Denise Pipitone, indagini: Lavorino punta il dito su avvocati, Pm e polizia giudiziaria

Tutti ricordiamo le innumerevoli volte in cui la mamma di Denise Pipitone, Piera Maggio, ha partecipato a programmi televisivi per ricordare a tutto il pubblico di telespettatori la scomparsa di sua figlia Denise, rapita – ormai lo si può asserire senza ombra di dubbio – durante un tempo di gioco, in cui era rimasta sola, davanti alla porta di casa, a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani.

Si può certamente asserire che sia stata ‘prelevata’, dato che una bambina di quattro anni – oggi ne avrebbe diciassette –  non si allontana volontariamente dal luogo che più le può offrire sicurezza, e dalla mamma, senza che sia possibile rintracciarla nell’immediato. Tutti ricordiamo le indagini, seguite passo dopo passo da varie trasmissioni televisive, come anche ‘Chi l’ha visto’, e gli interventi dell’avvocato Giacomo Frazzitta, per il quale, possiamo ben comprendere come il caso di Denise Pipitone abbia esulato dalla normale indagine giudiziaria, divenendo una questione personale. La tenacia di Piera Maggio, ancora dopo tredici anni, pare che abbia dato i suoi frutti, a dispetto di quanti ritenevano che ormai fosse impossibile una svolta nelle indagini, specialmente dopo che l’unica indiziata per sequestro della piccola, la sorellastra Jessica Pulizzi, era stata assolta in via definitiva, e non si offrivano agli investigatori altre piste.

La notizia quindi di una ‘soffiata’ anonima nei confronti di una giornalista di ‘Mattino Cinque’, Agnese Virgillitto, ha riaperto i cuori e le indagini, dando nuove speranze alla mamma e a tutti coloro che si sono appassionati alla vicenda, e che sperano che finalmente giustizia sia fatta. La confidenza fatta alla Virgillitto riguarda il reperimento di impronte digitali, quindi biologiche, oggi, con nuove tecnologie, oggetto di ricerca di tracce di DNA. Si conosce infatti il DNA di Denise Pipitone, anche se non sono state repertate sue impronte digitali, e quindi, se dovesse essere rinvenuto in particolari posti, dove di regola non dovrebbe essere trovato, questa sarebbe una traccia significativa, e un indizio decisivo per il completamento di indagini falsate fin dall’inizio da depistaggi. Certamente c’è chi sa e non parla, per omertà endemica o per paura: ma se il muro di gomma si sgretolasse, potremmo giungere a conclusione.

Sulla vicenda abbiamo voluto sentire il parere del noto criminologo professor Carmelo Lavorino, titolare del CESCRIN, Centro Studi Investigazione Criminale, e perito criminologo forense in diversi casi di grande risalto mediatico.

 

Professor Lavorino, pare che, a seguito di una informazione confidenziale alla giornalista di mattino Cinque Agnese Virgillitto, si possano riaprire le indagini sulla scomparsa di Denise Pipitone, che sembravano purtroppo definitivamente concluse.

A proposito del caso di Denise, io ricordo che con il mio gruppo di lavoro demmo delle indicazioni investigative ad alcuni consulenti della parte civile, quindi della famiglia Pipitone, fra le quali indicazioni, si evidenziava il fatto che, quando ci si muove, si lasciano delle tracce. Tracce che sono di tipo biologico, chimico, fisico e anche dattiloscopico, per cui ipotizzammo che, se la bambina avesse lasciato tracce laddove le sue tracce non dovevano essere, questo sarebbe stato un elemento investigativo molto forte. Allo stesso modo, se alcune persone non avrebbero dovuto essere presenti in luoghi frequentati dalla bambina, anche questo sarebbe stato congiuntamente un elemento indiziario di rilievo. Al che ricordo che vennero fissate, documentate, cercate e repertate tutte le tracce sulle macchine, sui sedili, sul cofano, nel portabagagli, su oggetti che qualunque soggetto sospettabile, se avesse rapito la bambina, se l’avesse messa in macchina, se l’avesse portata in determinati luoghi, in quei luoghi o su quegli oggetti o mezzi di trasporto la bambina avrebbe lasciato le tracce che abbiamo detto. Ricordo che all’epoca queste tracce vennero cercate, vennero fissate, con i tamponcini, cotton fioc eccetera, e vennero anche cercate e cristallizzate impronte papillari. Adesso, dopo anni, abbiamo naturalmente una metodica, una tecnologia, che ci consentono di interpretare ed elaborare tracce che all’epoca furono lasciate e osservate. Cioè, non è necessario, né sarebbe possibile, andare oggi a cercare nuovamente tracce di qualsivoglia natura. Con le nuove tecnologie oggi è possibile analizzare quelle tracce avendo riscontri più approfonditi e aggiornati, produrre l’esaltazione e la decrittazione di quelle vecchie tracce. Se è dimostrata la presenza di Denise in questi luoghi, e su queste, diciamo, proprietà private, questi contenitori, su queste macchine, con il reperimento di tracce riferibili a lei, questo rappresenta un indizio molto forte. Altrimenti, siamo da capo a quindici.

