Governo PentaLega, Salvini e Di Maio accellerano i tempi

Luigi Di Maio e Matteo Salvini si sono incontrati questa mattina alla Camera dopo l’ok di ieri da parte dell’ex cavaliere alla formazione di un governo tra la Lega e il M5s. “Sulla composizione dell’esecutivo e sulla questione del premier sono stati fatti significativi passi in avanti nell’ottica di una costruttiva collaborazione tra le parti con l’obiettivo di definire tutto in tempi brevi per dare presto una risposta e un governo politico al Paese”, si legge nella nota congiunta di Matteo Salvini e Luigi Di Maio diffusa al termine dell’incontro di questa mattina alla Camera. Si terrà “già oggi pomeriggio la prima riunione con i responsabili tecnici dei diversi settori del MoVimento 5 stelle e della Lega”.

Entrambi vogliono tempi rapidi

Di Maio che non esclude il voto a luglio facendo intendere, quindi, che per la formazione del governo non dovrebbero servire più di dieci giorni visto che il 20 maggio si chiude la finestra per le urne il 22 luglio. ‘Se c’è accordo si parte altrimenti si vota. Molto semplice. Si è aspettato già tanto tempo’, sottolinea Salvini che aggiunge: ‘Come promesso, stiamo lavorando fino all’ultima ora per far nascere un governo fedele al voto degli italiani’. Intanto, una nota di Berlusconi annuncia che un governo M5s non è la fine dell’alleanza di centrodestra anche se Forza Italia non voterà la fiducia.

Sulla premiership al momento i giochi sono aperti

Resta l’opzione del nome terzo ma salgono le chance che a Palazzo Chigi ci vada proprio Salvini. “Per me sarebbe un onore guidare il Paese”, spiega in tarda serata il leader della Lega. La notizia del sostanziale ok di Silvio Berlusconi al governo giallo-verde arriva mentre Di Maio si appresta ad a andare a cena al ristorante “Coso”, nei pressi della Camera. Con lui ci sono alcuni membri dello staff del Movimento oltre che Stefano Buffagni, parlamentare tra i più vicini si vertici pentastellati, “Domani incontro Salvini parliamo prima di temi poi di nomi”, annuncia Di Maio dando una sorta di timing della formazione del governo: prima la stipulazione del contratto, poi il voto degli iscritti, quindi la certificazione dell’esecutivo. Servono ore, forse giorni, ma il clima a tavola è positivo, anche perché il fallimento dell’intesa metterebbe nei guai sia Di Maio che Salvini. Ma sull’intera operazione grava il nodo della premiership. L’opzione premier tecnico resta secondaria perché sia la Lega sia il M5S preferiscono una figura politica. E, in questo contesto, dal M5S arriva anche una prudente apertura a Salvini premier. Non sarà facile, perché Di Maio, al di là delle dichiarazioni ufficiali, non sembra aver ancora rinunciato ad una soluzione che lo veda a Palazzo Chigi. E, anche per questo, resta attuale l’idea della staffetta, magari con Salvini come prima inquilino, in ordine cronologico, di Palazzo Chigi. Mentre, nel borsino notturno, sembra perdere perso l’idea di Giancarlo Giorgetti premier. I giochi restano apertissimi, con una condizione: se il M5S darà il suo placet a Salvini avrà, inevitabilmente, ministeri di peso. A cominciare da quelli economici, ai quali il Movimento punta da tempo.




oK a governo PentaLega, Berlusconi dice si ma non voterà la fiducia

L’attesa presa di posizione di Silvio Berlusconi arriva con una nota intorno alle 21. Forza Italia non porrà “veti o pregiudiziali” a un governo Cinquestelle-Lega, ma “certamente non potrà votare la fiducia”. Cade così, dopo 66 giorni, il principale ostacolo che si frappone alla nascita di un governo politico dalle trattative tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ai due leader il Quirinale ha concesso altro tempo, spostando a venerdì la presentazione del “governo neutrale” annunciato da Sergio Mattarella.

Il primo, inaspettato, cambio di scena arriva in mattinata, quando tra i due leader si incrociano espliciti segnali di apertura. “Ci provo fino all’ultimo” promette il segretario del Carroccio, poco prima che Luigi Di Maio pronunciasse parole di non belligeranza nei confronti di Silvio Berlusconi. Nessun “veto su Berlusconi; è una volontà di dialogare con la Lega. Punto”. Poi l’incontro, suggellato dalla richiesta congiunta di chiedere tempo al Quirinale prima che il Presidente affidi l’incarico al premier tecnico.

