Esteri
Guerra verso la catastrofe, Onu: “Metà Gaza sta morendo di fame”
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11 mesi fail
La guerra in Medioriente giunge al giorno 65. Secondo il Programma alimentare mondiale dell’Onu, metà della popolazione di Gaza sta morendo di fame, mentre continuano i combattimenti tra Hamas e Israele. In alcune aree nove famiglie su dieci non riescono a mangiare tutti i giorni. Dallo Yemen i ribelli sciiti Houthi prenderanno di mira tutte le navi nel Mar Rosso dirette in Israele, se la Striscia di Gaza “non riceverà il cibo e le medicine necessarie”. Intanto il Qatar prosegue gli sforzi di mediazione per assicurare un nuovo cessate il fuoco e per il rilascio di altri ostaggi, nonostante i continui bombardamenti israeliani “restringano la finestra” dei negoziati. Gli Usa hanno bloccato con il veto la risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu, che chiedeva il “cessate il fuoco umanitario a Gaza” e definiva la situazione umanitaria “catastrofica”. “Aggressivo, immorale e una palese violazione di tutti i valori e i principi umanitari”, commenta il presidente palestinese Abu Mazen. Per il premier israeliano Netanyahu, invece, “la posizione degli Usa è giusta. La guerra a Hamas non si ferma”.
“Stiamo correndo un serio rischio di collasso del sistema umanitario” a Gaza, dove “la situazione si sta rapidamente trasformando in una catastrofe con implicazioni potenzialmente irreversibili per i palestinesi nel loro complesso e per la pace e la sicurezza nella regione”. È quanto afferma il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, deplorando la “paralisi” delle Nazioni Unite di fronte alla guerra tra Israele e Hamas e dicendosi dispiaciuto che il Consiglio di sicurezza non abbia votato a favore di un cessate il fuoco.
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Cronaca
Clima impazzito: Valencia tra rovine e speranze per un futuro sostenibile
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4 giorni fail
31 Ottobre 2024
Il sud della Spagna vive giorni di dolore e distruzione in seguito a una delle peggiori inondazioni della sua storia recente. Nella sola provincia di Valencia si contano, finora, 92 dei 95 morti accertati, ma la cifra sembra destinata a salire, considerando che molte persone risultano ancora disperse. L’ondata di piogge torrenziali, causata da una depressione atmosferica che ha scatenato temporali devastanti, ha sommerso interi paesi e costretto oltre 120.000 persone ad abbandonare le proprie case. Cittadine come Paiporta, Sedaví e altre zone periferiche di Valencia sono ora cumuli di fango, detriti e dolore. Qui, la conta delle vittime si fa sempre più angosciante: solo a Paiporta sono stati recuperati 40 corpi, e il numero di persone ancora intrappolate o disperse è alto, un’incognita che grava come un’ombra sui soccorritori.
Le operazioni di soccorso non si sono fermate un attimo: migliaia di soccorritori, tra cui oltre mille militari, scavano giorno e notte tra il fango e le macerie, mentre le forze dell’ordine e l’Unità di emergenza dell’esercito si sono mobilitate per salvare più vite possibile. Finora, più di 250 persone sono state salvate via elicottero e 70 via terra, ma la situazione resta critica. Nel frattempo, le previsioni meteo lanciano un nuovo allarme per il nord di Castellón, una provincia già devastata, con l’agenzia meteorologica Aemet che invita i residenti a rimanere al riparo e non uscire per alcun motivo, poiché “le tempeste non si fermano”. Le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza e i collegamenti ferroviari e autostradali sono stati interrotti, isolando intere aree.
La disperazione e l’impotenza prendono forma nelle parole di chi ha perso tutto: “La necessità più urgente è che vengano a recuperare i cadaveri. Ci sono ancora persone sotto le macchine. È un disastro indescrivibile,” racconta Javier, un ex militare di Sedaví, che ha assistito impotente alla distruzione della sua città. “Abbiamo bisogno di cibo e rifornimenti. I negozi sono stati presi d’assalto e gli scaffali sono vuoti”, aggiunge con voce spezzata.
Oggi, il primo ministro Pedro Sánchez si recherà a Valencia per incontrare i soccorritori e visitare le aree più colpite, mentre il leader del Partito Popolare, Alberto Núñez Feijóo, farà altrettanto per mostrare il proprio sostegno. In un momento in cui ogni minuto può fare la differenza tra la vita e la morte, la speranza si affievolisce, ma l’impegno di volontari e soccorritori continua senza sosta.
