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Filippo Turetta, il racconto dell’orrore in 9 ore di interrogatorio: Giulia morta dissanguata

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Pause lunghe, silenzi, lacrime, lo sguardo spento, ma anche risposte articolate, quelle che non aveva dato al gip tre giorni fa, e alcune incongruenze nel racconto verificate con domande puntuali, di fronte a diversi “non ricordo”.

E quel “mi è scattato qualcosa in testa” per spiegare l’orrore.

Poi la sua verità, il perché dell’omicidio che ha sconvolto tutta Italia, della vita tolta all’ex fidanzata Giulia Cecchettin accoltellata a morte, mentre cercava di difendersi con le mani a parare i colpi.
È stato interrogato per nove ore Filippo Turetta, 22 anni il 18 dicembre e in carcere a Verona con le accuse di omicidio volontario aggravato dalla relazione affettiva terminata e sequestro di persona e che, oltre all’occultamento di cadavere, rischia anche le aggravanti della premeditazione e della crudeltà.

Oggi ha trovato di fronte a sé il pm di Venezia Andrea Petroni, che coordina l’inchiesta dei carabinieri e che gli ha contestato tutte le prove raccolte, tra cui i due coltelli trovati e quel nastro adesivo, comprato on line qualche giorno prima dell’11 novembre e che avrebbe usato per chiudere la bocca e legare le mani alla ragazza che, da almeno un mese, dopo che lei aveva deciso di lasciarlo la scorsa estate, era vittima anche delle sue pressioni psicologiche e dei suoi ricatti.

Lui parlava di “amore”, le diceva che solo con lei stava bene e che altrimenti si sarebbe ammazzato. Nel frattempo, come hanno raccontato anche le sue amiche con cui Giulia si confidava, la pedinava a volte, soprattutto nelle ultime settimane, e faceva crescere in lei “ansia e paura”.

Quella sera di sabato lei ha accettato di andare a cena in un centro commerciale a Marghera. Lui insisteva ancora per recuperare il rapporto, lei era decisa nella sua scelta.

La prima aggressione nel parcheggio a Vigonovo, a meno di 200 metri da casa di lei, al ritorno. “Ho perso la testa, mi è scattato qualcosa”, avrebbe ripetuto Turetta in carcere.

Nel parcheggio di via Aldo Moro i calci quando Giulia è già fuori dall’auto del 21enne, lei che cerca di reagire e un vicino di casa che vede parte della scena, dà l’allarme che resta inascoltato.

Turetta, intanto, l’ha già portata, chiusa dentro la Fiat Grande Punto nera, nella zona industriale di Fossò, deserta il sabato sera. Una telecamera di sorveglianza riprende le fasi finali della seconda aggressione. Non le coltellate, tante, oltre venti.

Le immagini mostrano Giulia, spinta e colpita da dietro mentre tenta di fuggire di corsa, già fuori dalla macchina. Sbatte la testa su un marciapiede e resta a terra e lui la carica sull’auto. Poi, la fuga.

Il corpo di Giulia, già morta dissanguata, l’ex fidanzato lo abbandonerà ad oltre 100 chilometri di distanza, vicino al lago di Barcis, con dei sacchi di plastica neri a coprire il cadavere. Sacchi che aveva già con sé quella sera.

Nel pomeriggio avrebbe fatto pure un sopralluogo a Fossò.

Nell’interrogatorio fiume, andato avanti dalle 11 fino alle 20, Turetta ha dovuto ricostruire passo passo tutto ciò che è avvenuto quella sera, ma anche nei giorni precedenti e nella settimana di fuga fino in Germania, dopo che nelle poche dichiarazioni alla giudice Benedetta Vitolo si era detto “affranto, dispiaciuto”, pronto a “pagare” per le sue responsabilità e a “ricostruire” nella sua “memoria” quello che gli era “scattato” nella testa quella sera.
Avrebbe sostenuto di aver avuto la mente offuscata, un black out, quando ha capito che Giulia non era decisa a troncare.

Mentre attende il trasferimento nella sezione “protetti” del penitenziario, a sua tutela, il giovane potrebbe essere sentito nuovamente dagli inquirenti nei prossimi giorni. Potrebbero servire altre ore di interrogatorio per fare definitiva chiarezza su tutti i dettagli. 

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In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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