La lunga giornata di trattative – Matteo Salvini riunisce la sua truppa di parlamentari per metterli al corrente della trattativa riavviata, pur tra mille incognite: “Tenete in conto di poter disdire le vacanze, non si può escludere che si torni al voto”. Stessa linea che tiene il M5s. “Io non ho disdetto la campagna elettorale. Salvini mi ha chiesto altre 24 ore e insieme le abbiamo chieste al Colle”, mette in chiaro Di Maio. “Qualunque cosa accada l’alleanza del centrodestra non si romperà, è un prerequisito” precisa poi Salvini quando anche Forza Italia ha fatto il punto con la truppa di parlamentari che si rimettono alle decisioni di Berlusconi.

La nota di Berlusconi – Il via libera dal leader azzurro arriva in serata. Il governo Lega-M5S “non segna la fine dell’alleanza di centrodestra”, precisa Berlusconi. “Se un’altra forza politica della coalizione ritiene di assumersi la responsabilità di creare un governo con il M5s, prendiamo atto con rispetto della scelta. Non sta certo a noi porre veti o pregiudiziali” ma, aggiunge, “non potremo certamente votare la fiducia. Di più a noi non si può chiedere”.

Il nodo premiership – Il nodo resta ora quello della squadra e soprattutto della premiership. Il M5s ha in questa fase della trattativa più forza contrattuale, tanto che qualcuno ipotizza il rilancio di una candidatura alla premiership di Di Maio, che però smentisce e conferma la ricerca di un premier terzo. Salvini non sta a guardare e commenta: “Per me sarebbe un onore guidare il Paese”.

Giovedì nuovo incontro Di Maio-Salvini – Giovedì “ho intenzione di incontrare Matteo Salvini, iniziamo dai temi poi i nomi. La cosa importante è il contratto di governo, ci sono soluzioni che gli italiani aspettano da 30 anni”, dice a tarda serata Di Maio. “Mi fa piacere che abbia prevalso la responsabilità. E’ un momento importante”. Per Salvini “rimane da lavorare su programma, tempi, squadra e cose da fare. O si chiude veloce, o si vota”.




Salvini: “Non esistono governi neutrali”

Matteo Salvini tira dritto. “Confermo – dice a Radio Capital – che ci provo fino all’ultimo. Ma nessuna pressione, nessuna voglia di dare consigli a nessuno. Ieri non ho sentito Berlusconi”. “La mia posizione di oggi – ha sottolineato il leader del Carroccio – di oggi è quella di due mesi fa: lavoro a un governo che premi il voto degli italiani”. “Ci sono ancora due veti incrociati, non è cambiato niente. Io in mezzo, nessuno dice no alla Lega”.

“Non esistono – ha evidenziato ancora – governi neutrali. L’unica eccezione che dico a Mattarella è che se voleva un governo che non aveva i numeri doveva mandare il mio… Avrebbe comunque numeri più ampi di questi”. “Belloni – ha detto inoltre a proposito della segretaria generale della Farnesina data in pole per un incarico da parte del capo dello Stato – non la conosco, sarà la migliore persona del mondo, ma se è un’esponente ministeriale che ha ottimi rapporti con Bruxelles la trovate in sintonia con gli elettori che hanno scelto il cambiamento?”.




Olosegun a Malta e la mortificazione dei profughi: quando non si è capaci di indignarsi…

Mentre al festival Limes, il presidente uscente Paolo Gentiloni auspicava per l’Italia: ”Abbiamo bisogno di migranti..”, mentre decine di nigeriani si stringevano su gommoni semi gonfi sfidando le acque minacciose del mediterraneo che li separavano dal Belpaese e mentre corpi inermi di bambini e qualche donna ondeggiavano nella schiuma delle onde rabbiose del mare nostrum, giovedì 3 maggio, per una sosta di tre giorni è giunto sull’isola di Malta, accompagnato dalla sua signora e le due figliolette, il nigeriano Olusegun Oladiran Adebutu, multi miliardario sennonché fondatore, presidente e proprietario della compagnia petrolifera Oil & Gas, la stessa che questi giorni sta costruendo la più grande raffineria dell’Africa sub sahariana.

Il signor Olusegun non è arrivato sull’isola in barcone

E’ arrivato comodamente accompagnato da uno stuolo di amici e dignitari, artisti e personaggi del jet set per festeggiare il suo compleanno. Per questa festosa ricorrenza il magnate ha affittato 380 stanze nell’albergo più lussuoso di Malta, unico ed esclusivo albergo nella località di San Giuliano a mare, complesso completo di arena, dove in onore di Adebutu è stato organizzato un grande concerto con cantanti, banda e dj, arrivati nell’isola lo stesso giorno con il ricco nigeriano. Le 380 stanze, prenotate per tre giorni ospitavano altrettanti amici, cantanti, modelle e personaggi famosi del mondo dello spettacolo.

