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di Christian Montagna
Napoli – Alberi che sembrano crollarti adosso da un momento all'altro, mancanza di manutenzione, sporcizia e incuria. La Villa Comunale di Napoli è in balia di sudiciume e pericoli. Basterebbe un po’ di manutenzione, un po’ di amore verso la propria terra a non ridurre un monumento storico in uno stato così indecoroso. Tra cantieri di lavori all’ interno della struttura, animali randagi morti in avanzato stato di decomposizione, clochard che abitano le panchine e alberi pericolanti, la bellissima superficie verde non se la passa per niente bene.
Composta da lecci, pini, eucalipti e palme che si estendono per oltre un km di superficie da piazza Vittoria a piazza della Repubblica è fiancheggiata dalle bellissime zone della Riviera di Chiaia e del lungomare Caracciolo. Cosa si poteva chiedere di più? Un vero e proprio paradiso terrestre! Peccato però che la disastrosa mano umana abbia colpito in maniera così incisiva.
Non tutti sanno che questa bellissima opera d’arte, perché così possiamo definirla, ha una antichissima storia. Era il lontano 1697 quando il viceré duca di Medinacoeli fece piantare lungo la riviera di Chiaia un doppio filare di alberi abbellito da 13 fontane, indirizzando una prima idea di passeggiata che dalla porta di Chiaia arrivava fino alla Crypta Neapolitana. E chi lo avrebbe mai detto che da una semplice semina sarebbe uscito fuori questo spettacolo della natura? Tra il 1778 e il 1780 l'area della spiaggia lungo la riviera fu convertita in un vero e proprio passeggio. Ferdinando IV di Borbone, Carlo Vanvitelli e Carlo III di Spagna mostrarono interesse nella realizzazione di quest’opera e contribuirono all’ abbellimento della stessa. Nel XIX secolo, la villa fu ridisegnata dagli architetti Gasse e Ambrosino per volere di Giuseppe Bonaparte e nel 1869 fu denominata comunale. Di recente restaurata, nel 1997-1998, sono stati progettati chalet, risistemato il verde realizzati impianti di illuminazione e nuove cancellate.
Ma stando a quello che si vede, da quel giorno forse più nessuno si è interessato della manutenzione. Ed è così che in seguito alle lamentele e alle proteste dei cittadini, scatta l’inchiesta giornalistica. Ad oggi, ci sono alberi in evidente stato di anzianità pericolanti che sovrastano le panchine adibite al riposo dei visitatori. Sfido chiunque a sedersi su quelle panchine sapendo che al di sopra un gigante potrebbe a momenti spezzarsi e cadere. Ma mi chiedo: perché bisogna sempre attendere la tragedia per darsi da fare? Si sa che con l’arrivo della stagione invernale che tra l’altro è spesso caratterizzata da forti venti e piogge, per molti alberi potrebbe giungere la fine. Non sarebbe il caso di verificarne la stabilità in modo da non arrecare danno a nessuno? Per non parlare poi delle fontane fantasma istituite all’ interno. Nessuna che al momento eroghi l’acqua! La maggior parte anzi priva anche della colonnina adibita all’ erogazione. Vogliamo analizzare invece la pulizia del sentiero? Ah, quella ormai è latitante da anni. A parte gli incivili che gettano cartacce o che non raccolgono le feci dei propri amici a quattro zampe, i numerosi rifiuti naturali (foglie secche, cortecce di alberi, pigne, frutti) occupano il sentiero rendendo difficile la viabilità pedonale. Come si fa ridurre in questo stato un paradiso? Poiché la gestione di quest’opera d’arte è comunale, pensavo, perché un giorno di questi, uno dei nostri impiegati comunali non va a farsi un giretto magari approfittando degli ultimi raggi di sole e solleva la questione agli enti competenti? Sarebbe proprio una cosa buona e giusta!