LIBIA, GENTILONI SU UTILIZZO BASE DA PARTE DI USA: “NON È PRELUDIO A INTERVENTO”

di Angelo Barraco
 
Roma – Il Governo italiano consente ai droni Usa che colpiscono obiettivi Isis in Libia e Nord Africa di decollare dalla base Nato di Sigonella in Sicilia. Nella giornata di ieri la notizia ha fatto il giro del mondo e ne ha parlato anche il Wall Street Journal. La notizia è stata commentata da Matteo Renzi ai microfoni di Rtl 102.5  che ha riferito: “Come già detto dal ministro della Difesa, le autorizzazioni” in merito ai droni che partono da Sigonella in direzione Libia “sono caso per caso: se ci sono iniziative contro terroristi e potenziali attentatori dell'Isis c'è uno stretto rapporto tra noi, soprattutto gli americani, e gli altri alleati. Siamo in piena sintonia con i nostri alleati internazionali” ha aggiunto “Ci sono potenziali attentatori ed è evidente che l'Italia fa la sua parte come tutti gli altri” e ha precisato “Si tratta di fare iniziative contro terroristi e potenziali attentatori dell'Isis, siamo in piena sintonia con i nostri partner internazionali La priorità è la risposta diplomatica ma se abbiamo prove evidenti che si stanno preparando attentati l'Italia fa la sua parte”. Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri, ha riferito che l’uso della base di Sigonella per l’invio dei droni americani in Libia “non è un preludio all'intervento militare”, precisando che “l'utilizzo delle basi non richiede una specifica comunicazione al parlamento, ma sarà il ministero della difesa a valutare”. Come Renzi, ha tenuto a precisare i rapporti tra Usa e Italia “la conferma di una collaborazione tra Italia e gli Usa, caso per caso, ed è una collaborazione finalizzata a operazioni di difesa. Oltretutto non credo che questa autorizzazione sia specificamente finalizzata alla Libia ma ad operazioni antiterrorismo in generale”.



INTESA STORICA IN LIBIA: NASCE UN GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE

Redazione

Marocco – È stato firmato a Skhirat, in Marocco, l'accordo politico che prevede la nascita di un governo di unità nazionale in Libia. A porre le firme sono stati Saleh Makhzoum, il secondo vice presidente del Congresso nazionale generale di Tripoli, e Emhmed Shaib, deputato del Parlamento di Tobruk. Ieri entrambi i capi dei due Parlamenti rivali hanno dichiarato che i firmatari dell'intesa non rappresentano le due Camere. La firma è stata accolta da uno scrosciante applauso. Rappresentanti di Tripoli e Tobruk, visibilmente commossi, si sono abbracciati.

E intanto l'intesa viene commentata con soddisfazione dagli uomini di governo che esprimono il loro entusiasmo sui social. A dare il "la" il ministro degli Esteri paolo Gentiloni: "Oggi è stato fatto un primo passo – ha detto il ministro – un passo decisivo e pieno di speranza anche se sappiamo che il cammino sarà pieno di ostacoli e il che nuovo governo non avrà vita facile. Per mesi abbiamo lavorato ostinatamente, con la mediazione dell'Onu – aggiunge -, a questo complesso negoziato. Ora l'Italia, l'Unione Europea e gli altri paesi coinvolti in questa lunga trattativa sono pronti a fornire il proprio contributo per la Libia. A Roma, pochi giorni fa, abbiamo preso l'impegno solenne di aiutare il popolo libico e manterremo la parola data ma il futuro del paese adesso è nelle mani del governo che è nato oggi".




DEVASTATO CIMITERO ITALIANO A TRIPOLI: TENSIONI SULLE NAVI DA GUERRA AL CONFINE CON LA LIBIA

Redazione

Libia – La tensione è alta e i danni già si cominciano a vedere. Il cimitero cattolico italiano di Tripoli 'Hammangi' è stato di nuovo devastato. Lo fa sapere l'Associazione Italiana Rimpatriati dalla Libia (Airl), che invia all'ANSA le foto che testimoniano lo sfregio. "Sono immagini che si commentano da sole per la loro inciviltà e che completano il quadro tragico della situazione in Libia", afferma la presidente dell'Airl Giovanna Ortu.

Governo di Tobruk: tre navi da guerra Italia ieri in acque Libia – Il governo libico di Tobruk condanna "condanna con fermezza" la violazione delle proprie acque territoriali "dopo l'ingresso ieri di tre navi da guerra italiane nei pressi delle coste di Bengasi, a Daryana", circa 55 km a est della città. Lo si legge in un comunicato del governo sulla propria pagina Facebook e Twitter.