Il signor Olusegun non ha dovuto badare a spese e perciò non si è fatto mancare niente

Per il suo compleanno ha voluto circondarsi da nomi illustri e come riporta Netnews.com ha chiamato a brindare con lui la modella portoghese Victoria’s Secret Angel Sara Sampaio, la cantante americana Ashanti, il rapper Ja Rule, il gruppo R&B Blackstreet, il cantante Lewis Thomas, Tevin Campbell e non solo. Chi si aspettava di trovare nomi di profughi nella lista degli invitati è rimasto deluso perché non ne ha trovato alcuno. Quelli magari stavano ancora in campi di concentramento in Libia aspettando l’occasione di poter evadere per prendere il mare. Ci raccontano che dalla Nigeria si fugge per creare nuove speranze, affrontando viaggi che possono durare fino a sei mesi tra mare e deserto. Ci raccontano anche che il terrorismo è uno degli aspetti problematici di questo Stato. Questo è in parte vero e ciò è dovuto alla presenza del gruppo islamista militante Boko Haram. E’ vero in parte ma non è tutto. Il paese è afflitto anche da fame, malattie e danni ambientali, molti causati dal versamento di greggio estratto dai giacimenti locali che danneggia pesca e agricoltura. Le raffinerie ed i pozzi petroliferi dei vari Adebutu che festeggiano i loro compleanni spendendo un patrimonio in sistemazione per gli ospiti in alberghi di lusso, feste, canti e divertimenti vari, possono avere qualche nesso con quanto appena scritto?

La cronaca la si può concludere qui perché l’episodio vergognoso testé narrato è più che sufficiente per gridare vendetta al cospetto di Dio e non solo

Ahinoi non si è più capaci di indignarsi. Le associazioni pro emigranti, i vari “buonisti di stagione”, quelli che invocano altri emigranti per supplire al calo demografico, le tante Ong che strappano le vesti davanti all’indegno trattamento che subiscono gli emigranti, nulla hanno da ridire davanti a questo schiaffo alla povertà? Come si può parlare di profughi che fuggono dalla fame, dalla morte nel mare e girare la testa altrove per non dispiacere a chi sta danneggiando pesca ed agricoltura, pane quotidiano e sostentamento di povera gente? Che intende Gentiloni con “flusso sicuro”? L’Europa, anziché tagliare i fondi all’agricoltura del sud Italia per incrementare i fondi all’immigrazione, perché non si occupa seriamente dei vari Adebutu africani? E’ ora che al popolo africano sia data l’opportunità di partecipare al benessere del paese. La ricchezza derivante dalle risorse disponibili andrebbe equamente distribuita tra quella gente per non farla espatriare. “Non si può continuare a versare acqua in cisterne screpolate”. (Geremia 2:13)

Emanuel Galea




Aldo Moro, quarant’anni fa la morte: le lettere, la tragedia, l’enigma

Il nove maggio del 1978 a Roma era una giornata grigia e ventosa. L’asfalto era ancora bagnato per la pioggia caduta il giorno prima. Le pantere della polizia e le gazzelle dei carabinieri andavano e venivano per le strade, alla ricerca di qualche indizio, nella speranza di beccare una traccia che portasse al covo dei terroristi.

In quei 55 giorni nella capitale era stata fermata un’automobile ogni dieci, e una persona ogni venti era stata controllata, senza mai arrivare a nulla. Alle 12.30 di quella mattina con poco sole, il telefono squillò a casa del professor Francesco Tritto, un assistente universitario di Aldo Moro. “Pronto, chi parla?”. “Sono il dottor Nicolai” rispose una voce giovane. Ma a chiamare era il brigatista rosso Valerio Morucci, 29 anni, uno dei cervelli dell’operazione: “Lei deve comunicare alla famiglia che troveranno il corpo dell’onorevole Aldo Moro in via Caetani. Lì c’è una R4 rossa. I primi numeri di targa sono N5”.

Era la fine annunciata di una spericolata azione terroristica durata poco meno di due mesi ma che influenzò la storia italiana per molti anni a seguire. Moro era stato ucciso poche ore prima, colpito nel petto dai proiettili sparati dagli assassini.

Da tre giorni il Paese intero aspettava quel tragico epilogo: il lugubre comunicato numero nove diffuso dalle Br il 6 maggio aveva annunciato seccamente l’imminente morte del presidente della Dc: “Concludiamo la battaglia, eseguendo la sentenza a cui Moro è stato condannato“.

Ormai nessuno credeva più alla possibilità di rivedere Moro vivo. Il Vaticano aveva segretamente raccolto una grande cifra per pagare un eventuale riscatto. Il presidente della Repubblica Giovanni Leone aveva sul tavolo le carte per concedere la grazia a un terrorista che non si era macchiato di crimini di sangue. Ma il governo presieduto da Giulio Andreotti e sostenuto dal Pci non voleva cedere ai terroristi. E così la sentenza fu eseguita.

