Trump vince al Senato, perde la Camera ed esulta: “Siamo andati oltre le aspettative” . Obama: “Spero che si torni ai valori dell’onestà”

Donald Trump vince il Senato, ma perde la Camera che torna ai democratici dopo 8 anni (i dem hanno sfondato la quota 218 seggi necessaria per riconquistare il controllo di questo ramo del Parlamento). Questo l’esito delle elezioni di midterm negli Usa. Per i prossimi due anni, il presidente governerà avendo contro uno dei due rami del Parlamento. ‘Repubblicani oltre ogni aspettativa’, dice però mentre tende la mano ai dem: ‘Ora collaboriamo‘. ‘E’ solo un punto di partenza’, spiega Barack Obama.

Al Congresso entrano per la prima volta due donne musulmane e una nativa-americana. I repubblicani ottengono 25 governatori, 21 ai democratici. Record di partecipazione: i votanti sono stati 113 milioni, il 49% degli elettori registrati. Il ministro della Giustizia Jeff Sessions si e’ dimesso con effetto immediato su richiesta di Donald Trump. Matthew Whitaker, capo dello staff di Sessions, sarà ministro della giustizia ad interim.

A scrutinio non ancora completato, nelle elezioni di Midterm i democratici sono proiettati a vincere il voto popolare con uno scarto di circa il 9%. Una percentuale, sottolinea il Washington Post, piu’ grande di quella delle ‘onde’ repubblicane nel 1994, 2010 e 2014 e di quella ‘blu’ nel 2006. Anche Hillary Clinton aveva vinto il voto popolare contro Donald Trump perdendo pero’ la gara negli Stati decisivi.

Mentre continua in molti stati Usa il conteggio dei voti delle elezioni di metà mandato, sono ancora tre i seggi da assegnare al Senato americano, dove i repubblicani hanno già conquistato una maggioranza di 51 seggi (+2) contro i 46 dei democratici. Il democratico Jon Tester ha vinto un seggio al Senato in Montana, portando a 46 i senatori eletti dai dem contro i 51 dei repubblicani. Si attendono ancora i risultati di Florida, Arizona e del ballottaggio in Mississippi.

Il Mississippi ha poi eletto un suo primo senatore ma manca all’appello un secondo, con i candidati che sono andati al ballottaggio previsto per il 27 novembre. Alla Camera dei Rappresentanti, quando sono ancora in corso le ultime operazioni di spoglio delle schede, su 415 seggi a disposizione i democratici ne hanno già guadagnati 222, strappandone 29 ai repubblicani e superando di quattro punti la soglia di 218 deputati necessaria per la maggioranza. I repubblicani sono fermi a quota 199.

Da parte sua, la leader dei progressisti alla Camera Nancy Pelosi – che l’anno scorso aveva evocato l’impeachment per il ministro della Giustizia – ha affermato che i dem hanno intenzione di ripristinare i controlli e gli equilibri costituzionali sull’amministrazione Trump.

“La storia si ripete. Un partito al potere deve sempre affrontare sfide difficili nelle sue prime elezioni di medio termine”, ha detto lo speaker repubblicano della Camera Paul Ryan. E poi: “Mi congratulo con i democratici per la nuova maggioranza alla Camera e con i repubblicani per avere mantenuto il Senato. Non serve un’elezione per sapere che siamo una nazione divisa, e ora abbiamo una Washington divisa. Come Paese e come governo dobbiamo cercare un terreno comune”.

L’appello ai dem, ora collaboriamo in Congresso

Queste elezioni hanno visto un numero record di donne elette alla Camera: almeno 99 diventeranno deputate (su 237 candidate), un numero che supera il record precedente di 84. Tra loro c’e’ la 29enne democratica Alexandria Ocasio-Cortez, la donna più giovane mai eletta al Congresso americano; la democratica Rashida Tlaib, figlia di immigrati dalla Palestina, la prima donna musulmana ad essere eletta al Congresso; e la democratica Sharice Davids, la prima donna nativo-americana in Congresso.

Per i dem sembrava una ‘mission impossible’ conquistare il collegio per la Camera numero sette di Richmond, Virginia, appannaggio dei repubblicani dal 1970, ma l’ex agente Cia Abigail Spanberger è riuscita ad infiammare l’ala più liberal del partito e ha battuto il deputato uscente David Brat (50,01% contro 48,7%).

