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Call of Duty Black Ops Cold War, il ritorno della guerra fredda

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Call of Duty Black Ops Cold War è il nuovo capitolo della saga sparatutto più famosa del mondo. Disponibile su Pc, console di vecchia e nuova generazione, il titolo di Activision si propone come un sequel del primo Black Ops e catapulta i giocatori durante il periodo della guerra fredda.

Cold War rappresenta una doppia sfida per Activision: da una parte il titolo deve necessariamente confermare la qualità della strada inaugurata lo scorso anno, e dall’altra ha l’obbligo di onorare la memoria di una delle migliori parentesi di Call of Duty, quella segnata dai primi due Black Ops.

Per soddisfare appieno le legittime aspettative dei fan, il team di Treyarch ha deciso quindi di riportare i giocatori dove tutto è iniziato, ossia a cavallo di quella cortina di ferro che negli anni ‘80 rappresentava il fronte conteso tra Stati Uniti e Unione Sovietica, due superpotenze impegnate in una guerra fredda apparentemente senza fine.

La nostra analisi parte in primo luogo dalla campagna, vero punto di inizio per ogni giocatore affezionato. La storia, infatti, funge da tutorial per chi non ha mai avuto a che fare con la serie, ma rappresenta anche una sfida da affrontare alla massima difficoltà per i veterani dello shooter di Activision.

La tensione tra le due principali superpotenze mondiali dell’epoca è alle stelle e lo spettro del conflitto nucleare inizia a proiettare la propria ombra sul mondo. A gettare ulteriore benzina sul fuoco ci pensa la ricomparsa di Perseus, una famigerata quanto inafferrabile spia del KGB che aveva avuto un ruolo chiave durante il periodo buio della guerra in Vietnam e che ora, dopo tredici anni di inattività, minaccia di detonare diversi ordigni nucleari in occidente per destabilizzare l’ordine costituito e annientare gran parte del territorio europeo.

Il presidente Reagan in persona mette sulle sue tracce un team di operativi Black Ops della CIA capitanati dall’enigmatico Russell Adler, un veterano della guerra in Vietnam che sembra avere più di un conto in sospeso con lo stesso Perseus.

Quest’ultimo, visibilmente ispirato ai tratti somatici del celebre attore hollywoodiano Robert Redford, è un uomo carismatico e dai modi duri, disposto a valicare i limiti della legge pur di proteggere lo status quo senza disdegnare operazioni dall’altissimo coefficiente di rischio. Al fianco di Adler sono presenti alcuni volti noti della saga di Black Ops come l’agente speciale Jason Hudson, la delegata dell’MI6 Helen Park e il leggendario duo composto dal sergente Frank Woods e da Alex Mason, il visionario protagonista del capostipite della serie oltre ad altri collaboratori che si avvicenderanno nel corso delle missioni. L’approccio scelto da Treyarch e Raven Software per la realizzazione della campagna giocatore singolo si discosta parecchio da quello adottato da Infinity Ward per l’ultimo Modern Warfare (qui la nostra recensione). Il reboot dello scorso anno, infatti, tentava di dare al pubblico una visione plausibile degli orrori della guerra moderna grazie ad un’impostazione quasi documentaristica mentre il nuovo Black Ops assomiglia più ad thriller fantapolitico degli anni ’80, una miscela esplosiva di scontri a fuoco, intrighi e tradimenti che conducono per mano in una corsa a perdifiato verso uno sei tre sconvolgenti finali disponibili.

Se è vero che la campagna di Call of Duty Black Ops Cold War, per la maggior parte della sua durata, ripropone la struttura assolutamente lineare vista in tutti gli episodi precedenti, va detto anche che gli sviluppatori hanno cercato di variegare e diversificare il più possibile le situazioni in cui si verrà coinvolti. Si passa senza soluzione di continuità da violenti scontri a fuoco a sezioni stealth, da azioni di sabotaggio a momenti in cui sarà necessario fare sfoggio delle proprie abilità diplomatiche per tirarsi fuori da circostanze scomode. Insomma, nelle circa 10 ore che serviranno per arrivare ai titoli di coda, ci saranno molteplici colpi di scena, momenti di alta tensione e frangenti in cui i livelli di epicità toccheranno vette altissime.

