dire che una parte della Chiesa non andrà mai a prendere il caffè a casa di un pentito.

Perché?

Loro, i mafiosi fanno benevolenza, danno le offerte, somme di denaro consistenti per far camminare la macchina religiosa. Apparentemente vanno anche da un mafioso che ha tre gradi di giudizio, solo perché devono redimire le anime del peccato. Anche nel mio paese molti mi avevano detto di non collaborare. Non importa se non sono più venuti a casa mia e se non verranno più, la mia coscienza mi dice che sto facendo la cosa giusta.

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Castelli Romani

Frascati: eletti i presidenti delle Commissioni Affari Istituzionali e Bilancio

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Eletti ieri i presidenti della Commissione Affari Istituzionali e della Commissione Bilancio, Patrimonio e Partecipate del Comune di Frascati, rispettivamente Maria, detta Emanuela, Bruni e Roberto Mastrosanti.

Una nuova elezione che segue le dimissioni, sembrerebbe senza alcuna motivazione, di Anna delle Chiaie e Marco Lonzi.

La Commissione Affari Istituzionali, da Statuto del Consiglio Comunale, spetta di diritto alle opposizioni che siedono a Palazzo Marconi che oggi erano rappresentate dalla stessa Emanuela Bruni, Roberto Mastrosanti, Anna delle Chiaie e Matteo Angelantoni con la sola assenza di Marco Lonzi.

Maria, detta Emanuela, Bruni

All’unanimità dei presenti viene eletta la dottoressa Bruni, già candidata sindaco nel 2021 del centro destra Frascatano: un curriculum vitae che spazia dalla carriera giornalista, a ruoli istituzionali – la prima donna a presiedere il cerimoniale di Palazzo Chigi – ed, attualmente, consigliere del CdA del MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo.

Roberto Mastrosanti

Per la Commissione Bilancio, Patrimonio e Partecipate viene eletto, sempre all’unanimità dei presenti compresi i capogruppo dei partiti di maggioranza di Palazzo Marconi, l’avvocato Roberto Mastrosanti, già sindaco della città: una regola non scritta, ma sempre rispettata dall’assise tuscolana, attribuisce sempre alle opposizioni tale presidenza in virtù del fatto che trattasi, pur sempre, di una commissione di controllo.
Si ricuce così il rischio di un blocco dell’attività politica del Consiglio Comunale.
A caldo il commento del commissario cittadino di Forza Italia, nonché membro della segreteria provinciale, il dottor Mario Gori: “Eletti due consiglieri comunali con grande esperienza Amministrativa ed Istituzionale, oltre che stimati professionisti, che, sicuramente, eserciteranno le loro funzioni nell’interesse della collettività”. Si aggiunge poi, nella serata, dalle pagine Facebook, il commento della Lega Frascati che oltre ad augurare un “buon lavoro” ai neoeletti scrive: “su queste commissioni parta un percorso di costruzione di una alternativa politico-amministrativa all’attuale giunta a guida PD”.

Ai neo presidenti auguriamo un buon lavoro.

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Ambiente

ANBI, trasparenza e sicurezza lavoratori: Consorzi di Bonifica bresciani primi firmatari protocollo con Prefettura

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Massimo Gargano: “E’ il nostro, fattivo contributo a far sì che il 1 Maggio non sia mera celebrazione della Festa dei Lavoratori, ma impegno quotidiano”
 
“E’ un impegno concreto non solo per la trasparenza nell’utilizzo di risorse pubbliche, ma anche per il controllo sull’osservanza rigorosa delle disposizioni in materia di collocamento, igiene, sicurezza sul lavoro, tutela dei lavoratori sia contrattualmente che sindacalmente: temi di drammatica attualità e su cui ribadiamo la nostra, massima attenzione in tutta Italia.”
 
Ad affermarlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), annunciando la  firma del Protocollo di Legalità per la Prevenzione dei Tentativi di Infiltrazione della Criminalità Organizzata negli Appalti Pubblici tra il Prefetto di Brescia, Maria Rosaria Laganà ed i Presidenti dei locali Consorzi di bonifica, Luigi Lecchi (Cdb Chiese) e Renato Facchinetti (Cdb Oglio Mella).
 
I due enti consortili sono impegnati nella realizzazione di importanti opere per la gestione dell’acqua, grazie alle risorse pubbliche, stanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (P.N.R.R.), nonchè da fondi nazionali e regionali; da qui l’esigenza di salvaguardare la realizzazione delle opere da possibili tentativi di infiltrazione da parte di gruppi legati alla criminalità organizzata, in grado di condizionare le attività economiche.
 
Come strumento efficace, per conseguire gli obbiettivi di tutelare la trasparenza nelle procedure concorsuali di appalto, è stato esteso l’obbligo di acquisire le informazioni antimafia prima della sottoscrizione dei contratti, che vedranno l’inserimento di precise clausole nel merito.
 
“Mai come ora devono essere rafforzati gli strumenti di prevenzione antimafia ed anticorruzione salvaguardando, al contempo, l’esigenza di assicurare certezza e celerità nell’esecuzione dei lavori pubblici” dichiara il Prefetto, Laganà.
 
La sottoscrizione del Protocollo di Legalità nasce su iniziativa dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) e vede i Consorzi di bonifica bresciani tra i primi firmatari.
 
“L’atto sottoscritto a Brescia conferma l’impegno dei Consorzi di bonifica ed irrigazione per la trasparenza e la prevenzione dei tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata: ora sono ampliate le informazioni antimafia nei bandi di gara e viene rafforzata la vigilanza sulla sicurezza dei lavoratori. E’ il nostro, fattivo contributo a far sì che il 1 Maggio non sia mera celebrazione della Festa dei Lavoratori, ma impegno quotidiano” dichiara Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
 
Con il Prefetto, i Presidenti dei Consorzi di bonifica “Chiese” ed “Oglio Mella” hanno condiviso anche la necessità di proseguire gli investimenti dedicati alle infrastrutture idriche, indispensabili all’intera provincia sia per l’irrigazione, sia per la salvaguardia di un territorio idrogeologicamente fragile.
 
Privo di virus.www.avast.com



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Politica

Pescara, convention FdI: Meloni annuncia candidatura alle europee

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Il colpo di teatro arriva solo alla fine: perché la candidatura in tutte le circoscrizioni era oramai più che scontata ma lei chiede anche di scrivere sulla scheda “solo Giorgia, il mio nome di battesimo” perché “io sarò sempre e solo una di voi, una del popolo”.

Lo dice Giorgia Meloni dopo quasi un’ora di comizio, tra una battuta e l’altra pure sulle sue condizioni, “sull’ottovolante” per gli otoliti.


Lanciando non solo la campagna elettorale di Fratelli d’Italia per le europee ma anche la sfida a pesare il suo consenso personale, dopo un anno e mezzo alla guida del governo.
La premier dal palco vista mare di Pescara chiama il suo popolo al plebiscito su di sé (‘Giorgia Meloni detta Giorgia” sarà la dicitura sulla lista che consentirà di indicare come preferenza solo il nome) mentre in platea la ascoltano “l’alleato fedele” Antonio Tajani, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi.

Matteo Salvini, come annunciato all’ultimo, non c’è e fa solo una comparsata, collegato per strada, da Milano. “Ci ha preferito il ponte”, dice lei a metà tra lo scherzo e la punzecchiatura. Per poi infilarsi in 73 minuti di discorso in cui ripercorre la storia di Fratelli d’Italia, ricordando che alle scorse europee “mancammo di pochissimo il quorum del 4%” mentre ora il partito punta almeno a confermare quel 26% conquistato il 22 settembre scorso, che ha portato la destra al governo. Ora, è l’Europa a essere “a un bivio” e tutti “devono essere pronti a fare la loro parte” sprona parlamentari e militanti la premier, che è anche presidente di Fdi e di Ecr, quei conservatori europei che, è convinta, saranno “strategici e fondamentali” nella prossima legislatura Ue. L’impresa, “difficile ma non impossibile”, per Meloni, è quella di replicare a Bruxelles “il modello italiano” di una “maggioranza che metta insieme le forze del centrodestra” per “mandare all’opposizione la sinistra anche in Ue”.


“Mai con la sinistra” è il mantra, che serve a spazzare via, almeno per ora, le ipotesi di cedimenti dopo il voto, quando ci sarà da sedersi al tavolo delle trattative per i nuovi vertici europei. Anche perché – è il concetto che ripete da inizio anno la Meloni – un conto sono gli accordi per la Commissione, altro è una maggioranza stabile al Parlamento europeo.


Intanto, archiviata la conferenza programmatica (quello che ironicamente anche nel ‘fantacongresso’ che circola tra i Fratelli d’Italia viene definito il ‘Giorgia beach party”, che dava parecchi punti in classifica a chi lo pronunciava) ora “c’è la campagna elettorale”. E i dirigenti del partito già hanno iniziato a organizzare i prossimi appuntamenti. Non essendo “la leader del Pd so che il partito mi aiuterà”, ha detto Meloni lanciando una delle tante stilettate a Elly Schlein, cui tuttavia dà il ruolo di avversaria. E se “Giorgia”, come ha detto lei stessa dal palco, in giro andrà poco perché vuole restare concentrata sull’attività di governo, toccherà alla sorella, Arianna Meloni, uscire di più dalle retrovie di qui al voto dell’8 e 9 giugno (un appuntamento per la responsabile della segreteria e delle tessere sarà quasi sicuramente al Sud, in Salento).


Per il resto la premier sfodera il classico armamentario da comizio, attacca Schlein chiamandola direttamente per nome ma anche il Movimento 5 Stelle quando parla del Superbonus come della “più grande patrimoniale al contrario” fatta in Italia. E poi la natalità che deve diventare centrale, la difesa delle origini “guidaico-cristiane” dell’Europa, il cambio di passo già impresso a Bruxelles sulle politiche green, sull’auto, sui migranti. E l’ennesima difesa di Edi Rama (e un attacco a Report) “linciato da quella che poi chiamano Telemeloni, solo perché ha aiutato l’Italia”.

Alla fine il saluto con Ignazio La Russa (che si è perso l’Inter per sentire la premier ma ha la partita “registrata” e poi corre a vedersi il secondo tempo) e niente pranzo sul lungomare, dove pure la aspettavano. Non sta bene, sempre gli otoliti, dicono i suoi. “Se mi vedete sbandare – scherza lei dal palco – non vi preoccupate, cerco di stare ferma e ce la faccio”. Prima della frase più attesa: “Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di Fdi in tutte le circoscrizioni elettorali, se sopravvivo….”. 

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