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Ambiente

Roma, il Tevere da biondo diventa verde fluorescente

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Il Presidente del WWF lancia l’allarme: “Con le prossime piogge ci aspettiamo che verranno trasportate numerose sostanze vegetali dormienti che potranno causare nuova moria di pesci”

ROMA – Da biondo a verde fluorescente. Così si presentano gli isolotti di alghe formatisi ai lati del Tevere. “Sembra un prato verde nel cuore della città”, dicono alcuni, “è strano”, commentano altri. “Quello che potrebbe sembrare un fenomeno positivo, spiega il Presidente di Legambiente Roberto Scacchi, nella realtà, non lo è affatto”. “Tutto ciò – continua Sacchi – è la conseguenza della siccità e del bassissimo livello dell’acqua che ha provocato mancanza di ossigeno facendo venire a galla la vegetazione morta”.

“Con le prossime piogge, aggiunge Raniero Maggini, presidente WWF Roma, ci aspettiamo che verranno trasportate nel Tevere numerose e diverse sostanze vegetali dormienti che potranno causare nuova moria di pesci”.

Un fenomeno ormai ciclico quanto noto

Dopo mesi di sole e alte temperature, improvvisamente si riversano al suolo importanti quantità d’acqua in poche ore e le sostanze inquinanti usate in agricoltura e depositatesi lungo i corsi d’acqua minori, come pure quelle che si sono accumulate sull’asfalto all’interno della città, vengono improvvisamente riversate nel Fiume insieme a volumi di materiale organico che letteralmente “soffocano” i pesci.

“Le alte temperature – continua Maggini – e il periodo di magra dei fiumi diminuiscono drasticamente la percentuale di ossigeno disciolto nell’acqua e l’improvviso apporto di materiale organico e di sostanze inquinanti disperse nell’ambiente rappresentano un vero e proprio colpo mortale alla sopravvivenza della fauna ittica.”

Ma la maggiore concentrazione delle piogge in periodi sempre più brevi, prolungati eventi siccitosi e temperature sempre più calde non possono essere ormai considerati fattori imprevisti. È infatti ormai noto che i fenomeni generati dai cambiamenti climatici siano già oggi la nostra quotidianità e non più il nostro futuro.

Occorre immediatamente:

  • · rivedere la distribuzione dell’acqua per i vari utilizzi (civile, agricolo, industriale, ricreativo, etc), avviando una programmazione più razionale e responsabile dei prelievi, sia pubblici che privati;
  • · evitare alcuni usi che sarebbe intollerabile continuare a permetterci. Un esempio per tutti: ancora oggi lo sviluppo del turismo in montagna si basa in larga parte sullo sci e sull’innevamento artificiale;
  • · porre un drastico limite al consumo del suolo e quindi al costante aumento della richiesta di disponibilità d’acqua anche per bisogni superflui (si pensi ad esempio al proliferare nel tempo di piscine a servizio di seconde abitazioni nell’area della Città Metropolitana di Roma Capitale).

Per prevenire e/o limitare le morie di pesci che sempre più frequentemente colpiscono il Tevere, occorre inoltre:

  • · ammodernare le reti di smaltimento delle acque – a partire dalle aree fortemente urbanizzate – investendo nella creazione di sistemi che permettano di recuperare e riusare le acque meteoriche, evitando di sovraccaricare gli impianti di depurazione o di immettere direttamente nei fiumi;
  • · garantire il rispetto del minimo deflusso vitale alla scala di bacino, ponendo un argine al costante aumento della captazione delle sorgenti, dalle quali dipende lo stato di salute dei nostri corsi d’acqua;
  • · trovare un equilibrio tra attività produttive (produzione energetica in primis) e condizioni di rispetto degli ecosistemi fluviali (tema non trascurabile per il Bacino del Tevere interessato da un importante uso idroelettrico delle acque);
  • · ridurre l’uso complessivo di tutti i pesticidi chimici e dei pesticidi più pericolosi nelle nostre campagne che inevitabilmente raggiungono ed inquinano laghi, fiumi, ruscelli e canali.

“La Biodiversità nelle acque dei nostri fiumi – conclude Maggini – è stata inoltre fortemente impoverita negli anni a causa della immissione di specie alloctone, una delle principali minacce alla stabilità delle popolazioni di pesci caratteristiche dei nostri fiumi. Maggiore responsabilità nell’uso della risorsa idrica ed interventi mirati a garantire la conservazione delle specie ittiche e in più in generale fauna e flora che dipende dal buono stato di salute dei nostri corsi d’acqua, sono quindi misure urgenti che non possono più attendere, divenire priorità dell’agenda politica anziché restare costantemente in fondo alla stessa…”

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Ambiente

Clima, l’Organizzazione meteorologica mondiale lancia l’allarme rosso: siamo a un soffio dalla soglia di riscaldamento da non oltrepassare

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Il rischio è quello di disastri ambientali incontrollabili

Nel 2023 il riscaldamento globale è arrivato a 1,45 gradi sopra i livelli pre-industriali.