Arrivano le parole di Barack Obama: “Il nostro lavoro ora va avanti. Il cambiamento non può arrivare da una sola elezione, ma questo è un punto di partenza”. “Spero che si torni ai valori dell’onestà, della decenza, del compromesso e che si torni a un Paese non diviso dalle sue differenze ma legato da un comune credo”, aggiunge l’ex presidente.




Trump shock: “Obama ‘malato’, intercettava i miei telefoni”

USA – “Ho appena scoperto che mise sotto intercettazione i telefoni della Trump Tower poco prima della vittoria. Nulla è stato trovato, questo è maccartismo”. Così Donald Trump su Twitter. “E’ legale per un presidente monitorare una elezione presidenziale?”, aggiunge Trump. “Un avvocato potrebbe fare una grande causa, visto che Obama intercettava i miei telefoni lo scorso ottobre”.

L’amministrazione Trump sta valutando una proposta che prevede di separare donne e bambini che insieme attraversano illegalmente il confine sud degli Usa. Il provvedimento e’ al vaglio del Dipartimento alla Sicurezza nazionale e ha come obiettivo quello di scoraggiare l’immigrazione irregolare e l’arrivo di madri con i propri figli. L’amministrazione Trump ha in programma l’assunzione di ulteriori 15 mila agenti per rafforzare la lotta all’immigrazione irregolare. La maggior parte dei terroristi nati all’estero che operano negli Stati Uniti si sono radicalizzati molti anni dopo il loro ingresso nel Paese, secondo un recente rapporto interno del dipartimento per la Sicurezza nazionale: il bando sull’ingresso da 7 paesi a maggioranza musulmana non metterebbe al riparo dai rischi.
Sergey Kislyak, l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, al centro del Russiagate per i suoi incontri con Jeff Sessions ‘e’ stato alla Casa Bianca per 22 volte, 4 solo nell’ultimo anno’. Cosi’ il presidente Usa Donald Trump in un tweet. ‘Il primo incontro tra Sessions e l’ambasciatore e’ stato organizzato dall’amministrazione Obama nell’ambito di un programma di educazione per 100 diplomatici’.

L’amministrazione Trump starebbe per calare la scure dei tagli sulla National Oceanic and Atmospheric Administration (Nooa), la principale agenzia federale che si occupa di cambiamenti climatici. Secondo quanto riporta il Washington Post, il bilancio verrebbe decurtato del 17% delle risorse eliminando fondi per la ricerca e programmi satellitari. Ad essere colpiti anche programmi piu’ piccoli ma fondamentali per studiare e combattere gli effetti dei cambiamenti climatici, come quelli per il controllo delle coste, degli estuari dei fiumi e delle riserve costiere, aree sempre piu’ soggette a tempeste ed alluvioni legate all’innalzamento del livello dei mari.




Obama: "La democrazia ha bisogno della stampa"

 

di Paolino Canzoneri

 
USA – Si chiude un'epoca e se ne apre un'altra. Ieri il presidente degli Stati Uniti d'America uscente Barack Obama, come da prassi, ha condotto il suo discorso di addio in una conferenza stampa in procinto di lasciare la Casa Bianca per l'insediamento del nuovo presidente Donald Trump. Un discorso piuttosto profondo e a tratti commovente pieno di gratitudine per anni trascorsi a lavorare duramente per il popolo americano e per realizzare sogni di eguaglianza e di miglior conduzione della vita. Ai giornalisti è andato un suo speciale ringraziamento che in otto lunghi anni lo hanno seguito e il più delle volte sostenuto: "Grazie a voi sono stato un presidente migliore.
 
Gli americani e la democrazia hanno bisogno della stampa , occhio critico su chi detiene il potere. Continuate con la stessa tenacia". Poi anche un consiglio al suo successore Trump riguardo al grande impegno che lo attende: "..talmente grande che non lo si può fare da soli". Nel bilancio personale dei suoi due mandati, Obama, non nasconde la sua soddisfazione specialmente in politica estera dove ricorda quanto sia stato importante il suo contributo nei rapporti fra Russia e Israele: "Intrattenere rapporti costruttivi con la Russia e' una priorità degli Stati Uniti e lo è nell'interesse del mondo intero"; parole dettate dai rapporti inclinati a causa delle recenti accuse di hackeraggio da parte della Russia di Vladimir Putin e dell'invasione della  Crimea che ha gettato le basi per le sanzioni contro Mosca;  mentre per le tensioni mediorientali Obama ha detto : "Lo status quo è insostenibile e negativo per Israele e i palestinesi. Ho fatto tutto quello che ho potuto.
 
