Wolfenstein Youngblood, è il momento delle gemelle Blazcowicz

In Wolfenstein Youngblood, spin-off della nota saga shooter
che si rifà a sua volta al capolavoro degli anni ’90, il detto buon sangue non
mente la fa da padrone. Nel nuovo titolo di Bethesda per Pc, Xbox One, Switch e
PS4, sviluppato a quattro mani da Machine Games, autori della serie principale
e Arkane Studios, non si vestiranno più i panni del protagonista storico, B.J.
Blazcowicz, ma delle sue due figlie: le gemelle Jessie e Sophia. Detto questo,
a livello di trama, Wolfenstein: Youngblood trasporta i giocatori all’inizio
degli anni ‘80 e li catapulta in un nuovo universo dove far stragi di nazisti
sarà lo scopo principale. Ma che fine ha fatto Blazcowicz? Bene, dopo aver
contribuito a gettare le basi per la Seconda Rivoluzione Americana ed essersi
ritirato a vita privata insieme alla sua famiglia, il biondo protagonista della
saga scompare nel nulla, o quasi. Jess e Soph, questi i diminutivi con i quali
si fanno chiamare le gemelle, decidono quindi di mettersi sulle sue tracce
partendo dall’ultima posizione nota: Neo Parigi, una delle roccaforti più
importanti del Reich nel vecchio continente. Una volta giunte in città, le due gemelle
si vedono “costrette” a collaborare con la resistenza locale per ritrovare il
padre e a contribuire, più o meno volontariamente, alla liberazione della città
attraverso una serie di missioni, suddivise tra principali e secondarie, capaci
di tenere occupato il giocatore per almeno 15 ore con un intreccio narrativo
semplice ma comunque godibile e perfettamente integrato con il resto della
saga. Detto ciò, per gli appassionati della serie, questo Wolfenstein Youngblood
avrà un’aria piuttosto familiare in quanto la struttura del gioco ricalca in
modo abbastanza evidente quella di The New Colossus, con un hub centrale che
ricopre il ruolo di base operativa dal quale è possibile raggiungere le varie
zone della città e da dove prendono il via quasi tutti gli incarichi.

Questi ultimi non si discostano molto dagli standard del
genere e prevedono la raccolta di specifici oggetti, l’attivazione di meccanismi,
il salvataggio di alcuni personaggi e via discorrendo. A questo si sommano poi
dei veri e propri “raid” ambientati negli edifici cardine del Reich, conosciuti
come Brother, e alcune missioni generate casualmente durante l’esplorazione. E’
bene sottolineare poi che in questo Wolfenstein Youngblood, parlando con uno
specifico NPC è inoltre possibile attivare alcune sfide, giornaliere e
settimanali, o scegliere di rigiocare alcune delle missioni principali, così da
ottenere ulteriori ricompense che possono poi essere spese, proprio come
capitava nel precedente capitolo, per migliorare l’arsenale in possesso o per
attivare dei bonus temporanei che consentono di incrementare per un una decina
di minuti il tasso di raccolta delle munizioni o il livello massimo di salute e
corazza. Nulla vieta inoltre ai giocatori di esplorare liberamente le varie
zone di Neo Parigi per scaricare un po’ di proiettili sui nazisti che
pattugliano le strade della capitale di Francia, per andare alla ricerca di
collezionabili o per sfruttare alcune armi speciali, ottenibili nel corso
dell’avventura, per aprire nuovi passaggi e contenitori inaccessibili fino a
quel momento. E’ bene sottolineare che Wolfenstein: Youngblood è prima di ogni
cosa un esperimento in funzione del futuro terzo capitolo, volto ad accettare
una totale integrazione dell’elemento cooperativo ed innumerevoli meccaniche
ruolistiche. Infatti durante l’intera avventura i giocatori saranno
accompagnati dalla sorella non selezionata, che può essere controllata sia
dall’I.A., non particolarmente sviluppata ma comunque più che sufficiente, che
da un compagno in carne ed ossa, che può essere reclutato tramite invito
diretto o sfruttando il classico matchmaking. Nel secondo caso è inoltre
fondamentale sottolineare che l’edizione Deluxe del gioco contiene il Buddy
Pass, ossia un contenuto aggiuntivo per chi possiede il gioco completo che gli
permette di invitare nella propria partita qualsiasi altro giocatore, senza che
questi debba necessariamente acquistare il titolo. A livello di giocabilità
Wolfenstein Youngblood garantisce lo stesso feeling dei suoi predecessori e
permette nuovamente ai giocatori di decidere di volta in volta quale approccio
utilizzare per superare una situazione, ma con qualche opzione in più. Si può scegliere
infatti per un’incursione silenziosa, sfruttando le capacità di occultamento
delle due protagoniste e la loro letalità negli scontri ravvicinati, tentare di
aggirare gli avversari trovando scorciatoie e passaggi alternativi, magari
sfruttando il doppio salto acrobatico per raggiungere punti altrimenti
inaccessibili, o passare alle maniere forti riversando quintali di proiettili
sugli avversari, che come da tradizione si differenziano notevolmente gli uni
dagli altri per livello di difficoltà, aspetto e punti deboli.

 Insomma, in
Wolfenstein Youngblood le modalità di approccio, le cose da fare e le
possibilità di scegliere come proseguire nell’avventura sono davvero tante. E’
importante sottolineare che la presenza di due protagoniste ha permesso agli
sviluppatori di offrire due diversi stili di gioco, soprattutto nella prima
parte della storia, quando le differenze fra le protagoniste sono più marcate.
Prima di avviare una partita, infatti, si deve infatti decidere quale delle due
sorelle impersonare e selezionare alcuni tratti distintivi, che andranno poi a influire
sull’arma di base e sulle abilità speciali in possesso. C’è da dire però che armi
e abilità peculiari non sono ad appannaggio esclusivo di una delle due sorelle
e potranno comunque essere ottenute nel gioco o sbloccate attraverso un
classico skill tree suddiviso in sezioni dove è possibile spendere i punti
abilità accumulati completando le missioni o salendo di livello. La crescita
del personaggio, oltre a garantire un incremento di alcune caratteristiche
base, è fondamentale quando si tratta di scegliere quali incarichi affrontare e
va ad influire dinamicamente sugli avversari che le due sorelle Blazkowicz
incontrano per le strade della città, così da garantire al giocatore il giusto
livello di sfida in quasi tutte le situazioni. Dal punto di vista estetico
questo Wolfenstein Youngblood si attesta su ottimi livelli, fluidità d’azione,
esplosioni e resa grafica del mondo di gioco sono veramente resi bene e sono
veramente appaganti. Il doppiaggio in italiano e l’avvincente colonna sonora
poi rendono l’esperienza ludica estremamente godibile. Tirando le somme, l’ultima
fatica di Bethesda è davvero un buon titolo, un gioco che diverte sia chi si
avvicina all’universo della famiglia Blazcovicz per la prima volta, ma
soprattutto che appassionerà i fan della serie.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




A.O.T. 2 Final Battle, la lotta contro i giganti continua

Attack on Titan 2: Final Battle è finalmente disponibile su Xbox One, Playstation 4, Nintendo Switch e PC. La terza stagione dell’anime è appena finita e purtroppo bisognerà attendere ancora un anno per vederne uscire una quarta. Nel mentre però, ci si potrà consolare con questo videogame rivivendo in prima persona le battaglie più famose della serie animata giapponese. In Attack on Titan 2: Final Battle infatti vi sono delle missioni prese direttamente dalla terza stagione del manga, cinque nuovi personaggi giocabili e due grosse novità di cui vi parleremo fra poco. E’ bene sottolineare che il titolo si presenta come un’espansione di A.O.T. 2 (qui la nostra recensione) quindi sarà possibile acquistarlo in forma completa (gioco base ed espansione) a prezzo pieno, oppure solo l’espansione a un prezzo inferiore. Final Battle, come vi dicevamo qualche riga più in alto, aggiunge due enormi contenuti di gioco, ovvero, la character mode e la modalità riconquista territorio. La prima di queste due è senz’altro quella più interessante. Selezionandola si potranno rivivere le avventure della terza stagione dell’anime attraverso gli occhi dei vari protagonisti. Strutturata ad episodi, non presenta quasi nessuna differenza a livello di gameplay rispetto alla modalità principale se non per quanto riguarda l’impossibilità di usare il proprio personaggio originale, di non poter esplorare le aree cittadine e la presenza di particolari restrizioni legate ad alcune missioni. Completando un capitolo si sbloccherà quello successivo che presenterà, o un nuovo pezzo di trama, o un nuovo scontro dell’anime. In più verranno dati degli oggetti bonus e dell’esperienza per il personaggio che si è scelto di utilizzare. In particolare, questa modalità, si rivela ulteriormente utile per il farming di materiali e per la possibilità di sbloccare, e quindi utilizzare, i nuovi personaggi aggiunti con questo DLC.