Siamo a un soffio dal limite di 1,5 gradi fissato dall’Accordo di Parigi, e poi dalla Cop26 di Glasgow. Per questo, l’Organizzazione meteorologica mondiale, la Wmo, parla di “allarme rosso” per il clima.

L’agenzia dell’Onu aveva già rivelato a gennaio che il 2023 era stato l’anno più caldo mai registrato da quando ci sono rilevazioni scientifiche, cioè dalla metà dell’Ottocento. Non solo, aveva aggiunto che il 2024 potrebbe essere ancora peggio. Oggi, con un nuovo rapporto, ha rincarato la dose. La temperatura media globale sulla superficie terrestre nel 2023 è stata di 1,45 gradi sopra la media pre-industriale 1850-1900. L’Accordo di Parigi nel 2015 aveva fissato a 2 gradi dai livelli pre-industriali la soglia di riscaldamento da non oltrepassare, pena disastri ambientali incontrollabili. La Cop26 di Glasgow del 2021 aveva ulteriormente abbassato questa soglia, a 1,5 gradi.

Il problema, certifica ora la Wmo, è che questa soglia il mondo l’ha quasi raggiunta. E non ci sono segnali che il riscaldamento debba fermarsi. L’aumento delle temperature, ricorda la Wmo, è dovuto all’aumento in atmosfera dei gas serra di origine umana. Le concentrazioni dei tre principali gas (anidride carbonica, protossido di azoto e metano) hanno raggiunto livelli record nel 2022, e mostrano una continua crescita nel 2023. Oggi, i livelli di Co2 nell’atmosfera sono del 50% più alti rispetto all’era pre-industriale. Per di più, l’anno scorso all’effetto dei gas serra si è aggiunta l’influenza nel Nino, il riscaldamento periodico del Pacifico centromeridionale e orientale.

“Non siamo mai stati così vicini, anche se per ora temporaneamente, al limite più basso dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico, 1,5 gradi -, ha commentato la segretaria generale dell’Organizzazione, Celeste Saulo -. La nostra comunità della Wmo lancia l’allarme rosso al mondo”. Nel 2023 quasi un terzo degli oceani, il 32%, è stato colpito quotidianamente da un’ondata di calore, contro il record precedente del 2016, il 23%. Alla fine dell’anno, oltre il 90% degli oceani aveva registrato ondate di calore in qualche momento durante l’anno. Sulla terraferma, i ghiacciai hanno perso il maggior volume di ghiaccio mai registrato. Il riscaldamento globale, col suo codazzo di siccità, alluvioni, ondate di calore e incendi, ha avuto effetti disastrosi sui paesi più poveri e vulnerabili. Il numero di persone soggette ad acuta insicurezza alimentare nel mondo è più che raddoppiato oggi rispetto a prima della pandemia: da 149 milioni si è arrivati a 333 milioni nel 2023. La Wmo segnala che la finanza per il clima nel biennio 2021 – 2022 è arrivata a quasi 1.300 miliardi di dollari, quasi raddoppiando rispetto ai livelli 2019-2020. Si tratta però dell’1% del Pil mondiale. Per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali, gli investimenti di finanza climatica dovrebbero aumentare di 6 volte, arrivando a 9.000 miliardi al 2030 e ad ulteriori 10.000 miliardi al 2050.

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Maltempo, prevenzione idrogeologica: Vicenza salvata dai bacini di laminazione

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Francesco Vincenzi (Presidente ANBI): “Il Veneto ha imparato la lezione ed ha in programma la realizzazione di 23 bacini, di cui 13 già in opera”

“Sono i bacini di laminazione – opere idrauliche che vengono realizzate per ridurre la portata durante le piene di un corso d’acqua tramite lo stoccaggio temporaneo di parte del volume dell’onda di piena Ndr. – a Caldogno e Montebello, dove sono stati stoccati 3 milioni di metri cubi d’acqua, ad avere salvato Vicenza da una nuova, disastrosa alluvione con picchi di pioggia paragonabili a quelli della tempesta Vaia. Non possiamo quindi che sottoscrivere l’invito al Governo esternato dal Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, di stanziare almeno 2 miliardi all’anno per la prevenzione idrogeologica sul territorio italiano; quanto accaduto nel vicentino deve essere monito per privilegiare politiche di prevenzione alla mera conta di danni e vittime. Il Veneto ha imparato la lezione ed ha in programma la realizzazione di 23 bacini, di cui 13 già in opera”: di fronte all’evolversi del quadro meteo a dichiararlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

“Ancora una volta le casse di espansione, realizzate dopo l’inondazione del 2010, si dimostrano fondamentali per garantire sicurezza alle comunità. È opportuno comunque ricordare che la loro è una funzione di sicurezza idraulica e quindi, superata l’emergenza saranno progressivamente svuotate, contribuendo comunque a rimpinguare le falde. Per questo sarebbe importante affiancarle con una rete di bacini destinati a trattenere l’acqua in eccesso per utilizzarla nei momenti di necessità” chiosa Francesco Cazzaro, Presidente di ANBI Veneto.