Ma il governo italiano nega. "La notizia diffusa stamane da fonti libiche circa la presenza ieri di tre navi italiane nelle acque territoriali libiche è falsa". Lo afferma una nota del ministero della Difesa replicando al governo di Tobruk. "Tutte le navi militari italiane presenti nel Mediterraneo operano in acque internazionali rispettando i limiti stabiliti dai trattati", conclude la Difesa.

Il governo libico "non esiterà a ricorrere a tutti i mezzi che gli consentano di proteggere le sue frontiere e la sua sovranità territoriale". Tobruk invita l'Italia "ha rispettare i trattati firmati tra i due Paesi" e bolla "l'ingresso delle navi italiane come un atto contrario a tutti gli accordi internazionali ratificati dall'Onu".

E l'aviazione libica ha fatto decollare ieri in tarda serata i suoi caccia militari per "monitorare l'attività delle navi da guerra italiane": lo afferma il capo di Stato maggiore libico, Saqr Geroushi, citato dai media locali.




LIBIA: UCCISO BOSS COINVOLTO NEL TRAFFICO DI MIGRANTI, E' MISTERO

di A.B. 
 
E’ stato ucciso uno per principali boss e trafficanti di uomini questa mattina a Tripoli da un commando, il gesto viene attribuito alle forze speciali italiane, alle accuse si sono susseguite le smentite. Ma un nuovo episodio fa tingere di giallo tutta la faccenda, ovvero un’intervista realizzata a Salah Al Maskhout, l’uomo che avrebbe subito l’agguato, che dice di essere vivo. Ma le fonti della sicurezza di Tripoli ribadiscono che è stato eliminato un uomo legato al traffico di esseri umani. Inoltre il Libya Herald riferisce che Al Maskhout è stato ucciso subito dopo che ha lasciato la sua abitazione. Sono morti otto uomini nel conflitto a fuoco e il commando non è stato identificato. Si parla di un commando addestrato al meglio poiché nessuno di loro è rimasto ferito e ha ucciso le guardie di Al Maskhout che erano armate di Kalashnikov. La smentita del coinvolgimento delle forze italiane arriva anche dalla Farnesina “categoricamente la notizia di qualsiasi coinvolgimento di forze speciali italiane in Libia apparsa su mezzi di informazione in relazione alla vicenda”. Anche fonti riservate della Nato hanno smentito tutto ciò. Ma poi arriva un altro colpo di scena, non è Salah al-Mashkout il boss ucciso e la notizia è riportata sul sito della Ong Migrant Report dove sostengono di aver contattato Al Mashkout e avrebbe riferito di essere vivo. Da Tripoli ipotizzano uno scambio di identità, ma l’uomo ucciso era un soggetto coinvolto nel traffico di migranti. Certamente è una notizia che fa scalpore, sia l’iniziale coinvolgimento degli Italiani, poi la smentita. Ma le notizie non tardano a finire poiché dalla Francia arrivano altre notize. Il Le Monde rende noto che L’Eliseo ha annunciato ha annunciato di aver condotto i primi attacchi aerei ai danni dello Stato Islamico, il tutto in coordinamento con la coalizione internazionale. 



TREMILA IMMIGRATI IN ARRIVO DALLA LIBIA: AL COLLASSO LE STRUTTURE DI ACCOGLIENZA

di Angelo Barraco

Roma – L’ondata di immigrati non si placa anzi, sembra accentuarsi sempre di più. La Guardia Costiera di Roma ha ricevuto 18 richieste di soccorso da altrettante imbarcazioni cariche di migranti che si trovano a circa 20-30 miglia a largo della Libia. Attualmente è difficile stimare il numero dei migranti ma una stima approssimativa vede su quei barconi e gommoni non meno di 2-3 mila migranti. Intanto sul canale si Sicilia sono schierati i mezzi italiani ed europei di soccorso, ma l’Italia può fronteggiare questo nuovo grande esodo? Cosa può garantire loro? Il flusso dei migranti verso le coste italiane non si ferma, non rallenta e il paese è in ginocchio per far fronte ai problemi che ne conseguono come l’accoglienza e la mancanza di risorse e strutture. Gli scafisti ogni giorno si muovono nel mare come il traghettatore di anime nel libro del sommo poeta Dante Alighieri, Caronte, portano da una riva all’altra le anime che sono alla ricerca di una vita migliore. L’ultimo sbarco di immigrati è avvenuto nella notte di metà agosto, quando 350 migranti che erano a bordo di un barcone a largo della Calabria sono stati salvati, a bordo dell’imbarcazione, inerme, un cadavere di un uomo morto durante il viaggio. I migranti sono stati salvati e trasferiti a Reggio Calabria. Un’altra tragedia verificatasi nel mare è avvenuta il giorno di ferragosto, quando 49 soggetti sono morti in un barcone di soli 14 metri. Costoro si trovavano nella stiva e la loro “colpa” è stata quella di non aver pagato abbastanza gli scafisti per poter stare sul ponte.
 