Il 9 maggio il cadavere di Moro fu ritrovato adagiato nel bagagliaio della R4 rossa usata dai brigatisti per l’ultimo viaggio del presidente. La macchina era parcheggiata in via Caetani, a metà strada tra Piazza del Gesù, dove si trovava la sede della Democrazia, e via delle Botteghe Oscure, dov’era il quartier generale del Pci: i due partiti del compromesso storico che le Br avevano deciso di combattere imbracciando il mitra.

Aveva il vestito grigio a righe e la cravatta che indossava il giorno del suo rapimento in via Fani, dove i cinque uomini della sua scorta morirono crivellati dai colpi delle mitragliette Skorpion.

Moro non voleva soccombere, e non voleva che soccombesse la sua visione politica di sbloccare la democrazia italiana favorendo un’evoluzione socialdemocratica del Pci.

Le sue ‘lettere dal carcere’ (alla moglie Noretta, a Cossiga, a Zaccagnini, al Papa) chiedevano di trattare con i suoi sequestratori. Ma il fronte della fermezza (comunisti e democristiani) non poteva accettare che Moro parlasse all’opinione pubblica contraddicendo la linea dei partiti di governo, quel governo di unità nazionale che lui stesso aveva progettato e fatto nascere. E dunque durante la sua disperata battaglia per la vita, il presidente sequestrato dai brigatisti conobbe l’onta e il disonore di essere presentato dai suoi compagni di partito come una persona debole, fiaccato dai suoi carcerieri, che anteponeva la sua vita al bene del Paese.

Come poteva Moro aver scritto ai capi della Dc: ‘Il mio sangue ricadrà su di voi’? Eppure lo aveva fatto. Il giorno del ritrovamento del cadavere, la famiglia decise di consumare lo strappo con le istituzioni. La moglie e i figli rifiutarono i funerali di Stato e seppellirono Aldo Moro in forma privata nel cimitero di Torrita Tiberina. Lo Stato volle comunque una cerimonia solenne, che fu celebrata da Paolo VI a san Giovanni. La bara di fronte all’altare era vuota. Lo Stato non si era piegato al ricatto dei brigatisti. Le Br non avevano avuto nessuna forma di legittimazione.

Ma qualcuno poteva cantare vittoria? Quella vicenda si era conclusa con una morte (che si aggiungeva a quella degli uomini della scorta) e molti sconfitti. Lo Stato non era riuscito a trovare il covo delle Br e liberare Moro. Il compromesso storico tra Dc e Pci si sarebbe interrotto di lì a poco. Le Br sprofondarono in un delirio di incomunicabilità che le isolò completamente dal Paese. La famiglia lo aveva perso per sempre.

E da quel giorno di maggio è cresciuto sempre di più il sospetto che dietro l’uccisione del presidente della Dc ci sia stata qualche complicità inconfessabile, interna o internazionale. Questa è la morte di Aldo Moro 40 anni dopo: una tragedia che si è trasformata in un enigma che nessuno è riuscito ancora a sciogliere.




Mattarella, finale Coppa Italia: “Io arbitro ma serve correttezza giocatori”

‘Saluto gli arbitri, miei colleghi: un arbitro può condurre bene la partita se ha un certo aiuto di correttezza dai giocatori”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, incontrando al Quirinale Juve e Milan, finaliste di Coppa Italia. “Quando sono stato eletto – ha anche detto il Capo dello Stato – dopo aver giurato alla Camera mi sono paragonato a un arbitro imparziale, e ho ricevuto un applauso. Poi ho aggiunto che l’arbitro deve essere aiutato dai giocatori: è seguito un altro applauso, con un po’ di sorpresa”.

Buffon a Mattarella ‘Italia non può essere mediocre’ – ”L’Italia non può essere una nazione mediocre e per questo ci affidiamo a una persona come lei”: lo ha detto il capitano della Juventus, Gianluigi Buffon, parlando al Quirinale durante l’incontro delle finaliste di Coppa Italia col Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Dobbiamo avere fiducia in un futuro più prospero e migliore, lo meritiamo”.

Malagò a Mattarella, speriamo di averla distratta un po’  – “Presidente, speriamo di averla almeno distratta per un po’ dai problemi di queste ore e di averla fatta sorridere….”: così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, con un criferimento all’attualità politica, si è rivolto al Capo dello Stato Sergio Mattarella, in occasione della visita di Juventus e Milan al Quirinale, alla vigilia della finale di Coppa Italia, domani sera all’Olimpico.

Mattarella a Juve e Milan,siete modello per giovani – ”Benvenuti al Quirinale”: così ha esordito Sergio Mattarella, ricevendo Juve e Milan domani finaliste in Coppa Italia. “E’ un piacere incontrarvi, non potrò assistere all’incontro come ho fatto negli altri anni, ma sono certo che sarà una grande partita. Mi auguro un grande incontro, qui vi sono tanti juventini e milanisti. Io ho l’obbligo di guardare con simpatia a tutte le squadre d’Italia”. ”Voi siete la punta più avanzata e conosciuta di un grande movimento sportivo che è il più popolare, seguito e amato nel nostro paese e non solo – ha proseguito il Presidente della Repubblica – Avete una grande responsabilità, siete un modello da seguire e imitare dai bambini, dagli altri calciatori. Questo vi dà una grande responsabilità”.