 Purtroppo l’intelligenza artificiale dei nemici non si comporta sempre in modo adeguato, finendo col bloccarsi completamente in certi punti dello scenario facendo quindi storcere il naso. Per quanto riguarda invece la modalità riconquista territorio offerta da A.O.T. 2 Final Battle, questa metterà il giocatore a capo di un esercito personale. All’inizio verrà chiesto quale, tra i personaggi, dovrà svolgere il ruolo di comandante. Una volta fatto ciò bisognerà decidere il nome del proprio esercito e il suo stendardo. Conclusa la fase iniziale ci si troverà nel proprio campo base. Questa parte, che ricorda la modalità storia classica, è al contempo molto differente. A capo dell’esercito bisognerà progressivamente recuperare i territori del Wall Maria e avanzando si otterranno dei punti utili ad espandere la base militare. La fase di espansione si rifà molto ai giochi strategici e, spendendo punti guadagnati in precedenza, si potranno ingrandire o costruire nuovi quartieri per il campo base. Questi ultimi saranno utili anche per assumere nuovo personale, ottenere maggiori risorse e per ricevere diversi bonus in base all’assegnazione dei lavori. Parlando della nuova abilità che permette di trasformarsi in giganti, c’è da dire che questa non è una vera e propria novità, bensì un miglioramento di un’abilità già esistente. Infatti, se prima per poter disporre della trasformazione in gigante era necessario avere il personaggio con tale trasformazione come supporto, ora non è più necessario. Per fare ciò si dovrà avere attiva l’abilità e usare uno specifico oggetto di supporto che, al posto di potenziare il personaggio, lo trasformerà in un gigante. L’aggiunta più interessante di A.O.T. 2 Final Battle sono però le nuove armi, di cui una completamente nuova e le rimanenti versioni migliorate di altre armi. Partiamo parlando delle pistole.

Equipaggiandole si potrà fare uso di un solo rampino, ma a differenza delle lame infliggeranno ingenti danni anche nella forma base grazie anche a diversi tipi di pallottole. Ogni proiettile ha un effetto differente, come paralizzare, avvelenare, rallentare o esplodere a contatto. Una volta compreso il funzionamento dei diversi proiettili si potranno eliminare velocemente, o almeno rallentare, anche i giganti più forti. Grazie alle pistole si potrà anche fare uso della prima arma speciale, ovvero il gatling, versione molto più potente delle bocche da fuoco base e capace di eliminare istantaneamente, o comunque in poco tempo, anche i giganti speciali. Anche le classiche lame hanno una loro versione speciale, senza dubbio meno potente di quella delle pistole ma nettamente più utile. Chiamate Thunder Spear, esse permettono di eliminare agevolmente interi gruppi di giganti grazie agli ingenti danni ad area che possono infliggere. Esse risultano particolarmente utili quando si dovrà uccidere un gigante anomalo speciale. Proprio per via del loro danno ad area, le Thunder Spear sono grado di colpire velocemente tutti i punti deboli e successivamente di eliminarli con un altro paio di colpi. I comandi delle nuove armi all’inizio potranno sembrare scomodi ma, una volta che ci si sarà abituati, in particolare ad andare alla torretta di rifornimento ogni volta che si vuole passare cambiare da pistole a lame, regaleranno molte soddisfazioni. Tirando le somme l’espansione Final Battle non fa che migliorare ulteriormente A.O.T 2, le nuove armi e le nuove modalità risultano molto curate, il che arricchisce notevolmente il gameplay del titolo. Grazie a ciò, Final Battle, più che un DLC sembra un vero e proprio nuovo gioco della saga. In più, sia che siate fan della serie sia che non l’abbiate mai vista, questo titolo sarà capace di farvi vivere tutte le avventure narrate nelle prime tre stagioni dell’anime e, al contempo, sarà in grado di portarvi all’interno del mondo narrativo creato da Hajime Isayama. In ogni caso, se volete saperne di più sul gioco base, sulle dinamiche e su qualsiasi aspetto del titolo originale, che funge da scheletro per quest’espansione, vi invitiamo a leggere la nostra recensione cliccando qui.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Nuovo ransomware minaccia Android

I ricercatori di ESET hanno recentemente individuato la
nuova famiglia di ransomware Android/Filecoder.C, che utilizza la lista di
contatti della vittima per inviare SMS contenenti link malevoli. Android/Filecoder.C
si è diffuso attraverso alcuni topic di Reddit con contenuti per adulti e, per
un breve periodo di tempo, anche tramite forum della nota community di
sviluppatori Android XDA. Android / Filecoder.C si distingue per il suo
meccanismo di diffusione. Prima di iniziare a crittografare i file, il
ransomware invia una serie di messaggi di testo a tutti gli indirizzi
nell’elenco dei contatti della vittima, inducendo i destinatari a fare clic su
un collegamento dannoso che porta al file di installazione del ransomware. Secondo
i ricercatori di ESET, in teoria, questo meccanismo potrebbe portare ad una
grande diffusione di infezioni, tanto più che il malware ha 42 versioni
linguistiche del messaggio dannoso. Fortunatamente, anche gli utenti meno attenti
possono facilmente notare che i messaggi sono tradotti male e che alcune
versioni non sembrano avere alcun senso. Oltre al suo meccanismo di diffusione
non tradizionale, Android / Filecoder.C presenta diverse anomalie nella
modalità di crittografia, escludendo i file di grandi dimensioni – superiori ai
50MB – e le immagini inferiori a 150KB. Nell’elenco di file da crittografare
mancherebbero anche alcune delle estensioni tipiche per Android.   Ci
sono poi altri elementi che caratterizzano Android / Filecoder.C rispetto ai
tipici ransomware per Android: Filecoder.C non impedisce infatti agli utenti di
accedere ai propri dispositivi bloccando completamente lo schermo. Inoltre il
riscatto non è preimpostato e la quantità di denaro chiesto dagli impostori
viene generata dinamicamente usando l’UsdId assegnato dal ransomware alla
vittima, con una richiesta unica per ogni utente, che varia tra 0,01 e 0,02
BTC. Questa scoperta dimostra che i ransomware rappresentano ancora una
minaccia per l’ecosistema Android; per stare al sicuro i ricercatori di ESET
consigliano di mantenere aggiornati i dispositivi, utilizzare una buona
soluzione di sicurezza mobile e scaricare le applicazioni solo dal Google Play
Store o altri store affidabili.

F. P. L.




Redeemer Enhanced Edition arriva su console

Lanciato su Pc nel 2017 Redeemer si è dismostrato una vera e
propria sorpresa nel campo degli indie games. Adesso il gioco è finalmente arrivato
su PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch con Redeemer: Enhanced Edition,
versione aggiornata e ampliata che permette anche al pubblico console di
provare il titolo di Sobaka Studio. A livello di trama il software offre una
storia semplice ma che funziona e introduce i giocatori in un universo in stile
action movie anni ’80. Vasily è un ex soldato russo il quale ha partecipato a
diverse operazioni militari, non del tutto legali che lo hanno reso
estremamente forte ma al tempo stesso pazzo. Ma non finisce qui perché il
proprio governo ha deciso che doveva subire delle modifiche fisiche, ricevendo
degli innesti cibernetici che lo hanno reso una vera e propria macchina da
guerra inarrestabile. Un giorno Vassily decide di abbandonare questa vita per
sempre, e andare a vivere in un monastero tibetano seguendo la strada della
meditazione e delle arti marziali. La pace però viene a mancare quando un
gruppo di soldati entra all’interno del complesso, uccidendo chiunque gli si
pari davanti. Dopo alcuni anni passati a meditare e creare la pace interiore,
questa viene completamente interrotta risvegliando la feroce sete di sangue che
il protagonista era riuscito a sopire. Da qui ha inizio una spietata battaglia
che vedrà Vassily affrontare migliaia di spietati nemici. La trama di Redeemer
risulta abbastanza interessante e questa viene raccontata tramite dei brevi
filmati, distribuiti in maniera intelligente fra un capitolo e l’altro. Il
titolo è diviso in 20 livelli suddivisi in 3 macrocategorie per indicare
l’inizio, la metà e la fine dell’avventura ed è un vero peccato perché per
quanto sia bella l’avventura, essa non è ricca di contenuti e risulta nel breve
periodo abbastanza monotona. A livello di gameplay la produzione ha svolto un
ottimo lavoro offrendo azioni semplici, intuitive e piuttosto variegate. Grazie
all’ausilio di un setup di comandi estremamente semplice, sarà possibile
eliminare qualsiasi minaccia con una ferocia inaudita.