 
Dopo ogni tragedia la voce della politica si fa forte e dopo quella di metà agosto  Angelino Alfano ha ribadito: “sarà l'ultima tragedia se non si risolve il problema della Libia”. Il Comandante del Cigala Fulgosi, il capitano di fregata Massimo Tozzi si sono prodigati nel soccorrere i superstiti e si sono trovati davanti “una scena terribile: decine di corpi senza vita ammassati uno sull'altro nella stiva, mentre le donne si disperavano per i loro cari morti”. Non c’era nessuna traccia di scafisti a bordo. Un barcone con donne che piangevano i loro cari morti perché non avevano soldi per poter ubicarsi in una posizione migliore sulla barca, che tra l’altro era fatiscente e per niente sicura. E’ stato fondamentale l’intervento della Marina che ha evitato una tragedia ancora più grande. “Ma è questo che facciamo – ha detto il capitano – prestare soccorso a chi è in difficoltà in mare è il nostro compito”. Nella conferenza stampa di Ferragosto, il ministro Angelino Alfano ha sottolineato: “il mondo non può attendere di fronte alla crisi della Libia che è un vulcano acceso non di fronte all'Italia, ma all'Europa. O la comunità internazionale è in grado di risolvere la situazione lì o la tragedia di oggi non sarà l'ultima” ha aggiunto inoltre una risposta al mons. Galantino che aveva accusato nei giorni scorsi il Governo di essere assente sull’immigrazione “Noi  facciamo un mestiere diverso dalla chiesa e comunque do per buona la rettifica delle parole di monsignor Galantino e non quello a lui in un primo momento attribuito, noi facciamo fino in fondo quello che è il dovere di una grande democrazia: salviamo vite e rimpatriamo chi non fugge da guerre o da persecuzioni, ma arriva illegalmente sul nostro territorio”. Ma adesso? Adesso che succederà?



LIBIA: "NO A UNA GUERRA SUICIDA"

Redazione

E' categorico sul tema della libia Luca Marco Comellini, Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm).“Un intervento militare in Libia sarebbe un errore – dice – che il Paese non può permettersi. Ad essere un ostacolo alla demenziale ipotesi di un intervento armato sul suolo libico da parte delle forze armate italiane non sono solo per le passate vicende coloniali che i libici non hanno dimenticato, lo sono anche le condizioni economiche del nostro Paese, che è alle prese con una grave e malcelata crisi che ha fortemente ridotto i mezzi e le risorse economiche che sarebbero necessari per sopportare un simile impegno. E poi, è inutile far finta di non sapere che le nostre forze armate sono ridotte ai minimi termini per quanto riguarda il personale – che in media ha oltre 40 anni -, per la mancanza di un adeguato addestramento e per la cronica inefficienza degli armamenti disponibili. Renzi non si faccia ingannare dalla Ministra della difesa e da quei suoi generali che pur di essere impegnati in qualche guerra, o col miraggio di facili carriere, sono pronti a mandare allo sbaraglio i loro stessi uomini e donne. Renzi non dia ascolto agli starnazzamenti di quegli esponenti politici che dell'interventismo a tutti i costi ne fanno una ragione di opportunità personale e per le lobby degli armamenti perché alle ragioni "umanitarie" non serve una nuova missione di guerra per riparare agli effetti della fine del regime del leader libico Gheddafi, che oggi sono più che mai evidenti. La soluzione va intelligentemente ricercata in quei paesi e con quei governi del Medio Oriente e del Nord Africa ancora capaci di contribuire a ridare alla Libia e quindi a quell'aera quella stabilità che anche l'Italia, nel 2011, con la sua partecipazione alle azioni di guerra, ha compromesso irrimediabilmente.”.

 




IMMIGRATI: SBARCANO IN 350 A LARGO DELLA CALABRIA. UN CADAVERE SULLO SCAFO

di Angelo Barraco
 
 
Roma – Il flusso dei migranti verso le coste italiane non si ferma, non rallenta e il paese è in ginocchio per far fronte ai problemi che ne conseguono come l’accoglienza e la mancanza di risorse e strutture. Gli scafisti ogni giorno si muovono nel mare come il traghettatore di anime nel libro del sommo poeta Dante Alighieri, Caronte, portano da una riva all’altra le anime che sono alla ricerca di una vita migliore. L’ultimo sbarco di immigrati è avvenuto nella notte, quando 350 migranti che erano a bordo di un barcone a largo della Calabria sono stati salvati, a bordo dell’imbarcazione, inerme, un cadavere di un uomo morto durante il viaggio. I migranti sono stati salvati e trasferiti a Reggio Calabria. Un’altra tragedia verificatasi nel mare è avvenuta il giorno di ferragosto, quando 49 soggetti sono morti in un barcone di soli 14 metri. Costoro si trovavano nella stiva e la loro “colpa” è stata quella di non aver pagato abbastanza gli scafisti per poter stare sul ponte.
 