 

Delle indagini, cosa mi può dire? Secondo lei, sono state condotte con obiettività e completezza? L’impressione generale è che anche nel processo a Jessica Pulizzi si sia voluto tirar via, senza approfondire i vari temi.

Il problema, in Italia, è che le indagini investigative, sia delle parti civili, sia dell’imputato indagato, e anche quelle del Pubblico Ministero, partono sempre con un certo ritardo, non c’è un coordinamento totale, e non si sa poi realmente quello che dev’essere fatto. Quindi io in queste indagini iniziali, anche per la ricerca della bambina, vedo che c’è stata molta lentezza, molto scoordinamento, e superficialità. Quando poi sono cominciati i sospetti nei confronti di Jessica Pulizzi, il movente ci poteva essere, ma anche altre persone potevano avere altri moventi. Comunque, non c’è stato assolutamente un controllo, una griglia molto forte, tanto che io ricordo, adesso che ne stiamo parlando, ricordo che l’allora Procuratore Capo, quando se ne parlava, faceva un sorrisetto sornione, volendo fare intendere che loro sapevano tutto, e che stavano seguendo una traccia, una linea investigativa, una pista ben precisa, e che stessimo tranquilli perché sarebbero arrivati a  soluzione. È poi andata a finire che la soluzione non c’è stata. È ovvio poi che nei confronti di Jessica sia stato montato un processo di tipo esclusivamente indiziario, e sappiamo, guardi, che in Italia i processi indiziari, se la legge viene applicata, finiscono sempre con una assoluzione, per il secondo comma, cioè che la prova non si è formata. La parte civile l’additò inizialmente in indagini investigative proprie, e poi, con molto ritardo, è stato tentato di aprire nuovi orizzonti. Ma qui purtroppo hanno responsabilità gli avvocati, che non sanno effettuare indagini difensive, per ciò che riguarda la parte civile. I Pubblici Ministeri e la Polizia Giudiziaria ricordo che furono di una lentezza incredibile, e oggi il risultato è quello che Piera Maggio sta pagando. Perché noi possiamo dire che la ragazzina è stata uccisa, che la ragazzina ha subito un incidente e poi gli autori del sequestro si sono disfatti del corpo, che c’è una motivazione che viene da aspetti di vendetta, di gelosia, di invidia. Praticamente nulla è stato fatto. Anche oggi probabilmente stiamo parlando dell’ennesimo delitto non risolto, o di un mistero a più facce.

 

Quindi secondo lei Denise è stata uccisa, o comunque non è più in vita?

Guardi, ho detto, può essere stata uccisa, oppure no. Se non è stata uccisa è stata rapita, è stata venduta, è stata mercificata, è stata adottata, non lo possiamo sapere, perché non ci sono tracce di violenza riferibili alla bambina. Purtroppo siamo ancora nel campo delle ipotesi, perché non ci sono elementi certi, e gli elementi certi non li abbiamo a causa della lentezza, della farraginosità, della superficialità delle indagini iniziali. In Italia succede sempre così.

 

Comunque, visto che questa informazione anonima ha aperto una breccia nel muro di omertà che ha sempre circondato la faccenda, può darsi che altre persone si mettano una mano sulla coscienza e che il silenzio che ha sempre protetto i colpevoli – o le colpevoli – cada definitivamente.

Sì. Bisogna sperare che, se Denise è stata presa all’interno di un gruppo, e in questo gruppo, in cui sono presenti persone  che, per motivi di familiarità, di vicinanza, di affetto, di frequentazione, sanno qualcosa, prima o poi qualcuno potrebbe cedere, e in questo caso si andrebbe a puntare la persona che potrebbe essere l’anello debole della catena. Si lavora sempre, però, a livello indiziario, e dopo molte molte esitazioni. Si ha la tendenza, in Italia, sempre dopo molti anni, a scimmiottare quello che gli americani facevano dieci o venti anni fa, però da noi lo si fa con grandissimo ritardo.

 

Riteniamo che il professor Lavorino si voglia riferire a quelli che sono anche arrivati in televisione, con l’appellativo di ‘Cold Case’, cioè vecchi casi giudiziari investigativi irrisolti, divenuti ormai ‘Cold’, cioè ‘freddi’. I telefilm si concludono sempre con la soluzione di questi ‘casi’, dato che nel frattempo le tecniche investigative si sono affinate, ed è possibile ottenere nuovi e rivelatori riscontri. Come in questo caso. Ci auguriamo che altrettanto possa accadere per la scomparsa di Denise Pipitone, anche se, come accade più volte, la soluzione potrebbe essere sotto gli occhi di tutti, magari ostacolata da quello che in Tribunale si chiama ‘verità processuale’ o ‘ragionevole dubbio’, cioè un processo indiziario, come indicato dal professor Lavorino.

