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L’ANCRI concorre alla campagna di comunicazione per la prevenzione dei rischi naturali che interessano il Paese

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Dalla pericolosità territoriale al concetto di rischio. L’Ing Paolo Ghezzi delegato ANCRI alla Protezione civile e all’ambiente e responsabile scientifico del Master Geca in economia circolare della Scuola superiore S. Anna ci offre una riflessione su cosa fare per limitare tragiche conseguenze delle alluvioni ed esondazioni mettendo a confronto sul piano operativo due gestioni emergenziali diverse di piene simili dell’Arno

Torna anche quest’anno l’iniziativa “Io non rischio – Buone pratiche di protezione civile”, campagna di comunicazione nazionale sui rischi naturali che interessano il nostro Paese. Promossa dal Dipartimento di Protezione Civile, l’iniziativa ha l’obiettivo di diffondere la cultura della prevenzione e le buone pratiche di protezione civile. In oltre 500 piazze del territorio nazionale saranno presenti punti informativi “Io non rischio” per sensibilizzare i cittadini sul rischio sismico e sul rischio alluvione.

In questo contesto di divulgazione di buone prassi ANCRI si è attivata per garantire il proprio contributo al dibattito e al confronto con una riflessione del proprio delegato nazionale alla Protezione Civile e all’ambiente – ing. Paolo Ghezzi. Oltre a individuare alcune tra le cause responsabili della fragilità del nostro territorio, Ghezzi richiama l’attenzione sulla necessità di costruire sistemi locali di protezione civile, efficaci e solidi, e in grado di interpretare le emergenze con spirito critico e capacità di lettura dei dati. Per questo viene proposto il confronto tra due eventi di piena del Fiume Arno, molto ravvicinati, del tutto simili ma gestiti in modo completamente diverso.

Ecco il suo contributo

I recenti eventi alluvionali che hanno colpito il nostro Paese inducono ad una riflessione sul livello di fragilità anche del territorio Toscano e sulla preparazione, più o meno diffusa, nell’affrontare con adeguata efficacia situazioni critiche se non di emergenza.

Eventi metereologici intensi e piogge di lunga durata hanno caratterizzato anche i secoli scorsi. Eppure i danni a persone e cose generati negli ultimi 70 anni non sembrano avere uguali e sono aumentati di pari passo con l’attesa, diciamo pure la giusta pretesa, della popolazione di avere risposte adeguate per prevenire l’emergenza e, se il caso, di intervenire tempestivamente.

Il concetto di rischio, associato alla probabilità di accadimento e alla magnitudo associata, è ormai chiaro a tutti. E’ quindi patrimonio comune che l’aggressione al territorio, anche quello fragile, perpetrata dal dopo guerra in poi, con picchi irresponsabili tra gli anni ’70 e ’90 ma con significativa evoluzione anche in tempi recenti, è la principale causa degli effetti disastrosi di eventi intensi.

Basta pensare che il 7,4% del territorio Toscano risulta in aree a pericolosità elevata di alluvione. Si tratta di oltre 1.400 km2, in cui vivono, esposte a rischio, oltre 270mila persone, quasi 70 mila edifici, 30 mila imprese e quasi 1.400 beni culturali anche di elevatissimo pregio. Il resto di Italia non va certo meglio ed è quindi logico aspettarsi che ad eventi particolarmente violenti, la cui probabilità di accadimento sembra aumentare, facciano seguito danni sempre crescenti: il concetto di magnitudo, appunto.

Ed è in questo quadro complesso e fragile, che si inseriscono la necessità di un modello predittivo e di un sistema efficace di prevenzione. Non è sufficiente disporre di un enorme patrimonio di dati, seppur informatizzati, per scongiurare eventi catastrofici e danni al territorio.

Mi è sempre piaciuto parlare di Sistema di Protezione Civile non come codifica normativa avulsa dalla realtà, ma come gruppo di competenze e forza lavoro che e opera secondo procedure condivise mettendo a fattor comune competenze ed esperienze di Enti e Associazioni di Volontariato. Un Sistema capace di lavorare fianco a fianco nel tentativo di costruire un sistema efficace in cui, pur nel rispetto delle prerogative e delle competenze di ciascuno, le singole eccellenze sappiano lavorare in sinergia e armonia.

Le pianificazioni, pur essenziali per una corretta gestione dell’emergenza, finiscono per essere comunque una linea di indirizzo e di lavoro che mette alla prova le capacità decisionali nei momenti critici. Ogni emergenza deve essere inquadrata in un contesto diverso e la conoscenza dei punti di forza e dei limiti del proprio sistema di intervento devono indurre ad assumere la decisione giusta. Non sempre la stessa, anche se in condizioni apparentemente molto simili.

Il Prefetto Francesco Tagliente, alcuni giorni fa, richiamava sulla stampa un evento del 2014 vissuto insieme e che è emblematico di questa flessibilità che deve caratterizzare l’operato di chi, ai vertici della catena di comando, deve prendere decisioni impattanti sulla vita delle persone.