Dopo ogni tragedia la voce della politica si fa forte, Angelino Alfano ha ribadito: “sarà l'ultima tragedia se non si risolve il problema della Libia”. Il Comandante del Cigala Fulgosi, il capitano di fregata Massimo Tozzi si sono prodigati nel soccorrere i superstiti e si sono trovati davanti “una scena terribile: decine di corpi senza vita ammassati uno sull'altro nella stiva, mentre le donne si disperavano per i loro cari morti”. Non c’era nessuna traccia di scafisti a bordo. Un barcone con donne che piangevano i loro cari morti perché non avevano soldi per poter ubicarsi in una posizione migliore sulla barca, che tra l’altro era fatiscente e per niente sicura. E’ stato fondamentale l’intervento della Marina che ha evitato una tragedia ancora più grande. “Ma è questo che facciamo – ha detto il capitano – prestare soccorso a chi è in difficoltà in mare è il nostro compito”. Nella conferenza stampa di Ferragosto, il ministro Angelino Alfano ha sottolineato: “il mondo non può attendere di fronte alla crisi della Libia che è un vulcano acceso non di fronte all'Italia, ma all'Europa. O la comunità internazionale è in grado di risolvere la situazione lì o la tragedia di oggi non sarà l'ultima” ha aggiunto inoltre una risposta al mons. Galantino che aveva accusato nei giorni scorsi il Governo di essere assente sull’immigrazione “Noi  facciamo un mestiere diverso dalla chiesa e comunque do per buona la rettifica delle parole di monsignor Galantino e non quello a lui in un primo momento attribuito, noi facciamo fino in fondo quello che è il dovere di una grande democrazia: salviamo vite e rimpatriamo chi non fugge da guerre o da persecuzioni, ma arriva illegalmente sul nostro territorio”. 
 
 
Intanto la situazione a Calais sta migliorando, dalla parte francese il numero di assalti ai treni da parte degli immigrati per poter entrare nel Regno Unito, è diminuito. Dopo la messa in atto delle nuove misure di sicurezza, le persone che ogni notte cercano di infrangere la barriera di sicurezza è passato da 2mila a 150 circa. Sono stati spesi dal Regno Unito 7 milioni di sterline per rafforzare le misure di sicurezza nel terminal, sono state posizionate videocamere a raggi infrarossi e fari per illuminare l’area. Attualmente ci sono 5 mila migranti che dormono nei campi di fortuna. Secondo una stima, circa 9 persone hanno perso la vita per aver tentato di salire di un treno o di un tir. 
 
 
In Gran Bretagna molti politici e vertici della polizia stanno pensando di inviare le truppe di sua maestà a Calais per bloccare l’esodo che in migliaia tentano disperatamente di attraversare l’Eurotunnel e raggiungere il Regno Unito. Il capo della polizia del Surrey, Kevin Hurley, ha suggerito invece l’invio di 700 Gurkha, ovvero soldati nepalesi del secondo battaglione di stanza nel Kent. La pensa allo stesso modo anche il leader dell’erufobico Ukip Nigel Farage, ma non solo poiché i parlamentari conservatori come Andrew Percy che sostiene “a Calais la situazione sia fuori controllo e gli attuali accordi non stanno funzionando perche' i francesi nono sono in grado di porre un freno alla violazione delle nostre frontiere. E' giunta l'ora di prendere in considerazione opzioni piu' radicali, incluso l'uso dell'esercito. Il popolo britannico si aspetta che le nostre frontiere siano sicure ed il governo deve fare qualsiasi cosa per riuscirci”. David Cameron è preoccupato dell’evolversi degli eventi ma non si è espresso contro Parigi in modo critico.
 
L’ultimo assalto alla frontiera a fine luglio. La notte scorsa un gruppo di 1.500 migranti ha cercato di attraversare l’Eurotunnel Francese con il tentativo di giungere nel Regno Unito da Calais. Le fonti parlano di un vero e proprio assalto e un migrante ha perso la vita, il primo ministro britannico David Cameron, in seguito all’accaduto ha rassicurato il paese: “Faremo tutto il possibile per migliorare la situazione”. Le autorità riferiscono che tale tentativo di intrusione è stato il più importante dell’ultimo mese e mezzo. I migranti avrebbero tentato di superare le barriere di sicurezza nel corso della notte ma la sicurezza li ha intercettati.
 