Ultimatum di Mattarella: o Governo neutrale o elezioni

Dopo il giro di consultazioni con i leader politici e i presidenti di Camera e Senato, ha parlato il presidente della Repubblica: “Non esiste una maggioranza con la sola Lega e i Cinque Stelle e si è rivelata impraticabile una maggioranza M5s con Pd ed è stata sempre affermata da entrambe le parti, l’impossibilità di un’intesa tra il centrodestra e Partito democratico. Tutte queste indi-sponibilità mi sono state confermate questa mattina”, ha detto Sergio Mattarella.

“Il governo presieduto dall’onorevole Gentiloni – ha detto ancora – che ringrazio per il lavoro che ha svolto e sta svolgendo in questa situazione anomala, ha esaurito la sua funzione e non può essere ulteriormente prorogato in quanto espresso da una maggioranza parlamentare che non c’è più”. “Ritengo che sia più rispettoso” della dinamica democratica che a “portare alle elezioni sia un governo non di parte”. “L’ipotesi alternativa è indire nuove elezioni subito ma non vi sono tempi per il voto entro giugno, si potrebbero svolgere in piena estate ma finora è stato evitato perché per gli italiani è difficile esercitare il voto, si potrebbe fissare in autunno”. “Sarebbe la prima volta che il voto popolare non viene utilizzato e non produce alcun effetto. Scelgano i partiti con il loro libero comportamento e nella sede propria parlamentare. Cerchino una maggioranza politica per un governo neutrale entro l’anno oppure nuove elezioni subito, in autunno o nel mese di luglio”.

Poi ancora: “Mi compete far presente alcune preoccupazioni: che non vi sia tempo per approvare dopo il voto la legge di bilancio entro fine anno con l’aumento dell’Iva e con gli effetti recessivi che questa tassa comporterebbe e il rischio di esporre la situazione finanziaria”. “Dai partiti fino a pochi giorni a dietro è venuta più volta la richiesta di tempo per raggiungere intese – ha detto Mattarella -. Può essere utile che si prendano ancora tempo per far maturare una maggioranza politica per una maggioranza di governo. Ma nel frattempo consentano che nasca con la fiducia un governo neutrale, di servizio. Laddove si formasse nei prossimi mesi una maggioranza parlamentare si dimetterebbe con immediatezza per un governo politico”.

Le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella non cambiano la linea adottata dal M5S. “Si vada al voto a luglio”, è infatti, secondo quanto si apprende, la replica che filtra dai vertici del Movimento. “Nessuna fiducia a un governo “neutrale”, sinonimo di governo tecnico. Si vada al voto a luglio!”, ha scritto il leader del M5S Luigi Di Maio in un tweet. “Condividiamo il richiamo alla responsabilità del presidente Mattarella – ha detto il segretario reggente del Partito democratico, Maurizio Martina – e ci auguriamo che venga ascoltato da tutte le forze politiche in queste ore. Il Pd non farà mancare il suo sostegno all’iniziava preannunciata ora dal presidente”.

“Non serve un governo neutrale ma uno capace di schierarsi con gli italiani – ha detto il presidente di FdI Giorgia Meloni -. E Mattarella sa bene che nessun governo è neutrale. Non ci è chiaro perché voglia verificare se un governo di sua emanazione abbia o meno la fiducia ma non abbia voluto verificare se chi ha vinto le elezioni riuscisse a trovare quella stessa fiducia. Il tabù di dare l’incarico al c. destra è incomprensibile e non condivisibile. Non ci saranno i voti di FdI per un altro governo nato nei laboratori del Quirinale”. “E’ fondamentale che il voto degli italiani sia rispettato – ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini -. Quindi o un governo del centrodestra, oppure elezioni il prima possibile, per la prima volta in estate. Non c’è tempo da perdere, non esistono governi tecnici alla Monti, contiamo che Berlusconi mantenga la parola data e abbia la nostra stessa coerenza, poi gli italiani ci daranno la maggioranza assoluta e cambieremo l’Italia da soli”.

“Abbiamo ascoltato con attenzione e rispetto le parole del presidente Mattarella – ha detto Maria Stella Gelmini, vice capogruppo di Fi -. Fi è rispettosa del voto degli italiani e si riconosce nel cen-trodestra unito valuterà all’interno della coalizione le posizioni da assumere. Siamo pronti come sempre al voto in ogni momento ma riteniamo che il voto in estate non sia adatto per garantire la partecipazione come sottolineato anche da Mattarella”.

“Fi coerentemente con il voto degli italiani valuterà la posizione da assumere con gli alleati tenendo contro degli impegni presi tra i leader – è quanto si legge in una nota di Fi -. Non ci spaventa il voto ma l’estate non aiuta, meglio l’autunno”. Calendario alla mano, variabili varie escluse, la data più realistica per un voto a luglio sarebbe quella del 22 luglio. Lo confermano fonti parlamentari che stanno ragionando sulle procedure nel caso si dovesse tornare alle urne il prima possibile.




Tensioni tra Salvini e Berlusconi: opzione governo di tregua sul tavolo di Mattarella

Al termine di un vertice notturno del centrodestra le posizioni restano distanti, la tensione alta. E alla vigilia dell’ultimo giro di consultazioni al Quirinale, Salvini avverte il Cavaliere: la Lega dice no a un governo del presidente, l’unica alternativa a un esecutivo politico con M5s è il voto.

Salvini e Berlusconi viaggiano sullo stesso aereo da Milano a Roma e poi con Giorgia Meloni restano riuniti per due ore a Palazzo Grazioli. Ma alla fine l’intesa non c’è, tanto che i leader del centrodestra potrebbero rivedersi questa mattina prima di andare al Colle. E’ loro la palla dopo la mossa di Di Maio, che in un’intervista tv si dice pronto a un passo indietro dalla premiership per sostenere un nome “terzo” e fare con la Lega – e magari l’astensione di FI – un governo che assicuri il via libera a “reddito di cittadinanza, abolizione della legge Fornero e legge anticorruzione”. L’alternativa, dice anche Di Maio, è solo il voto, perché M5s e Lega dicono no a governi tecnici o del presidente. Salvini mostra apprezzamento per la mossa pentastellata e prova a convincere il Cavaliere, perché un governo possa nascere senza spaccare il centrodestra. Non sarebbe sostenibile, per Salvini, l’idea del Cavaliere di appoggiare un governo del presidente nell’attesa di creare in Parlamento le condizioni per la nascita di un esecutivo di centrodestra. Se l’accordo con Di Maio si facesse, ipotizzano nel centrodestra, si potrebbero chiedere un premier come Giancarlo Giorgetti, e Salvini si farebbe garante dell’alleato.

Ma Berlusconi non accetta: andiamo al Colle a invocare l’incarico a un premier del centrodestra, continua a chiedere. E se Mattarella proponesse un governo del presidente, sostengono fonti di FI, il Cav sarebbe disponibile, pur di tenere unito il centrodestra, a dire no e accettare il ritorno alle urne. L’opzione di un governo di tregua resta dunque sul tavolo di Sergio Mattarella




Parma, Federico Pizzarotti: ecco il “partito dei sindaci”

PARMA – Da Parma, la città che guida da sei anni, anche dopo la sua uscita dal Movimento 5 Stelle, il sindaco Federico Pizzarotti, 44 anni, ha dato il via ufficiale al tour del partito dei sindaci. In un’intervista all’Agi, il primo cittadino della città emiliana spiega l’origine e gli obiettivi dell’iniziativa. “La società che sogniamo è esattamente quella che creiamo ogni giorno nelle nostre città”, ha spiegato. “Qui, con fatti concreti, lavoriamo quotidianamente per migliorare la qualità della vita degli italiani”.

 

Il partito si chiama Italia in Comune e il suo slogan “La società che sogniamo, la società che vogliamo” è piuttosto ambizioso…

Il nome “partito dei sindaci” è stato coniato dai giornalisti per semplificare. L’iniziativa parte dai sindaci civici e intende aggregare tutti i sindaci che ci stanno, ma è un partito aperto e plurale, e perciò tutti i cittadini possono aderire. Cittadini e sindaci insieme. La società che sogniamo è esattamente quella che creiamo ogni giorno nelle nostre città: qui, con fatti concreti, lavoriamo quotidianamente per migliorare la qualità della vita degli italiani.

 

Civici e cittadini insieme per una idea comune di Governo: come intende operare il nuovo ‘partito dei sindaci’ e partendo da che basi?

Un fatto semplice: da una parte in Italia e in Europa cresce il populismo. Intendo per populiste quelle forze che parlano alla pancia delle persone facendo leva sulle loro paure, senza proporre mai soluzioni. Dall’altra i partiti tradizionali e i loro leader si dimostrano vecchi e in declino. Oltre a queste due realtà esistono migliaia di sindaci che non urlano, non battibeccano, non puntano il dito contro gli ultimi, semplicemente e ogni giorno rispondono ai problemi dell’Italia e degli italiani mettendo in campo soluzioni e risultati. Questo  è fare politica, in modo reale e concreto.