Fra gennaio e febbraio 2014, a distanza di poche settimane, vennero gestite due piene simili in maniera assolutamente diversa. Entrambi gli eventi transitarono alla stazione di Pisa Sostegno con un livello di circa 5.00 m.sl.m. ma le risposte del sistema di protezione civile furono diverse e conseguenti agli scenari prefigurati e ai dati disponibili. La popolazione e il patrimonio urbano vennero salvaguardati con un impatto sulla qualità di vita completamente diverso nei due eventi.

Il primo evento fu quello del 31 gennaio – Il giorno precedente, venne diramato un bollettino di allerta moderata per precipitazioni locali che non lasciava presagire una piena dell’Arno significativa come quella poi gestita. Il sistema di Protezione Civile si mise in moto nella notte del 30 gennaio solo grazie ad una intuizione della protezione civile del Comune di Pisa. La piena prevista dai modelli era variabile da 2500 mc/s fino a 3200 mc/s., e il tempo disponibile per la reazione e l’adozione delle contromisure non era superiore alle 10 ore.

Nel quadro evolutivo della piena, incerto e con valori di portata così importanti e non compatibili con la capacità di smaltimento del fiume in città, nella notte vennero adottate tutte le misure previste nella Fase più critica del Piano di Protezione civile, quella a ridosso della potenziale esondazione: attivate in extremis lo scolmatore, e l’installazione delle opere di difesa (panconcelli). La città venne chiusa in tutte le sue funzioni con grande impatto sulle normali attività della popolazione.

Il secondo evento fu quello del 12 febbraio – In questo secondo evento, era giunto in largo anticipo un avviso di allerta elevata su tutta la Regione. Uno di quegli avvisi molto rari. Fu possibile seguire passo dopo passo l’evoluzione della piena e fare tesoro dell’esperienza da poco maturata nell’evento precedente anche ai fini del confronto dei livelli lungo l’asta fluviale. Le previsioni di evoluzione della piena cambiarono più volte anche nel corso della notte. I livelli reali raggiunti nelle stazioni di monte erano tutti ampiamente superiori a quelli della piena precedente e solo alcuni importanti affluenti sembravano apportare un contributo inferiore. Verso le 6.30 della mattina del 12 febbraio venne però confermato uno scenario simile al precedente. Attraverso valutazioni e comparazioni con l’evento di dieci giorni prima, la città venne mantenuta aperta ed attiva assumendo le giuste cautele nelle due ore previste per il passaggio del colmo di piena dalla città al fine di monitorare i reali livelli di transito e ridurre il rischio.

La gestione dei due eventi, in entrambi i casi condotta nell’ambito del Centro Coordinamento Servizi (CSS) convocato in piena notte in prefettura, mette in luce, con chiarezza, i diversi livelli di responsabilità decisionale e quel concetto di Sistema allenato che risulta indispensabile nella gestione preventiva di un’emergenza e in corso d’opera. Le decisioni a carico della città, pur se assunte nel CCS e condivise rientrarono nelle mie prerogative di rappresentante del Comune. A titolo di esempio, la chiusura o meno delle scuole, delle Università e degli esercizi commerciali; l’inibizione all’accesso alla città con l’attivazione dei 37 cancelli, il mantenimento dei servizi essenziali, l’evacuazione della popolazione e il soccorso alle persone non autosufficienti; la rimozione dei cassonetti, delle auto e di altri intralci. Pur con il conforto e con l’ascolto di ogni posizione rimane inalterata una chiara responsabilità personale: quella di assumere queste decisioni e di emanare per tempo le relative ordinanze, se necessarie, o pretenderne la formulazione da altri soggetti competenti.

Al Centro Funzionale della Regione, invece, spettò l’interpretazione dei dati che risultarono essenziali per assumere responsabilmente le scelte conseguenti nonché la gestione delle stazioni di misura (livelli e portate), dei modelli previsionali idraulici in base all’evoluzione meteo fornita dal Consorzio LAMMA. La Provincia di Pisa ebbe la responsabilità della gestione idraulica del fiume Arno con l’attivazione dello scolmatore e il montaggio dei panconcelli. Il Prefetto, infine, assunse la responsabilità della direzione unitaria dei servizi di emergenza a livello provinciale attivando l’esercito per il montaggio dei panconcelli e gestendo con perizia il CCS ed i contatti con i Sindaci o Assessori dei comuni vicini.

In sintesi, dunque, un efficace lavoro di squadra portato a termine in piena comunione di intenti. La gestione dei due eventi ha richiesto un sistema decisionale articolato e complesso che, allora funzionò. Non ci furono protagonismi. I volontari, gli operatori di protezione civile, i Vigili del Fuoco, le forze dell’ordine, l’esercito, la polizia municipale: tutti seppero lavorare al meglio mettendosi a disposizione della regia del coordinamento.