Una settimana prima. L’Eurotunnel ha subito la pressione dei migranti irregolari e la società che gestisce ciò ha lamentato l’assenza di risorse per permettere le intrusioni. Visto che il flusso migratorio è aumentato in Francia a seguito della crisi del Mediterraneo e visti i tentativi dei migranti di raggiungere l’Inghilterra; Francia e Inghilterra hanno concordato in data 2 luglio scorso misure preventive e di controllo nel porto di Calais e nell’Eurotunnel. Ma al soggetto che è morto si sono venuti a create diversi disagi alla circolazione, un portavoce ha parlato della collaborazione tra le rispettive autorità ma ha ribadito: “è un problema che il governo deve assolutamente risolvere. Abbiamo bisogno che venga fermato il flusso dei migranti da Calais, ma sembra troppo consistente perché possano gestirlo”. Intanto le autorità britanniche hanno avvisato i viaggiatori che per il momento devono modificare e/o posticipare i loro viaggi per evitare nuovi disagi come quello verificatosi, in particolare a quello dell’incursione poiché vi sono migliaia di immigrati accampati a Calais, sul lato francese del canale e non si esclude e possa ripresentarsi un disagio come quello della scorsa notte. Intanto David Cameron –premier britannico- ha definito “molto preoccupante” questo assalto e ha aggiunto “Stiamo lavorando a stretto contatto con le autorita' francesi”. Ma questo non è l’unico grande assalto di migranti poiché un gruppo di 2.000 migranti hanno tentato di attraversare la galleria tra mezzanotte e le sei del mattino. Tale episodio ha provocato ritardi e ha messo in azione 200 addetti dell’Eurotunnel. In quell’occasione 200 di loro furono arrestati e 15 si ferirono. Theresa May, ha convocato una riunione d'urgenza del comitato di emergenza Cobra, costituito dai ministri e responsabili della sicurezza, per affrontare la questione. Quanto dovrà durare questa situazione? 



LIBIA, ITALIANI RAPITI COME RISCATTO: SARANNO LIBERATI IN CAMBIO DI SCAFISTI LIBICI DETENUTI

di Angelo Barraco
 
Roma – Sul rapimento in Libia dei quattro tecnici italiani -Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla-non c’è stata ancora nessuna rivendicazione e sul caso aleggia una fitta cortina di mistero. La pista del rapimento compiuto da scafisti non ha trovato alcun riscontro, come non ha trovato alcun riscontro l’ipotesi del rapimento ad opera di “Jeish al Qabail' (Esercito delle tribu'), alleati del generale Khalifa Haftar. Intanto nel profilo facebook del Comando generale delle forze armate che fa capo al generale Khalifa Haftar è scritto che i responsabili del rapimento dei quattro italiani sono le milizie di Zuara (Zuwarah), che sono legate alla coalizione Alba della Libia (Fajr) e che lo scopo del rapimento sia stato uno scambio con degli scafisti libici detenuti. Si legge che “nostre fonti confermano che le milizie della cosiddetta Fajr Libia di Zuara sono responsabili del sequestro dei quattro italiani, fare pressioni sull'Italia e ottenere la liberazione di sette libici arrestati per traffico di esseri umani nel Mar Mediterraneo”. Abdullah Naker, politico libico fedele al governo di Tobruk ha rivolto accuse contro le milizie di Alba della Libia (Fajr). Anche il ministro Angelino Alfano ha lasciato intendere che non è da escludere l’ipotesi che dietro il rapimento dei 4 italiani vi sia un piano che miri all’ottenimento della liberazione degli scafisti condannati in Italia. Alcune fonti di Sebrata hanno riferito che i quattro italiani sono stati costretti a scendere dalla loro auto per salire a bordo di un’altra auto, hanno poi buttato via i loro telefonini e infine sono scappati via.
 
Altre ipotesi sul rapimento. Secondo quanto riferiscono dall’emittente televisiva “al Jazeera”, i rapitori sono vicini al cosiddetto “Jeish al Qabail” (l'esercito delle tribù), milizie tribali che sono ospiti a quelle di “Alba della Libia” (Fajr) di Tripoli. L’emittente cita fonti militari di Tripoli e dall’emittente riferiscono che la zona dove è avvenuto il rapimento, fino a poco tempo fa, era teatro di scontri e soltanto di recente vi è stato una tregua che è stata sottoscritta dalle milizie tribali e da quelle di Alba della Libia. Secondo le fonti, i quattro italiani sarebbero stati rapiti nel villaggio di al Tawileh, nei pressi di Mellitah e sono stati portati verso sud. Al momento non vi è stata alcuna rivendicazione. Intanto il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha garantito il massimo impegno. Intanto oggi a Bruxelles, al tavolo dei ministri degli Esteri, nella riunione di oggi dedicata alla Libia c’era Bernardino Leon dell’Onu, che sarà a Roma domani alla Farnesina. Federica Mogherini, Alto Rappresentante Ue “continua a sostenere la formazione di un governo di unita' nazionale nella speranza che possa accadere presto e, in particolare, che la fazione di Tripoli vi si unisca rapidamente”. Gentiloni ha detto che “Sappiamo che che sono stati fatti in avanti, ci auguriamo che anche componenti di Tripoli si uniscano all'accordo che e' stato raggiunto. Se l'accordo verra' concluso in modo largo l'Italia  sara' impegnata come nazione leader in tutta l'attivita' di sostegno alla ricostruzione, al consolidamento e alla stabilita'" del Paese”.
 