 

Enti locali sempre più penalizzati dai tagli del governo centrale: Italia in Comune come farà a rispondere a quello che chiedono i cittadini delusi dalla politica, ad esempio in materia di sicurezza e immigrazione?

In autunno ci sarà l’assemblea nazionale degli iscritti, e per quella data vogliamo proporre un programma che tocchi tutti i temi cari agli italiani. La sicurezza è uno di questi. Gli italiani associano sicurezza con immigrazione perché spesso i richiedenti asilo vengono tenuti dallo Stato ai margini della società. Da noi, a Parma, nessuno sta con le mani in mano: oggi, da noi, i richiedenti asilo svolgono attività di volontariato e così si integrano: puliscono piazze o strade, oppure aiutano i nostri figli ad attraversare la strada per andare a scuola assieme ai “nonni vigile”. La sicurezza deve essere scissa dall’immigrazione. Per la prima servono più investimenti, più forze dell’ordine, pene certe e norme efficaci. Per la seconda serve una sola parola: inclusione. Se non c’è inclusione c’è marginalizzazione. Se c’è marginalizzazione c’è degrado, insicurezza e infine paura. Lì nasce il populismo.

 

Si potrebbe dire una politica che nasce dalle buone idee dei sindaci e dalle ‘buone pratiche’ già sperimentate a livello locale. O qualcosa di ancora diverso? 

Questa è l’idea, ma non limitiamoci solo alle buone pratiche. Le buone pratiche nascono anzitutto dalle idee, e le idee dalla visione di Paese che abbiamo: ci sentiamo italiani d’Europa ed europei d’Italia, lasciamo ad altri le ruspe, che servono per demolire, o i muri, che servono per dividere. Siamo una forza non populista, di ispirazione democratica e che guarda alle libertà individuali come a diritti sacrosanti. I nostri ideali, del resto, li realizziamo ogni giorno: fondi di garanzia per chi non arriva a fine mese (a Parma lo abbiamo approvato tre settimane fa), politiche per la tutela dell’ambiente, investimenti per le scuole, tutela e difesa delle piccole e medie imprese, politiche di sostenibilità in campo economico. A Parma abbiamo ridotto il debito del Comune più del 50% in 5 anni, aumentando gli investimenti. Oggi siamo diventati Capitale Italiana della Cultura 2020 e prima Città Creativa della Gastronomia Unesco in Italia. I risultati si possono ottenere, basta tirarsi su le maniche.

 

Parma è la prima tappa di una serie di convention regionali che culminerà nell`assemblea nazionale degli iscritti prevista per il prossimo autunno: partirà da lì la campagna di adesioni al nuovo soggetto politico?  Attualmente com’è strutturato?

La campagna di adesioni parte con il tour delle regioni. Ci presenteremo agli italiani regione per regione, città per città. In queste ultime settimane ci stanno scrivendo da tutta Italia, sindaci civici e cittadini che chiedono di poter aderire. Dal Trentino alla Sicilia, c’è una grande voglia di partecipazione e di esserci: chiunque può far parte di questo cammino. Italia in Comune ha il suo coordinatore nazionale, che è Alessio Pascucci. Io sono stato eletto presidente. Abbiamo un coordinamento nazionale e al momento i referenti regionali. L’assemblea degli iscritti prevista per autunno servirà per eleggere i coordinatori regionali e offrire agli italiani un programma chiaro di governo del Paese.

 

L’Emilia Romagna è stato il ‘laboratorio’ politico di Italia in Comune: com’e’ nato il progetto? 

In realtà non esiste una regione come laboratorio politico. Italia in Comune nasce come movimento di buone pratiche nel 2014 grazie a una intuizione di Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri. Nel dicembre del 2017, 400 amministratori provenienti da tutta Italia, membri del movimento, si sono riuniti a Roma per dare vita a una fase costituente che sfociasse in un partito vero e proprio. Oggi è nata una nuova realtà che guarda oltre la destra e la sinistra, composta da centinaia di cittadini e da sindaci civici.

 

Obiettivo dichiarato, le regionali del 2019, non solo in Emilia Romagna ma in diverse regioni d’Italia …. Sarete pronti a vincere la sfida ?

Siamo pronti a esserci, a dare una nostra visione di Emilia Romagna e di Paese. Mettiamo al centro il lavoro quotidiano di tanti sindaci che hanno cambiato in meglio il volto delle loro città. Il declino dei partiti tradizionali e l’avanzare del populismo impongono una scelta netta: da una parte chi ci mette la faccia quotidianamente, sapendo che se non sai fare il tuo lavoro ti vengono a bussare sotto casa, dall’altra le facili e impossibili promesse di chi non ha mai amministrato, ma prende tanti soldi per stare in parlamento o nell’Europarlamento. Come ogni cittadino che ha a cuore la propria città, amiamo fare la nostra parte per l’Italia. Crediamo che ci sia tanto ancora da esprimere. Vogliamo dare soluzioni rispondendo in modo netto a chi vede solo problemi.