Con lo stick sinistro del pad sarà possibile far muovere il
personaggio in giro per le tante mappe presenti nel titolo. Quando si
incontrano i nemici si avranno 3 comandi base da utilizzare ovvero pugni, calci
e colpo critico, ma quest’ultimo può essere sfruttato solamente tramite degli
oggetti sparsi per la mappa. La visuale isometrica permette di vedere tutta
l’area di gioco, ma pigiato su un altro pulsante e spostando la levetta
sinistra in alto o in basso, si potrà osservare al di là della telecamera fissa
su Vassily. Una caratteristica interessante è data poi dalla possibilità di
utilizzare delle armi, divise in armi bianche come manganelli, asce e picconi i
quali dopo qualche colpo inflitto si distruggeranno; alle armi da fuoco come
pistole e fucili d’assalto che dopo aver finito le munizioni verranno gettate
via. In Redeemer c’è anche poi una buona varietà di antagonisti da affrontare: si
passa infatti dai poveri e inermi soldati semplici a versioni corazzate ben più
pericolose, sfociando infine in mutanti nati da esperimenti genetici falliti
che rappresentano una sfida più impegnativa, ma nulla che il nerboruto protagonista
non possa ridurre in una poltiglia sanguinante. Il titolo non risparmia sulla
violenza, e una delle caratteristiche principali è proprio il grande feedback
dei colpi che faranno sentire tutta la potenza di Vasily, e permetteranno di massacrare
i nemici in modo dannatamente divertente e appagante. Anche lo scenario gioca
un ruolo importante, infatti si possono sfruttare muri, spuntoni e altri
elementi per uccidere in modo “creativo” i malcapitati. Eliminando gli
avversari inoltre si ottiene della preziosa salute ed esperienza per migliorare
le proprie mosse e diventare ancora più letali. Una delle modifiche presenti in
questa Enhanced Edition rispetto alla versione originale è la divisione delle
abilità in Monaco per quanto riguarda tutto quello che rientra nel corpo a
corpo (calci, pugni, armi da taglio) e Soldato per le varie armi da fuoco, così
da rendere il sistema di progressione più intuitivo e fluido. Potenziando le
proprie abilità si possono creare combo più lunghe, aumentare la salute
derivante dalle uccisioni, aumentare il numero di colpi delle armi da fuoco,
diminuire l’usura delle armi da taglio e altro ancora, inoltre esplorando
l’ambiente si possono trovare delle pergamene e altri collezionabili che
aumentano i punti abilità a disposizione.

La storia di Redeemer si può completare nel giro di circa
6/7 ore, ma un’altra novità di questa Enhanced Edition è la localizzazione in
italiano, introduzione sicuramente gradita da chi non mastica bene l’inglese. Una
caratteristica interessante del titolo è la modalità Arena, nella quale al
momento sono disponibili solamente due mappe ambientate in zone viste nella
modalità storia. In questa tipologia di gioco il compito del giocatore sarà
quello di sopravvivere alle varie ondate di nemici. Quasi l’intero gioco si può
giocare esclusivamente da soli, non c’è un vero e proprio bisogno di giocare in
compagnia se non per puro divertimento. In ogni caso è bene sottolineare che è
presente la modalità coop nella quale due giocatori possono unirsi nella stessa
lobby, una feature interessante ma fine a se stessa. A livello tecnico Redeemer
Enhanced Edition ha risolto i terribili problemi di frame-rate che affliggevano
la versione PC originale, e durante la prova il gioco è sempre stato fluido con
qualche piccolo calo in occasioni sporadiche, ma nulla che compromettesse
l’esperienza come invece accaduto nella prima release. Tirando le somme quindi,
se state cercando un gioco di facile comprensione, che dia la possibilità di
affrontare centinaia di nemici e di sconfiggerli in maniera “creativa”, questo
titolo è ciò che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 7

Gameplay: 7,5

Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7

Francesco Pellegrino Lise




Bloodstained Ritual of The Night, l’erede indiscusso di Castlevania

Bloodstained Ritual of The Night venne concepito nel 2014
quando il celebre producer Koji Igarashi, lasciato Konami, fu subissato di
richieste di fan che chiedevano a gran voce un nuovo gioco in stile Castlevania.
Non potendo usare però il brand, essendo di proprietà di Konami, Koji si
ritrovò nella difficile situazione di dover trovare una maniera per reinventare
il genere di cui per anni fu considerato il padre spirituale. Appoggiandosi
quindi al crowfunding, e di fatto all’aiuto di quei fan che tanto volevano un
degno successore dell’intramontabile Symphony Of The Night, Igarashi cominciò
il lungo, e altri, travagliato, sviluppo di quello che a oggi possiamo
considerare il gioco che in molti avrebbero desiderato da moltissimo tempo.
Inutile dire che se si è fan accaniti dell’originale Symphony of The Night è
obbligatoriogiocare al più presto alla nuova opera di Koji Igarashi perché
Bloodstained Ritual of The Night. Vi diciamo questo in quanto il titolo,
disponibile su Pc, Xboxc One, Ps4 e Switch, altro non è che la summa di tutto
ciò che è stato il ciclo di Castlevania negli anni in cui Iga lo ha diretto. Quindi
non ci si trova solo di fronte a un seguito spirituale ma a una vera e propria
autocelebrazione di un genere per mano del suo stesso produttore, ritrovatosi
orfano della sua creatura ma non per questo deciso a rifulgere il proprio,
storico, passato o a voltare le spalle alla sua fanbase. Se, invece, si è tra
quella schiera di persone che non ha mai potuto o voluto affrontare l’immortale
avventura di Alucard, potete prepararvi a comprendere l’arcana alchimia che
permette a una produzione quale Bloodstained Ritual Of The Night, di risaltare
in mezzo a un panorama ricolmo di titoli pregni di grafiche incredibili e
narrazioni accattivanti, basandosi solo su un gameplay che dal 1997 a oggi ha caratterizzato
un intero genere videoludico. Ma veniamo alla trama: alla fine del settecento,
nel 1783 per la precisione, nel pieno della Rivoluzione Industriale, un gruppo
di demoni attacca l’Inghilterra, compiendo dei terribili massacri. Per
fermarli, una gilda di alchimisti crea gli shardbinder, ossia degli esseri
umani con impiantati dei cristalli imbevuti di potere demoniaco. La gilda, in
collaborazione con la chiesa, riesce a fermare i demoni, ma al prezzo di
migliaia di vittime. Gli shardbinder infatti muoiono tutti nel rito di
purificazione dei cancelli demoniaci. Solo due sono riusciti a sopravvivere:
Gebel, uscito illeso dal rito, e Miriam, addormentatasi poco prima che questo
iniziasse. Da allora sono passati dieci anni e i demoni sono tornati sotto la
guida di Gebel, ormai quasi completamente cristallizzato. L’unica che può
fermarlo è Miriam, perché capace di sfruttare i poteri dei cristalli demoniaci
presenti nel suo corpo. Ad aiutarla il fido Johannes, un ex-alchimista redento,
l’esorcista Dominique e il guerriero Zangetsu, il protagonista di Bloodstained:
Curse of Moon (spin-off stile NES della serie), utilizzabile anche in Ritual of
the Night.