Dal fronte italiano. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine sul rapimento dei quattro italiani in Libia. Il reato ipotizzato è quello di sequestro di persona a scopo di terrorismo. E’ stato affidato ai carabinieri del Ros, dal pm, il compito di svolgere gli accertamenti per ricostruire l’accaduto. 
 
La storia, il rapimento. Non si esclude un attacco da parte dell’Isis. I quattro uomini lavoravano come tecnici presso impianti petroliferi del nord-Africa, si occupano di attività di sviluppo, trasporto e manutenzione. Le ipotesi al vaglio degli investigatori che indagano sul rapimento sono tante e non si esclude l’ipotesi di un attacco da parte dell’Isis.Il 15 febbraio scorso è stata chiusa l’ambasciata italiana in Libia e la Farnesina, dopo aver visto e segnalato la grave situazione del paese, aveva invitato tutti i connazionali a lasciare la Libia, tale rapimento è un’ulteriore conferma di una situazione gravissima e precaria e “conferma la difficoltà di una situazione che resta instabile”. Lo ha detto Paolo Gentiloni che oggi avrà modo di discutere della stabilizzazione della Libia. Il ministro ha detto anche che “sono stati fatti dei passi avanti dal lavoro dell'inviato speciale dell'Onu, Bernardino Leon, e ci auguriamo che la componente di Tripoli si unisca all'accordo che è stato raggiunto. Se l'accordo verrà concluso in modo largo, l'Italia sarà impegnata come nazione leader in tutta l'attività di sostegno alla ricostruzione e al consolidamento della Libia”.  L’agenzia di stampa libica Al Tadhamoun sostiene che i quattro soggetti erano rientrati in Libia dalla Tunisia da poco e che il loro rapimento sia avvenuto a Sebrata domenica sera. Allo stato attuale non si sa né l’identità dei rapitori né il luogo in cui sono stati portati i soggetti sequestrati. Gentiloni afferma che “È sempre difficile dopo poche ore capire la natura e i responsabili. Nella zona ci sono anche stati dei precedenti. Per ora ci dobbiamo attenere alle informazioni che abbiamo e ottenerne di altre”, aggiunge che “il rapimento è avvenuto ieri sera e nella notte abbiamo avvertito le famiglie. Sono dei dipendenti della ditta italiana Bonatti. Stiamo lavorando con l'intelligence e oggi dobbiamo occuparci degli sforzi per recuperarli". Ha sottolineato che "ora siamo impegnati a intervenire per cercare di trovare le persone rapite e risolvere il problema"



LIBIA: ORE DI APPRENSIONE PER I QUATTRO ITALIANI RAPITI

di Angelo Barraco

Tripoli – Importanti novità sul rapimento dei quattro italiani sequestrati nell’impianto petrolifero e gasifero a Mellitah. Secondo quanto riferiscono dall’emittente televisiva “al Jazeera”, i rapitori sono vicini al cosiddetto “Jeish al Qabail” (l'esercito delle tribù), milizie tribali che sono ospiti a quelle di “Alba della Libia” (Fajr) di Tripoli. L’emittente cita fonti militari di Tripoli e dall’emittente riferiscono che la zona dove è avvenuto il rapimento, fino a poco tempo fa, era teatro di scontri e soltanto di recente vi è stato una tregua che è stata sottoscritta dalle milizie tribali e da quelle di Alba della Libia. Secondo le fonti, i quattro italiani sarebbero stati rapiti nel villaggio di al Tawileh, nei pressi di Mellitah e sono stati portati verso sud. Al momento non vi è stata alcuna rivendicazione. Intanto il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha garantito il massimo impegno. Intanto oggi a Bruxelles, al tavolo dei ministri degli Esteri, nella riunione di oggi dedicata alla Libia c’era Bernardino Leon dell’Onu, che sarà a Roma domani alla Farnesina. Federica Mogherini, Alto Rappresentante Ue “continua a sostenere la formazione di un governo di unita' nazionale nella speranza che possa accadere presto e, in particolare, che la fazione di Tripoli vi si unisca rapidamente”. Gentiloni ha detto che “Sappiamo che che sono stati fatti in avanti, ci auguriamo che anche componenti di Tripoli si uniscano all'accordo che e' stato raggiunto. Se l'accordo verra' concluso in modo largo l'Italia  sara' impegnata come nazione leader in tutta l'attivita' di sostegno alla ricostruzione, al consolidamento e alla stabilita'" del Paese”.
 
Dal fronte italiano. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine sul rapimento dei quattro italiani in Libia. Il reato ipotizzato è quello di sequestro di persona a scopo di terrorismo. E’ stato affidato ai carabinieri del Ros, dal pm, il compito di svolgere gli accertamenti per ricostruire l’accaduto. 
 
La storia, il rapimento, non si esclude un attacco da parte dell’Isis. I quattro uomini lavoravano come tecnici presso impianti petroliferi del nord-Africa, si occupano di attività di sviluppo, trasporto e manutenzione. Le ipotesi al vaglio degli investigatori che indagano sul rapimento sono tante e non si esclude l’ipotesi di un attacco da parte dell’Isis.Il 15 febbraio scorso è stata chiusa l’ambasciata italiana in Libia e la Farnesina, dopo aver visto e segnalato la grave situazione del paese, aveva invitato tutti i connazionali a lasciare la Libia, tale rapimento è un’ulteriore conferma di una situazione gravissima e precaria e “conferma la difficoltà di una situazione che resta instabile”. Lo ha detto Paolo Gentiloni che oggi avrà modo di discutere della stabilizzazione della Libia. Il ministro ha detto anche che “sono stati fatti dei passi avanti dal lavoro dell'inviato speciale dell'Onu, Bernardino Leon, e ci auguriamo che la componente di Tripoli si unisca all'accordo che è stato raggiunto. Se l'accordo verrà concluso in modo largo, l'Italia sarà impegnata come nazione leader in tutta l'attività di sostegno alla ricostruzione e al consolidamento della Libia”.  L’agenzia di stampa libica Al Tadhamoun sostiene che i quattro soggetti erano rientrati in Libia dalla Tunisia da poco e che il loro rapimento sia avvenuto a Sebrata domenica sera. Allo stato attuale non si sa né l’identità dei rapitori né il luogo in cui sono stati portati i soggetti sequestrati. Gentiloni afferma che “È sempre difficile dopo poche ore capire la natura e i responsabili. Nella zona ci sono anche stati dei precedenti. Per ora ci dobbiamo attenere alle informazioni che abbiamo e ottenerne di altre”, aggiunge che “il rapimento è avvenuto ieri sera e nella notte abbiamo avvertito le famiglie. Sono dei dipendenti della ditta italiana Bonatti. Stiamo lavorando con l'intelligence e oggi dobbiamo occuparci degli sforzi per recuperarli". Ha sottolineato che "ora siamo impegnati a intervenire per cercare di trovare le persone rapite e risolvere il problema".



IMMIGRAZIONE, SBARCHI "PHOENIX MOAS": FERMATO UN PRESUNTO SCAFISTA

di Angelo Barraco
 
Palermo – La Polizia ha fermato a Trapani Ridha Bacha, un tunisino di 44 anni accusato di favoreggiamento aggravato all’immigrazione clandestina. Secondo gli investigatori, l’uomo sarebbe lo scafista dell’imbarcazione che è stata soccorsa il primo luglio dalla nave “Phoenix moas” nel canale di Sicilia e che si trovava a 40 miglia dalle coste libiche. L’imbarcazione avrebbe avuto a bordo 357 immigrati provenienti dalla Siria, Ghana, Pakistan, Somalia, Bangladesh, Nigeria, Marocco e Tunisia. 
 
I Dati Onu.  L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha reso noto che i migranti che hanno attraversato il Mar Mediterraneo in direzione Europa nei primi 6 mesi del 2015 sono 137.000, ovvero l’83% in più dallo stesso periodo del 2014. Dall’organizzazione sottolineano in un nuovo progetto che la crisi del Mediterraneo ha proporzioni storiche ed è in primis una crisi di rifugiati da proteggere.
 