Ma la pace non può essere imposta". Allargando l'orizzonte il 44esimo presidente degli Stati Uniti si è più volte soffermato sull'importanza della libertà di stampa nei paesi come Cina e Turchia al momento ad alto rischio. Ovviamente ampio risalto è stato dato al tycoon successore che già da giorni fra esternazioni e tweet vari, aveva già fatto intendere come da un presidente da premio nobel per la pace si possa frettolosamente passare ad un presidente bellicoso e intransigente fissato con la mano pesante contro tutto quello che possa rappresentare qualcosa di antiamericano, anticapitalista o peggio "comunista". Donal Trump nei primi anni 90 aveva provato ad imporre il suo marchio Trump in "terra rossa" con tanto di incontri e meeting vari con esponenti e costruttori russi tanto da scrivere sui social una frase un po megalomane: "La Trump Tower a Mosca è un prossimo passo"; deliri di onnipotenza forse un po esagerati e basati più da impressioni che da accordi concreti mai andati in porto. Putroppo nè la Trump Tower e nè tantomeno un reality show a lungo programmato sono stati realizzati. Una "debacle" quasi assoluta che in un certo modo ha fatto perdere convinzione e fiducia nel fare affari con i russi apparsi troppo "complicati" e non in grado di rappresentar un incentivo serio all'economia. A poche ore dal suo insediamento Trump ha già mostrato tutto il limite della sua intransigenza mentre l'ex presidente Barack Obama lascia con amarezza un paese che stava costruendo dei passi importanti per il bene dei cittadini. Il nuovo corso della storia sta per cominciare.



Shinzo Abe e Obama a Pearl Harbor: "Il potere della riconciliazione" ma niente scuse ufficiali

 

di Paolino Canzoneri

 
NEW YORK – Visita storica per il leader del Giappone Shinzo Abe all'USS Arizona Memorial di Pearl Harbor. Il premier nipponico corona insieme all'ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama il luogo storico ove 75 anni fa perirono 2400 persone vittime dell'attacco a sopresa alla flotta americana da parte del Giappone che con questo attacco sanguinario aprì la strada per il coinvolgimento americano nel secondo conflitto mondiale. Una corona simbolica e un omaggio che Obama stesso ha definito "il potere della riconciliazione che dimostra che le ferite di guerra possono cedere il passo all'amicizia". I leader nipponico ha commentato anch'egli con parole profonde: "Non dobbiamo mai ripetere l'orrore delle guerra. Questo e' l'impegno, Il mondo ha bisogno di tolleranza e del potere della riconciliazione". Una profonda e seria riconciliazione già iniziata ad agosto scorso durante la visita dell'allora presidente Barack Obama ad Hiroshima durante il giorno della commemorazione delle circa 200mila vittime ma oscurata forse dalla mancanza di scuse ufficiali da parte degli Stati Uniti che il Giappone si aspettava; "scuse ufficiali prontamente evitate anche dal premier giapponese Shinzo Abe a Pearl Harbor. Il disgelo è in corso e comunque promette bene anche se la nuova presidenza americana di Trump non è vista di buon occhio dal Giappone e sicuramente rappresenta fonte di imbarazzo  all'indomani delle dichiarazioni del nuovo presidente USA di intendere inasprire l'atteggiamento contro la Cina e questo potrebbe causare rischi per il Giappone. Trump stesso durante la campagna elettorale aveva accusato Giappone e Corea del Sud di approfittare troppo della protezione degli Stati Uniti e aveva esortato i due paesi a provvedere autonomamente allo sviluppo dell'armamento nucleare. Il presidente giapponese Abe oltremodo era già rimasto deluso dalla bocciatura da parte di Trump del progetto Partenariato Trans-Pacifico che avrebbe regolato gli investimenti regionali in cui hanno preso parte 12 paesi dell'area pacifica e asiatica. Il disgelo è in corso ma ancora persistono insidie e insoddisfazioni. 



