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Salute

Covid, casi in aumento: arrivano le varianti “EG.5” e “Eris”

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Anche se la pandemia può sembrare un ricordo lontano, almeno per molti, il Covid continua a diffondersi con nuovi casi in aumento a causa delle nuove varianti del virus.

L’ultima sottovariante di Omicron, chiamata EG.5 è in aumento in Europa dopo essere stata identificata per la prima volta all’inizio dell’anno.

Questo mese l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) l’ha dichiarata “variante di interesse” a causa dell’aumento dei casi a livello globale.

La nuova variante EG.5

EG.5 è una sottovariante di Omicron ed è strettamente correlata ad altre varianti che sono circolate in tutto il mondo. Si tratta di una versione mutata del virus.

EG.5, inserita dall’Organizzazione mondiale della sanità nella lista dei mutanti sotto monitoraggio (Vum), cresce ancora. La variante, segnalata finora in 45 Paesi, fa registrare una prevalenza dell’11,6% a livello globale.

Secondo l’OMS, tuttavia, il rischio per la salute pubblica resta basso, al momento, essendo simile alle precedenti varianti in circolazione. L’Oms ha tuttavia affermato che potrebbe diventare, presto, dominante in alcuni Paesi o a livello globale, causando un aumento dei casi di Covid.

“È chiaro che ha una sorta di vantaggio rispetto alle altre”, ha spiegato Rowland Kao, professore di Epidemiologia veterinaria e Scienza dei dati presso l’Università di Edimburgo.

A Euronews Next ha dichiarato che “non si tratta di nulla di così drammatico”, esattamente come quando la variante originale di Omicron ha iniziato a circolare nel 2021.

Alcuni hanno soprannominato un’altra sotto-variante di EG.5, nota come EG.5.1, “Eris”.

Tutti i sintomi di EG.5. Una variante più aggressiva?

I sintomi di EG.5 sembrano essere simili a quelli di altre varianti, ha dichiarato Andrew Pekosz, professore del Dipartimento di Microbiologia Molecolare e Immunologia della Johns Hopkins University, in un’intervista rilasciata alla scuola di salute pubblica dell’università.

I sintomi comuni includono febbre, tosse, voce rauca, affaticamento, naso che cola, mal di testa o dolori muscolari. Può sembrare un raffreddore, un’influenza o, a volte, una polmonite.

“Non rileviamo un cambiamento nella gravità di EG.5 rispetto ad altre sotto-varianti di Omicron in circolazione dalla fine del 2021”, ha dichiarato, all’inizio di questo mese, Maria Van Kerkove, responsabile tecnico Covid-19 dell’OMS.

Andrew Pollard, professore di Infezioni e Immunità presso l’Università di Oxford, ha dichiarato a Euronews Next che ci sono alcune prove che Omicron e le sue sottovarianti sono meno gravi rispetto ai ceppi precedenti del virus.

Ma, ha detto, questo è “complicato da interpretare perché la popolazione è ora altamente immune al virus e la nostra immunità ci difenderà anche da malattie gravi”.

Quanto sta circolando?

EG.5 si è inizialmente diffusa in Cina, Giappone e Corea del Sud, mentre ora è in aumento in Nord America e in Europa.

In Francia, EG.5 rappresentava il 26% del sequenziamento il 17 luglio, rispetto al 15% della settimana precedente, il che è “coerente con la situazione globale”, ha dichiarato il Public Health France.

Nel Regno Unito, in particolare, EG.5.1 ha registrato il più alto tasso di crescita delle varianti nel Paese e rappresenta il 14% dei casi.

Negli Stati Uniti, EG.5 rappresenta circa il 17% dei casi, più di qualsiasi altra sottovariante di Omicron monitorata, secondo i dati dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC).

“In diversi Paesi in cui la prevalenza di EG.5 è in aumento si è registrato un incremento dei casi e dei ricoveri, anche se al momento non ci sono prove di un aumento della gravità della malattia direttamente associato a EG.5”, ha dichiarato l’OMS nella sua valutazione del rischio della variante.

Bisogna preoccuparsi di queste nuove mutazioni di Covid?

“Più si va avanti, senza che si verifichi un evento importante, più si può, lentamente tornare ad essere tranquilli, grazie alla combinazione di produzione di vaccini e/o immunità naturale. Ma è troppo presto per essere completamente ottimisti e abbassare del tutto la gurdia”, ha detto Kao.

