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Palermo, mandamento mafioso di Tommaso Natale: arrestate 16 persone

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La Procura Distrettuale Antimafia di Palermo ha emesso un provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei confronti di 16 indagati che sono stati tratti in arresto dai Carabinieri di Palermo questa mattina in quanto ritenuti a vario titolo responsabili dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni consumate e tentate aggravate, danneggiamento seguito da incendio, minacce aggravate, detenzione abusiva di armi da fuoco.

L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore DE LUCA e dai sui sostituti, costituisce l’ennesimo risultato di un’articolata manovra condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo sul mandamento mafioso di Tommaso Natale e, in particolare, sulle famiglie di Tommaso Natale, Partanna Mondello e ZEN – Pallavicino.

Nell’odierno provvedimento di fermo, sulla scorta di gravi indizi, i fatti vengono delineati come segue.

In generale l’attività ha permesso di riscontrare come la piena vigenza della ricostituita commissione provinciale di cosa nostra palermitana, riunitasi il 29 maggio 2018 dopo quasi trent’anni di inattività, abbia condizionato le dinamiche criminali del mandamento mafioso oggetto delle indagini. Infatti, in linea con le regole stabilite, il nuovo reggente del mandamento, Francesco PALUMERI, si è reso protagonista, non senza rilevanti frizioni interne, della riorganizzazione degli assetti della articolazione mafiosa, dopo il momento di criticità conseguente all’operazione CUPOLA 2.0.

Le risultanze restituite dall’indagine TENEO, che aveva portato agli ultimi arresti del 23 giugno 2020, avevano infatti dimostrato come il mandamento mafioso di Tommaso Natale, almeno fino a maggio 2018, era controllato da Nunzio SERIO. La famiglia mafiosa di Partanna Mondello era affidata alla reggenza di Francesco PALUMERI, mentre quella di Tommaso Natale era nelle mani di Antonino VITAMIA. Già in quel periodo si era compreso che il territorio della borgata dello ZEN, strategicamente determinante, era affidato alla reggenza di Giuseppe CUSIMANO. Questa era la composizione di vertice del mandamento di Tommaso Natale aggiornata al mese di marzo 2018, compagine comunque in continuo divenire, perché già il successivo 14 maggio 2018, Nunzio SERIO veniva nuovamente arrestato ed al suo posto subentrava Calogero LO PICCOLO, da poco rientrato a Palermo.

L’immissione di Calogero LO PICCOLO alla guida del mandamento di Tommaso Natale non apportava, di fatto, significativi cambiamenti. Le persone sopra richiamate, infatti, rimanevano saldamente alla guida delle rispettive articolazioni territoriali.

Il 29 maggio 2018, si teneva la riunione della neo ricostituita commissione provinciale di cosa nostra palermitana, la CUPOLA 2.0. A questo incontro, così come confermato dai collaboratori Filippo BISCONTI e Francesco COLLETTI, aveva preso parte il nuovo capo del mandamento mafioso di Tommaso Natale, ovvero Calogero LO PICCOLO, che era stato accompagnato proprio da Francesco PALUMERI, il quale veniva individuato come suo portavoce, e dunque vice, del suo capo, poi tratto in arresto.

Tale circostanza assumerà un significato rilevante nella parte finale dell’indagine, perché Giulio CAPORRIMO, che durante la realizzazione dell’ambizioso quanto strategico cambiamento nell’assetto mafioso della provincia palermitana era detenuto, una volta riacquistata la libertà il 24 maggio 2019, si scontrava con la realtà di questa nuova componente del mandamento di riferimento e soprattutto con una nuova leadership, determinando un vero e proprio corto circuito.

Giulio CAPORRIMO, infatti, si vedeva sottoposto alla direzione di un Francesco PALUMERI che egli non riconosceva come suo leader e soprattutto non riteneva all’altezza di un simile incarico.

Allo stesso modo, non riteneva ammissibile quello che era accaduto con la riformulazione della commissione, perché le decisioni assunte al riguardo, secondo le sue valutazioni, andavano fuori da quella cornice di ortodossia mafiosa che caratterizza cosa nostra, essendo stata violata, secondo lui, una delle regole principali dell’organizzazione, ovvero quella che si sintetizza nel fatto che si è mafiosi fino alla morte e si mantiene il proprio incarico di vertice anche nel corso della detenzione.

CAPORRIMO, quindi, che non considerava PALUMERI un reggente, riottenuta la libertà, di lì a breve e dopo aver toccato con mano la nuova realtà associativa, decideva di stabilirsi a Firenze per prendere le distanze da questa nuova organizzazione che egli giungeva a definire non più come “cosa nostra” ma come “cosa come vi viene”.

Di contro, la decisione di defilarsi di CAPORRIMO ha dimostrato la piena operatività delle decisioni prese dalla nuova commissione provinciale. Francesco PALUMERI, in quanto portavoce e vice di Calogero LO PICCOLO, ha avuto quindi il titolo formale per imporsi su CAPORRIMO che, giocoforza, ha dovuto, almeno inizialmente, soccombere.