Obama al suo friend Renzi: "Patti chiari amicizia lunga"

di Vincenzo Giardino

USA – Un grande momento vissuto dal premier italiano Matteo Renzi ospite di Obama. Quest'ultimo involontariamente ha tirato una volata a Matteo in vista del referendum. A 39 anni da Giulio Andreotti e 28 anni dopo Romano Prodi, Matteo Renzi è il quarto premier italiano ad essere l'ospite d'onore di una State Dinner, il terzo considerato che Giulio Andreotti è stato invitato due volte. Il leader democristiano fu il primo presidente del Consiglio in assoluto, il 26 luglio 1977 fu invitato da Jimmy Carter. Poi bissò il 6 maggio 1990, su richiesta di George Herbert Walker Bush. L'ultima premier italiano ad avere avuto il privilegio è stato Prodi il 6 maggio 1988, invitato da Bill Clinton. "Abbiamo tenuto il meglio per la fine": è nella battuta con cui il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha accolto Matteo Renzi, il senso della visita del premier italiano a Washington, ultimo e più prestigioso appuntamento dell'agenda internazionale della Casa Bianca. Obama ha accolto Renzi con un "Buongiorno" in italiano, cui ha aggiunto un'altra frase in italiano nel corso del suo intervento: "Patti chiari, amicizia lunga", riferendosi alle ottime relazioni con il suo "friend" Renzi e fra Usa e Italia."L'Italia – ha aggiunto Obama – è uno dei più alleati e amici più stretti che abbiamo. Renzi è uno dei partner con cui condividiamo le idee su come ridurre le ingiustizia e le diseguaglianze". Il presidente Usa si è rivolto all'Europa, dicendo che deve "diventare un continente di libertà". La "Nato deve rafforzarsi, dobbiamo migliorare la politica sugli immigrati, dobbiamo accettare i profughi", ha aggiunto. Italia e Usa è stato il suo appello "lavorino insieme sui cambiamenti climatici, fianco a fianco per liberare mondo dalla fame".Renzi, accompagnato dalla moglie Agnese e tra gli altri dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni e dall'ambasciatore italiano a Washington, Armando Varricchio. La cerimonia di accoglienza si svolge nell'ala sud del giardino della Casa Bianca adornato per l'occasione con bandiere italiane alternate a quelle americane. Presenti anche il vicepresidente Joe Biden e il segretario di Stato Usa John Kerry.

Renzi e Obama si sono salutati in modo cordiale, con tanto di pacche sulle spalle ma il primo a mettere la mano sulle spalle dell'altro è stato proprio Renzi. Le due first lady, Agnese e Michelle, si sono scambiate un bacio sulla guancia. Michelle ha scelto per l'occasione un abito smanicato bianco e nero, spigato e dalla gonna ampia. Per Agnese Landini una mise in pizzo verde, mezze maniche. Nella giardino della Casa Bianca, dopo il saluto dei leader e delle first lady alle rispettive delegazioni, sono stati sparati diciannove colpi di cannone, come vuole il cerimoniale per le visite di Stato, e intonati gli inni nazionali italiano e americano. Renzi e Obama hanno passato in rassegna le truppe mentre gli ospiti americani esultavano: "I love you president". Infatti le strette di mano del pubblico erano tutte a favore di Obama, Renzi ha cercato di salutare anche lui a suo modo ma persino i bambini sono rimasti sorpresi e si saranno chiesti: "Ma lui chi è?". I due leader hanno salutato tutti ma inutile ribadire a chi sono stati diretti baci e abbracci affettuosi. 

Questa sera la State Dinner è l'evento simbolico più importante per la diplomazia americana, l'occasione più formale, con gli uomini in smoking e le mogli in lunghi abiti sontuosi, occasione imperdibile per tessere relazioni e cementare rapporti. Fino all'anno scorso Barack Obama ne aveva organizzati solo nove. Ma lo State Dinner di stasera con Matteo Renzi è il 13mo per Barack Obama, l'ultimo del suo doppio mandato: solo nel 2016 ne ha organizzati 4, uno dei quali con tutti i leader dei Paesi scandinavi. L'ultimo, il 2 agosto con il premier di Singapore Lee Hsien Loong. Per avere un'idea di come gli Obama abbiano voluto dare alla 'State Dinner' un tono riservato alle grandi occasioni basti pensare che Lyndon B. Johnson ne organizzò 54 in 62 mesi di presidenza. Ronald Reagan 52 in due mandati. Jimmy Carter 28 in 4 anni. E gli stessi Clinton ben 28.




