ROMA, TOR VERGATA: LA VELA DELLA VERGOGNA

di Maurizio Costa

Roma – I cittadini della Capitale la chiamano in vari modi: “la vela”, “il nido d’ape” oppure semplicemente “la piscina”, ma il nome che le si addice di più è uno solo: “lo scempio”.
Quella che adesso è una struttura di ferro e cemento, nel lontano 2005, sul progetto del famosissimo architetto spagnolo Santiago Calatrava, la Città dello Sport appariva luminosa e piena di verde, con due strutture a forma di ventaglio, 3 piscine interne ed un palazzetto dello sport da 17000 posti, il tutto accompagnato da un enorme edificio che avrebbe dovuto ospitare il rettorato dell’Università di Tor Vergata.

I Mondiali di nuoto del 2009 erano una grande occasione per fare di Roma una vera città dello sport, e con quest’opera non si poteva fare una brutta figura. Il costo iniziale? “Solamente” 120 milioni di euro. Successivamente, con l’inserimento del progetto di Calatrava, il costo è lievitato a 240 milioni, esattamente il doppio, per poi raggiungere i 607.983.772,14 euro di impegno totale, arredi esclusi.

Eppure non dovremmo stupirci di questo; infatti, nessuna delle opere dell’architetto spagnolo, dal 1988 ad oggi, ha mantenuto il suo prezzo iniziale. Basti pensare al “Palau de les Arts Reina Sofia” di Valencia, rincarato dai 100 milioni iniziali ai 330 finali. Un’idea ambiziosissima già in partenza, ma che avrebbe portato molti soldi a Roma e molte opportunità di lavoro. Al tavolo del progetto si siedono il Comune di Roma, l’Università di Tor Vergata, il CONI e il Provveditorato Interregionale delle Opere Pubbliche di Lazio, Sardegna e Abruzzo.  L’esecuzione dell’opera viene affidata alla società “Vianini lavori SPA” del gruppo Caltagirone, mentre la gestione dei fondi alla Protezione Civile di Guido Bertolaso, che affida l’amministrazione dei capitali ad Angelo Balducci.

Il 21 marzo del 2007 iniziano i lavori, ma dopo poco tempo tutti capiscono che il disastro è già avvenuto. Non si poteva fare in tempo, mancava troppo poco ai Mondiali del 2009. Un anno dopo si decide di spostare la sede dei Mondiali al Foro Italico e quindi il progetto della “vela” viene abbandonato a se stesso,
dopo aver speso già 200 milioni di euro.

Tutto si ferma, la grande opera svetta nel cielo delle campagne di Tor Vergata senza una destinazione finale e rimanendo totalmente incompiuta. Nel 2011, però, avviene la svolta: Roma si candida come città ospitante per le Olimpiadi del 2020. Finalmente l’opera di Calatrava può trovare la sua destinazione d’uso finale. Ma così non fu. Durante il governo di Mario Monti, a causa della crisi economica, si stabilisce che l’Italia non si candiderà come paese ospitante e quindi tutto ricade nel dimenticatoio. I soldi pubblici non ci sono e quelli spesi non sono bastati. Nel 2012 l’allora Sindaco di Roma Gianni Alemanno, apre un tavolo delle trattative per cercare nuovi investitori che possano mettere sul piatto 500 milioni per concludere l’opera. Venne fuori che la “Nec Group International”, in associazione con “Hrs Ltd”, era disponibile a versare 380 dei 500 milioni mancanti ottenendo in cambio la gestione per 25 anni degli impianti sportivi e 40 mila metri quadrati di attività commerciali della zona, ma anche in questo caso la trattativa sfumò. Il prossimo 28 ottobre si dovrebbe svolgere un incontro tra l’assessore allo sport, Luca Pancalli, quello ai lavori pubblici, Paolo Masini e quello alla trasformazione urbana, Giovanni Caudo, insieme al rettore uscente dell’Università di Tor Vergata, Renato Lauro, per di scutere riguardo il futuro di questa grande “vela”. Intanto 200 milioni di euro sono stati letteralmente buttati e lo stato della “vela” è inquietante e desolante, con allagamenti continui che minano l’integrità strutturale dell’intera opera.

Anche a pagina 2 de L'osservatore versione sfogliabile del 25 ottobre 2013 – Per leggere andare su www.osservatorelaziale.com e scegliere edizione del 25 ottobre 2013 a pagina 2