Ma non è certo sufficiente un efficace sistema di protezione civile per mettere al sicuro un territorio e una comunità. E’ una questione soprattutto infrastrutturale. La protezione civile, nei due eventi sopra richiamati, ha certamente fatto tutto quanto era nelle proprie possibilità e, credo, lo abbia fatto al meglio. Ma se, a parità di sforzo del sistema complessivo e di decisioni assunte, i livelli della piena avessero investito i panconcelli o un argine avesse ceduto e l’acqua fosse tracimata, quali sarebbero stati il giudizio della comunità e la valutazione dell’operato svolto? E soprattutto quali e quanti sarebbero stati i danni alla città?

Un sistema sano di Protezione civile va mantenuto a livelli di eccellenza e deve poter sopravvivere ai continui cambiamenti ai vertici degli Enti che ne fanno parte. Ma soprattutto è compito di un articolato sistema di competenze e responsabilità che assurgono ai livelli pianificatori e regolamentari che spetto il compito di ridurre la magnitudo e quindi i danni a cose e persone a parità di evento e di capacità di intervento. E questo sistema preventivo e proattivo in emergenza è quanto mai fondamentali ai giorni nostri in cui la fragilità del territorio si somma ad una esposizione eccessiva ai potenziali danni.

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Costume e Società

Rocca di Papa: Soraya Galuppi incoronata Miss Rocchetta Bellezza Lazio 2024

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Rocca di Papa incorona Soraya Galuppi, ventenne di Latina, Miss Rocchetta Bellezza Lazio 2024.
Nella gremitissima piazza della Repubblica, sommersa dagli applausi, Soraya ha ricevuto dalle mani del sindaco della città, Massimo Calcagni, e dall’attrice Angelica Massera la prestigiosa fascia e la corona che consentono all’accesso alle prefinali del prestigioso concorso Miss Italia.

il sindaco di Rocca di Papa, Massimo Calcagni, incorona Soraya Galuppi (ph. by Roberto Antonelli)

L’evento organizzato dalla Delta Events, agenzia esclusivista da oltre dieci anni per la regione Lazio, è approdato per la prima volta nella sua storia a Rocca di Papa, il comune più alto dei Castelli Romani, coinvolgendo migliaia di persone accorse ad uno degli eventi che caratterizza ormai da tempo l’estate laziale.

le partecipanti alla serata nella splendida cornice di piazza della Repubblica a Rocca di Papa (ph. by Roberto Antonelli)

Emozionatissima la vincitrice della serata, Soraya Galuppi, ventenne di Latina, operaia presso una fabbrica di prodotti farmaceutici che ha incantato i presenti cantando a cappella la celebre canzone di Mina e Celentano “Acqua e Sale”.

il sindaco di Rocca di Papa, Massimo Calcagni, tra le prime tre classificate Aurora Filetti, Soraya Galuppi, Rania Limani (ph. by Roberto Antonelli)

Al secondo posto Rania Limani, 20 anni di Colleferro, seguita da Aurora Filetti di Velletri.
27 ragazze hanno preso parte allo show presentato abilmente da Margherita Praticò, agente del concorso per il Lazio, per la regia di Mario Gori, ed arricchito dalla piacevolissima esibizione del cantante Federico Pisano.

da sx Margherita Praticò, Angelica Massera ed il sindaco di Rocca di Papa Massimo Calcagni (ph. by Roberto Antonelli)

Una serata che ha unito sfilate e balletti sulle musiche del film “Barbie” presentando, tra l’altro in passarella, i capi della collezione della stilista Sabrina Minucci e una capsule collection del brend “Nero Luce made in Rebibbia“, marchio sartoriale nato nel 2013 all’interno del carcere femminile di Rebibbia a Roma con il progetto “Ricuciamo” un laboratorio sartoriale aperto all’interno della Casa Circondariale.

le ragazze durante il balletto con le musiche dal film “Barbie” (ph. by Roberto Antonelli)

In giuria l’attrice Angelica Massera, la modella Ginevra Carta, la stilista Sabrina Minucci, il personal trainer dei Vip Tommaso Capezzone, Fabrizio Nobili, Riccardo Gubbiani, Antonella Tomassini, Chiara Fedeli, Biagio Mangano e in rappresentanza dell’Amministrazione comunale di Rocca di Papa le consigliere comunali Manuela Agus e Silvia Marika Sciamplicotti con il Capo di Gabinetto del Sindaco Filippo Fornasiere .

le ragazze durante la sfilata di Sabrina Minucci presentate dalla maestria di Margherita Praticò (ph. by Roberto Antonelli)

Prossimi appuntamento di luglio: venerdì 26 a Capodimonte (lungolago) per Miss Miluna Lazio 2024 e domenica 28 a Carbognano (piazza del comune) per Miss Etruria 2024.
Sarà, come sempre, un’estate che coniuga bellezza, eleganza e stile.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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