Usa 2016, tuona Obama: "In ballo c'è la democrazia"

Redazione

USA – Alle elezioni per la presidenza americana di novembre "in ballo c'è la democrazia". Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in un intervento elettorale in Ohio dove è tornato ad attaccare la candidatura di Donald Trump.

In un appassionato appello a Cleveland, in Ohio Stato cruciale nella corsa per la Casa Bianca, Obama ha lanciato con forza il suo monito circa i rischi che Donald Trump pone per il sistema democratico americano. Ha affermato che una eventuale elezione del tycoon cancellerebbe i progressi degli ultimi otto anni. Il presidente Usa ha quindi sottolineato che in democrazia un politico non può bandire i giornalisti "che non gli piacciono" citando il primo emendamento della Costituzione americana che garantisce la libertà della stampa.

Il presidente degli Stati Uniti sottolinea l'efficacia e la forza del discorso pronunciato ieri dalla first lady di cui, dice, "non potrei essere più orgoglioso". Parlando a favore della candidata democratica Hillary Clinton ad un evento elettorale nello Stato cruciale dell'Ohio, Obama ha sottolineato come, nel suo intervento ieri, Michelle "ha parlato si' per le donne, ma anche per gli uomini, che sono migliori di cosi'. Che non vogliono insegnare ai propri figli cio' che vedono in tv". Quindi e' tornato a puntare il dito contro il candidato repubblicano, affermando che il suo comportamento e' "inaccettabile" e che non e' all'altezza di fare il presidente. "Se credete che siamo migliori di cosi – ha detto quindi lanciando il suo appello al voto – la buona notizia e' che possiamo fare qualcosa a riguardo, e proprio qui in Ohio".




Il clamoroso annuncio di Obama: "Nel 2030 l'uomo su Marte"

Redazione

USA – L'annuncio è davvero clamoroso. Gli Stati Uniti invieranno i primi uomini su Marte entro il 2030, e in questa direzione la Nasa sta lavorando insieme con aziende private. Lo ha annunciato il presidente americano, Barack Obama, in un articolo riportato dal sito della Cnn. "Abbiamo fissato con chiarezza – scrive il presidente americano – un obiettivo vitale per la storia dell'America nello spazio: inviare esseri umani entro il 2030 e farli ritornare sani e salvi, con l'ambizione definitiva di fare in modo, un giorno, che possano restare lì per un tempo prolungato". "Ottenere questo risultato richiederà la cooperazione tra il governo e il settore privato più innovativo, e già siamo ben messi su quella strada", ha aggiunto Obama. "Entro due anni compagnie private invieranno per la prima volta astronauti verso la stazione spaziale internazionale". "Il prossimo passo -aggiunge Obama- è andare oltre i confini dell'orbita della Terra. Stiamo lavorando insieme con partner privati per la realizzazione di nuove strutture che siano in grado di trasportare astronauti per lunghe missioni nello spazio profondo. Questo genere di missioni ci insegnerà in che modo gli esseri umani riescono a vivere lontano dalla Terra, ovvero ciò che abbiamo bisogno di sapere in merito a lunghi viaggi verso Marte".

L'inizio dell'intervento di Obama su Cnn, che lo ha pubblicato in esclusiva, è lirico, perfettamente dentro l'arte della retorica con cui il presidente americano conquisto' il suo mandato nel 2008 e ha proceduto nel corso di questi ultimi otto anni tirandone fuori i discorsi più brillanti: "Uno dei primi miei ricordi -scrive- risale a quando sedevo sulle spalle di mio nonno, sventolando una bandiera al rientro dei nostri astronauti alle Hawaii. Ciò accadeva un anno prima che mettessimo piede sulla luna. Decenni dopo abbiamo inviato rover (robot che girano in lungo e in largo il Pianeta Rosso, ndr) su Marte…Oggi provo lo stesso sentimento di stupore di quando ero bambino verso il nostro programma spaziale". Al termine dell'articolo Obama torna su quel ricordo: "Un giorno, spero di avere sulle mie spalle i miei nipoti. Guarderemo ancora le stelle con stupore, ma invece di desiderare il ritorno dei nostri intrepidi esploratori, sapremo che grazie alle scelte che facciamo oggi essi sono li' non solo per una missione, ma per restarvi. E questo renderà migliori anche le nostre vite qui sulla Terra". Colonizzare il pianeta rosso prima della Nasa. E' l'obiettivo del miliardario Elon Musk, fondatore di PayPal e Tesla, che il 28 settembre scorso è entrato nel dettaglio del suo controverso piano per arrivare su Marte entro il 2024, attraverso SpaceX, la società fondata nel 2002.  Durante una conferenza in Messico, Musk, nonostante il recente fallimento di un test a Cape Canaveral che ha mandato in fumo il suo razzo Falcon9, ha tirato fuori il video che mostra come intende procedere nella sua impresa spaziale, trasmettendo le immagini in tutto il mondo attraverso i social media. Il video si apre con l'avvertimento che i primi viaggi saranno molto pericolosi e che solo chi non ha paura di morire potrà intraprenderli e si conclude con le immagini di Marte che si trasforma in un pianeta ospitale, con acqua, piante e un'atmosfera. 




OBAMA CONTRO TRUMP: "LA CASA BIANCA NON È UN REALITY SHOW"

Redazione

Affondo di Barack Obama al candidato repubblicano Donald Trump: "La presidenza – avverte il presidente – non è un reality show". "Credo che bisogna prendere molto sul serio le dichiarazioni che ha fatto nel passato", ha aggiunto il presidente americano. "Mi preoccupa l'enfasi dei media sul circo, non è qualcosa che possiamo permetterci" afferma Obama, sottolineando che e' importante prendere ''seriamente'' le dichiarazioni rilasciate finora da Donald Trump. Gli americani ''devono essere informati in modo efficace''.

"C'è una chiara divisione – ha detto ancora Obama – all'interno del partito repubblicano. Saranno gli elettori che decideranno se Donald Trump parla per loro e rappresenta i loro valori".

Il presidente Usa ha parlato anche della situazione economica europea e americana sottolineando che la crescita dell'Ue non è abbastanza veloce. Il Congresso – ha detto ancora – dovrebbe aumentare il salario minimo e rivedere il sistema delle tasse, chiudendo i gap esistenti.

Il presidente Usa è tornato infine sui cosiddetti Panama Papers, ripercorrendo i passi decisi al Tesoro americano per contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, fra i quali la necessita' per le banche di identificare a chi fanno capo le societa' di comodo e di facciata. ''Il Congresso deve finire il lavoro che abbiamo iniziato'' afferma Obama.




DOPO IL CASO BERLUSCONI: OBAMA FIRMA LEGGE SULLA PRIVACY E LA ESTENDE ANCHE PER I PAESI STRANIERI

di Angelo Barraco
 
Washington – La vicenda di spionaggio tra Usa e Italia ha messo sulle difensive il Presidente degli Stati Uniti d’America che ha firmato una legge sulla privacy chiamata “Judical Redress act bill”. Tale legge riguarda la protezione della privacy ma che non riguarda soltanto i cittadini americani, ma anche quelli stranieri, dei Paesi alleati e se i loro dati fossero portati alla luce del sole in modo illegale, loro possono fare causa al governo degli Stati Uniti. I controlli fatti dalla Nsa sono stati denunciati dalla talpa Edward Snowden, la Casa Bianca ha tentato di chiudere il tutto con una legge che impedisce alla Nsa di raccogliere dati sensibili (dati telefonici e conservarsi). Obama definisce quest’ultima legge una protezione ulteriore per i cittadini americani e per i consumatori, nonché una misura di protezione per gli affari Usa. Il Presidente, ricordiamo, ha firmato anche una tassa per vietare le tasse su l’accesso ad internet e ha dichiarato che serve per: “garantire che anche se proteggiamo la sicurezza del popolo americano, siamo pure consapevoli della privacy che amiamo cosi' tanto”. Ma le leggi americane attuate in precedenza non sono bastate per placare la forma di controllo degli americani in territorio USA ed estero, ciò è dimostrato dalla vicenda che ha visto coinvolto Silvio Berlusconi. Gli ultimi mesi del governo Berlusconi erano monitorati dagli USA, è quanto emerge da due resoconti di intercettazione telefonica dell’ex premier italiano diffusi da Wikilieaks, che rivelano quanto i timori del premier di un asse Parigi-Berlino. Le mosse dell’ex premier Silvio Berlusconi venivano ascoltate dallo Special Collection Service (Scs), si tratta di un’unità dell’NSA che opera sotto copertura diplomatica. Nel primo resoconto di intercettazione si legge una frase che Sarkozy avrebbe detto a Berlusconi: “le istituzioni finanziarie italiane potrebbero presto 'saltare in aria' come il tappo di una bottiglia di champagne e che 'le parole non bastano più' e che Berlusconi 'ora deve prendere delle decisioni”. Ma non solo, le intercettazioni riguarderebbero anche le conversazioni di Berlusconi con Valentino Valentino, suo consigliere personale, Bruno Archi, consigliere per la sicurezza Nazionale, il diplomatico Marco Carnelos e il rappresentante dell’Italia alla Nato Stefano Stefanii. E’ stata inoltre intercettata una telefonata tra Berlusconi e Netanyahu dove quest’ultimo si lamentava dell’assenza di un contatto diretto con il presidente degli Stati Uniti, Berlusconi rispondeva mettendo l’Italia a disposizione di Israele per riparare i legami tra Washington e Israele: “Berlusconi ha promesso di mettere l'Italia a disposizione di Israele, nell'aiutare a rimettere a posto le relazioni di quest'ultimo con Washington”. Intanto l’ambasciatore degli Stati Uniti John Philips è stato convocato dalla Farnesina per chiarire questa situazione. La notizia è stata commentata da buona parte della forza politica, il premier Matteo Renzi ha riferito: “Ci accingiamo a chiedere informazioni in tutte le sedi, anche con passi formali, sulla vicenda di Berlusconi”. Il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, dice: “"Mi sembra doveroso sottoporre la questione all'attenzione del sottosegretario Minniti nella sua audizione prevista per dopodomani”. Il portavoce del dipartimento di Stato Mark Toner ha riferito “Gli Stati Uniti e l'Italia godono di una lunga amicizia basata sui nostri valori condivisi e su una storia di cooperazione nel portare avanti interessi comuni in tutto il globo. In quanto alleati e partner, continueremo a lavorare a stretto contatto con l'Italia per proteggere la sicurezza collettiva dei nostri due Paesi e dei nostri cittadini”. Ma perché gli USA dovevano monitorare le mosse dell’Italia in quella fase? Qual’era lo scopo di tali intercettazioni?