Si tratta di una campagna single-player dotata di un’atmosfera tesissima, con ritmi dosati alla perfezione e condita dalla solita, eccellente regia cinematografica che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni. Il giocatore, ad ogni modo, vestirà i panni dell’agente Bell, un personaggio che potrà essere personalizzato nel background e nelle abilità in modo da adattarlo al meglio alle proprie esigenze. Per la prima volta in assoluto si possono selezionare le abilità passive del proprio alter-ego scegliendo tra un livello di salute maggiore, una spiccata resistenza agli esplosivi e tanto altro ancora. La cosa più interessante è che le scelte che verranno fatte all’inizio dell’avventura avranno ripercussioni sull’intero svolgimento della campagna grazie ad un sistema di scelte morali che rappresenta una novità assoluta per la serie bellica di Activision.

In alcuni momenti della storia, infatti, si verrà chiamati a cimentarsi con dialoghi a scelta multipla che possono tradursi in conseguenze anche piuttosto pesanti per la trama: un tocco che abbiamo decisamente apprezzato e che incrementa molto il fattore rigiocabilità di Cold War. Insomma, la campagna è davvero interessante. Come dicevano qualche riga più in alto, pero, la storia è solo un piccolo antipasto del pacchetto in dotazione a qualsiasi Call of Duty che si rispetti: la portata principale è sempre comparto multigiocatore competitivo che, anche questa volta, appare contenutisticamente ricchissimo e diverso da quanto visto lo scorso anno con MW.

Nella composizione dell’offerta multigiocatore di Cold War, gli sviluppatori di Treyarch hanno perseguito un obiettivo doppio, ossia: rispettare il nuovo standard d’eccellenza fissato con Modern Warfare e restituire agli amanti di Black Ops il feeling tipico della serie. In questo senso, la prima, grande differenza rispetto all’ultimo Call of Duty è rappresentata da un “time-to-kill” nettamente superiore rispetto a quello della precedente iterazione della saga, ma comunque al di sotto del generosissimo TTK di Black Ops 4.

La misura scelta da Treyarch garantisce ai giocatori un buon margine di manovra per le proprie ritorsioni balistiche, mentre il ritorno della barra della vita, opzionale ovviamente, offre la sensazione di avere un maggiore controllo sull’esito di ogni sparatoria. Nell’ottica di preservare il carattere originale del gameplay, preferibilmente nella sua declinazione “run and gun”, il team ha anche deciso di rimuovere la possibilità di sfruttare le superfici come punto d’appoggio per le armi, in modo da scoraggiare il “camping” selvaggio.

Sulle stesse note, torna anche lo sprint infinito: una scelta che non metterà tutti d’accordo, ma che a nostro avviso si sposa perfettamente con il dinamismo che caratterizza il comparto multiplayer di Cold War. Tutti questi elementi contribuiscono a definire un’esperienza tanto familiare quanto appagante, sostenuta da un gunplay solido, reattivo e credibile, e da un map design di ottima fattura. Il pacchetto di lancio include dieci mappe che ci porteranno a imbracciare le armi in un buon numero di scenari differenti, dal lungomare di Miami alle distese innevate di un resort sciistico in pieno territorio sovietico.

Le peculiarità di alcune location, come la splendida Armada (ambientata su due incrociatori che hanno bloccato una nave che trasporta un hovercraft), impongono tempi d’adattamento un po’ più lunghi rispetto ai canoni della serie, ma la gestione di corsie, traiettorie e spazi aperti appare intelligente e ben congegnata. Come nel caso di Modern Warfare, la struttura delle mappe tende a promuovere una notevole diversificazione delle strategie d’ingaggio.

La varietà dei campi di battaglia conduce poi a una moltiplicazione delle possibilità d’approccio in seno al gameplay, che nel caso delle modalità più tattiche può offrire fertile per la messa in atto di piani particolarmente elaborati, tra diversivi e attacchi a tenaglia. È questo il caso di Scorta VIP, una nuova modalità sei contro sei che richiede a uno dei team di portare in salvo, presso uno dei due punti di estrazione, una risorsa chiave, che la squadra avversaria dovrà abbattere a tutti i costi. Per aggiudicarsi ogni turno sarà quindi necessario completare l’obiettivo o, in alternativa, eliminare tutti i membri dello schieramento nemico.