“Che sia Piano Invasi o Piano Laghetti è comunque indispensabile dotare il territorio di infrastrutture multifunzionali, destinate a calmierare regimi idrici, ormai condizionati dall’estremizzazione degli eventi meteo, conseguenza della crisi climatica. Il paradosso è che tra qualche mese, di fronte alle esigenze della stagione irrigua, potremmo rimpiangere l’acqua, che sta cadendo ora sul territorio e che facciamo defluire inutilizzata a mare; emergenza idrogeologica e siccità sono facce di una stessa medaglia” conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

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Manutenzione fiumi in ambito urbano, sindaci di Firenze e Pisa sostengono la proposta di Anbi: affidare la manutenzione a Consorzi di Bonifica

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Massimo Gargano (DG ANBI): “Non vogliamo togliere competenze ad alcuno, ma solo affiancarlo con la stipula di apposite convenzioni per la sicurezza dei territori”
 
Arrivano dalla Toscana due qualificati “endorsement” a sostegno della proposta avanzata da  ANBI di affidare ai Consorzi di bonifica la manutenzione dei fiumi in ambito urbano, stante l’insufficienza delle risorse pubbliche e l’indispensabilità di queste attività  per la sicurezza idrogeologica delle comunità: a portare la loro, positiva testimonianza sono i Sindaci di Firenze e Pisa.
 
“In questi anni è stato fatto un grande lavoro per la sicurezza dell’Arno e del reticolo minore; se oggi il fiume non fa più paura, lo si deve alle tante opere di mitigazione realizzate – dichiara il Primo Cittadino di Firenze, Dario Nardella – Il Consorzio di bonifica è da sempre in prima fila per la tutela dei nostri corsi d’acqua e per la sicurezza dell’Arno; ci auguriamo che il buon esempio possa estendersi ad altre zone d’Italia.”
 
«L’importanza del lavoro dei Consorzi di bonifica diventa evidente nei momenti di crisi ed emergenza – aggiunge Michele Conti, Sindaco di Pisa – Qui, per esempio, in occasione del passaggio delle piene del fiume Arno, fa la differenza farsi trovare pronti con la pulizia delle sponde, grazie ad una manutenzione costante e ad un sistema, che funziona. Una politica lungimirante sulla regimazione delle acque, unita ad una pianificazione territoriale, che riduca il consumo di suolo, sono alla base di ogni azione di sviluppo per la nostra comunità.”
 
“La Legge di Bilancio, approvata dal Parlamento ed il contestuale obbligo di assicurazione a carico delle imprese contro gli eventi naturali certificano una verità già nota: le risorse pubbliche sono insufficienti e da anni i ristori statali non superano il 10% dei danni subiti dai territori colpiti da eventi naturali. Non vogliamo togliere competenze ad alcuno, ma solo affiancarlo con la stipula di apposite convenzioni per la sicurezza dei territori” sottolinea Massimo Gargano, Direttore dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
 
“È il valore dell’autogoverno e le positive esperienze di manutenzione di fiumi in ambito urbano a convincerci di candidarsi ad ulteriori responsabilità nell’interesse della comunità, consci dell’impegno, che ci assumiamo – chiosa il Presidente di ANBI, Francesco Vincenzi.
 
“Siamo orgogliosi di essere presi ad esempio per la manutenzione del reticolo idrografico di acque pubbliche anche negli ambiti urbani – commenta Marco Bottino, Presidente di ANBI Toscana – In tutte le città, capoluogo di provincia nella nostra regione, i Consorzi di bonifica concorrono alla manutenzione di fiumi e torrenti dentro e fuori dai centri abitati, rendendo disponibili risorse economiche ingenti e sicure, derivanti dai contributi di bonifica e pari a poco meno di 100 milioni di euro all’anno.”
 
“Essere indicati come modello per la manutenzione urbana dei fiumi rappresenta un riconoscimento al grande lavoro svolto per tenere in sicurezza sia l’Arno, che scorre nel cuore della città di Pisa, ma anche tutto il reticolo idraulico – conclude Maurizio Ventavoli, Presidente del Consorzio di bonifica 4 Basso Valdarno – Cura e vigilanza costante sono le parole chiave, che guidano il nostro lavoro sia nella manutenzione del grande fiume toscano che di tutti i corsi d’acqua, su cui abbiamo competenza.”
 
Privo di virus.www.avast.com



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