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Politica

PD, Elly Schlein: la nuova alba del partito parte dal popolo delle primarie

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La rivoluzione di Elly Schlein parte dalla nuova squadra e dal popolo delle primarie, quello che le ha permesso di vincere nonostante il voto dei circoli fosse stato favorevole all’avversario, Stefano Bonaccini. Un inedito nella storia del Pd.

La sfida, ora che è segretaria, è tenere unito il partito. Per farlo servono spalle larghe e magari uno stomaco di ferro. E l’appoggio della maggioranza degli iscritti aiuterebbe molto. Ecco che, come prima mossa, Schlein ha annunciato che riaprirà il tesseramento, per fare in modo che chi l’ha scelta nei gazebo “entri a far parte di questa comunità”.

La prima giornata da segretaria è stata scandita dalle riunioni con lo staff e dalle telefonate. Schlein ha avuto prima un cordiale colloquio con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quindi ha ricevuto una chiamata dalla premier Giorgia Meloni che successivamente ha spiegato di aspettarsi una “opposizione durissima” dal nuovo Pd. Tempi e ritmi saranno serrati, anche perché c’è da organizzare un’agenda che fino ai giorni scorsi aveva le forme più di un auspicio che di una prospettiva. “E’ il The Day After” ha scherzato uno di suoi, citando il film sugli effetti di una guerra nucleare. E ci sono molte cose da registrare. “Tenere insieme la comunità è fondamentale”, ha premesso Schlein. Poi l’avvertimento: “Ma senza rinunciare a una linea politica chiara”. Perché qualche volta le orecchie le sono fischiate, quando parlava chi ha sostenuto Bonaccini. “Molti – ha detto il senatore Alessandro Alfieri – sono preoccupati dalle dinamiche che può innescare l’esito del voto, se non gestite”. E il senatore Enrico Borghi: “Le novità di un voto diversificato tra iscritti ed elettori e di cambio di linea politica richiedono sensibilità e intelligenza per tenerci uniti”. Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, aveva minacciato di lasciare se avesse vinto Schlein. Ora che è successo “vedo tutti gli aspetti di potenzialità – ha detto – ma certamente ci sono anche dei rischi”.

A chi ha storto la bocca, Schlein ha lanciato messaggi concilianti: “Lavoriamo per il rilancio, per la massima unità, per avere cura della storia e dei valori del Pd, per proiettarli al futuro, tenendo insieme le culture che hanno forgiato questo partito”. Schlein ha preso possesso del Nazareno nel pomeriggio, in un passaggio di consegne con Enrico Letta, che le ha donato una melagrana “simbolo di prosperità e di fortuna”. Nella sede del Pd, il colpo d’occhio della terrazza già dava la sensazione del cambio di inquilini. Da segretaria Pd, Schlein ha ripetuto spesso: “libererò spazio perché possano prenderselo giovani e donne”. Il totonomi per la nuova squadra parte da chi ha affiancato Schlein durante il congresso: si parla del deputato Marco Furfaro come vicesegretario o come coordinatore della segreteria, del deputato Marco Sarracino all’organizzazione, del deputato Alessandro Zan con per la delega ai diritti, dell’ex sindaca di Crema Stefania Bonaldi per quella ai territori. Poi c’è il capitolo capigruppo: circola il nome di Francesco Boccia per il Senato e si fanno quelli di Chiara Braga, Chiara Gribaudo o Michela Di Biase per la Camera. Debora Serracchiani, che guida i deputati, si è già detta pronta a mettere il mandato a disposizione della nuova segretaria. La scelta passa comunque dal voto dei parlamentari. Dopo la tappa al Nazareno, dove ha incontrato anche la presidente della Commissione del Congresso, Silvia Roggiani, per Schlein c’è stato un susseguirsi di riunioni, per fare il punto sui temi e gettare le basi degli impegni dei prossimi giorni. L’ingresso ufficiale alla guida del partito ci sarà il 12 marzo: la proclamazione in assemblea metterà il timbro sul voto nei gazebo. I dati finali ufficiali sono: Schlein al 53,75% e Bonaccini al 46,25%. L’affluenza è stata di 1.1 milioni di elettori.

