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Cronaca

IL BOSS SINACORI RACCONTA DI COME LA MAFIA VOLEVA UCCIDERE A ROMA FALCONE, COSTANZO E MARTELLI

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Tempo di lettura 2 minuti “Bisognava usare delle armi tradizionali. In caso di attentati bisognava chiedere il permesso a Riina. A Roma, arrivarono con un camion, armi ed esplosivo”

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Angelo Barraco

Caltanissetta –  Nell’aula bunker di Rebibbia, a Roma, ha deposto il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, ex appartenente al mandamento di Mazara del Vallo. La sua deposizione è avvenuta nell’ambito del processo per la strage di Capaci ed è avvenuta davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta. Sinacori ha raccontato che tra l’ottobre e il novembre del 1991 si è tenuto un incontro tra mafiosi a Castelvetrano, in provincia di Trapani, in quell’incontro si è deciso di eliminare il giudice Giovanni Falcone, il ministro di allora Claudio Martelli e Maurizio Costanzo. Sinacori ha raccontato che l’incontro era presieduto da Totò Riina e vi partecipava anche Matteo Messina Denaro e altri mafiosi. Ci sarebbero state anche altre riunioni oltre a quella fatta a Castelvetrano, le altre sarebbero state fatte a casa di Salvatore Biondino, l’autista di Totò Riina e tali riunioni servivano per definire il modus operandi: “Bisognava usare delle armi tradizionali. In caso di attentati bisognava chiedere il permesso a Riina. A Roma, arrivarono con un camion, armi ed esplosivo”. Sinacori racconta che Falcone era il primo a dover essere ucciso perché era considerato un nemico dopo il maxiprocesso, Maurizio Costanzo invece perché era contro Cosa Nostra durante le sue trasmissioni e Martelli perché era stato eletto con i voti di Cosa Nostra, poi però aveva voltato le spalle alla stessa. Il boss racconta anche dei luoghi dove dovevano essere uccisi; Falcone per esempio, racconta Sinacori, doveva essere ucciso in un ristorante a Roma che frequentava spesso, Martelli invece dove c’era la sede del ministero di Grazia e Giustizia. Falcone non fu ucciso a Roma perché il commando d’azione che doveva ucciderlo, nel momento in cui faceva i sopralluoghi, iniziò a fare confusione tra “Il Matriciano” per “La Carbonara”, ristorante dove Falcone era solito andare. Il Pm Stefano Luciano ha chiesto a Sinacori come mai nel 1996 ha deciso di diventare collaboratore di giustizia, Sinacori ha risposto così: “Lo faccio per problemi miei che non intendo riferire. Non ho nessuna spiegazione da dare. Ho fatto questa scelta”.

Cronaca

In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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