Pad alla mano, sin dalle prime stanze si avverte tutta
l’esperienza di Igarashi. I movimenti di Miriam sono molto simili alle movenze
di Alucard (Il protagonista di Castevania Symphomy of the Night), c’è persino
la scivolata tattica all’indietro e quella d’attacco in avanti. Il sistema di
assorbimento dei cristalli è semplice ma intelligente: ogni volta che si incontra
un nuovo nemico, dopo averlo sconfitto c’è una chance di ottenere un cristallo
che si potrà assorbire acquisendo le sue abilità specifiche. Ci sono tanti tipi
di cristalli, di attacco, di difesa, di supporto e via discorrendo. Essi vanno
equipaggiati e hanno un consumo di MP variabile in base al tipo stesso al
grado. Grado che aumenta in base al numero di cristalli dello stesso demone che
verranno trovati, con un meccanismo simile a un incremento del livello delle
abilità. Nelle prime aree di gioco c’è una grande sensazione di gratificazione,
in quanto si potranno incontrare nemici quasi sempre diversi ogni due tre
stanze e si potranno trovare tanti cristalli, in maniera tale da poter provare
tutte le abilità ad essi connesse. Uccidendo i nemici si potranno trovare come
loot anche tanti materiali e ingredienti che inizialmente non è chiaro come
utilizzare, salvo poi capirne meglio i meccanismi dopo aver incontrato compagni
della Gilda e personaggi che si offrono di aiutare la protagonista nella missione,
che spiegano come combinare gli oggetti e craftarne di nuovi. In Bloodstained Ritual
of The Night, come anche accadeva in Castlevania SotN, consultare la mappa è
sempre essenziale per capire dove bisogna andare, per comprendere la
conformazione delle stanze alte e per trovare punti chiave e stanze segrete.
Queste contengono quasi sempre equip potenti, oggetti per aumentare il cap di
HP ed MP o anche NPC. Tra le diverse aree si trovano, come in ogni Castlevania
che si rispetti, dei corridoi separatori, e ad ogni nuova area corrisponde
anche un cambio di musica in background e set di nemici. Talvolta potrà
capitare di poter accedere contemporaneamente a più aree diverse, e
generalmente il modo migliore per capire se si è scelto la strada giusta è
saggiare la forza dei nemici: se servono più di quattro o cinque attacchi per eliminarli,
generalmente è meglio battere in ritirata in quanto è richiesto un livello di potere
più alto e si andrebbe incontro a morte certa.

Man mano che si andrà avanti nell’avventura ci si dovrà
scontrare con mini-boss e boss di livello. Questi ultimi sono quasi sempre
accompagnati da delle cut-scene e richiedono una buona dose di run ed eventuali
morti per trovare la tecnica giusta per superarli. Il backtracking è presente
in maniera preponderante, ma fortunatamente ci sono i ben noti portali che permettono,
una volta trovati e attivati, di viaggiare velocemente tra gli angoli più
remoti della mappa. E quindi, ogni qualvolta si sblocca una nuova abilità che permette
di eseguire nuove mosse, quasi sempre bisognerà tornare indietro per accedere
alle parti della mappa inizialmente precluse. In Bloodstained Ritual of The
Night però c’è anche spazio per qualche piccola novità. Infatti, strada facendo
si potranno trovare diversi NPC che propongono tante missioni secondarie, come
la vendetta del marito ucciso da un particolare tipo di demone, o la raccolta
di ingredienti e oggetti specifici. Queste missioni aggiungono ulteriore
backtracking e quando se ne accettano più di una sarà facile confondersi o
perdere di vista gli obiettivi. Fortunatamente gli sviluppatori hanno inserito
un sistema di tracking che viene in aiuto con dei segnalini da posizionare
sulla mappa. Bloodstained Ritual of The Night offre poi la possibilità di
eseguire tante abilità e mosse speciali legate al tipo di arma brandita. E di
armi ne esistono di varie categorie: spade corte e lunghe, pugnali, fruste,
pistole mazze chiodate e persino opzioni per il combattimento a mani nude; e
strada facendo troveremo delle librerie che ci svelano mosse segrete che
aggiungono profondità al combattimento. Tra le novità implementate è bene
evidenziare anche un sistema di assegnazione veloce delle abilità legate ai
cristalli, che permette di cambiare rapidamente set di skill, pratica
particolarmente utile nelle parti più avanzate del gioco quando i nemici si
fanno più duri da abbattere e sfruttare le loro vulnerabilità diventa vitale.
Da questo punto di vista il combattimento risulta più tattico e meno piatto rispetto
al passato. C’è ampio margine anche nella customizzazione del personaggio, con
armi, mantelli e accessori che hanno un impatto cosmetico ben visibile su
Miriam. Inoltre, in un punto preciso del castello è presente anche un barbiere
in grado di modificare l’acconciatura ed altri aspetti del look della
protagonista. Come da tradizione poi, non manca nemmeno una vasta enciclopedia
che abbraccia personaggi, luoghi e mostri che appagherà la sete di conoscenza
dei puristi del genere. Immancabili inoltre gli shop di armi e oggetti ed il
mitico barcaiolo in stile Caronte.

In termini di esplorazione e progressione, Bloodstained:
Ritual of The Night è costruito in modo molto simile ad alcuni dei titoli della
serie Castlevania già citati: c’è un’unica grande mappa, di cui molte zone
diventano accessibili solo dopo aver sbloccato alcuni poteri specifici o dopo
aver ottenuto certi oggetti, come il già citato doppio salto. Paradossalmente
più si esplora, più la mappa sembra ampliarsi. Igarashi e i suoi hanno ottenuto
questo effetto aumentando le diramazioni in modo graduale: non si arriva mai a
sentirsi persi come accade in un Hollow Knight, ma in certi momenti non manca
del sano disorientamento. Il tempo necessario per finire il gioco a livello
Normal è noto, perché dichiarato dallo stesso Igarashi: una decina di ore. Si
tratta in realtà di un abbaglio, nel senso che Bloodstained è costruito per
essere esplorato in lungo e in largo e per essere finito più volte a diversi
livelli di difficoltà. Parlando ora del comparto tecnico, il gioco ha fatto
netti passi avanti durante il suo lungo sviluppo. Non poche erano le polemiche
insorte per animazioni legnose, uno stile grafico vecchio ed effetti grafici
non all’altezza della generazione attuale. Igarashi ha però saputo rispondere
bene a queste critiche cambiando tutto a poche settimane dal lancio,
presentando un cambiamento radicale quasi da notte a giorno per effetti e stile
grafico. Alcune aree sono veramente belle a vedersi, con tanti effetti
particellari e oggetti in movimento in background che danno decisamente vita e
spessore allo stile 2.5D. La colonna sonora è chiaramente ispirata a quella dei
precedenti Castlevania ed è sicuramente uno dei punti di forza dell’intera
produzione. Unica nota veramente negativa è da associare alla traduzione in
italiano, davvero di mediocre fattura. Sicuramente farà contenti tutti quei
giocatori che non conoscono altre lingue, ma doversi andare a rileggere dei
testi in inglese per capirli fino in fondo non è affatto una cosa buona. Tirando
le somme, Bloodstained Ritual of The Night non è solamente il successore
spirituale di Symphony Of The Night, o del filone dei Castlevania in due
dimensioni che hanno popolato le console portatili nel primo decennio degli
anni 2000, ma è soprattutto una produzione coraggiosa, fede delle proprie
radici e in gradi di dimostrare che il genere ha ancora molto da dire,
specialmente se al timone c’è uno dei suoi storici fondatori. Con un solido
gameplay in grado di divertire oggi come ventidue anni fa e un level design
sopraffino, l’ultima creazione di Igarashi non solo riesce a tenere testa a
tutti i titoli usciti negli anni precedenti ma anche a ridefinire le basi del
genere così come fu nel 1997 con la storia di Alucard. Se siete fan di
Catlevania non giocare a questo titolo sarebbe un vero peccato in quanto
incarna quanto di buono già visto in passato e lo eleva con alcune buone novità,
con un gameplay fluido e con una trama avvincente.