Tra le aggiunte multiplayer di questo Call of Duty Black Ops Cold War figurano anche Squadre d’Assalto: Bomba Sporca e Armi Combinate, entrambe ambientate su mappe di dimensioni piuttosto generose. La prima coinvolge 40 giocatori suddivisi in team da quattro, che per conquistare la vittoria dovranno uccidere nemici, raccogliere scorte d’uranio e infine detonare diversi “ordigni sporchi” distribuiti in giro per gli scenari, cercando di coordinarsi al meglio per arginare la concorrenza e bilanciare i malus innescati dal trasporto del materiale radioattivo, che blocca i potenziamenti da campo e la rigenerazione della vita, e riduce la velocità di movimento e la salute dei soldati. Armi Combinate è invece una modalità che sfida due squadre da dodici giocatori a contendersi una zona neutrale al centro della mappa, per poi procedere alla cattura della base nemica e aggiudicarsi il match. Come nel caso di Ground War, si tratta di un tentativo di adattare alle logiche di Call of Duty alcune delle dinamiche tipiche di Battlefield, purtroppo con risultati altalenanti.

Per quanto l’equilibrio degli scontri sia generalmente migliore rispetto a quello di Guerra Terrestre, l’impiego dei veicoli e la dispersività delle mappe non si sposa particolarmente bene con i ritmi e le caratteristiche di COD, che sembra così allontanarsi fin troppo dalla sua dimensione ideale. Armi Combinate acuisce peraltro quello che, almeno per il momento, sembra essere il principale difetto di Cold War sul fronte del bilanciamento: i colpi dei cecchini sono ancora una sentenza di morte senza appello, e ci auguriamo che il loro strapotere venga presto ridimensionato.

Al netto di queste incertezze, l’offerta multiplayer del nuovo Black Ops Cold War si conferma solida e appagante, sostenuta da una raccolta di modalità classiche che non mancheranno di soddisfare gli appassionati dello shooter di Activision. Ultima nota, le famose serie di uccisioni sono state sostituite dalle serie di punti, quindi per chiamare un mezzo di supporto, un radar o una cannoniera non sarà più necessario uccidere in serie senza morire. Ogni uccisione garantirà un punteggio, tale punteggio verrà moltiplicato uccidendo in serie, ma non sarà necessario ottenere la cifra richiesta in una sola vita, anche morendo più volte, infatti, si potrà chiamare l’aiuto selezionato nel menù prima di lanciare la partita.

https://www.youtube.com/watch?v=zbTfEO8plH8

Un vero Call of Duty di Treyarch, però, non sarebbe tale senza un’appropriata sezione dedicata agli Zombie e Black Ops Cold War non fa certo eccezione. La nuova esperienza di questa modalità si chiama “Die Maschine” e possiamo assicurare che i suoi truculenti non morti, che come da copione imperversano ondata dopo ondata, renderanno ardua la sopravvivenza anche ai giocatori più esperti. Nessuna rivoluzione ha stravolto l’esperienza alla base della modalità Zombi, semmai si registrano tanti miglioramenti che ora la rendono fruibile anche ai novelli.

Di aggiunte ce ne sono diverse comunque a prescindere dal ritorno a un’impostazione più classica, anche sul versante delle minacce che ora vedono tra le loro fila creature radioattive da cui tenersi a debita distanza, come la possibilità di chiamare un elicottero di estrazione e abbandonare l’area di gioco o nuovi equipaggiamenti che aiutano nella lotta contro i non morti. I distributori di bevande sparsi in Die Maschine vanno sfruttati per migliorare caratteristiche come stamina e punti salute. In Cold War la modalità Zombi si è inoltre arricchita di una pratica mini mappa che segnala i punti di interesse, oltre a quella dei compagni di squadra e dei non morti. Un po’ come avviene con la campagna e il comparto PvP, anche Zombi è un mix di omaggi a vecchi capitoli della serie e trovate inedite. Quest’ultime vedono, ad esempio, l’aggiunta di potenziamenti da campo come spray criogeni in grado di congelare i nemici o torrette automatiche da piazzare per allentare la pressione dei nazi-zombi che accorreranno numerosi a ogni ondata.

Il tatticismo e la coordinazione rimangono fondamentali per non soccombere, perché a questo giro si percepisce maggiormente un’atmosfera più lugubre. Ma poi vengono ristabilite le connessioni con il passato ed ecco spuntare i celebri distributori di bevande per migliorare le abilità del proprio personaggio, o le salvifiche casse misteriosi che ci premiano con armi come la tanto amata Ray Gun. Vecchio e nuovo coesistono così all’interno di una struttura ora più legata all’esplorazione di uno scenario ricco di segreti da svelare, dove al tempo stesso bisogna fare i conti con la necessità di evitare di diventare cibo per creature ambulanti o segugi infernali che non vedono l’ora di farci a pezzi. Tra un easter egg e l’altro non mancano modalità di svago alternative dove il minimo comune denominatore è sempre quello, ovvero massacrare zombi senza fare troppi complimenti. Carneficina permette a una coppia di giocatori di respingere l’armata di non morti negli scenari multiplayer, dove la particolarità consiste nel posizionarsi accanto a un nucleo di energia in continuo movimento. E se i vari cabinati (giocabili) sparsi nelle missioni della campagna omaggiano la storia videoludica passata di Activision, la presenza di Dead Ops Arcade 3: Rise of Mamaback punta dritto al cuore agli amanti della saga Black Ops. Questo twin stick shooter è infatti un palliativo per quattro giocatori anche abbastanza impegnativo, perfetto per essere giocato con un gruppo di amici. Le armi utilizzate in Zombie sono ovviamente le stesse del multiplayer, ma è bene sottolineare che le classi sono indipendenti a seconda della modalità e che il livellamento delle bocche di fuoco è comune a entrambe le tipologie di gioco. Le mimetiche invece sono indipendenti a seconda se si gioca a zombie o al multigiocatore.

Per quello che concerne il comparto tecnico, Call of Duty Black Ops Cold War eredita buona parte dei tratti vincenti dell’ultima versione dell’IW Engine, a partire da un’ottima gestione delle fonti di luce, che permette al sistema di illuminazione di esaltare la forza della messa in scena, specialmente durante la campagna. L’abbondanza di riflessi e dettagli amplifica l’impatto di ogni sequenza di gioco, contribuendo al coinvolgimento sensoriale dei giocatori, complice un level design che, al netto di qualche piccola caduta di stile, rende l’esperienza ancor più vivida e trascinante. Anche la modellazione poligonale si dimostra perfettamente in grado di valorizzare le performance attoriali dei protagonisti digitali, sebbene la resa complessiva del comparto grafico risulti meno convincente rispetto a quella di Modern Warfare. Non si tratta di un divario netto, sia chiaro, ma la pulizia generale dell’immagine sembra collocarsi al di sotto del livello fissato dal titolo di Infinity Ward. Un ambito in cui il titolo non mostra alcuna differenza rispetto a MW è quello dell’intelligenza artificiale, che come sempre rende i nemici dei semplici bersagli mobili pronti a ricevere una buona dose di piombo.

Ottimo invece il comparto sonoro, sia per quel che riguarda l’effettistica che per quanto concerne il doppiaggio italiano, capace di dare pieno supporto alla caratterizzazione narrativa dei personaggi. Eccellente anche l’accompagnamento musicale, che offre un ricco banchetto delle sonorità synth pop tipiche degli anni ‘80. In ultima battuta, non si può fare a meno di spendere qualche parola sulla rotta scelta da Activision per il supporto post lancio di Cold War: tutti i contenuti aggiuntivi, compresi quelli dedicati alla modalità Zombie, saranno infatti distribuiti gratuitamente, in linea con il percorso intrapreso con l’ultimo capitolo della serie.