Roberto Ragone

 

 




Denise Pipitone, Cassazione: no prove su Jessica. Piera Maggio: “Basta con l’omertà”

MAZARA DEL VALLO (TP) – Sul caso di Denise Pipitone sono uscite le motivazioni della sentenza di Cassazione. Solo qualche indizio ma nessuna prova, del coinvolgimento nel sequestro della piccola Denise Pipitone, a carico della sorellastra Jessica Pulizzi. Lo sottolinea la Cassazione proprio nelle motivazioni di conferma del proscioglimento dall’accusa. La bimba di 4 anni scomparve la mattina dell’1 settembre 2004 da Mazara del Vallo (Tp) senza essere più ritrovata.

La “sorte” di Denise Pipitone “è tuttora sconosciuta” dice la Suprema Corte “Quel che posso dire è che i colpevoli del rapimento di Denise non vengono da lontano – dice Piera Maggio, madre di Denise – Uno sconosciuto non va in una periferia di una città come Mazara del Vallo a sequestrare bambini. Chi ha agito sapeva chi era Denise. Ci sono persone che sanno e non parlano per paura o per omertà”.

Era il primo settembre del 2004 e la bambina stava giocando davanti casa con un cuginetto, tra via Castagnola e via La Bruna, a Mazara del Vallo. Ad un certo punto è sparita nel nulla. Di lei si sono perse le tracce. Ancora oggi la mamma Piera Maggio non si da pace e spera di poterla ritrovare un giorno.

L’accusa ha sempre sostenuto che Jessica avrebbe rapito per vendetta e gelosia la sorellastra, frutto di una relazione extraconiugale del padre Piero Pulizzi. O in ogni caso avrebbe avuto un ruolo nel sequestro della bambina. A tradirla sarebbe stata una frase, pronunciata in dialetto, mentre aspetta di essere sentita in Questura pochi giorni dopo la scomparsa della bambina e registrata da alcune cimici. «Io a casa c’ai purtai», dice Jessica alla madre che la interroga su dove fosse stata quel primo settembre. Il racconto di Jessica non ha convinto gli investigatori soprattutto perché il tabulato telefonico smentiva le dichiarazioni della ragazza che nelle ore in cui Denise spariva nel nulla si trovava proprio nella stessa zona del sequestro. A confermarlo ci sarebbero i segnali lasciati dal suo cellulare. Per gli investigatori nella vicenda della scomparsa di Denise si possono individuare due fasi: una prima che ha visto un coinvolgimento di Jessica Pulizzi e una seconda in cui la piccola potrebbe essere stata affidata ad altre persone. Gli unici due imputati nel processo sono stati Jessica, accusata di sequestro di persona e l’ex fidanzato di lei Gaspare Ghaleb, tunisino accusato solo di false dichiarazioni ai pm. La madre di Denise, Piera Maggio e suo marito, Tony Pipitone, si sono costituiti parte civile al processo, aperto nel marzo 2010, così come il padre naturale Piero Pulizzi.

Solo qualche indizio ma nessuna prova, del coinvolgimento nel sequestro della piccola Denise Pipitone, a carico della ‘sorellastra’ Jessica Pulizzi quattordicenne quando la bimba di quattro anni – che sarebbe nata da una relazione di suo padre Pietro Pulizzi con Piera Maggio, sposata con Antonino Pipitone – scomparve la mattina del primo settembre del 2004 da Mazara del Vallo (Tp) senza essere più ritrovata. Per questa ragione, scrive la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi di conferma del proscioglimento di Jessica, non merita obiezione l’assoluzione emessa dalla Corte di Appello di Palermo nel 2015, conforme al primo grado, impugnato dal Pg di Palermo e dai familiari di Denise, compresi i due ‘padri’. Ad avviso della Suprema Corte, Jessica non era l’unica ad avere in via “esclusiva” del risentimento verso Denise dato che anche a sua madre, Anna Corona – non accusata del reato – “era attribuibile lo stesso movente”. Inoltre la sua presenza nel mercato, a 500 metri dal luogo in cui scomparve Denise, non prova nulla in un centro di “ridotte dimensioni” come Mazara.

Quel che posso dire – commenta Piera Maggio, mamma di Denise – è che i colpevoli del rapimento della bambina non vengono da lontano. Uno sconosciuto non va in una periferia di una città come Mazara del Vallo a sequestrare bambini. Chi ha agito sapeva chi era Denise. Ci sono persone che sanno e non parlano per paura o per omertà. L’1 settembre 2004 è stata rapita una bambina, non un oggetto. Basta con l’omertà, chi sa parli. Ho appreso dal mio legale – aggiunge – che sono state depositate le motivazioni della sentenza emessa dalla Cassazione sull’assoluzione di Jessica Pulizzi dal reato di sequestro di mia figlia. Al momento non ho dichiarazioni da fare perchè non conosco il contenuto delle motivazioni e devo ancora presentare la richiesta per averne una copia”.

Jessica Pulizzi, che quando venne indagata aveva 17 anni, è stata assolta nei due precedenti gradi di giudizio, al termine dei processi svolti a Marsala e a Palermo. In Appello è stato anche dichiarato prescritto il reato di false dichiarazioni al pubblico ministero contestato all’ex fidanzato di Pulizzi, Gaspare Ghaleb, in primo grado condannato a due anni.