GIUDIZIO GLOBALE

Grafica: 8,5

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise




Huawei lancia in Italia il primo smartphone 5G

Huawei non sembra affatto intimorita dalle controversie con gli Stati Uniti e punta ancora al top della tecnologia con i suoi prodotti. Vi diciamo questo in quanto arriva in Italia il primo smartphone compatibile con le nuove reti cellulari di quinta generazione. Si tratta del Mate 20 X 5G, ed è stato presentato recentemente in un evento a Milano in cui il colosso cinese ha offerto rassicurazioni sulla piena funzionalità – presente e futura – dei suoi dispositivi. Rassicurazioni che arrivano dopo i timori suscitati in questi mesi dalla guerra commerciale tra Usa e Cina che aveva fatto finire Huawei nel mirino di Washington. Lo smartphone è una versione 5G del Mate 20 X, un dispositivo top di gamma con schermo Oled molto grande (7,2 pollici) e ad alta definizione. La differenza sta nella batteria, che si fa un po’ più piccola – da 5.000 a 4.200 mAh, ma promette di durare tutta la giornata – per far posto alle antenne grazie a cui funziona il nuovo chip 5G Balong 5000, sviluppato “in casa” da Huawei così come il processore Kirin 980, con cui lavora in tandem. Il comparto fotografico è composto da una tripla fotocamera posteriore sviluppata con la tedesca Leica (un sensore principale da 40 megapixel cui si aggiungono un grandangolare da 20 megapixel e un teleobiettivo da 8 megapixel). La fotocamera frontale è da 24 megapixel. Il telefono integra 8 GB di Ram e 256 GB di memoria interna, espandibile. Lo smartphone, nella finitura verde smeraldo, è già disponibile in preordine, e arriverà nei negozi degli operatori di telefonia mobile nelle prossime settimane. Il prezzo è elevato: sfiora i 1.100 euro. Proprio per l’imminente lancio in Italia, il produttore ha subito rilasciato il primo aggiornamento dedicato ai modelli commercializzati nel nostro Paese. La principale novità riguarda il miglioramento di uno dei tratti distintivi del terminale, ovvero la connettività 5G. Le nuove infrastrutture di rete muovono solo ora i primi passi nel nostro Paese con le offerte commerciali di TIM e Vodafone e non sorprende che uno dei primi smartphone 5G distribuiti in Italia abbia necessità di qualche affinamento software per sfruttarle al meglio. Per il resto, l’aggiornamento fa riferimento a due novità secondarie: la possibilità di rimuovere l’assistente vocale HiVoice, sostituendolo con Google Assistant, e la rimozione dell’app preinstallata Traduttore di Microsoft. Non manca una generica conferma sul miglioramento della stabilità e delle prestazioni del sistema del dispositivo Huawei. L’aggiornamento è attualmente in distribuzione in Italia, ha un peso di 689MB e può essere scaricato tramite la notifica OTA.

F.P.L.




Crash Team Racing torna in grande spolvero

Con Crash Team Racing Nitro Fueled Activision riporta sulle console di attuale generazione uno dei titoli più amati ai tempi della primissima Playstation, nel lontano 1999. Ma veniamo al dunque, il gioco propone in chiave moderna il Ctr originale, quello più amato e iconico, dotandolo di una grafica in stile cartoon moderna, ma mantenendo sempre il gameplay virtualmente identico al gioco originale, se non per qualche piccola miglioria e un paio di aggiunte per arricchire l’offerta. I poco dettagliati e pixellosi mondi del gioco originale lasciano così spazio a rivisitazioni fedeli nel design ma molto più ricche di colori, varietà e dettagli che regalano nuova linfa vitale a piste che negli anni ’90 risultavano essere spoglie e poco movimentate. Crash Team Racing Nitro-Fueled è assolutamente all’altezza dei prodotti contemporanei, sia come resa grafica, sia come fluidità in game, e il salto qualitativo di 3 generazioni di console, nonché 20 anni di evoluzione tecnica si fanno sentire davvero poco. Per giustificare maggiormente il comunque economico prezzo di 39,99 Euro, il team di Beenox ha inoltre pensato di aumentare ulteriormente il valore del prodotto aggiungendo, tra le altre cose, numerose piste dai sequel di CTR, nonché moltissime opzioni di personalizzazione e un multiplayer online appassionante e spassoso. L’idea di base del titolo originale era ovviamente quella di creare un degno avversario del famosissimo Mario Kart, e così fu. Adesso con questo remake il titolo offre quanto visto in passato ma elevato all’ennesima potenza, qundi: gare di pochi giri all’interno di spettacolari piste in scenari coloratissimi e folli in giro per il mondo, da castelli fino a deserti, dove 8 piloti del roster si affrontano su kart veloci e che possono guadagnare ulteriore velocità con i boost offerti dalla corretta gestione di derapate, partenze e salti. Il sistema di derapate, nello specifico, è molto diverso da quanto visto in giochi simili e vede i giocatori attivare il turbo a più riprese col giusto tempismo ad ogni derapata per sfruttarne al meglio l’effetto. Ovviamente non mancano i famosissimi power-up, componente imprescindibile di questo genere che contribuisce a rendere questi giochi titoli molto divertenti in compagnia: bombe, missili, pozioni trappola, scatole di TNT, scosse elettriche e turbo permettono ai giocatori di rimontare nei confronti di chi si trova davanti, portando spesso a photo-finish a sorpresa dove un giocatore che è stato per buona parte al comando può essere fermato all’ultimo momento da qualcuno che passa ad alta velocità con qualche folle power-up o che lo manda in testa coda con un bel missile. Questo modo di giocare rende Crash Team Racing Nitro Fueled un party game capace di dar vita a divertentissime sessioni tra amici sia in locale che online.

In ogni caso, se non si ha mai avuto l’occasione di provare
il titolo originale, il miglior metodo per prendere familiarità con le
dinamiche di gioco resta la “campagna”. Tale modalità di gioco è strutturata in
maniera molto diversa da quanto visto in altri titoli del genere: qui Crash o
il personaggio che si selezione deve affrontare diverse isole che fungono da
hub, ognuna delle quali presenta varie piste in cui arrivare vincitori per poi
battere i boss dell’area in una letale battaglia uno contro uno. Finito questo,
è possibile affrontare sfide aggiuntive sui livelli già affrontati, come sfide
a tempo dove bisogna cercare di fermare il cronometro il più spesso possibile
raccogliendo casse con secondi bonus o le sfide CTR, dove bisogna battere la
CPU raccogliendo le lettere C, T ed R nascoste in giro per i livelli. Queste
sfide portano il giocatore a trovare le scorciatoie rischiose ma efficaci di
ciascuna pista, preparandoli al meglio per le sfide competitive del multiplayer
locale e online. La campagna di Crash Team Racing Nitro Fueled è davvero lunga
se si decide di completare ogni sfida secondaria, ma come detto è un ottimo
modo per conoscere al meglio ogni pista, diventa quindi molto consigliata a chi
ha intenzione di puntare a competere. Per chi ha tali ambizioni, c’è l’ormai noto
split screen fino a 4 giocatori in qualunque pista o modalità, ma soprattutto
un supporto online abbastanza basilare ma incredibilmente spassoso e molto
gradito, considerando che CTR non ha mai avuto ufficialmente una componente
online. Anche questa componente è giocabile in split screen, permettendo ai
giocatori di portare anche la propria squadra online. Insomma, il videogame ripropone
fedelmente gameplay, campagna e opzioni multiplayer (ma con diverse novità) del
gioco originale, il tutto con un’ottima resa grafica e tanti piccoli
miglioramenti. Possiamo affermare senza timore di essere smentiti che questo
gioco è la versione definitiva di uno dei kart racer più spassosi di sempre,
capace quasi di rendere obsoleto e l’originale. Per chi si avvicina per la
prima volta a Crash Team Racing, il titolo può sembrare come un banale clone di
Mario Kart senza nessuna differenza degna di nota. Ma non è così, soprattutto
per il modello di guida che riesce a combinare in maniera egregia una
maneggevolezza arcade a un impressionante elemento tecnico di bravura. Il
fulcro sta nel riuscire a concatenare derapate cercando di azionare nel momento
giusto il boost generato da queste, per arrivare a passare praticamente tutto
il giro sotto l’effetto del nitro. Anche Mario Kart e compagnia hanno un
sistema di derapate turbo, ma le tante curve a gomito, i dislivelli e gli
ostacoli di CTR uniti a questo sistema più complesso rendono il racer game di
Crash e soci decisamente più tecnico, dove ogni giocatore può costantemente
migliorarsi ed aumentare in abilità partita dopo partita. E vi assicuriamo che
se si vuole dominare sarà necessario un duro allenamento, visto che per
completare la storia al 100% o per avere una chance di vincere contro gli
agguerriti avversari online bisognerà essere davvero a proprio agio con il
meccanismo di derapate. Attenzione però, come già sottolineato più volte, Crash
Team Racing Nitro Fueled non è però solamente una copia dell’originale CTR,
poiché aggiunge anche diversi elementi dai sequel meno riusciti del gioco
portandoli però nella struttura e nel gameplay pluripremiato del primo
episodio. Spuntano così piste da Crash Nitro Kart e Crash Tag Team Racing,
diversi nuovi personaggi, un’abbondanza di elementi cosmetici abbastanza
numerosa ma anche e soprattutto il multiplayer online. La quasi totalità di
questa saga si è giocata su console che nemmeno avevano una porta Ethernet,
figuriamoci funzionalità online degne di questo nome. Bene, adesso grazie alle
nuove tecnologie il gioco permette a giocatori di tutto il mondo di sfidarsi in
qualunque pista del gioco. C’è ovviamente anche il multiplayer locale per
divertenti sessioni casalinghe tra amici, ma il gameplay estremamente tecnico e
caotico del titolo lo rende un’esperienza multiplayer online decisamente
esilarante. Per chi non ha intenzione di mettere le mani sul comparto multiplayer
e desidera godersi solo l’esperienza “classica” di CTR non c’è da
preoccuparsi, visto che ogni oggetto di personalizzazione è sbloccabile anche
in locale e non ci sono obiettivi esclusivi per la modalità online.