Ogni modalità sarà inoltre giocabile in cross play con gli utenti delle altre piattaforme, comprese quelle next-gen. Entro la fine dell’anno, con l’esordio del Seasonal Prestige di Warzone, arriverà anche l’unificazione dei sistemi di progressione legati Battle Pass, che permetterà ai giocatori di accumulare livelli giocando a tutti i recenti titoli della famiglia Call of Duty. Tirando le somme, questo Call of Duty Black Ops Cold War si presenta al pubblico come un titolo ricco di cose da fare e assolutamente in grado di intrattenere. Ovviamente non ci si trova dinanzi un gioco perfetto e qualche fastidioso bug affligge ancora la produzione di Treyarch. Niente che una patch non possa risolvere, ma comunque e in generale il titolo è assolutamente uno fra i migliori degli ultimi anni. L’aggiunta di contenuti gratuiti e l’integrazione con Warzone poi rappresentano un ottimo stimolo per aumentare la longevità di gioco per tutto il corso dell’anno. In soldoni: se vi piace Call of Duty, questo non vi deluderà, ma anzi, vi regalerà ore ed ore di divertimento.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay: 9

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise

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Sand Land. Il videogame ispirato all’opera di Akira Toriyama

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Sand Land è un classico action-RPG in terza persona ispirato al manga del maestro Akira Toriyama, autore di fumetti del calibro di Dragon Ball e Arale, scomparso purtroppo recentemente. Il titolo, disponibile su PC e sulle piattaforme di vecchia e nuova generazione di Microsoft e Sony, è ambientato nel mondo di Sand Land, che come suggerisce il nome è una sconfinata landa desertica devastata da una lontana guerra fra esseri umani e una razza umanoide che ormai si crede estinta. Ed è proprio all’inizio del gioco che Rao, uno sceriffo umano con un passato misterioso, si reca alla città dei demoni in cerca di aiuto per un compito davvero speciale, ovvero: trovare la Sorgente Leggendaria e riportare l’acqua in questo mondo. Tale impresa se portata a termine farebbe nel contempo cadere l’egemonia del Re, arricchitosi vendendo l’acqua alla popolazione assetata. Alla richiesta disperata dell’uomo rispondono due demoni: Beelzebub e Thief, che si uniscono alla carovana. Sono proprio loro i tre protagonisti di Sand Land, in particolare lo è Beelzebub che è il personaggio bisognerà controllare. Nella seconda parte dell’avventura si unirà poi attivamente anche Ann, una ragazza alla ricerca dei suoi familiari. Come dicevamo qualchje riga più in alto, Sand Land è un action in terza persona con alcuni elementi RPG come ad esempio il sistema di livelli e di progressione dei personaggi. I comandi sono i classici: attacco potente, attacco debole, schivata, salto e una mossa speciale in grado di causare un grande ammontare di danni ma che ha bisogno di essere caricata attraverso un’apposita barra che si riempie mettendo a segno colpi o utilizzando un particolare bonus acquistabile dai venditori. Il sistema di progressione è quindi abbastanza classico ed è basato sui punti esperienza: ogni livello raggiunto permette di acquistare un perk nell’albero delle skill. I perk più potenti richiedono la spesa di più di uno skill point. In Sand Land è chiaro fin da subito che i veicoli e le loro personalizzazioni ricoprono un luogo centrale all’interno del gioco. Nel titolo il mondo di gioco è vasto e piuttosto monocolore, quindi spostarsi unicamente a piedi avrebbe fatto rapidamente annoiare anche il giocatore più navigato. Esiste comunque un sistema di viaggio rapido che permette di raggiungere istantaneamente tutti i luoghi già visitati, con tantissimi e punti di “teletrasporto”. Tuttavia, nonostante ciò, i veicoli rappresentano il modo principale con cui ci si sposta per brevi distanze e si combatte contro i nemici. Il tank è il primo mezzo che è possibile ottenere, e fino alla seconda parte del gioco è anche il veicolo più potente e manovrabile fra tutti. In seguito, si può sbloccare il Salta-Bot, una sorta di Metal Gear che permette di saltare e raggiungere piattaforme molto in alto; l’automobile e la moto, ma anche l’hovercraft e la potente armatura da battaglia. Tutti i mezzi possono poi essere personalizzati profondamente, dal cambio di colore, possibile attraverso un venditore apposito più avanti nel gioco, alla modifica dei vari componenti per aumentarne la potenza o la velocità o la difesa. I componenti possono essere trovati come loot del gioco sconfiggendo i nemici, oppure possono essere creati attraverso i materiali ottenuti dalle casse posizionate in tutto il mondo di gioco.