 

Una domanda sulla politica nazionale: dopo le politiche di marzo, gli italiani aspettano un governo che sembra sempre piu’ lontano dal nascere, con i ‘vincitori’ apparentemente sempre più distanti: giudica possibile una alleanza Lega –M5S?  Più o meno di un governo Pd-M5S? O il M5S porterà di nuovo l’Italia al voto?

Dal 5 marzo continuo a ripetere che ci vuole più responsabilità: chi ha vinto le elezioni è chiamato a governare e a dimostrare di esserne in grado. Il Movimento 5 Stelle è il primo partito nel Paese. Mi auguro abbia la possibilità di governare. Il populismo si sgonfia mettendolo alla prova dei fatti.




Governo, palazzo Grazioli: cena tra Berlusconi, Salvini e Meloni. Domani giornata decisiva

I tempi stringono. Si vedranno stasera a cena Berlusconi, Salvini e Meloni, a palazzo Grazioli, per concordare una linea unitaria per arrivare domani alle consultazioni al Quirinale parlando con una voce sola. Ma non sarà facilissimo. Perché al di là delle posizioni ufficiali ribadite in pubblico anche ieri, è dietro le quinte che si tengono i contatti incrociati e che si valutano scenari divergenti e in parte opposti.

Da una parte c’è Salvini, che continua a mantenere stretti rapporti con Di Maio e che oggi con grande interesse ascolterà quello che il leader del M5S dirà nell’intervista Lucia Annunziata a «In mezz’ora in più», visto che sarebbero attese «novità» o in un senso — apertura all’offerta di un governo a tempo — o nell’altro, chiusura su tutti i fronti.

l leader del M5s in tv rilancia la proposta a Salvini: sì a un esecutivo politico Lega- 5Stelle guidato da un premier terzo (nè l’uno nè l’altro leader, quindi), ma senza Berlusconi.

Una questione che già aveva bloccato l’intesa tre settimane fa. Di Maio annuncia il suo passo indietro dalla richiesta di Palazzo Chigi e propone un accordo sul programma (reddito di cittadinanza, via la legge Fornero, legge anticorruzione), una soluzione per evitare ‘algidi tecnici’.

Il M5s, conferma il suo leader, voterà contro ogni altro tipo di governo: ‘di tregua’, ‘del presidente’, ‘istituzionale’. Se la Lega non ci sta, i 5Stelle torneranno a chiedere il voto al più presto.

In una dichiarazione con il visto del Cavaliere, il fedelissimo Sestino Giacomoni afferma che FI è «forza responsabile» che chiede due cose: un governo che faccia quello che si aspettano gli italiani, e che sia guidato «da chi ha vinto le elezioni», ovvero un esponente di centrodestra. In teoria le posizioni collimano, in pratica i discorsi che si fanno ad Arcore sono diversi.




Governo, Salvini rilancia a M5s su governo a tempo fino a dicembre

“Io non darò mai la fiducia a un tecnico europeo, telecomandato da Bruxelles che non porti in Europa gli interessi degli italiani. Io dame di compagnia di chi non fa gli interessi degli italiani non le voglio”. Lo ha detto il segretario della Lega, Matteo Salvini, al termine della riunione del Consiglio federale del partito in via Bellerio, a Milano.

Salvini apre a un “governo che si faccia carico di fare in fretta e bene poche cose:

Legge elettorale” sul “modello per le elezioni regionali”, oltre a “bloccare aumenti di Iva e accise”. Un invito ulteriore al M5S a fare un governo a scadenza, fino a dicembre. Un esecutivo, ha proseguito che “vada a Bruxelles che prima venga l’interesse italiano: la Lega mai sosterrebbe un governo che dica ‘Signor si'”. Poi ha ribadito: “Dove c’è il Pd, dove c’è Renzi e i renziani non ci sono io”. In ogni caso è esclusa una prorogatio al governo Gentiloni e un esecutivo affidato a un tecnico. “Perche’ no? L’ho sentito, ci vedremo”. Cosi’ Matteo Salvini ha risposto a chi gli chiedeva se l’ipotesi di un “governo a tempo” che intende proporre a Sergio Mattarella è condivisa da Silvio Berlusconi. In precedenza, però, su un governo a termine il leader M5S Di Maio aveva detto: “Non esiste tregua per i traditori del popolo, questo deve essere chiaro. Ma non per il Presidente che è stato fin troppo paziente. Teniamo presente che se si fa questo governo di tregua è perché Salvini si è alleato col Pd. E quindi il disegno che noi avevamo visto, con tutti contro di noi, si sta realizzando. Spero non sia così e spero che si possa tornare al voto il prima possibile, perché sarebbe un tradimento del popolo italiano.