OBAMA DOPO LA STRAGE DI SAN BERNARDINO: "VINCEREMO CONTRO L'ISIS"

Redazione

"Il terrorismo e' una minaccia reale, ma vinceremo". In un discorso raro, dallo Studio Ovale, Barack Obama parla alla nazione per ribadire che gli Stati Uniti sconfiggeranno il terrorismo "entrato in una nuova fase" e per rassicurare gli americani ancora sotto shock dopo la strage di San Bernardino.

Tredici minuti in cui il presidente Usa non fa nessun clamoroso annuncio nel cambio di strategia o di politiche per la lotta al terrorismo, ma ribadisce concetti gia' espressi in passato e rassicura: "Siamo dalla parte giusta della storia. Ricordiamoci che la liberta' e' piu' forte della paura". Obama inizia l'atteso discorso partendo da San Bernardino.

"E' stato un atto di terrorismo, progettato per uccidere persone innocenti, ma finora non abbiamo prove che i killer siano stati diretti da gruppi terroristici all'estero anche se avevano iniziato un percorso di radicalismo", dice. Quindi chiede, per l'ennesima volta, un intervento del Congresso sulle armi da fuoco: "Bisogna rendere più difficile per la gente comprare fucili d'assalto come quelle usate nell'attacco a San Bernardino", a partire dall'approvazione di una legge "che impedisca a chi si trova già sulla lista nera di quanti non possono salire un aereo – perchè considerati pericolosi – di comprare armi".

Obama spinge anche per le restrizioni al 'K-1 non immigrant visa program', il visto concesso a coniugi o fidanzati (come quello ottenuto dalla killer del commando di San Bernardino), "in modo che si possano fare piu' controlli e accertare che chi viene in America non sia stato nelle zone di guerra".

Ma chiede anche al Congresso di autorizzare l'uso continuato della forza militare contro i terroristi "anche se – precisa – non saremo trascinati in una guerra lunga e costosa. Questo e' quello che vuole l'Isis", ribadendo ancora una volta che non inviera' truppe di terra in Siria e in Iraq. "La strategia di adesso – raid aerei, forze speciali e collaborazione con le truppe locali che lottano per riprendersi il controllo del Paese – e' cosi' che raggiungeremo una vittoria piu' sostenibile".