Un altro elemento cardine di Sand Land è rappresentato dalla città di Spino, legata a doppio filo con lo svolgimento della trama. Essa infatti funge da quartier generale per il party. Il centro all’inizio è ridotto a poco più di un cumulo di macerie e si sviluppa nel corso del gioco man mano che vengono completate le quest secondarie. Attraverso queste missioni è possibile, infatti, recuperare vari personaggi che diventeranno i nuovi abitanti della città e apriranno nuove botteghe che incrementano i servizi disponibili. In questo modo è possibile acquistare tutto quanto serve per portare a termine il gioco senza cercarlo nelle città-discarica sparse qua e là. Le missioni secondarie legate a Spino però non sono l’unica cosa che è possibile fare nel mondo di Sand Land. Esistono infatti missioni casuali che si incontrano durante un viaggio a piedi/con un veicolo e possono essere ad esempio il salvataggio di un venditore braccato dai predoni o dai raptor. Sono presenti un gran numero di caverne del tesoro da scoprire e razziare, e alcune strutture speciali come rovine o discariche che contengono i pezzi più potenti per potenziare i veicoli. Nelle rovine, razziando i bauli disseminati al loro interno, si possono recuperare le monete d’oro antiche che possono essere scambiate con il gatto Lassi per ottenere le mappe con la posizione di tutti gli scrigni del tesoro. Menzione d’onore, infine, va fatta ai comparti video e audio di Sand Land. In particolar modo il primo: il gioco è in cel shading come da tradizione dei giochi tratti da anime/manga. In Sand Land però raggiunge un grado di pulizia e di dettaglio che raramente si può ammirare in altre produzioni simili. Il gioco è al 99% in terza persona con visuale alle spalle dall’alto, ma in alcune sezioni di un paio di dungeon, la visuale passa a scorrimento laterale in stile platform. Anche il comparto audio è molto curato, con musiche avvincenti e che ben si adattano alla situazione che intendono accompagnare. L’amore che il team ha riversato nei confronti delle tavole originali di Sand Land è percepibile anche nell’ottima cura delle scenografie: in alcuni frangenti, certi scorci paesaggistici ricordano moltissimo le spigolosissime composizioni rocciose che il buon Toriyama amava disegnare. Il gioco si può infine completare in una trentina di ore circa, senza andare eccessivamente veloce. Il gioco è integralmente doppiato in inglese o giapponese, con sottotitoli in italiano. Tirando le somme, Sand Land è un adattamento videoludico che esprime tantissimo affetto nei confronti dell’opera da cui è tratto. Una gestione divertente e variegata dell’arsenale di veicoli e un cast di personaggi carismatici fanno da contraltare ad un open world un po’ scialbo (a causa della natura del mondo) e a un combat system piuttosto farraginoso. Per tutto il resto c’è la nostalgia a fare da padrona, in un’avventura rivolta principalmente ai fan dell’adorabile Beelzebub. A nostro avviso sia che si sia amanti dell’opera, sia che si sia fan del maestro Toriyama, Sand Land è un titolo che merita di essere giocato.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 7,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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WhatsApp si rifà il look e aggiorna le sue funzioni

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WhatsApp ha annunciato il rilascio di un aggiornamento che introduce un design rinnovato per l’app iOS e Android. Gli utenti raggiunti dall’update potranno notare una nuova tavolozza di colori e altre modifiche che rendono più fluida l’esperienza di utilizzo su entrambe le piattaforme. “Nel corso degli anni, ci siamo principalmente dedicati all’integrazione di nuovi strumenti all’interno dell’applicazione” spiega Meta in una nota ufficiale. “Con la costante espansione delle funzionalità, abbiamo sentito la necessità di far evolvere anche il design. Il nostro obiettivo era rendere il prodotto più fresco e moderno, senza però stravolgere la sua funzionalità principale”. Con l’aggiornamento, WhatsApp adotta il colore verde come tonalità principale in tutte le applicazioni. Dopo aver esaminato oltre 35 varianti di colore, gli sviluppatori hanno deciso di aderire al verde iconico di WhatsApp, creando una palette che consenta di ottenere abbinamenti cromatici in tutta l’app. Di conseguenza, elementi come badge di avviso e pulsanti di notifica appariranno solo in verde. Su Android, la barra delle schede è stata spostata nella parte inferiore dello schermo, rendendo WhatsApp più simile alla versione per iPhone. Proprio qui, viene introdotta una nuova area per gli allegati, con una visione più chiara delle opzioni disponibili durante l’invio di file. Per la modalità oscura, WhatsApp afferma di aver modificato i colori per fornire un contrasto più elevato e toni atti a “ridurre l’affaticamento degli occhi in ambienti con scarsa illuminazione”. L’app ha anche ricevuto nuove animazioni e sfondi per la chat. Sarà inoltre possibile selezionare i filtri per i messaggi non letti e per i gruppi con un semplice tocco, per recuperare le chat singole e di gruppo preferite.