Cosa nostra, organizzazione verticistica disciplinata da regole precise, quindi, si trova davanti a un BIVIO: accettare il ricostituito organismo provinciale, oppure, rimettere in discussione tutto attraverso le persone più carismatiche che vengono nel tempo rimesse in libertà, come nel caso di CAPORRIMO.

E in effetti, CAPORRIMO, dopo aver trascorso un periodo di isolamento a Firenze, rientrava a Palermo in data 11 aprile 2020, riuscendo in poco tempo ad accentrare nuovamente su di sé le più delicate dinamiche dell’intero mandamento, senza i paventati spargimenti di sangue che pure era disposto ad affrontare. Risulta dimostrato che CAPORRIMO, appoggiato dalla sua base mafiosa sul territorio (si sono rivelati suoi fedeli alleati Antonino VITAMIA – capo della famiglia di Tommaso Natale, Franco ADELFIO – uomo d’onore di Partanna Mondello, e CUSIMANO – ai vertici della famiglia ZEN/Pallavicino) tornato a Palermo, ha ripreso in mano le redini dell’intero mandamento mafioso, sino al suo ultimo arresto avvenuto con l’operazione TENEO nel giugno 2020, che chiude di fatto l’attività investigativa sul suo conto.

Nell’ambito delle dinamiche associative si è evidenziata la nascita di una nuova articolazione mafiosa nel mandamento di Tommaso Natale, ovvero la famiglia mafiosa di ZEN-PALLAVICINO, affidata alla gestione di CUSIMANO, con l’aiuto di L’ABATE Francesco.

Proprio tale articolazione è stata caratterizzata da problemi gestionali, dovuti all’esuberanza criminale e alla violenza di taluni gruppi di persone che, non affiliate formalmente a cosa nostra, hanno creato varie criticità sul territorio.

Fra i tanti momenti di tensione si è registrato, lo scorso settembre 2020, un grave episodio allo ZEN, allorquando due gruppi armati si sono sfidati “a duello”. I due gruppi, infatti, di cui uno composto da Andrea e Carmelo BARONE appoggiati da Giuseppe CUSIMANO, si sono affrontati armi in pugno, in pieno giorno e sulla pubblica via, esplodendo svariati colpi di pistola che solo per un caso fortuito non hanno provocato la morte o il ferimento dei contendenti o di passanti.

Tali fatti, assieme ad altri episodi, hanno indotto i vertici mafiosi a prendere provvedimenti nei confronti dei riottosi, meditando la soppressione di alcuni soggetti non allineati, la cui realizzazione è stata scongiurata grazie all’opera di prevenzione degli investigatori.

In tema di attività estorsive si è registrato, in tutto il territorio del mandamento, una pervicace e incisiva azione vessatoria in danno di imprenditori e commercianti, finalizzata, da una parte, a imporre i mezzi d’opera di alcuni affiliati mafiosi a tutti gli imprenditori impegnati in attività edili e dall’altra a riscuotere il “pizzo”, in maniera capillare, dai commercianti locali.

In caso di resistenze da parte degli operatori economici, gli affiliati non hanno esitato a porre in essere danneggiamenti, anche di rilevante entità, incendiando i mezzi d’opera.

Sono state ricostruite, infatti, in maniera analitica, 13 attività estorsive aggravate dal metodo mafioso (10 consumate e 3 tentate), nonché due danneggiamenti seguiti da incendio in danno di altrettante imprese.

Hanno collaborato con gli investigatori, denunciando i fatti, 5 imprenditori.

Sempre nel territorio dello ZEN, i vertici di quell’articolazione criminale hanno anche tentato di accreditarsi, in maniera concreta, quali referenti in grado di fornire aiuti alla popolazione in tempo di pandemia da COVID_19. Giuseppe CUSIMANO, infatti, ergendosi a punto di riferimento per le tante famiglie indigenti del quartiere, ha tentato di organizzare una distribuzione alimentare per le famiglie bisognose durante la prima fase di lockdown del 2020: tale circostanza dimostra come cosa nostra è sempre alla ricerca di quel consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per l’esercizio del potere mafioso.

Inoltre, a rimarcare la costante pericolosità dell’organizzazione mafiosa, sono state registrate concrete progettualità in ordine alla pianificazione di alcune rapine (in danno di portavalori e di distributori di benzina), da commettere attraverso l’uso di armi (anche automatiche da guerra) e di esplosivo al plastico.

L’intento dei vertici della famiglia mafiosa dello ZEN era quello di assaltare, usando proprio le armi e l’esplosivo di cui evidentemente dispongono, un portavalori di una società di vigilanza non specificata, al fine di incamerare liquidità da riutilizzare per il sostentamento degli affiliati liberi e detenuti. Analoga progettualità emergeva in danno di un distributore di benzina, che usufruisce di vigilanza armata: in tale occasione il gruppo di CUSIMANO non avrebbe esitato a usare le armi per neutralizzare il vigilante e rapinare l’esercizio commerciale.

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In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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