A livello di modalità di gioco, Crash Team Racing Nitro
Fueled ne offre davvero tante. La modalità Arcade Locale è quindi quella che
racchiude al suo interno la maggior parte dei contenuti del gioco e li offre
sin da subito senza ulteriori attese. Gli unici elementi bloccati riguardano i
piloti aggiuntivi, un totale di 25, tra cui i boss da sbloccare nell’Avventura,
e le personalizzazioni dei kart, queste ultime puramente estetiche. All’interno
della sezione arcade si potrà disputare una Gara Singola – scegliendo il numero
di giocatori, di giri, il livello di difficoltà e se affrontarla in versione
standard o speculare -, oppure ci si potrà cimentare in una delle 7 coppe
presenti in “Gara di Coppa”, prendere parte alla modalità Battaglia,
partecipare alle Prove a Tempo, gareggiare nella Corsa delle Reliquie, nella
Sfida CTR o nella Sfida dei Cristalli. Chi ha giocato al capitolo del ’99 riconoscerà
ogni singola modalità e si renderà subito conto di come l’offerta di Crash Team
Racing Nitro-Fueled sia assolutamente completa e in linea con l’originale. Per
chi invece si stesse avvicinando al titolo solo ora, ricordiamo che la modalità
Battaglia consente di combattere in una delle 12 piste/arene disponibili
esclusivamente in questa sezione. Qui si può scegliere se gareggiare a punti, colpendo
gli avversari con le armi a disposizione, in una versione alternativa del “ruba
bandiera”, collezionando il maggior numero di cristalli e così via. Insomma, la
modalità Battaglia è a sua volta un gioco nel gioco ed è particolarmente adatta
a tutte quelle sezioni multi player in stile party game senza dover badare alla
qualità della guida. La Sfida delle Reliquie è invece una variazione della
Prova a Tempo, dove si potranno migliorare i propri risultati aprendo le casse
bonus in grado di congelare il cronometro. La Sfida CTR invece è una semplice
gara nella quale, come già detto, bisognerà raccogliere le lettere C, T e R
sparse per il tracciato, mentre nella Sfida dei Cristalli bisognerà raccogliere
i cristalli viola sparsi nelle arene della modalità Battaglia. Ricordiamo che tutto
ciò potrà essere giocato in multi player locale a schermo diviso sino a 4
giocatori, mentre la modalità online consente la partecipazione fino a 8
giocatori. Per quanto riguarda il comparto audio, i puristi potranno infatti
scegliere se utilizzare la colonna sonora remixata o quella classica, inoltre,
a livello di gioco potranno affrontare la campagna in modalità
“classica” o Nitro-Fueled, potranno persino scegliere i modelli
poligonali originali per i kart e i personaggi principali, rinunciando a
qualsiasi orpello estetico che possa alterare l’esperienza. A questo grande
richiamo al passato si contrappone l’aggiunta di personaggi del tutto inediti,
fra cui alcuni che arriveranno nei prossimi mesi, per il titolo, una nuova
schermata di personalizzazione del kart e persino un negozio giornaliero dove
spendere le monete accumulate con le gare per poter acquistare skin, personaggi
e pacchetti bundle.

Dal punto di vista tecnico i ragazzi di Beenox sono stati in
grado di effettuare un lavoro di ricostruzione di livello altissimo. Questo
significa che ogni pista, ogni arma e ogni personaggio sono delle copie 1:1 di
ciò che era presente nel capitolo per PlayStation del 1999, ovviamente
reinterpretati e restaurati in chiave moderna. I tracciati ripropongono lo
stesso feeling degli originali, con curve e dossi ricostruiti con precisione
millimetrica, quindi se si era già degli assi di Crash Team Racing ai suoi
tempi, basteranno pochi minuti per ritrovare le stesse sensazioni dell’epoca e
se la memoria non inganna si potranno anche sfruttare sin da subito tutte le
scorciatoie presenti nelle mappe. Tirando le somme Activision e Beenox con
questo Crash Team Racing Nitro Fueled hanno ridato vita a uno dei videogame più
divertenti di sempre dove competizione, divertimento e adrenalina sono sempre
presenti in ogni metro della pista. Insomma, come avrete dedotto leggendo il
nostro articolo, se siete alla ricerca di un gioco da fare con gli amici, ma
che offra una componente di sfida degna di questo nome, tante modalità e una
grandissima varietà di tracciati, questo remake del classico CTR è proprio ciò
che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8

Longevità: 9

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Allerta ransomware in Italia, pericolo via PEC

I ricercatori di ESET Italia hanno rilevato negli ultimi
giorni una distribuzione massiva di PEC pericolose che presentano degli
allegati in grado di infettare il sistema con una minaccia ransomware. In
questa specifica campagna creata ad hoc per l’Italia, i cybercriminali stanno
diffondendo delle PEC su larga scala riconducibili ad aziende “fantasma” in cui
si fa riferimento a presunte fatture allegate in formato PDF. L’apertura di
questi file innesca una payload che infetta il sistema ospite con un pericoloso
ransomware in grado di codificare tutti i documenti della vittima rendendoli di
conseguenza inaccessibili, se non previo pagamento del cosiddetto “riscatto”. Di
seguito è riportato il tipico messaggio distribuito dai criminali a cui nella
maggior parte dei casi viene allegato un file PDF infetto:

“OGGETTO: Emissione fattura SS059656”

Buongiorno Allegata alla presente email Vi trasmettiamo copia PDF di cortesia della fattura in oggetto. Documento privo di valenza fiscale ai sensi dell’art. 21 Dpr 633/72. L’originale e disponibile all’indirizzo telematico da Lei fornito oppure nella Sua area riservata dell’Agenzia delle Entrate”.

Solitamente le PEC vengono utilizzate per comunicazioni
sensibili e spesso riservate, tanto da venir considerate l’unica soluzione
informatica accettata per la corrispondenza dalla pubblica amministrazione e
dagli enti governativi. Tale prerogativa fa sì che gli utenti si sentano più
tranquilli nel considerare attendibili questi messaggi, portandoli ad eseguirne
senza preoccupazioni i file allegati. ESET Italia consiglia di porre la massima
attenzione anche ai messaggi PEC, di non aprire assolutamente il file “.pdf” o
altri tipi di allegato se il mittente è sconosciuto o palesemente “falso”. Se
al contrario il mittente fosse noto ma il contenuto della comunicazione
risultasse sospetto o simile a quello appena riportato, è opportuno chiedere
direttamente conferma di quanto inviato. Inoltre, come in altri casi simili è
necessario: proteggere adeguatamente gli indirizzi email utilizzando una valida
soluzione antimalware che integri un motore antispam, cambiare, se non si è già
provveduto a farlo, le password dei propri account creandone di complesse e
abilitando dove possibile l’autenticazione a due fattori, non utilizzare mai la
stessa password per più servizi, provvedere periodicamente al backup del
sistema e in particolare dei documenti e dei file più importanti, mantenere
costantemente aggiornati il sistema operativo e la soluzione di sicurezza
installata.