F.P.L.

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TopSpin 2K25, il tennis videogiocato non è mai stato così realistico

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Con TopSpin 2K25, 2K e Hangar 13 resuscitano quello che è ricordato come il miglior gioco di tennis di tutti i tempi e lo fanno portando su PC e sulle console di nuova generazione un titolo solido, divertente e assolutamente godibile da tutti. Sono passati 11 anni dall’uscita di Top Spin 4 su Xbox 360, un titolo incoronato dagli appassionati come il miglior gioco di tennis mai reso disponibile per una console casalinga e, tra l’altro, mai reso retrocompatibile sulle successive generazioni. In principio fu PAM Entertainment a portare il primo Top Spin sulla grande Xbox nera, e siamo ormai nel quasi “preistorico” 2003. Nonostante il tennis sia uno degli sport più seguiti e ricchi al mondo e, sostanzialmente, il progenitore di tutti i videogiochi moderni ha sempre peccato di una certa continuità in campo videoludico. Serie storiche come Virtua Tennis sono ferme da anni, mentre le produzioni più recenti non sono mai riuscite a rispondere appieno alle aspettative degli appassionati. Alla luce di ciò, è naturale che le speranze dei fan fossero tutte riposte su questo TopSpin 2K25 e fortunatamente possiamo dire che questa volta finalmente è stato fatto centro. Dove TopSpin il titolo brilla è senza dubbio sotto il profilo del gameplay. Lo studio a cui 2K Sports ha affidato il nuovo gioco è ripartito dalle ottime basi di Top Spin 4 e ha provato ad affinare quello che non funzionava nel 2011, spolverando sul tutto un pizzico di ottava e nona generazione. Il risultato è un gioco di tennis facile da imparare, soprattutto da chi ha già esperienza, ma difficile da padroneggiare, visto che contro avversari umani o ai livelli più alti dell’intelligenza artificiale sarà fondamentale non solo conoscere bene le dinamiche di questo sport, ma anche azzeccare tutti i colpi per non essere puniti. Il tempismo, infatti, è la chiave principale dell’esperienza. Colpendo bene o perfettamente la palla, infatti, non solo si diventa più potenti e precisi o, meglio, si possono sfruttare pienamente le potenzialità del proprio tennista, ma si può fare in modo che l’effetto della palla sia quello desiderato. Le risposte scarse, infatti, solitamente rimbalzano in posizione centrale e sono piuttosto alte, due elementi che potrebbero dare all’avversario il tempo per colpire con forza e precisione. Ma non è tutto, infatti in TopSpin 2K25 caricando il movimento e rilasciando il tasto al momento giusto si va a intaccare la resistenza degli avversari. Per evitare gli interminabili scambi che era possibile avere in Top Spin 4, Hangar 13 ha pensato a questo sistema per forzare gli errori: rispondere alle cannonate provenienti dall’altra metà del campo costa fatica e, una volta consumata la resistenza, si alza drasticamente la percentuale di errore. A questo punto concorrono diversi fattori, come la resistenza dell’atleta prescelto o la capacità di indovinare sempre il giusto tempismo, aggiungendo ulteriore tensione a questi frangenti o agli ultimi game di un quinto set a Wimbledon. Interessante anche la differenziazione tra colpo caricato e colpo normale, con il primo che consuma energia, mentre il secondo perde un po’ in efficacia, il fatto che ci si possa posizionare per effettuare un colpo aperto o i tre metodi per la battuta: semplice, caricato o con la leva analogica. Insomma, il gameplay di TopSpin 2K25 è davvero molto profondo.