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Castelli Romani

Velletri, con Servadio un nuovo rilancio del centro del storico e delle zone decentrate

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«Al centro del nostro programma elettorale c’è una Città che deve diventare appetibile, vivace, un luogo da mettere in cima alle località da visitare. Oggi il centro di Velletri è una parata di negozi con le saracinesche abbassate, un borgo spento che non richiama quel turismo di qualità che invece merita. Il tessuto economico produttivo di Velletri va ricostruito attraverso il rilancio dell’artigianato e dei mestieri, dei laboratori che possono rimanere aperti per le vie del centro dove chi compra prima ha la possibilità di guardare come viene realizzato il prodotto. Parlo di orafi, pelletterie, ceramisti, norcinerie, insomma botteghe d’arte, di sapori e prodotti che è impossibile trovare nei grandi ipermercati, nei centri commerciali di cui siamo ricchi fuori dal centro storico. La Città, così, potrà godere sia delle aree più commerciali ma anche e di un centro storico con le botteghe artigianali che potranno essere affittate a prezzi calmierati. Soltanto intraprendendo un percorso di qualità è possibile restituire a Velletri l’importanza che merita. È necessario quindi riprogrammare quelle che sono le destinazioni d’utilizzo dei locali nel centro e tornare a prediligere l’artigianato che rappresenta per quest’area una rivalutazione delle tradizioni che caratterizzano la nostra amata e meravigliosa Città. Insieme dobbiamo fin da subito metterci al lavoro per rilanciare la nostra Velletri grazie al borgo ricco di storia, pronto a diventare un salotto all’aperto e ad accogliere un turismo lento e di qualità. E se il borgo deve diventare un prezioso scrigno di bellezze da visitare, abbiamo anche molte idee per le altre zone fuori dal centro. Ognuna avrà la propria vocazione ma ne parleremo strada facendo, insieme, per dare un nuovo volto alla nostra amata Velletri». Così in una nota il candidato Sindaco di Velletri Fausto Servadio

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Economia e Finanza

Bollette, Governo: si studiano nuovi aiuti per imprese e famiglie

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Sul tavolo anche il tema della siccità

Nonostante il calo dei prezzi energetici rispetto ai picchi dei mesi scorsi, il governo si prepara a garantire un sostegno a famiglie e imprese anche oltre il 31 marzo, quando scadono gli sconti previsti dalla legge di bilancio. Questa volta però non ci si limiterà ad una proroga, ma il governo ha già detto di voler cambiare gli aiuti.

Tra le misure allo studio, si va dal bonus famiglie che premia il risparmio, alla soglia per i crediti d’imposta, fino al nodo degli oneri di sistema. Il nuovo decreto è quasi pronto sul tavolo del governo, che punta a portarlo al prossimo consiglio dei ministri, che dovrebbe riunirsi in settimana o al massimo all’inizio della prossima – se dovesse slittare per gli impegni internazionali della premier attesa a Bruxelles per il Consiglio europeo. La logica dei nuovi aiuti, ha spiegato in un’intervista la sottosegretaria all’economia Sandra Savino, è quella della “selettività”.

Si valuta in particolare il rinnovo del bonus sociale con le attuali soglie Isee, mentre per le imprese si studia un credito di imposta modulato sul prezzo del gas: l’idea è fissare una soglia oltre la quale lo sconto aumenta, mentre al di sotto non è previsto.

Per le famiglie, invece, come già annunciato dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, si pensa ad un bonus famiglie basato sui consumi, incentivando il risparmio: sulla misura, tuttavia, si attendono le proiezioni di fattibilità dell’Arera e l’avvio potrebbe quindi slittare al trimestre successivo. C’è poi il tema degli oneri generali di sistema, che finora sono stati azzerati, ma per i quali restano in piedi anche le ipotesi di un taglio parziale o addirittura della reintroduzione. La decisione non è ancora stata presa: “In questo momento ci sono ancora i tavoli tecnici che fanno le simulazioni, ci porteranno la proposta e su quello valuteremo”, spiega il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto.

