INTESA STORICA IN LIBIA: NASCE UN GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE
Redazione
Marocco – È stato firmato a Skhirat, in Marocco, l'accordo politico che prevede la nascita di un governo di unità nazionale in Libia. A porre le firme sono stati Saleh Makhzoum, il secondo vice presidente del Congresso nazionale generale di Tripoli, e Emhmed Shaib, deputato del Parlamento di Tobruk. Ieri entrambi i capi dei due Parlamenti rivali hanno dichiarato che i firmatari dell'intesa non rappresentano le due Camere. La firma è stata accolta da uno scrosciante applauso. Rappresentanti di Tripoli e Tobruk, visibilmente commossi, si sono abbracciati.
E intanto l'intesa viene commentata con soddisfazione dagli uomini di governo che esprimono il loro entusiasmo sui social. A dare il "la" il ministro degli Esteri paolo Gentiloni: "Oggi è stato fatto un primo passo – ha detto il ministro – un passo decisivo e pieno di speranza anche se sappiamo che il cammino sarà pieno di ostacoli e il che nuovo governo non avrà vita facile. Per mesi abbiamo lavorato ostinatamente, con la mediazione dell'Onu – aggiunge -, a questo complesso negoziato. Ora l'Italia, l'Unione Europea e gli altri paesi coinvolti in questa lunga trattativa sono pronti a fornire il proprio contributo per la Libia. A Roma, pochi giorni fa, abbiamo preso l'impegno solenne di aiutare il popolo libico e manterremo la parola data ma il futuro del paese adesso è nelle mani del governo che è nato oggi".
DEVASTATO CIMITERO ITALIANO A TRIPOLI: TENSIONI SULLE NAVI DA GUERRA AL CONFINE CON LA LIBIA
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Libia – La tensione è alta e i danni già si cominciano a vedere. Il cimitero cattolico italiano di Tripoli 'Hammangi' è stato di nuovo devastato. Lo fa sapere l'Associazione Italiana Rimpatriati dalla Libia (Airl), che invia all'ANSA le foto che testimoniano lo sfregio. "Sono immagini che si commentano da sole per la loro inciviltà e che completano il quadro tragico della situazione in Libia", afferma la presidente dell'Airl Giovanna Ortu.
Governo di Tobruk: tre navi da guerra Italia ieri in acque Libia – Il governo libico di Tobruk condanna "condanna con fermezza" la violazione delle proprie acque territoriali "dopo l'ingresso ieri di tre navi da guerra italiane nei pressi delle coste di Bengasi, a Daryana", circa 55 km a est della città. Lo si legge in un comunicato del governo sulla propria pagina Facebook e Twitter.
Ma il governo italiano nega. "La notizia diffusa stamane da fonti libiche circa la presenza ieri di tre navi italiane nelle acque territoriali libiche è falsa". Lo afferma una nota del ministero della Difesa replicando al governo di Tobruk. "Tutte le navi militari italiane presenti nel Mediterraneo operano in acque internazionali rispettando i limiti stabiliti dai trattati", conclude la Difesa.
Il governo libico "non esiterà a ricorrere a tutti i mezzi che gli consentano di proteggere le sue frontiere e la sua sovranità territoriale". Tobruk invita l'Italia "ha rispettare i trattati firmati tra i due Paesi" e bolla "l'ingresso delle navi italiane come un atto contrario a tutti gli accordi internazionali ratificati dall'Onu".
E l'aviazione libica ha fatto decollare ieri in tarda serata i suoi caccia militari per "monitorare l'attività delle navi da guerra italiane": lo afferma il capo di Stato maggiore libico, Saqr Geroushi, citato dai media locali.
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E' categorico sul tema della libia Luca Marco Comellini, Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm).“Un intervento militare in Libia sarebbe un errore – dice – che il Paese non può permettersi. Ad essere un ostacolo alla demenziale ipotesi di un intervento armato sul suolo libico da parte delle forze armate italiane non sono solo per le passate vicende coloniali che i libici non hanno dimenticato, lo sono anche le condizioni economiche del nostro Paese, che è alle prese con una grave e malcelata crisi che ha fortemente ridotto i mezzi e le risorse economiche che sarebbero necessari per sopportare un simile impegno. E poi, è inutile far finta di non sapere che le nostre forze armate sono ridotte ai minimi termini per quanto riguarda il personale – che in media ha oltre 40 anni -, per la mancanza di un adeguato addestramento e per la cronica inefficienza degli armamenti disponibili. Renzi non si faccia ingannare dalla Ministra della difesa e da quei suoi generali che pur di essere impegnati in qualche guerra, o col miraggio di facili carriere, sono pronti a mandare allo sbaraglio i loro stessi uomini e donne. Renzi non dia ascolto agli starnazzamenti di quegli esponenti politici che dell'interventismo a tutti i costi ne fanno una ragione di opportunità personale e per le lobby degli armamenti perché alle ragioni "umanitarie" non serve una nuova missione di guerra per riparare agli effetti della fine del regime del leader libico Gheddafi, che oggi sono più che mai evidenti. La soluzione va intelligentemente ricercata in quei paesi e con quei governi del Medio Oriente e del Nord Africa ancora capaci di contribuire a ridare alla Libia e quindi a quell'aera quella stabilità che anche l'Italia, nel 2011, con la sua partecipazione alle azioni di guerra, ha compromesso irrimediabilmente.”.