Le autorità locali e nazionali stanno lavorando a un piano di ricostruzione e assistenza per le migliaia di famiglie sfollate. Intanto, Valencia piange e lotta, in attesa di un aiuto che possa riportare almeno un po’ di sollievo e speranza in una regione martoriata.
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Esteri
Medio oriente in fiamme: Israele risponde con forza all’Iran, il mondo trattiene il fiato
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1 settimana fail
26 Ottobre 2024
Missili e attacchi notturni segnano l’escalation di una crisi che minaccia la stabilità globale. L’Iran Riduce l’impatto e prepara la controffensiva
In una nuova fase di escalation tra Israele e Iran, le forze israeliane hanno lanciato, nella notte di sabato, attacchi mirati contro siti militari in territorio iraniano, puntando specificamente a strutture di produzione di missili e sistemi di difesa aerea. Questa operazione risponde a un recente attacco missilistico iraniano contro Israele, segnando un nuovo picco nel conflitto che da decenni vede i due Paesi scontrarsi indirettamente attraverso azioni militari e alleati regionali.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno spiegato che l’attacco, condotto con grande precisione, è stato studiato per evitare infrastrutture critiche iraniane come giacimenti petroliferi e impianti nucleari, limitando così i potenziali danni a livello regionale e colpendo invece risorse militari fondamentali. Gli attacchi, riportati intorno alle 2:15 ora locale a ovest di Teheran, sono stati seguiti da ulteriori ondate prima dell’alba, con video pubblicati sui social che mostrano fuochi di traccianti ed esplosioni nel cielo della capitale iraniana.
Secondo i media statali iraniani, la maggior parte dei missili in arrivo sarebbe stata intercettata, e i danni si sarebbero rivelati “limitati”, nonostante le esplosioni iniziali avvenute nelle province di Teheran, Ilam e Khuzestan. L’esercito iraniano ha successivamente confermato la perdita di due soldati, uccisi nel tentativo di “contrastare i proiettili dell’entità sionista criminale”, come Israele viene spesso definito dai funzionari iraniani.
Questo scontro fa parte della risposta di Israele a un massiccio attacco missilistico iraniano del 1° ottobre, quando Teheran ha lanciato 200 missili contro obiettivi israeliani dopo l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, a Beirut. L’intensificazione delle operazioni israeliane contro gli alleati dell’Iran in Libano, Yemen e Siria riflette una strategia volta a limitare l’influenza regionale di Teheran attraverso colpi mirati contro le sue forze per procura.
Le tensioni in Libano sono ulteriormente aumentate, con gli attacchi israeliani che hanno causato più di 2.500 morti, sfollato 1,2 milioni di persone e creato una grave crisi umanitaria. Le operazioni in corso a Gaza dal 7 ottobre, scatenate dall’attacco di Hamas, hanno peggiorato la situazione, con rappresentanti delle Nazioni Unite che denunciano gravi sofferenze per i civili.
Gli Stati Uniti hanno mantenuto una posizione di non coinvolgimento diretto, esortando Israele a concentrare gli attacchi su obiettivi militari ed evitando strutture nucleari o petrolifere iraniane, per prevenire gravi conseguenze economiche e ambientali nella regione del Golfo. Pur riconoscendo il diritto alla difesa di Israele, gli Stati Uniti e altri alleati occidentali hanno chiesto moderazione, temendo che un’escalation possa coinvolgere direttamente gli Stati Uniti e i loro alleati regionali. Recentemente, il Presidente Joe Biden ha discusso con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, consigliando una risposta mirata per evitare una guerra totale.
Rimane incerta la risposta dell’Iran a questa cauta operazione israeliana, con le autorità militari di Tel Aviv che avvertono che qualsiasi futura aggressione iraniana sarà seguita da ulteriori controffensive israeliane. Questo ciclo incessante di risposte militari sottolinea la fragilità della stabilità regionale, con entrambi i Paesi che dispongono di risorse militari significative e alleanze strategiche capaci di trasformare il conflitto in una minaccia più vasta e destabilizzante per l’intero Medio Oriente.
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Economia e Finanza
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2 settimane fail
18 Ottobre 2024Tempo di lettura 5 minuti
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