Ma la preoccupazione delle associazioni dei consumatori è alta e sale il pressing sul governo: se non si rinnova per intero l’azzeramento degli oneri di sistema della luce e l’intervento sul gas, Iva al 5% e oneri, nonostante i prezzi all’ingrosso in calo, le bollette delle famiglie rischiano un’impennata, avvertono in coro, calcolando il rischio di un balzo del 58% per il gas e del 27% per la luce. Resta in primo piano intanto sul tavolo del governo anche il tema della siccità. Dopo la cabina di regia crisi idrica convocata per domani, è atteso nel prossimo consiglio dei ministri anche il decreto per affrontare l’emergenza: un provvedimento con semplificazioni e deroghe per accelerare le opere, per le quali ci sono risorse già stanziate per quasi 8 miliardi.

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In evidenza

Governo, dopo Anastasio che cita Mussolini, un altro scivolone di Rampelli: una rondine non fa primavera ma due….

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Certamente di scivoloni, “quelli del Governo della Meloni” ne stanno facendo parecchi. Pensiamo soltanto che poco meno di una settimana fa si è dimesso Claudio Anastasio, presidente di 3-i, la società pubblica che dovrebbe gestire il software di Inps, Istat e Inail. Anastasio è stato al centro di una grande polemica che gli è costata la poltrona a causa di una sua uscita infelice nell’ambito di una mail (finita sui giornali) che ha scritto e dove ha parafrasato il discorso di Mussolini del 1925 rivolgendosi al Cda e parlando di senso dello Stato, patria e responsabilità dei singoli. “Ho fatto un errore pazzesco – ha detto Anastasio – per il contesto storico di quel discorso, che in nessun modo però ho legato al delitto Matteotti”. Anastasio era collaboratore di Romano Mussolini, figlio del Duce, ma ha dichiarato che mai si è comportato ne privatamente, ne pubblicamente da fascista. Chiaramente il popolo non è fesso come diceva un grande attore perché di fatto Anastasio che certamente non vuole creare grattacapi alla Meloni ha anche capito che non era l’uomo giusto nei panni del presidente di una società in stallo, improduttiva e che dovrebbe necessariamente approfittare dei progetti Pnrr legati alla transizione digitale. E che non sia stato considerato giusto dal consiglio di amministrazione lo si è visto per due grandi reazioni: nessuna risposta alla sua mail e perdipiù uno dei sei del Cda ha dato in pasto alla stampa la mail con l’infelice citazione mussoliniana. Fatto sta che Anastasio si è dimesso e la figuraccia l’ha collezionata e ieri sera è toccato a Rampelli che sì avrà detto anche la sua ma non è certamente un pensiero condivisibile soprattutto se pronunciato da rappresentante delle istituzioni.

“Se due persone dello stesso sesso chiedono il riconoscimento, e cioè l’iscrizione all’anagrafe, di un bambino che spacciano per proprio figlio significa che questa maternità surrogata l’hanno fatta fuori dai confini nazionali”.

Così Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e esponente di FdI, nel corso della trasmissione In Onda su La7 ieri sera.

Parole a cui replica l’esponente del Pd Pina Picierno su Facebook: “Una frase cattiva, non soltanto nei confronti delle coppie che scelgono di accogliere con amore un figlio, ma soprattutto nei confronti dei figli stessi, che nemmeno possono difendersi da questa violenza.

Si spacciano per politici degni del governo del Paese – scrive l’esponente Dem – sono solo reazionari violenti.

Possibile che si arrivino a dichiarare certe cose? Purtroppo due bucce di banane cominciano a far vacillare la capacità che hanno alcuni signori di rappresentare degnamente le istituzioni. Una rondine non fa certamente primavera ma qui sembra che si lascino svolazzare certi pennuti per cominciare a potare qualche ramo secco. A pensar male si fa peccato, sicuramente.

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