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Cronisti uccisi: morto il figlio del giornalista che aveva scoperto la morte della moglie in diretta

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Due giornalisti sono stati uccisi in un attacco israeliano a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Lo riferisce l’agenzia di stampa palestinese Wafa. Un drone israeliano avrebbe sparato un missile contro un veicolo che trasportava reporter nell’area di al-Mawasi, a ovest di Khan Younis, uccidendo il giornalista Mustafa Thraya e il reporter 29enne Hamza Al-Dahdouh, figlio del direttore dell’ufficio di Al Jazeera a Gaza Wael al-Dahdouh.

A ottobre, la moglie, il figlio, la figlia e il nipote di al-Dahdouh erano stati uccisi in un attacco aereo israeliano nella Striscia. E proprio Al Jazeera condanna l’uccisione dei giornalisti palestinesi “presi di mira” a Gaza. Save the Children: “Più di 10 bambini al giorno, in media, hanno perso una o entrambe le gambe a Gaza dall’inizio del conflitto tre mesi fa”. L’esercito dello Stato ebraico annuncia di aver “completato lo smantellamento” delle capacità militari di Hamas nel nord di Gaza e rende noto che “finora sono stati uccisi 8mila terroristi”.

La libertà di stampa è un pilastro fondamentale della democrazia, consentendo ai giornalisti di informare il pubblico senza timori o pressioni indebite. Purtroppo, in molte parti del mondo, questo diritto è minacciato da regimi autoritari, organizzazioni criminali e altri poteri che cercano di soffocare la verità e la libertà d’espressione.

Uno degli aspetti più tragici di questa situazione è l’uccisione di giornalisti coraggiosi che cercano di portare alla luce verità scomode. Questi omicidi non solo rappresentano un attacco ai singoli professionisti, ma minano anche la libertà di informazione e il diritto del pubblico di essere informato.

In diversi paesi, giornalisti impegnati nella denuncia della corruzione, nell’indagine su crimini o nell’esposizione di violazioni dei diritti umani sono diventati bersagli. Il loro coraggio nel mettere in luce la verità ha spesso comportato minacce, intimidazioni e, in alcuni casi, persino la perdita della vita.

L’omicidio di un giornalista rappresenta non solo una tragedia per la sua famiglia e i colleghi, ma indebolisce anche il tessuto stesso della democrazia. Quando i giornalisti vengono uccisi o minacciati per il loro lavoro, si diffonde il terrore e si crea un clima in cui la censura e l’autocensura diventano moneta corrente.

Organizzazioni internazionali e gruppi per i diritti umani hanno denunciato ripetutamente questi attacchi e hanno chiesto giustizia per i giornalisti assassinati. Tuttavia, in molti casi, i responsabili rimangono impuniti, il che crea un circolo vizioso in cui l’impunità alimenta ulteriori attacchi contro la stampa libera.

Inoltre, la negazione della libertà di stampa non si limita solo agli omicidi. Viene spesso perpetrata attraverso leggi restrittive, arresti ingiustificati, censura online e altre forme di persecuzione che mirano a limitare la voce dei media indipendenti.

È fondamentale che la comunità internazionale agisca con determinazione per proteggere i giornalisti e difendere la libertà di stampa. Questo implica l’adozione di misure per garantire che i responsabili di attacchi contro i giornalisti siano portati davanti alla giustizia, nonché lo sviluppo di meccanismi di protezione per consentire ai giornalisti di svolgere il loro lavoro senza paura di rappresaglie.

Solo promuovendo e difendendo la libertà di stampa si può contribuire a costruire società più aperte, trasparenti e democratiche. La protezione dei giornalisti e della loro capacità di svolgere il loro ruolo nel garantire l’accesso all’informazione è essenziale per il progresso e il benessere delle società globali.

Sono molti i giornalisti assassinati in diverse parti del mondo divenuti esempi di gravi violazioni della libertà di stampa.

Ad esempio, Jamal Khashoggi, giornalista saudita e contributore del Washington Post, è stato brutalmente assassinato nel 2018 nel consolato saudita a Istanbul. Il suo omicidio ha suscitato indignazione globale e sollevato preoccupazioni sulle violazioni dei diritti umani e sulla libertà di stampa in Arabia Saudita.

Anche la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia è stata uccisa nel 2017 in un attentato con una bomba nella sua auto. Caruana Galizia era nota per le sue indagini sulla corruzione politica e economica a Malta. Il suo omicidio ha portato l’attenzione su questioni di governance e libertà dei media nell’Unione Europea.

In Russia, Anna Politkovskaja, giornalista investigativa nota per il suo lavoro critico sul governo russo e sui conflitti in Cecenia, è stata uccisa nel 2006 nel suo appartamento a Mosca. La sua morte ha sollevato preoccupazioni sulla libertà di stampa in Russia e sulla sicurezza dei giornalisti che espongono la corruzione e l’abuso di potere.

Questi sono solo alcuni dei numerosi casi in cui giornalisti coraggiosi sono stati uccisi nel corso degli anni mentre svolgevano il loro lavoro. Le loro morti rappresentano attacchi intollerabili alla libertà di stampa e rimangono simboli della lotta per difendere il diritto fondamentale di informare e essere informati senza paura di rappresaglie.

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In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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