Nel denunciare lo Stato islamico "come il culto della morte", Obama ribadisce che "l'Isis non parla per l'Islam. Sono solo dei criminali e degli assassini e rappresentano una parte piccolissima dei musulmani", sottolineando come bisogna impedire a tutti i costi che questa lotta sia definita come una guerra tra l'America e l'Islam. Il presidente ha quindi sottolineato la necessita' di respingere le proposte di chi vorrebbe che i musulmani americani fossero trattati diversamente o di chi vorrebbe i test religiosi per le persone che vengono accolte in Usa.

E ancora: "Noi crediamo nella dignita' umana. Non importa chi sei, da dove vieni, come appari o quale religione pratichi. Tutti sono uguali davanti agli occhi di Dio e davanti agli occhi della legge". Poi ha concluso: "Siamo dalla parte giusta della storia. E dobbiamo ricordare che la liberta' e' piu' forte della paura"




OBAMA E PUTIN TROVANO ACCORDO SU RISOLUZIONE ONU PER COLPIRE ISIS

di Angelo Barraco
 
La coesione tra gli Stati gridata a gran voce da Putin sta prendendo corpo poiché Usa e Russia stanno negoziando una risoluzione al Consiglio di sicurezza Onu con il fine di colpire le finanze l’Isis e contro chi commercia con lo Stato Islamico. A riportare la notizia è il New York Times. Il 17 dicembre sarà discussa la bozza in una riunione in cui saranno presenti i Ministri delle Finanze dei 15 membri del Consiglio. L’impegno per combattere l’Isis  che sarà presentato alla riunione, sarà basato su un provvedimento approvato nel 1999 per colpire le finanze dell’allora leader di al Qaida Osama bin Laden. Nel mese di febbraio era stata approvata una misura analoga contro il califfo, ma la Russia detenendo il potere di veto ed essendo membro permanente del Consiglio di Sicurezza ha lamentato il fatto che viene continuamente violato. Vitaly Churkin, ambasciatore russo, ha riferito che Mosca vuole che nella nuova misura ci sia un provvedimento che richieda all’ufficio del segretario generale di denunciare chi viola i divieti. Ha inoltre riferito: “Abbiamo deciso di fare una bozza in comune per un giro di vite contro chi fa affari con l'Isis” aggiunge che tale misura “inasprirebbe la posizione della comunita' internazionale sulla nostra lotta ai terroristi”. Jacob Lew, segretario del Tesoro Usa riferisce: “Tagliare fuori l'Isis dal sistema finanziario internazionale e interrompere il suo finanziamento sono fondamentali per lottare efficacemente contro questo gruppo terroristico violento”.
 
In Gran Bretagna è allarme terrorismo, soprattutto dopo i raid contro l’Isis. Non si sa quando si potrebbero verificare gli attacchi ma l’allarme e la concretezza delle minacce è ststa riscontrata dall’intelligence europea e americana, poiché avrebbero raccolto informazioni concrete su attacchi terroristici. Tali informazioni riguarderebbero militanti dell’Isis in Siria e in Iraq che sarebbero stati esortati a tornare in Gran Bretagna per compiere degli attacchi come quelli di Parigi. Il riferimento alla strage di Parigi è stato trovato in diversi messaggi circolati in rete che ripetevano “Londra come Parigi”. Gli attacchi inglesi contro l’Isis in Siria hanno avuto inizio nelle ultime ore e sono stati colpiti sei obiettivi nell’est siriano al confine con l’Iraq, dove si trova il campo petrolifero di Omar che è definito dalle autorità inglesi come il campo che fornisce il 10% dei profitti che l’Isis ricava dal petrolio. Obama riferisce: “L'Isis è una minaccia globale che deve essere sconfitta con una risposta globale”, il presidente francese Francois Hollande ritiene che i raid sono “una nuova risposta all'appello alla solidarieta' degli europei”. La Russia dal suo canto rinnova l’invito ad una coalizione ma da il “benvenuto a qualsiasi azione volta alla lotta contro il terrorismo, a combattere l'Isis”. Anche l’Italia è a rischio attacco Isis e l’allerta è massima da parte dell’intelligence italiana che monitora siti web e ha identificato circa 20 profili che tiene sotto controllo.
 L’allarme attentati in Italia è elevato anche in vista del Giubileo, ma ci sono circa 1.200 luoghi  in tutta Italia a rischio. Il monitoraggio sul territorio italiano è serrato, inoltre c’è un monitoraggio anche sui Foreign Fighters, ovvero soggetti che partono dall’Italia per combattere in Siria e che sono circa 90.