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Zombie Army 4: Dead War, a volte ritornano

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Zombie Army 4: Dead War è il sequel della serie nata come spin-off del celebre Sniper Elite. Il titolo, sviluppato da Rebellion Developments e disponibile su Xbox One, Ps4 e Pc, per chi non lo sapesse, è un gioco ambientato durante la seconda guerra mondiale. Più precisamente, il gioco originale ha inizio proprio nel bunker di Hitler, al momento della disfatta, quando gli alleati hanno circondato Berlino e il terzo Reich sta per giungere al termine. Proprio in questo scenario Hitler dà il via al piano Z, ossia: far rinascere l’intero esercito del Terzo Reich sottoforma di potentissimi zombie grazie al potere di alcuni manufatti. Così, migliaia di soldati nazisti e fascisti riprendono vita e nel mezzo si formano anche mini-boss dalla potenza disumana. Lo stesso Hitler si trasforma in una creatura demoniaca, ma viene sconfitto da Karl Fairburne e dai suoi compagni. Zombie Army 4: Dead War ha inizio proprio qui, dopo le vicende dei primi 3 capitoli. Purtroppo nonostante gli sforzi congiunti per eliminare il Fhurer, le porte dell’Inferno avevano ormai vomitato ogni genere di mostruosità e la caduta di Hitler non è servita a fermare la loro avanzata. Qualcosa di misterioso mantiene le orde di zombi in questo stati di non-vita, una forza contro cui i sopravvissuti non pensavano di dover combattere ancora e, proprio su queste premesse, Rebellion ha sviluppato l’angosciante intreccio narrativo di Zombie Army 4: Dead War. Com’è facile intuire, la premessa narrativa diventa però ben presto una scusa per lanciarsi nei teatri di guerra, questa volta italiani e croati, e affrontare ondate di zombi e mostruosità che è necessario eliminare una volta per tutte. La caratterizzazione degli ambienti fa però emergere tutta la difficoltà degli sviluppatori nel saper dipingere i tratti distintivi del Bel Paese, e tra Milano, Venezia e Napoli non c’è davvero nulla che possa identificare in maniera chiara degli scorci che sarebbero potuti appartenere a qualunque altra nazione. Ad esclusione, ovviamente, dei soliti cliché che abbondano. Dal punto di vista del gameplay, la struttura di Zombie Army 4: Dead War non si distacca molto dagli altri episodi della serie e mantiene una progressione di gioco a compartimenti stagni, con zone franche a inframmezzare una continua mattanza realizzabile con armi da fuoco, trappole, esplosivi e qualche colpo corpo a corpo ben assestato. Tra fucili da cecchino, fucili a pompa, mitragliatrici e pistole, il giocatore avrà sempre un buon assortimento di bocche da fuoco, ma soprattutto avrà la possibilità di migliorarle tramite un tavolo da lavoro multiuso. In Zombie Army 4: Dead War giocano un ruolo chiave anche le abilità, attraverso cui è possibile sbilanciare il proprio stile verso le combo di uccisioni consecutive, la difesa o l’attacco, con sperimentazioni strategiche che potranno tornare utili nei momenti in cui ci si troverà davvero con le spalle al muro. Nella produzione di Rebellion capiterà spesso, perché le ondate che sbucheranno letteralmente da tutte le parti non mancheranno di certo, soprattutto se si vorrà affrontare il gioco alla massima difficoltà e da soli, che com’è facile intuire è un’impresa più complicata rispetto alla coop in cui ci si può dare manforte e copertura reciproca. Va detto a tal proposito che Zombie Army 4: Dead War riesce a gestire bene gli equilibri di gioco sia in una che nell’altra modalità, offrendo una buona curva della difficoltà e un bilanciamento ottimale.

Il titolo, come si può immaginare, è frenetico e per certi versi ripetitivo, ma gli sviluppatori sono riusciti ad ovviare questo problema con una serie di missioni che regalano una buona dose di adrenalina e di azione, oltre che obiettivi di crescita del personaggio che nel passato non erano presenti. Fin dalle prime missioni si nota una certa propensione alla varietà che non si limita semplicemente a far seguire al giocatore un percorso lineare, ma obbligano chi si trova col pad in mano a muoversi in giro per le macroaree per ricercare punti strategici, risorse specifiche o collezionabili aumentando, quindi, il livello di difficoltà a causa di un inevitabile aumento di zombie sullo schermo. Questi, in non pochi casi, avranno respawn infinito a dimostrazione del fatto che per avere la meglio sarà necessario cercare di risolvere in fretta gli enigmi o le missioni che bloccano l’avanzata dei protagonisti. A proposito degli eroi giocabili, in Zombie Army 4: Dead War, ognuno dei 4 personaggi selezionabili (6 se si considerano i due extra sbloccabili), oltre a differenziare notevolmente nell’approccio al gameplay (c’è chi è più abile nella mischia, chi nelle armi a lunga gittata e chi nella velocità) ha delle abilità speciali riguardanti la salute, gli attacchi in mischia o gli attacchi a lunga distanza. Questi si ricaricano durante le uccisioni o dopo un determinato evento quale, ad esempio, la morte e risultano decisamente utili nei momenti più complessi del gioco. Ovviamente anche in quest’ultimo capitolo della serie, torna la “moviola” che in maniera del tutto randomica, ma a patto che si colpisca da una certa distanza o più di una delle parti “vitali” degli zombi, mostrerà in maniera spettacolare la distruzione di ossa e organi interni causata da proiettili, bombe e molto altro. Insomma questo effetto è un vero e proprio spettacolo che permette di godere dei momenti più epici a rallentatore. Prima di passare al comparto tecnico, merita una menzione speciale la decantata modalità multiplayer. Durante il nostro test, abbiamo avuto la possibilità di apprezzare la rapidità e il gran quantitativo di giocatori che almeno al momento sono presenti sui server. Nella modalità co-op di Zombie Army 4: Dead War si prende parte a missioni con un numero massimo di 4 giocatori. Questa modalità è la classica orda “a ondate” che vede l’avanzamento di numeri sempre più crescenti e forti di nemici che, una volta sconfitti, permettono di recuperare risorse e miglioramenti in quei pochi secondi prima che abbia inizio il nuovo attacco dei nemici. La ripetitività è ovvia, ma viene attenuata dalla presenza di aree sempre nuove che vanno sbloccate sconfiggendo un determinato numero di non morti. La particolarità di questa modalità è che se un giocatore dovesse morire si trasformerà anch’egli in uno zombie da sconfiggere, ma potrà tornare in vita una volta che l’orda sarà sconfitta.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, Zombie Army 4: Dead War, i passi in avanti compiuti dallo studio Rebellion sono notevoli soprattutto nella realizzazione degli asset e delle texture ambientali oltre che dei personaggi. Non mancano, però, alcuni nei come le esplosioni o la fisica non sempre perfetta, in particolare nei movimenti dei personaggi che si compenetreranno non poche volte all’interno di alcuni elementi di gioco quali porte e mura. Sempre in questo frangente abbiamo notato il brutto e fastidioso problema degli attacchi impossibili dal punto di vista fisico, ossia di quei momenti in cui si è visibilmente distanti da un avversario, ma si perderà comunque vita durante un suo attacco corpo a corpo. È un difetto riscontrato non poche volte nel corso di tutto il gioco poiché si manifesta soprattutto nei momenti in cui si è circondati da diversi non-morti. In ogni caso la resa grafica è la migliore che si sia mai vista sulla serie. Da sottolineare la possibilità su Xbox One X e PS4 Pro di poter scegliere se valorizzare la resa grafica, giocando a 30 fps, oppure “promuovere” la fluidità a scapito della grafica giocando a 60 frame al secondo. Parlando del suono, possiamo senza dubbio dire che il comparto audio è corposo e realistico. La colonna sonora è proprio come ce la si aspetta da un titolo di questo genere e quindi sono presente musiche forti, batterie, chitarre e basso a più non posso. Detto ciò, tirando le somme, Zombie Army 4: Dead War è senza ombra di dubbio un titolo che riesce nella sua missione di far divertire. Buono se si è da soli, eccellenti se si è in compagnia di tre amici, la campagna terrà incollati allo schermo per diverse ore. Anche la componente multiplayer è molto divertente e riesce sicuramente a essere interessante, anche se, il rischio di ripetitività è molto alto. In ogni caso, l’ultima fatica di Rebellion Developments rende giustizia all’epicità della serie ed è senza ombra di dubbio un prodotto da avere nella propria collezione.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 9

Longevità: 9

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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Sand Land. Il videogame ispirato all’opera di Akira Toriyama

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Sand Land è un classico action-RPG in terza persona ispirato al manga del maestro Akira Toriyama, autore di fumetti del calibro di Dragon Ball e Arale, scomparso purtroppo recentemente. Il titolo, disponibile su PC e sulle piattaforme di vecchia e nuova generazione di Microsoft e Sony, è ambientato nel mondo di Sand Land, che come suggerisce il nome è una sconfinata landa desertica devastata da una lontana guerra fra esseri umani e una razza umanoide che ormai si crede estinta. Ed è proprio all’inizio del gioco che Rao, uno sceriffo umano con un passato misterioso, si reca alla città dei demoni in cerca di aiuto per un compito davvero speciale, ovvero: trovare la Sorgente Leggendaria e riportare l’acqua in questo mondo. Tale impresa se portata a termine farebbe nel contempo cadere l’egemonia del Re, arricchitosi vendendo l’acqua alla popolazione assetata. Alla richiesta disperata dell’uomo rispondono due demoni: Beelzebub e Thief, che si uniscono alla carovana. Sono proprio loro i tre protagonisti di Sand Land, in particolare lo è Beelzebub che è il personaggio bisognerà controllare. Nella seconda parte dell’avventura si unirà poi attivamente anche Ann, una ragazza alla ricerca dei suoi familiari. Come dicevamo qualchje riga più in alto, Sand Land è un action in terza persona con alcuni elementi RPG come ad esempio il sistema di livelli e di progressione dei personaggi. I comandi sono i classici: attacco potente, attacco debole, schivata, salto e una mossa speciale in grado di causare un grande ammontare di danni ma che ha bisogno di essere caricata attraverso un’apposita barra che si riempie mettendo a segno colpi o utilizzando un particolare bonus acquistabile dai venditori. Il sistema di progressione è quindi abbastanza classico ed è basato sui punti esperienza: ogni livello raggiunto permette di acquistare un perk nell’albero delle skill. I perk più potenti richiedono la spesa di più di uno skill point. In Sand Land è chiaro fin da subito che i veicoli e le loro personalizzazioni ricoprono un luogo centrale all’interno del gioco. Nel titolo il mondo di gioco è vasto e piuttosto monocolore, quindi spostarsi unicamente a piedi avrebbe fatto rapidamente annoiare anche il giocatore più navigato. Esiste comunque un sistema di viaggio rapido che permette di raggiungere istantaneamente tutti i luoghi già visitati, con tantissimi e punti di “teletrasporto”. Tuttavia, nonostante ciò, i veicoli rappresentano il modo principale con cui ci si sposta per brevi distanze e si combatte contro i nemici. Il tank è il primo mezzo che è possibile ottenere, e fino alla seconda parte del gioco è anche il veicolo più potente e manovrabile fra tutti. In seguito, si può sbloccare il Salta-Bot, una sorta di Metal Gear che permette di saltare e raggiungere piattaforme molto in alto; l’automobile e la moto, ma anche l’hovercraft e la potente armatura da battaglia. Tutti i mezzi possono poi essere personalizzati profondamente, dal cambio di colore, possibile attraverso un venditore apposito più avanti nel gioco, alla modifica dei vari componenti per aumentarne la potenza o la velocità o la difesa. I componenti possono essere trovati come loot del gioco sconfiggendo i nemici, oppure possono essere creati attraverso i materiali ottenuti dalle casse posizionate in tutto il mondo di gioco.

Un altro elemento cardine di Sand Land è rappresentato dalla città di Spino, legata a doppio filo con lo svolgimento della trama. Essa infatti funge da quartier generale per il party. Il centro all’inizio è ridotto a poco più di un cumulo di macerie e si sviluppa nel corso del gioco man mano che vengono completate le quest secondarie. Attraverso queste missioni è possibile, infatti, recuperare vari personaggi che diventeranno i nuovi abitanti della città e apriranno nuove botteghe che incrementano i servizi disponibili. In questo modo è possibile acquistare tutto quanto serve per portare a termine il gioco senza cercarlo nelle città-discarica sparse qua e là. Le missioni secondarie legate a Spino però non sono l’unica cosa che è possibile fare nel mondo di Sand Land. Esistono infatti missioni casuali che si incontrano durante un viaggio a piedi/con un veicolo e possono essere ad esempio il salvataggio di un venditore braccato dai predoni o dai raptor. Sono presenti un gran numero di caverne del tesoro da scoprire e razziare, e alcune strutture speciali come rovine o discariche che contengono i pezzi più potenti per potenziare i veicoli. Nelle rovine, razziando i bauli disseminati al loro interno, si possono recuperare le monete d’oro antiche che possono essere scambiate con il gatto Lassi per ottenere le mappe con la posizione di tutti gli scrigni del tesoro. Menzione d’onore, infine, va fatta ai comparti video e audio di Sand Land. In particolar modo il primo: il gioco è in cel shading come da tradizione dei giochi tratti da anime/manga. In Sand Land però raggiunge un grado di pulizia e di dettaglio che raramente si può ammirare in altre produzioni simili. Il gioco è al 99% in terza persona con visuale alle spalle dall’alto, ma in alcune sezioni di un paio di dungeon, la visuale passa a scorrimento laterale in stile platform. Anche il comparto audio è molto curato, con musiche avvincenti e che ben si adattano alla situazione che intendono accompagnare. L’amore che il team ha riversato nei confronti delle tavole originali di Sand Land è percepibile anche nell’ottima cura delle scenografie: in alcuni frangenti, certi scorci paesaggistici ricordano moltissimo le spigolosissime composizioni rocciose che il buon Toriyama amava disegnare. Il gioco si può infine completare in una trentina di ore circa, senza andare eccessivamente veloce. Il gioco è integralmente doppiato in inglese o giapponese, con sottotitoli in italiano. Tirando le somme, Sand Land è un adattamento videoludico che esprime tantissimo affetto nei confronti dell’opera da cui è tratto. Una gestione divertente e variegata dell’arsenale di veicoli e un cast di personaggi carismatici fanno da contraltare ad un open world un po’ scialbo (a causa della natura del mondo) e a un combat system piuttosto farraginoso. Per tutto il resto c’è la nostalgia a fare da padrona, in un’avventura rivolta principalmente ai fan dell’adorabile Beelzebub. A nostro avviso sia che si sia amanti dell’opera, sia che si sia fan del maestro Toriyama, Sand Land è un titolo che merita di essere giocato.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 7,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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WhatsApp si rifà il look e aggiorna le sue funzioni

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WhatsApp ha annunciato il rilascio di un aggiornamento che introduce un design rinnovato per l’app iOS e Android. Gli utenti raggiunti dall’update potranno notare una nuova tavolozza di colori e altre modifiche che rendono più fluida l’esperienza di utilizzo su entrambe le piattaforme. “Nel corso degli anni, ci siamo principalmente dedicati all’integrazione di nuovi strumenti all’interno dell’applicazione” spiega Meta in una nota ufficiale. “Con la costante espansione delle funzionalità, abbiamo sentito la necessità di far evolvere anche il design. Il nostro obiettivo era rendere il prodotto più fresco e moderno, senza però stravolgere la sua funzionalità principale”. Con l’aggiornamento, WhatsApp adotta il colore verde come tonalità principale in tutte le applicazioni. Dopo aver esaminato oltre 35 varianti di colore, gli sviluppatori hanno deciso di aderire al verde iconico di WhatsApp, creando una palette che consenta di ottenere abbinamenti cromatici in tutta l’app. Di conseguenza, elementi come badge di avviso e pulsanti di notifica appariranno solo in verde. Su Android, la barra delle schede è stata spostata nella parte inferiore dello schermo, rendendo WhatsApp più simile alla versione per iPhone. Proprio qui, viene introdotta una nuova area per gli allegati, con una visione più chiara delle opzioni disponibili durante l’invio di file. Per la modalità oscura, WhatsApp afferma di aver modificato i colori per fornire un contrasto più elevato e toni atti a “ridurre l’affaticamento degli occhi in ambienti con scarsa illuminazione”. L’app ha anche ricevuto nuove animazioni e sfondi per la chat. Sarà inoltre possibile selezionare i filtri per i messaggi non letti e per i gruppi con un semplice tocco, per recuperare le chat singole e di gruppo preferite.

F.P.L.

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TopSpin 2K25, il tennis videogiocato non è mai stato così realistico

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Con TopSpin 2K25, 2K e Hangar 13 resuscitano quello che è ricordato come il miglior gioco di tennis di tutti i tempi e lo fanno portando su PC e sulle console di nuova generazione un titolo solido, divertente e assolutamente godibile da tutti. Sono passati 11 anni dall’uscita di Top Spin 4 su Xbox 360, un titolo incoronato dagli appassionati come il miglior gioco di tennis mai reso disponibile per una console casalinga e, tra l’altro, mai reso retrocompatibile sulle successive generazioni. In principio fu PAM Entertainment a portare il primo Top Spin sulla grande Xbox nera, e siamo ormai nel quasi “preistorico” 2003. Nonostante il tennis sia uno degli sport più seguiti e ricchi al mondo e, sostanzialmente, il progenitore di tutti i videogiochi moderni ha sempre peccato di una certa continuità in campo videoludico. Serie storiche come Virtua Tennis sono ferme da anni, mentre le produzioni più recenti non sono mai riuscite a rispondere appieno alle aspettative degli appassionati. Alla luce di ciò, è naturale che le speranze dei fan fossero tutte riposte su questo TopSpin 2K25 e fortunatamente possiamo dire che questa volta finalmente è stato fatto centro. Dove TopSpin il titolo brilla è senza dubbio sotto il profilo del gameplay. Lo studio a cui 2K Sports ha affidato il nuovo gioco è ripartito dalle ottime basi di Top Spin 4 e ha provato ad affinare quello che non funzionava nel 2011, spolverando sul tutto un pizzico di ottava e nona generazione. Il risultato è un gioco di tennis facile da imparare, soprattutto da chi ha già esperienza, ma difficile da padroneggiare, visto che contro avversari umani o ai livelli più alti dell’intelligenza artificiale sarà fondamentale non solo conoscere bene le dinamiche di questo sport, ma anche azzeccare tutti i colpi per non essere puniti. Il tempismo, infatti, è la chiave principale dell’esperienza. Colpendo bene o perfettamente la palla, infatti, non solo si diventa più potenti e precisi o, meglio, si possono sfruttare pienamente le potenzialità del proprio tennista, ma si può fare in modo che l’effetto della palla sia quello desiderato. Le risposte scarse, infatti, solitamente rimbalzano in posizione centrale e sono piuttosto alte, due elementi che potrebbero dare all’avversario il tempo per colpire con forza e precisione. Ma non è tutto, infatti in TopSpin 2K25 caricando il movimento e rilasciando il tasto al momento giusto si va a intaccare la resistenza degli avversari. Per evitare gli interminabili scambi che era possibile avere in Top Spin 4, Hangar 13 ha pensato a questo sistema per forzare gli errori: rispondere alle cannonate provenienti dall’altra metà del campo costa fatica e, una volta consumata la resistenza, si alza drasticamente la percentuale di errore. A questo punto concorrono diversi fattori, come la resistenza dell’atleta prescelto o la capacità di indovinare sempre il giusto tempismo, aggiungendo ulteriore tensione a questi frangenti o agli ultimi game di un quinto set a Wimbledon. Interessante anche la differenziazione tra colpo caricato e colpo normale, con il primo che consuma energia, mentre il secondo perde un po’ in efficacia, il fatto che ci si possa posizionare per effettuare un colpo aperto o i tre metodi per la battuta: semplice, caricato o con la leva analogica. Insomma, il gameplay di TopSpin 2K25 è davvero molto profondo.

Una volta lanciato TopSpin 2K25 si nota immediatamente l’esperienza del gruppo 2K Sports in questo genere di videogames. I menù sono chiari e leggibili, l’accompagnamento sonoro di qualità e la struttura è quella classica, tra modalità per giocatore singolo e quelle online. Il pezzo pregiato della modalità in solitaria è senza dubbio MyPlayer, la classica carriera nella quale si crea nei dettagli un alter ego digitale e lo si porta dall’essere un perfetto sconosciuto del circuito maschile o femminile al battagliare contro i più forti al mondo. La progressione è piuttosto semplice, dato che è divisa a tappe, ognuna scandita da tre eventi: un allenamento, un’esibizione e un torneo. Il primo consente di guadagnare un buon quantitativo di esperienza, in modo da salire di livello più velocemente e incrementare le qualità fisiche e tecniche del nostro tennista. Selezionando l’esibizione si possono sperimentare delle stipule piuttosto originali con le quali sbloccare nuovi oggetti per personalizzare l’aspetto estetico del nostro alter ego. Infine il torneo consente di migliorare il posizionamento ATP (o WTA), fondamentale per andare a vincere i trofei più prestigiosi come i quattro Slam presenti o i tanti altri tornei ufficiali sotto licenza. A rallentare questa scalata però, c’è la stanchezza, che va sempre tenuta sotto controllo, non solo perché farà scendere in campo il proprio atleta con meno energie, ma aumenterà il rischio di incorrere in un infortunio, costringendo il giocatore ad un riposo forzato o a scendere in campo con valori decurtati. E poi? Tutto qui, si gioca, si cresce, si rigioca fino a raggiungere il tetto del mondo. In TopSpin 2K25 sono presenti anche altre modalità per giocatore singolo, esistono infatti la classica Esibizione o le sfide del pass stagionale, ovvero il modo per sbloccare ulteriori e sempre nuovi oggetti estetici e oggetti di varia natura che saranno aggiornati con passare del tempo. Tutto quello che bisogna fare per ottenere tali ricompense è affrontare partite tematiche, spesso ispirate allo slam del momento, con stipule varie e originali. Collegandosi online, inoltre, si possono affrontare una modalità torneo nella quale partecipare col proprio MyPlayer, non classificate e classificate. Queste ultime hanno una struttura particolare, dato che mettono in evidenza 4 tennisti e chiedono di portare a termine compiti particolari per ottenere punti esperienza extra. Anche in questo caso tutto funziona bene, durante la nostra prova non abbiamo avuto problemi di connessione di sorta e l’esperienza è stata piacevole. Il titolo, insomma è quasi perfetto, diciamo quasi perché quello che manca in TopSpin 2K25 ha un suo peso. Innanzitutto si nota l’assenza di quasi tutti i top 10 attuali, sia dalla parte maschile che da quella femminile. È vero che le licenze non sono tutto, ma affrontare in una finale Sinner o Djokovic è diverso che trovare Taylor Fritz. Ottima, invece, la scelta di leggende, dalla Williams a Federer, passando dalla Sharapova a Sampras; è un peccato che non ci siano scenari o modalità che sfruttino questi nomi per dare modo di rivivere le loro partite più iconiche. Il vero tallone d’Achille della produzione però è il comparto grafico. Con un’inquadratura televisiva TopSpin 2K25 è anche piacevole da vedere, non fosse per qualche animazione un po’ legnosa, un parco movimenti non vastissimo o la pallina che non tiene conto del corpo dei tennisti. Quando ci sono i primi piani, però, si passa dai volti bruttini e spigolosi dei tennisti, agli spettatori, posticci come quelli dei giochi di 4-5 anni fa. La natura cross-gen del progetto si fa sentire, ma anche in questo caso dopo 10 anni si poteva fare di più. Tirando le somme, possiamo dire che con TopSpin 2K25 tutti gli amanti del tennis potranno finalmente mettere le mani a un titolo che rende onore al tennis. Gli sviluppatori hanno migliorato sensibilmente il sistema di gioco, approfondendo ulteriormente gli aspetti di gameplay cruciali e riportando la serie sul trono che gli spetta di diritto. Un gameplay di primissimo livello, un realismo senza rivali e modalità di gioco decisamente funzionali spiccano su tutto, relegando in secondo piano le poche note negative.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay:8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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