Una volta lanciato TopSpin 2K25 si nota immediatamente l’esperienza del gruppo 2K Sports in questo genere di videogames. I menù sono chiari e leggibili, l’accompagnamento sonoro di qualità e la struttura è quella classica, tra modalità per giocatore singolo e quelle online. Il pezzo pregiato della modalità in solitaria è senza dubbio MyPlayer, la classica carriera nella quale si crea nei dettagli un alter ego digitale e lo si porta dall’essere un perfetto sconosciuto del circuito maschile o femminile al battagliare contro i più forti al mondo. La progressione è piuttosto semplice, dato che è divisa a tappe, ognuna scandita da tre eventi: un allenamento, un’esibizione e un torneo. Il primo consente di guadagnare un buon quantitativo di esperienza, in modo da salire di livello più velocemente e incrementare le qualità fisiche e tecniche del nostro tennista. Selezionando l’esibizione si possono sperimentare delle stipule piuttosto originali con le quali sbloccare nuovi oggetti per personalizzare l’aspetto estetico del nostro alter ego. Infine il torneo consente di migliorare il posizionamento ATP (o WTA), fondamentale per andare a vincere i trofei più prestigiosi come i quattro Slam presenti o i tanti altri tornei ufficiali sotto licenza. A rallentare questa scalata però, c’è la stanchezza, che va sempre tenuta sotto controllo, non solo perché farà scendere in campo il proprio atleta con meno energie, ma aumenterà il rischio di incorrere in un infortunio, costringendo il giocatore ad un riposo forzato o a scendere in campo con valori decurtati. E poi? Tutto qui, si gioca, si cresce, si rigioca fino a raggiungere il tetto del mondo. In TopSpin 2K25 sono presenti anche altre modalità per giocatore singolo, esistono infatti la classica Esibizione o le sfide del pass stagionale, ovvero il modo per sbloccare ulteriori e sempre nuovi oggetti estetici e oggetti di varia natura che saranno aggiornati con passare del tempo. Tutto quello che bisogna fare per ottenere tali ricompense è affrontare partite tematiche, spesso ispirate allo slam del momento, con stipule varie e originali. Collegandosi online, inoltre, si possono affrontare una modalità torneo nella quale partecipare col proprio MyPlayer, non classificate e classificate. Queste ultime hanno una struttura particolare, dato che mettono in evidenza 4 tennisti e chiedono di portare a termine compiti particolari per ottenere punti esperienza extra. Anche in questo caso tutto funziona bene, durante la nostra prova non abbiamo avuto problemi di connessione di sorta e l’esperienza è stata piacevole. Il titolo, insomma è quasi perfetto, diciamo quasi perché quello che manca in TopSpin 2K25 ha un suo peso. Innanzitutto si nota l’assenza di quasi tutti i top 10 attuali, sia dalla parte maschile che da quella femminile. È vero che le licenze non sono tutto, ma affrontare in una finale Sinner o Djokovic è diverso che trovare Taylor Fritz. Ottima, invece, la scelta di leggende, dalla Williams a Federer, passando dalla Sharapova a Sampras; è un peccato che non ci siano scenari o modalità che sfruttino questi nomi per dare modo di rivivere le loro partite più iconiche. Il vero tallone d’Achille della produzione però è il comparto grafico. Con un’inquadratura televisiva TopSpin 2K25 è anche piacevole da vedere, non fosse per qualche animazione un po’ legnosa, un parco movimenti non vastissimo o la pallina che non tiene conto del corpo dei tennisti. Quando ci sono i primi piani, però, si passa dai volti bruttini e spigolosi dei tennisti, agli spettatori, posticci come quelli dei giochi di 4-5 anni fa. La natura cross-gen del progetto si fa sentire, ma anche in questo caso dopo 10 anni si poteva fare di più. Tirando le somme, possiamo dire che con TopSpin 2K25 tutti gli amanti del tennis potranno finalmente mettere le mani a un titolo che rende onore al tennis. Gli sviluppatori hanno migliorato sensibilmente il sistema di gioco, approfondendo ulteriormente gli aspetti di gameplay cruciali e riportando la serie sul trono che gli spetta di diritto. Un gameplay di primissimo livello, un realismo senza rivali e modalità di gioco decisamente funzionali spiccano su tutto, relegando in secondo piano le poche note negative.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay:8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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