Ultimi sbarchi in Italia. Nel porto canale di Cagliari sono arrivati pochi giorni fa 448 che sono stati soccorsi a largo della Libia, sono stati portati nel porto di Cagliari dalla nave Rio Segura della Guardia Civil Spagnola. Secondo quanto emerge, tra loro vi sono anche donne incinte. I migranti arrivano tutti dal Sudan, Eritrea, Senegal. Il piano di accoglienza disposto per loro prevede lo smistamento in diverse strutture con collaborazione con la Caritas. Intanto sono iniziate nello Stretto di Sicilia, su indicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, le operazioni di recupero dei corpi di quello che viene considerato il peggiore disastro in mare della storia, l’inabissamento del peschereccio con 700 persone a bordo avvenuta il 18 aprile del 2015. Ieri pomeriggio al porto di Palermo sono giunti 647 immigrati soccorsi nel Canale di Sicilia, tra i profughi vi sono 95 donne e minori. In 21 operazioni di soccorso coordinate dalla Centrale Operativa della Guardia Costiera a Roma del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono stati salvati circa 2900 migranti. Durante le operazioni di salvataggio sono intervenuti mezzi del dispositivo Triton: CP906 Nave Corsi e ben 2 motovedette classe 300 della Guardia Costiera e vi è stato anche l’intervento di una nave militare spagnola. Nelle operazioni di soccorso sono sopraggiunte anche Nave Euro della Marina Militare Italiana e la Nave Phoenix del MOAS.  
 
Nuovi ingressi per gli immigrati in Italia. L’arrivo di nuovi immigrati fa storcere il naso a molti italiani per via delle strutture di contenimento. Lo stereotipo tipico che si ha degli immigrati è quello associato al barcone come mezzo di trasporto utilizzato da essi per giungere in Italia, ma per la quarta volta nell’arco di qualche settimana viene adoperato dagli immigrati un nuovo modo per entrare in Italia, le montagne. I profughi che fuggono dall’Est vanno in Friuli Venezia Giulia e non passano soltanto dalla bassa quota ma anche dalle vette prossime all’ex valico di Polava nei pressi di Cepletischis. Tale circostanza si è verificata ieri, dove ben 25 clandestini di nazionalità Afghana e Pakistana, tutti uomini di cui 5 si sono dichiarati minorenni, sono apparsi all’improvviso sulla strada che dal rifugio Pelizzo conduce a Montemaggiore. La segnalazione della loro presenza è arrivata dai cittadini li aveva visti, il gruppo di persone intorno alle 7.30 aveva raggiunto Masseris. Sopraggiunti i Carabinieri i profughi sono stati portati in caserma per essere segnalati. Il Sindaco di Savogna dice che “È il quarto caso in un ristretto lasso di tempo. Diversamente da quanto successo alcuni giorni addietro, però, i clandestini sono arrivati nei nostri paesi dall’arteria che conduce al rifugio. Un percorso ben strano, che stiamo cercando di ricostruire”. Il primo cittadino continua dicendo che ”Solo in un’occasione è stato notato il mezzo da cui sono sbarcati i profughi: si trattava di un pulmino con targa ungherese, di cui purtroppo non si è stati in grado di annotare la targa. Su una pista nel bosco, inoltre, sono stati ritrovati documenti rilasciati ai migranti proprio da autorità ungheresi”.
 
La difficile integrazione. L’integrazione è il primo passo per un’armoniosa convivenza e soprattutto è il primo passo per un miglioramento ed un accrescimento culturale. L’esempio di tale integrazione è avvenuto a Bologna, nel comune di Sasso Marconi, dove due ospiti di Villa Angeli,  punto di riferimento per la quota di rifugiati prevista nel Distretto di Casalecchio di Reno, sono stati inseriti come volontari nelle squadre di manutenzione del territorio e degli impianti sportivi. I due giovani, del Senegal e del Mali, cominceranno a luglio e il Sindaco ha detto che ha assegnato a loro questa manzione perché “sono i più motivati”.



LIBIA: AL QAEDA SMENTISCE LA MORTE DI MOKHTAR BELMOKHTAR

di An. Ba.
 
Libia – Pochi giorni fa un raid USA avrebbe ucciso in Libia il terrorista Mokhtar Belmokhtar, nella zona di Adedabia. Mokhtar Belmokhtar era stato dato per morto altre volte e tutte le volte che la sua morte è stata confermata lui è riapparso, questa volta invece il Pentagono ha preferito agire con prudenza e non ha voluto confermare la notizia. Sul sito Usa Site è apparsa la smentita di quanto accaduto e sulla rete appare si apprende che il vero obiettivo dei due F-15 era un raduno di capi ad al Qaeda.
 
Ma chi è Mokhtar Belmokhtar? È il terrorista che il 16 gennaio 2013 ha sequestrato 800 persone cagionandone la morte di 67 di esse. È uno dei terroristi più noti e temuti del nordAfrica, è il leader del gruppo Murabitoun è fedele ad al Qaeda e recentemente si è parlato dei suoi uomini all’Isis. Ha il soprannome di “Imprendibile”. L’ultima volta che è stato per morto risale al 2 marzo 2013, in seguito ai fatti recenti, il governo libico di Tobruk , afferma che il terrorista sia rimasto effettivamente ucciso nel raid aereo statunitense. Gli Usa non si sbilanciano e dicono “Stiamo valutando i risultati dell'intervento e forniremo ulteriori informazioni al momento giusto”.