Caso Massimiliano Ristagno, per la zia si tratta di omicidio

Supplemento di perizia finalizzato ad analizzare le lesioni sul corpo di Massimiliano Ristagno, il 47enne trovato sgozzato in un appartamento a Genzano il 15 ottobre del 2012. Questa l’azione intrapresa dai legali della zia della vittima che intendono confutare la relazione stilata del medico legale incaricato dal Tribunale dalla quale si evince che l’uomo si sarebbe suicidato. La perizia, secondo gli avvocati, servirebbe a meglio analizzare il tipo di lesioni tenendo conto del luogo in cui è stato trovato morto l’uomo e delle tracce ematiche rilevate. Il caso non è stato ancora chiuso sebbene pende una richiesta di archiviazione. Nel frattempo, su delega del Pm sarebbero stati ascoltati altri t1esti, tra cui il proprietario della ditta di ristrutturazione che nel periodo in cui è morto Ristagno si occupava di alcuni lavori nell’appartamento. Ora i legali della familiare di Massimiliano avrebbero richiesto di sentire altri testi rispetto i quali, per il momento, preferiscono mantenere il massimo riserbo.

 

La zia: “Mio nipote è stato ucciso!” Per la zia Carla, che viveva insieme al nipote a Genzano, non si è trattato di suicidio come invece sostiene il medico legale Mauriello che localizza le lesioni mortali nella parte destra del collo di Ristagno, con movimento dall’alto verso il basso. La dinamica suicidiaria viene contestata dai legali della zia per il semplice fatto che Massimiliano Ristagno non era mancino, al contrario utilizzava per tutte le sue attività quotidiane la mano destra per cui le lesioni che si sarebbe procurato da solo avrebbero dovuto trovarsi a sinistra del collo e non viceversa. Appare innaturale il fatto che l’uomo si sia sgozzato da solo e per giunta con la mano destra sulla parte destra del collo quando invece è sicuramente un gesto più naturale quello prodotto da una dinamica “incrociata”.

Impronte sconosciute Ma non è tutto perché sull’arma del delitto, un coltello a serramanico, sono state trovate impronte digitali non appartenenti alla vittima e delle quali non è stata individuata la provenienza. E poi ancora sarebbero state rilevate delle impronte di scarpe diverse da quelle di Massimiliano sul luogo del delitto a Genzano. Qui, è stato trovato anche un guanto in lattice che però, a quanto scrivono i legali, non sarebbe stato repertato e quindi analizzato per verificare se vi fossero impronte digitali compatibili con quelle ritrovate sul coltello
Ipotesi pista omosessuale Intanto il caso assume ancora di più le tinte forti di un giallo e non mancano i colpi di scena: dietro la morte di Ristagno potrebbe addirittura nascondersi la pista di una vendetta omosessuale.

Ci sono dei chiari messaggi indirizzati a Massimiliano che in quattro anni non sarebbero stati presi in considerazione dagli inquirenti. Qualcuno li ha scritti con una bomboletta rossa sul muro dell’ascensore tra un piano e l’altro della palazzina di quattro piani dove viveva la vittima. Massimiliano all’età di 47 anni conviveva con la zia nella casa di famiglia, viene descritto come un “bambinone”, una persona senza vizi di alcool o droga che “viveva serenamente, passeggiava con il suo cane e conduceva una vita senza troppe pretese”: “Era buono con tutti Massimiliano – racconta la zia Carla – qualcuno gli dava fastidio, anche qualche omosessuale che forse si era invaghito di lui”.

Messaggi nell’ascensore Una sequenza di messaggi scritti sul muro con una bomboletta rossa tra un piano e l’altro dell’ascensore facevano molta paura a Massimiliano Risitagno durante le ore precedenti la sua tragicamorte. La zia racconta che il nipote era impaurito: “Queste scritte mi fanno paura, andiamo via di qui!” ripeteva la vittima. I messaggi riportano le seguenti parole: “Massi” con un cuore disegnato vicino, “Stefano” sempre con un cuore disegnato e poi “Giaci” che è stato scritto e successivamente malcoperto sempre con vernice rossa.

L’analisi della grafologa Sulla questione delle scritte è intervenuta la grafologa Valentina Pierro che ha analizzato i messaggi: “È una scrittura tendenzialmente femminile ma di mano maschile – asserisce l’esperta – e sicuramente l’autore ha utilizzato la mano destra. I tre messaggi sono riconducibili a una stessa mano. Inoltre, da uno sguardo approfondito, la ‘I’ finale di Giaci sembra terminare a croce e la croce è un chiaro simbolo negativo che ci fa pensare ad un messaggio di avvertimento e minaccia”.

L’appartamento Il tempo è rimasto fermo al giorno della morte dell’uomo in quell’appartamento all’ultimo piano in centro a Genzano, a pochi passi dall’Olmata: il sangue è ancora a terra e sulle pareti e mobilio. Ci sono dei chiari segni di trascinamento, vere e proprie scie di sangue copioso. Regna il disordine anche dovuto al fatto che in quei mesi erano in corso lavori di ristrutturazione dell’appartamento sia esterni che interni. La zia non ha voluto più viverci: è un posto che gli arreca dolore e poi ritiene che quella scena del crimine ancora intatta possa essere la chiave per aiutarla a trovare chi, secondo lei, avrebbe ucciso il suo adorato nipote

La notte della morte La sera prima del delitto Massimiliano e la zia avevano visto un vecchio film in televisione fino a tardi, circa le 2:30 di notte. Poi i due si sono coricati: lui nel salottino dove c’è un letto e lei nella camera matrimoniale vicino alla cucina. Un piccolo corridoio distanzia le due stanze. Quando la zia Carla si è svegliata al mattino non ha trovato Massimiliano nel suo letto ma era già cadavere, nudo riverso a pancia in sotto all’ingresso dello studio del nonno (un’altra stanza che era chiusa) sgozzato. La zia aveva lasciato, prima di coricarsi, tutte le tapparelle chiuse a metà e le porte delle stanze tutte aperte mentre al risveglio le porte erano tutte chiuse compresa quella della stanza dove dormiva Carla. “Evidentemente loro si sono arrampicati sulle impalcature esterne che danno allo studio o dalla mansarda della quale avevano tutti le chiavi – dice Carla – Massimiliano l’ho lasciato che dormiva, addirittura russava un pochino. Qualcuno è entrato sicuramente nell’appartamento altrimenti le porte sarebbero rimaste aperte come le avevamo lasciate”.

Bruzzone: “Situazione complessa” Il profilo psicologico non è certamente di facile lettura. La criminologa Roberta Bruzzone ritiene che sia molto utile una autopsia psicologica del soggetto che comunque appare molto sensibile: “È sicuramente un caso che merita un approfondimento – dice Bruzzone – comunque si tratta di una persona in preda ad un crescendo di angoscia e paura e bisognerebbe capire l’origine di questi suoi stati d’animo. Non mi sento di escludere del tutto l’ipotesi suicidiaria ma neppure il fatto che in qualche modo possa essere stato vittima di una serie di sollecitazioni negative delle quali possono far parte anche le scritte nell’ascensore”.