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DIFFAMAZIONE: DARE DELLA "TOGA ROSSA" NON DIFFAMA

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Tempo di lettura 2 minutiAnalizzato il contesto, la Corte d'Appello non ha ravvisato alcuna valenza denigratoria

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Redazione

E' proprio vero che in Corte d'Appello si ribalda tutto e si analizza, come giusto che sia, anche il tono utilizzato dallo scrittore o giornalista che usi determinati termini. Definire un magistrato una "toga rossa" non e' diffamazione, ma anzi, in alcuni contesti, puo' rappresentare un elogio. Lo si evince da una sentenza con cui la terza sezione penale della Cassazione ha rigettato il ricorso di un pm, il quale aveva chiesto di essere risarcito perche' definito "toga rossa" in un libro dedicato alla storia della lotta armata in Italia. Il tribunale di Milano aveva accolto la sua istanza e stabilito un risarcimento di 5mila euro in favore del magistrato, ma la Corte d'appello del capoluogo lombardo, nel 2010, aveva ribaltato il verdetto, sostenendo che "la censurata espressione di 'toga rossa', presa nel contesto di un'ampia trattazione sul periodo dei cosiddetti anni di piombo, non risultava usata in tono denigratorio o dispregiativo, bensi' piuttosto in senso positivo, ossia per indicare l'atteggiamento di un magistrato inquirente che non si ferma alle apparenze e che gode di una 'coscienza tranquillamente fiera'". La Suprema Corte ha ritenuto "correttamente argomentata e priva di vizi logici" la ricostruzione dei giudici d'appello: la frase in questione, osservano i giudici di 'Palazzaccio' in una sentenza depositata oggi, "non assumeva, in relazione al contesto complessivo dell'opera, alcuna valenza denigratoria, quanto invece doveva ritenersi in qualche modo elogiativa". La Cassazione ha condiviso anche l'osservazione della Corte d'appello secondo cui "il fatto che il testo in oggetto si riferisse anche alla circostanza che le toghe rosse erano particolarmente sgradite al presidente del Consiglio (dell'epoca) ed ai suoi giornali – si legge nella sentenza – non poteva comunque integrare gli estremi della diffamazione, dato il carattere del tutto soggettivo del giudizio di 'sgradevolezza'". Carattere soggettivo del giudizio di "sgradevolezza", così precise dovrebbero essere le analisi delle querele per diffamazione, ma non sempre è così e i giornalisti ci rimettono la fedina penale.

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