F.P.L.




Warhammer Chaosbane, è guerra fra il bene e il male

Amanti del genere Fantasy è ora di rispolverare spade, archi e libri di magia. Bigben Interactive ha infatti lanciato su pc, Xbox One e PS4, Warhammer Chaosbane, action-RPG isometrico che unisce il gameplay alla Diablo al mondo delle miniature targate Games Workshop. Il titolo è ambientato circa 500 anni prima le vicende descritte in Vermintide I e II, nel bel mezzo della grande guerra contro il Caos. I giocatori si ritrovano quindi proiettati in questo contesto ben poco felice dalla parte dei buoni, schiacciati su più fronti dalle forze del male. La storia è scritta da Mike Lee, già autore di vari romanzi legati proprio all’universo di Warhammer. Più precisamente ci si troverà nelle battute finali del conflitto che ha visto l’alleanza di umani, elfi e nani fronteggiare la minaccia delle orde guidate da Asavar Kul, il campione degli dei caotici morto per mano di Magnus il Pio durante l’assedio della città di Kislev. In seguito alla vittoria sulle forze d’invasione, ormai in rotta e pronte a rientrare nel freddo nord, Magnus e la sua scorta fanno ritorno nella città di Nuln, ma solo per cadere vittime di una controffensiva degli adoratori del Caos sferrata proprio nel cuore dell’Impero. Ed è proprio qui che inizia l’avventura. Dopo aver selezionato uno tra i quattro personaggi giocabili: il soldato Konrad Vollen, Elontir il mago, il nano Bragi e la ranger elfica Elessa, al giocatore spetta il compito di respingere i nemici dalla cittadella imperiale e salvare colui che di lì a poco sarebbe poi diventato imperatore dalla stretta mortale di una potentissima incantatrice del Caos, la quale durante la confusione successiva all’assalto è riuscita a lanciare un terribile maleficio che rischia di consumare l’essenza vitale del povero Magnus von Bildhofen. Per spezzare l’incantesimo sarà necessario affrontare orde infinite di nemici negli angoli più disparati del Vecchio Mondo: dai vicoli e le fogne di Nuln alle strade devastate della città di Praag, arrivando persino nelle glaciali rovine elfiche di Norsca, senza dimenticare una scampagnata nel reame della divinità caotica Tzeentch.

 Parlando delle
dinamiche di gestione del personaggio Warhammer Chaosbane è davvero ben fatto,
infatti è bene sottolineare che Il titolo si basa su un’interessante meccanica
per la gestione delle abilità. Ogni personaggio può portarne con sé 6 attive e
varie passive, ma il tutto dipende da una somma matematica. Di fatto ogni
abilità ha associato un certo punteggio, e la somma dei punteggi di tutte le
abilità utilizzate non deve superare un determinato totale. Quando si crea la build
del proprio personaggio si deve quindi tenere conto di vari fattori. Ogni
abilità ha una sua forma base e due varianti potenziate. A seconda della loro
utilità si potrà decidere se utilizzare quindi le loro forme potenziate, che
ovviamente, tra i vantaggi, comportano un maggior danno, o se usare forme
depotenziate meno costose che magari hanno effetti situazionali, come
allontanare i nemici o teletrasportarsi via dall’azione. Oltre alle abilità
classiche c’è un altro albero da gestire, quello delle abilità divine.
Raggiunto un determinato livello si potranno convertire dei particolari
frammenti scovati in battaglia in punti da distribuire su questo albero che, segue
dei percorsi ben delimitati. Da qui, oltre a potenziare salute, danni e altre
caratteristiche con snodi “semplici”, si potranno a sbloccare anche le abilità
divine. Si tratta di poteri caratterizzati solitamente da tempi di recupero
molto alti, da utilizzare quindi in situazioni particolarmente concitate. Il
bello di Warhammer Chaosbane però è che può essere giocato anche in multiplayer
per un massimo di 4 giocatori online e in locale. Ci sono alcune abilità, sia
attive che passive, che danno il loro meglio se utilizzate in combinazione con
altri giocatori. Ad esempio il mago quando consuma energia può curare sé stesso
e i compagni vicini. Quindi sì, ci sono delle sinergie da sfruttare in
multigiocatore. Le build poi come già detto ci sono e grazie alla loro formazione
si possono realizzare anche combinazioni piuttosto interessanti quando si gioca
insieme ad altri players. Chiunque avesse giocato al citato Diablo, non potrà
fare a meno di notare che il menu inventario e abilità personaggio di
Warhammer: Chaosbane è molto simile, e data la sua funzionalità la cosa non è
negativa. Qui sarà possibile visionare l’aspetto del personaggio e selezionare
gli slot attraverso i quali equipaggiarlo con le armi ed armature rinvenute sui
campi di battaglia, selezionandole in base ai loro diversi valori di
attacco/difesa.

In realtà tutta la produzione ricalca molto da vicino il
capolavoro Blizzard: menu di gioco molto simile, ambientazione fantasy, un mare
di nemici da affrontare ed una struttura di livelli suddivisa in capitoli, 4
nel caso specifico. Da un certo punti di vista la cosa non è negativa; emulare
il primo della classe può portare a buoni risultati, e nel complesso l’esperienza
di gioco è infatti molto buona. Altro aspetto importantissimo di questo
Warhammer Chaosbane è il loot system. Quindi per tutto ciò che concerne l’equipaggiamento
col quale potenziare e personalizzare il proprio alter ego, i singoli
componenti vengono suddivisi in categorie in base alla loro rarità, questi
oggetti possono venire reperiti nei classici scrigni sparsi per le mappe di
gioco, o “droppati” dai nemici più coriacei. Manca purtroppo una modalità di
crafting attraverso la quale forgiare i propri strumenti di distruzione, ma per
contro nel corso del gioco si accede alla possibilità di benedire quelle in possesso,
rendendole più potenti attraverso l’uso di speciali cristalli. La trama del
titolo di Bigben Interactive si dipana in diversi atti che portano il
protagonista in varie location. Dobbiamo ammettere in tal senso che i dungeon e
in generale le ambientazioni sono talvolta ripetitive. Ci sono varie tipologie
di luoghi in cui si dovranno affrontare le missioni, non si dovrà quindi
restare sempre al chiuso in sotterranei angusti o in fogne da esplorare, ma
manca la varietà dimostrata da altri esponenti del genere. Il bestiario può
contare su oltre 70 nemici, ovviamente collegati alle varie divinità del Caos
che caratterizzano la cornice fantasy, più i vari boss. Tra le creature più
potenti e temibili spiccano ovviamente le incarnazioni delle divinità del Caos.
Questi combattimenti che pongono fine ai vari atti necessitano come un discreto
studio del terreno di gioco per evitare i pattern di fuoco, un giusto timing
delle pozioni e così via.

Per quanto riguarda l’endgame, Warhammer Chaosbane presenta
svariati livelli di difficoltà, che vanno anche ad aumentare esperienza, oro e
rarità degli oggetti guadagnati, le così dette boss rush, dungeon infiniti e
ovviamente la possibilità di affrontare il tutto in multigiocatore. Eko
Software ha già promesso aggiornamenti regolari che dovrebbero aumentare ulteriormente
la longevità. Considerate che una singola run a livello medio di difficoltà ha
una durata che si aggira fra le 8 e le 10 ore, quindi prima di finire il titolo
con un personaggio al livello più alto di difficoltà serviranno molte più ore e
tanta pazienza. A livello grafico il comparto tecnico si difende bene: grande
fluidità nei combattimenti e resa delle location sono infatti uno degli aspetti
più apprezzabili della produzione. Gli effetti delle magie, le esplosioni e il
comparto sonoro in generale poi completano il quadro donando una credibilità
generale alla produzione. Tirando le somme possiamo serenamente affermare che Warhamme:
Chaosbane è un classico hack and slash che per forza di cose strizza l’occhio
ai fan del celebre gioco di miniature di casa Games Workshop. Anche gli
appassionati del genere che non masticano molto l’argomento riusciranno a
trovare pane per i loro denti. La costruzione delle build è originale, seppur
non troppo complicata, e l’endgame e la possibilità di giocare online possono
convincere anche gli indecisi. La produzione Eko Software e Bigben Interactive
è più che degna di nota, quindi proprio per tale ragione crediamo che ogni
amante del genere fantasy, ma soprattutto dell’universo di Games Workshop
dovrebbe giocarlo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 7,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Nuovo iPhone con 3 cam, tutti i rumors aspettando il lancio ufficiale