Anche se il Covid-19 diventa come un qualsiasi altra infezione respiratoria stagionale in circolazione, se una variante “porta a un incremento di casi, anche se non in modo catastrofico, il numero di ricoveri ospedalieri, in combinazione con quello che ci si aspetta regolarmente dall’influenza, potrebbe comunque causarci delle difficoltà reali”, ha detto.

Attualmente, i vaccini contro il Covid sono in fase di adattamento per le varianti Omicron XBB che sono vicine a EG.5.

Pfizer e BioNTech hanno richiesto l’approvazione di questi booster all’Agenzia europea per i medicinali nel mese di giugno.

“I vaccini forniscono ancora un’eccellente protezione contro le malattie gravi e la morte causate da tutte le varianti di Covid-19”, ha dichiarato Pollard dell’Università di Oxford.

Le dosi di richiamo riducono il rischio di infezione nei soggetti fragili, anziani o con condizioni di salute che potrebbero peggiorare in caso di infezione”. È probabile che i vaccini attuali forniscano una certa protezione contro questa variante”, ha dichiarato in un’e-mail.

Man mano che i Paesi continuano a sequenziare, continueranno a emergere nuove varianti. Questa settimana gli esperti hanno segnalato un’altra variante che sarebbe emersa in Danimarca e Israele, con ulteriori mutazioni della proteina spike.

Van Kerkove dell’Oms ha sottolineato che il Covid-19 si sta evolvendo e circola in tutti i Paesi.

“Questo fenomeno continuerà ed è a questo che dobbiamo prepararci”, ha detto, esortando i Paesi a continuare a sequenziare e a condividere pubblicamente i dati.

Castelli Romani

Frascati, ospedale: intervento chirurgico con tecnica all’avanguardia

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Asportato tumore allo stomaco a un’anziana senza anestesia generale
 
Straordinario intervento chirurgico all’Ospedale San Sebastiano di Frascati dove è stato possibile evitare gravi complicanze post operatorie per Bice, una signora di 85 anni di Monte Compatri che è stata operata con anestesia spinale anziché generale per l’asportazione di un tumore esteso allo stomaco.
 
Non c’è stata necessità di ricovero in terapia intensiva e nella degenza post operatoria non si sono resi necessari farmaci analgesici.
 
La signora attualmente, a meno di una settimana dall’intervento, ha avuto una precoce ripresa ed è in buona salute, presto sarà dimessa per ricongiungersi ai suoi cari.
 
Grande soddisfazione, in merito alla tecnica anestesiologica, è stata espressa sia dalla paziente che dal chirurgo operatore, il dr. Massimiliano Boccuzzi Direttore della UOC di Chirurgia Generale e dai suoi aiuti Dr. Francesco Boccaccini e Dr.Angelo Torcasio coadiuvati dalla preziosa collaborazione del servizio di endoscopia digestiva del San Sebastiano (Dr.Fabrizio Travaglini).
 
Il Commissario Straordinario della Asl Roma 6 dott. Francesco Marchitelli e il Direttore Sanitario dottor Vincenzo Carlo La Regina si sono complimentati per questo straordinario risultato: “Questo significa salvare vite – hanno detto – siamo di fronte a un intervento che segna un passo fondamentale per la presa in carico dei pazienti complessi e in età avanzata che sempre più spesso sono costretti a subire le gravi complicanze post operatorie o addirittura a non potersi sottoporre agli interventi chirurgici perché eccessivamente rischiosi. Le persone per le persone, questa è un’altra grande testimonianza del percorso di umanizzazione della salute che abbiamo intenzione di portare avanti insieme”.
 
Tecnicamente si è trattato di un intervento chirurgico di gastrectomia subtotale per una voluminosa neoplasia gastrica a un’anziana con un quadro clinico complesso perché già operata alcuni anni fa per una neoplasia del colon e venti giorni fa sottoposta a intervento per una frattura di femore post traumatica, sempre presso il San Sebastiano.
 
In considerazione dell’età avanzata e delle varie comorbidità, in accordo con la paziente, l’equipe della UOSD di Anestesia e Rianimazione del San Sebastiano con il Responsabile Dott. Benedetto Alfonsi, afferente al Dipartimento di Emergenza diretto dalla Dott.ssa Carla Giancotti, ha deciso di non eseguire l’intervento in anestesia generale, bensì in anestesia locoregionale, che è stata effettuata dal Dr. Benedetto Alfonsi in collaborazione con il Prof.Fabrizio Fattorini.  
 
All’anestesia spinale, necessaria per l’intervento chirurgico, è stato associato l’ESP Block bilaterale, un blocco di fascia ecoguidato della parete posteriore del torace.
 
Il blocco di fascia è stato effettuato per garantire l’analgesia post operatoria senza la necessità di oppiacei. I blocchi di fascia rappresentano attualmente un ulteriore passo avanti nel controllo del dolore post operatorio. Per migliorare il comfort operatorio, durante l’intervento la paziente è stata lievemente sedata. Ora sta bene e l’intervento è riuscito.
 
Tale testimonianza è importante anche dal punto di vista scientifico alla luce del continuo incremento di pazienti over 80 con molteplici comorbilità che sempre più spesso si rivolgono all’Ospedale di Frascati, essendo collocato in un’area demograficamente ricca di case di riposo per anziani e di pazienti geriatrici.
 
“Da vari anni – dichiara il  dottor Massimiliano Boccuzzi, direttore UOC di Chirurgia Generale dell’Ospedale di Frascati – sono in aumento gli anziani sottoposti ad interventi di chirurgia maggiore che prima erano uno scoglio difficile da superare per alcune tipologie di pazienti e da anni chirurghi ed anestesisti sono impegnati nell’affinamento di tecniche anestesiologiche e chirurgiche mininvasive, che ci possano condurre ad una sensibile riduzione dei rischi anestesiologici e delle complicanze chirurgiche, in tali tecnologie la Asl Roma 6 si sta dimostrando un importante punto di riferimento permettendo agli operatori di poter crescere e perfezionare nuove tecniche a basso impatto di complicanze post operatorie”.

 



Privo di virus.www.avast.com

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Politica

Facoltà di Medicina, al via il libero accesso. Bernini: “Formeremo 30mila medici superando numero chiuso”

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Ci si potrà iscrivere liberamente, senza passare attraverso test, al primo semestre di Medicina e chirurgia, Medicina veterinaria e Odontoiatria e protesi dentaria.

È quanto prevede la riforma dell’accesso alla facoltà di Medicina. Verranno individuate le discipline in area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria che devono essere superate per l’ammissione al secondo semestre. Nel caso di mancata ammissione, verranno riconosciuti i crediti formativi utili per potere cambiare facoltà. Le nuove norme dovrebbero scattare nel 2025.

Ministro Bernini: “Formeremo 30mila medici superando numero chiuso”

“Trasparenza, equità, merito: è su questi principi che il governo e il ministero dell’università vogliono riformare l’accesso a Medicina, combinando le legittime aspirazioni degli studenti alle necessità del sistema sanitario. Sappiamo che nei prossimi anni potremo formare almeno 30mila futuri nuovi medici, ai quali dobbiamo garantire una preparazione di qualità, attenta soprattutto alle opportunità che le nuove tecnologie offrono in campo medico”. Lo ha spiegato il ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini. “Stiamo lavorando ad una riforma strutturata che superi il numero chiuso e punti all’eccellenza formativa e alla valorizzazione delle competenze. Siamo sulla buona strada. Sono davvero orgogliosa del percorso che anche il Parlamento ha avviato, all’insegna dell’ascolto, della massima collaborazione e dell’unità di intenti”.

Ordine medici: “Nettamente contrari a stop al numero chiuso”

  La riforma non incontra però il gradimento dei medici. “Siamo nettamente contrari, e questa non è assolutamente una norma di buon senso: eliminare il numero chiuso a Medicina significa che fra 10 anni, il tempo necessario per formare un medico, avremo una pletora di laureati che non avranno possibilità di trovare un posto di lavoro come medici. Produrremo solo dei disoccupati”, ha spiegato il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, commentando l’adozione da parte del Comitato ristretto della Commissione Istruzione del Senato del teso base per lo stop al numero chiuso. 

Medici Anaao: “Stop numero chiuso colpo grazia a formazione medica”

  Anche il sindacato dei medici ospedalieri ha espresso forti perplessità. “Lo stop al numero programmato a Medicina dimostra ancora una volta che la cecità politica si sta ormai cronicizzando ed è il colpo di grazia alla formazione medica”, ha dichiarato Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed.  “Abolire il numero programmato – ha proseguito Di Silverio – è una soluzione miope e sintomo di assoluta mancanza di visione futura o peggio di una visione futura che porterà a una nuova pletora medica che favorirà manodopera privata a basso costo. Tutto questo in netto contrasto con le dichiarazioni del presidente del Consiglio dei ministri e del ministro della Salute sulla difesa del Ssn”.

“In Italia esiste il numero programmato e invece di investire in programmazione si aprono le porte a 70mila giovanissimi studenti, confondendo il diritto allo studio con il diritto all’iscrizione alla Facoltà. Ma non resteremo in silenzio. Chiameremo a raccolta tutti gli studenti e gli specializzandi, tutta la categoria – ha annunciato Di Silverio – promuovendo raccolta firme e manifestazioni in tutta Italia affinché tutti abbiano la consapevolezza che questo è il colpo di grazia alla formazione medica, alla professione e soprattutto al sistema di cure pubblico”.

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Salute

Covid, Università di Amsterdam: preoccupazione per nuove varianti del virus

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Ha avuto il Covid con elevata carica virale per 613 giorni, da febbraio 2022 a ottobre 2023, ed è stato ufficialmente riconosciuto come il paziente al mondo rimasto più a lungo positivo all’infezione SARS-CoV-2.

Dalla sua vicenda, seppur rara nella sua cronicità, è stata avviata una ricerca scientifica dall’Università di Amsterdam che verrà presentata a fine aprile a Barcellona e che mostra l’evoluzione Sars-CoV-2 nel suo organismo. L’uomo, un 72enne dei Paesi Bassi fortemente immunocompromesso per un tumore del sangue, è morto per una ricaduta della sua patologia ematologica, dopo aver convissuto per 20 mesi con la malattia e aver sviluppato nel suo corpo diverse varianti. Questo ha evidenziato in conclusione come “l’infezione prolungata negli ‘eterni positivi’ consenta al virus di accumulare cambiamenti genetici, generando potenzialmente nuove preoccupanti varianti”. Così era già accaduto per la “nascita” di Omicron.

Secondo i medici, il paziente aveva una grave carenza di globuli bianchi e un sistema immunitario indebolito dal cancro. Il suo organismo non ha potuto così affrontare il Covid e il virus è mutato innumerevoli volte all’interno del suo corpo, tanto che, alla fine, si è parlato anche di una supervariante, che non ha contagiato nessuno perché l’uomo ha affrontato la malattia, e i diversi ricoveri, sempre in isolamento.

“Il caso del 72enne positivo al Covid per 613 giorni sottolinea il rischio di infezioni persistenti da SARS-CoV-2 negli individui immunocompromessi”, affermano gli autori dello studio. “Sottolineiamo – aggiungono – l’importanza di continuare la sorveglianza genomica dell’evoluzione del SARS-CoV-2 negli individui immunocompromessi con infezioni persistenti”.

Il paziente dei record, che era stato ricoverato ad Amsterdam, non era riuscito a sviluppare una forte risposta immunitaria ai vaccini Covid prima di ammalarsi con la variante Omicron nel febbraio 2022. Un’analisi dettagliata presso il Centro di Medicina Sperimentale e Molecolare dell’Università di Amsterdam di campioni raccolti da più di due dozzine di suoi tamponi naso e gola ha rilevato che il coronavirus aveva sviluppato in lui una resistenza a sotrovimab, il trattamento, cioè, con anticorpo monoclonale. “Successivamente il 72enne ha sviluppato oltre 50 mutazioni, alcune con una maggiore capacità di eludere le difese immunitarie”, riferiscono gli scienziati.

Gli scienziati che studiano i dati genomici raccolti da campioni di acque reflue hanno riportato prove di individui nella comunità che diffondono coronavirus fortemente mutati per più di quattro anni. Tali infezioni persistenti potrebbero anche far sì che i malati manifestino sintomi Covid a lungo termine, conclude la ricerca.
 

Fino a oggi ci sono stati altri casi di “eterni positivi”. Tra i più noti quelli di un uomo con il Covid per 505 giorni.

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