Manca ancora qualche mese al lancio ufficiale dei nuovi
iPhone, ma come di consueto è già iniziato il tam tam delle indiscrezioni in
rete più o meno affidabili. Secondo il rumor riasciato dal produttore di
accessori Olixar, la futura linea di smartphone del colosso di Cuertino sarà
caratterizzata da un design quasi identico alla generazione precedente, ad
accezione della parte posteriore. Il comparto fotografico, infatti, avrà tre
fotocamere e sarà posizionato all’interno di un piccolo quadrante. Una scelta
stilistica evidente che potrà far parlare, come accadde inizialmente con la tacca
sul display introdotta per la prima volta sull’iPhone X nel 2017 e poi copiata
da altri produttori. Come se non bastasse arrivano anche le indiscrezioni per
l’iPhone del 2020. Secondo l’analista Ming-Chi Kuo ci saranno due modelli di
smartphone Apple: uno con connettività 5G e uno con Lte. Per quanto rigusarda
quindi tutti i futuri smartphone della “Mela morsicata” potrebbero essere
caratterizzati dal display Oled. Ci dovrebbe essere sempre una differenziazione
nelle dimensioni. Il modello più piccolo scenderebbe a 5.4 pollici rispetto
agli attuali 5.8 e il modello “Max” salirebbe da 6.5 a 6,7 pollici. Il
successore dell’attuale iPhone XR invece dovrebbe essere quello da 6.1 pollici,
con diagonale invariata. In ogni caso, come al solito, per saperne di più, ma
soprattutto per avere notizie più succose è necessario aspettare dopo l’estate.
Nel frattempo, prima di settembre, sarà come al solito un susseguirsi di
notizie più o meno attendibili, assurde, incredibili e talvolta stupefacenti. L’universo
Apple del resto è fatto anche di queste cose. Quindi, chiunque sia interessato
ai nuovi modelli di iPhone che come ormai è consuetudine dovrebbero essere
lanciati a inizio autunno, dovrà aspettare ancora qualche mese intrattenendosi
con le voci di corridoio che caratterizzano il periodo di pre lancio.

F.P.L.




Team Sonic Racing, corse folli e divertimento estremo

Team Sonic Racing è sviluppato da Sumo Digital, lo stesso
studio che realizzò Sonic & SEGA All-Star Racing ed il suo sequel All-Star
Racing Transformed, usciti rispettivamente nel 2010 e nel 2012 su console
last-gen e PC. Da questo punto di vista, si tratta quindi di una sorta di
sequel spirituale, che arriva su Xbox One, PlayStation 4 e Nintendo Switch. Il
nuovo titolo prende però una strada diversa dai precedenti: niente più
trasformazioni dei veicoli durante le gare e rosa di protagonisti giocabili
confinato ai personaggi di Sonic; quindi niente più agenti esterni dalle altre
IP SEGA. Il compositore delle musiche, poi, è Jun Senoue, che ha realizzato le
soundtrack di giochi pilastro della serie come Sonic Generations, quindi una
certezza. Una volta messe le mani sul titolo, balza subito all’occhio come ci siano
tutte una serie di modifiche alla classica formula “Mario Kart”. La
più immediata da capire è la possibilità di condividere a distanza un qualunque
power-up con i propri compagni: raccolta una cassa con dentro un potenziamento,
infatti, è possibile offrirne il contenuto a un compagno. Un giocatore abile
che è in testa dall’inizio può aiutare così i suoi compagni attardati,
regalandogli costantemente missili, bombe, turbo o quanto serve per favorire la
loro rimonta – viceversa, un giocatore in mezzo al gruppone può spingere i
propri alleati verso i primi posti, sacrificandosi così a fare da collettore di
power-up. Ma ci sono anche poteri di gruppo che si attivano qualora si attacchi
un avversario insieme: si può dare una scia di turbo al compagno che segue per
dargli più velocità, o addirittura dei poteri “Ultimate”, che per
qualche secondo concedono all’intero team un superpotere quale una velocità
esagerata o la temporale invincibilità. La campagna di Team Sonic Racing è
strutturata in maniera molto simile a Sonic & All-Stars Racing Transformed.
Ci sono dozzine di livelli su percorsi lineari, in ognuno dei quali è possibile
ottenere fino a 3 stelle per la vittoria e per obiettivi aggiuntivi come la
raccolta di anelli dorati o un determinato punteggio raggiunto.

Il gameplay viene diversificato di tanto in tanto da sfide
alternative, come dei livelli dove fare slalom tra ostacoli e altri dove
l’obiettivo è raccogliere il maggior numero di anelli dorati possibile, con
ognuno che regala tempo extra a un timer in scadenza che segna la fine della
partita. Con ben tre livelli di difficoltà e un’IA sempre più difficile da
battere, la lunga campagna del gioco attraverso 21 piste ambientate nei mondi
conosciuti nei giochi di Sonic si lascia giocare con molto piacere. Ovviamente,
come ogni buon titolo del genere kart racing, anche Team Sonic Racing rende al
meglio se giocato in compagnia o in modalità competitiva, e in questo senso il
gioco non delude assolutamente le aspettative. E’ possibile fare gare singole e
tornei in locale fino a 3 giocatori, con un massimo di 9 avversari IA a
disposizione. Non da meno anche la componente online, che prevede la
possibilità di sfidare giocatori di tutto il mondo sia in partite casuali che
competitive, con la possibilità in mezzo agli eventi di votare pista, tipo di
modalità, ma anche di selezionare a fine partita un risultato notevole di un
giocatore, come per esempio la quantità di power-up raccolti o le eliminazioni
fatte, dove si cerca di premiare ogni tipo di bel gioco, anche qualora non
arrivi la vittoria al traguardo. Per quanto riguarda l’aspetto grafico, la realizzazione
e la personalizzazione dei veicoli è davvero molto curata, la fluidità è
assoluta e tutto funziona alla perfezione. Essendo un titolo che offre un’infinità
di possibilità è bene sottolineare come ogni personaggio abbia un kart di base
con caratteristiche differenti, ma le loro statistiche possono essere
modificate con tante variazioni che ne alterano la maneggevolezza e l’efficacia
generale.

 In team Sonic Racing
però sono moltissime anche le modifiche che possono essere apportate al proprio
mezzo, infatti, è possibile sbloccare ed usare tantissime combinazioni di
colori, ma anche cambiare il tipo di materiale delle varie parti della macchina.
Nulla impedisce quindi ai giocatori di rendere la macchina sportiva blu di
Sonic un veicolo grosso e pesante di color viola e di stampo “giocattolesco”.
L’unica pecca è che quasi ogni elemento cosmetico è da sbloccare tramite un
sistema di capsule con contenuti casuali. E’ un po’ come nei giochi che
prevedono lootbox, eccetto che qui almeno il costo delle capsule è basso, gli
sblocchi non sono tantissimi e non si pagano mai usando soldi veri.
Sottolineiamo con piacere anche che il gioco è interamente tradotto in
italiano, anche per quel che riguarda il doppiaggio, che mantiene le voci
classiche di Sonic e i suoi amici. Tirando le somme, possiamo dire che Team
Sonic Racing è un kart racer con un’idea di base originale e ben realizzata,
che punta tutto sui risultati di squadra piuttosto che quelli individuali.
Questo concept porta il nuovo titolo di SEGA ad avere un’identità abbastanza
definita dal lato tattico, anche se come gameplay si discosta davvero poco da
altri racer dello stesso genere. Si tratta comunque di un titolo molto valido a
livello tecnico e meccanico: con tanti contenuti e una componente multiplayer
molto ricca può sicuramente portare dozzine di ore di classico divertimento su
kart a tutti gli appassionati del genere. Team Sonic Racing non è quindi una
rivoluzione del genere, ma solo una piccola evoluzione di una formula che già
funzionava egregiamente e che risulta qui essere ancora spassosa e
appassionante. Quindi se quello che si cerca è un kart game intuitivo,
divertente in singolo e assolutamente brillante in compagnia, questo gioco è il
titolo del momento e lasciarselo sfuggire sarebbe proprio un grave errore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 9

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise