Bari, strage dei treni: 19 avvisi di conclusione indagini per dipendenti e dirigenti di Ferrotramviaria

BARI – La Procura di Trani ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini per il terribile incidente ferroviario che ha fatto tremare la Puglia lo scorso12 luglio 2016, sulla tratta Corato-Andria tra due mezzi che viaggiavano su un binario unico alla velocità di 100-110 chilometri orari. Uno scontro violentissimo, che ha frantumato vetri, piegato lamiere e distrutto 23 vite, 50 persone sono rimaste ferite.

 

Secondo gli inquirenti vi sarebbero 19 responsabili: il capotreno Nicola Lorizzo, i due capistazione Vito Piccarreta e Alessio Porcelli, Francesco Pistolato. Tra gli indagati, inoltre, c’è anche il Dg Virginio Di Giambattista e la dirigente Elena Molinaro e secondo gli inquirenti non avrebbero adottato i provvedimenti “urgenti necessari a eliminare il blocco telefonico” e a introdurre il sistema di controllo automatico della circolazione dei treni”. Devono rispondere, a vario titolo, di disastro ferroviario, omicidio colposo e lesioni gravi colpose.

 

I pm contestano ai dirigenti Ferrotramviaria di aver risparmiato sui lavori (700mila euro) per installare il blocco conta assi che avrebbe evitato l’immane tragedia. Il direttore generale Massimo Nitti, il direttore di esercizio Michele Ronchi, il conte Enrico Maria Pasquini e Gloria Pasquini sono accusati di non aver lavorato nella prevenzione del disastro ferroviario poiché avrebbero ignorato passaggi fondamentali per la salvaguardia del benessere pubblico e del cittadino come le direttive sulla sicurezza del lavoro, le circostanze sull’aggiornamento tecnologico e gli obblighi di contratto di servizio con la Regione. Su di loro cade la responsabilità in merito all’insufficiente “copertura della rete di telefonia mobile lungo la tratta Andria-Corato e quindi delle conseguenziali difficoltà di comunicazione tra personale di terra e personale di bordo”.  Si parla anche di 20 incidenti nascosti “i 20 incidenti che sarebbero stati sfiorati sulla linea tra il 2012 e il 2016 a causa della insufficiente copertura della rete di telefonia mobile lungo la tratta Andria-Corato e quindi delle conseguenziali difficoltà di comunicazione tra personale di terra e personale di bordo”.

 

La Puglia ricorda nitidamente quell’incidente, quelle lamiere contorte come fossero fogli di carta al chilometro 51 e le tante vite spezzate. Noi abbiamo seguito questa terribile vicenda sin dall’inizio e abbiamo intervistato la  Dottoressa Rossana Putignano che ha assistito le famiglie delle vittime, la Signora Daniela Castellano che ha perso il padre e la Signora Marita Schinzari, che in questo terribile incidente ferroviario ha perso il fratello Fulvio Schinzari, Vice Questore aggiunto 1 Dirigente a Bari.

 

La Dottoressa Putignano ci ha raccontato che “La tragedia ferroviaria del 12 Luglio u.s. ha colpito tutti noi profondamente: anche noi siamo madri, figli, sorelle,fratelli e ognuno si è proiettato nella situazione di dover far fronte a un dolore simile. Nessuno può sopravvivere a una perdita così ingiusta e nessuno è abbastanza anziano per perdere la vita in questa maniera. Bellissima è stata la catena di solidarietà che ha portato tantissima gente a riversarsi nei centri trasfusionali per la donazione del sangue e la presenza massiccia dei colleghi psicologi all’interno della U.O. di Medicina Legale del Policlinico di Bari che ha ospitato le salme per il riconoscimento fotografico e le autopsie. In qualità di Psicologa –Psicoterapeuta anche io ho potuto dare il mio contributo alle famiglie: non ci sono parole, solo carezze abbracci e lacrime, copiose lacrime da asciugare. Li ho accompagnati di sotto dai loro cari, l’odore di morte ti investe appena apri quella porticina che dalle scale conduce all’obitorio. Non scendo nel dettaglio per non soddisfare la macabra curiosità di chi vorrebbe sapere cosa ho visto; infatti,è mia intenzione solamente denunciare i comportamenti di alcuni professionisti. Non specifico la categoria professionale per non ledere l’immagine di chi lavora facendo il proprio dovere e nel silenzio del proprio studio, senza ambire all’inchiesta del momento o al risarcimento di chi si costituirà parte civile, ma è mio doveroso compito non chiudere gli occhi davanti al tentativo bieco di speculare sul dolore, approfittando della mancanza di lucidità delle famiglie. Oltre alla distribuzione di bigliettini da visita, ho visto fare promesse teatrali nei corridoi, assicurare giustizia a tutti i costi e per tutte le vittime del mondo, ho cacciato personalmente persone che non riuscivano a meglio identificarsi. Insomma, non mi aspettavo che uccelli carnivori venissero a mangiare le carcasse di quello che restava nella vita di quelle persone. Perché quei familiari sono solo corpi, fantasmi deambulanti, senza speranza di vita, senza progettualità. La loro quotidianità è stata interrotta bruscamente e devono riorganizzare, in base ai loro tempi, la loro vita senza i loro cari e in questo frastuono e grido di dolore alcune persone hanno avuto il coraggio di avvicinarsi a loro.  Gli sciacalli non sono i giornalisti che fanno il loro mestiere anche perché hanno dato “voce” a chi voleva dire qualcosa, gli sciacalli sono chi per ego personale non si rende conto della delicatezza della situazione sfruttando a tutti i costi la tragedia. Ora si va alla ricerca dei numeri delle famiglie, questo no proprio non lo ammetto!” Come ha detto una mia stimatissima collega “quando finiscono le parole, iniziano le parolacce”  ma io ho finito anche quelle”.

 

La Signora Daniela Castellano ha perso il padre in questo terribile incidente. Noi la intervistammo pochi giorni dopo la tragedia, si leggono parole in cui il dolore e la rabbia si scontrano con la voglia di lottare per arrivare alla verità. Ci ha raccontato che “la mia vita è cambiata in modo drastico. Ti parlo già iniziando da martedì quando apprendo la notizia dai televideo che i treni si erano scontrati, non sapevo che papà fosse su quel treno ma ho pensato subito a mio fratello, a mio cognata che vivono ad Andria e loro prendono quel treno per muoversi perché lavorano tutti e due a Bari. Mi muovo subito per avere notizie, purtroppo quando chiamo mia sorella e spiego che c’era stato l’incidente in treno, mia sorella ha iniziato ad urlare “Papà era su quel treno”. Da quel momento la mia vita è finita. Ci siamo messe in macchina io, mia mamma e mia sorella con il suo fidanzato e siamo accorse sul punto in cui c’è stato l’incidente. Da li è iniziato questo calvario, loro hanno aspettato li per avere notizie con mio fratello per vedere se papà era tra i feriti e poi io e mia mamma abbiamo iniziato a guardare in giro per Andria per avere notizia e riguardo: all’ospedale, dai Carabinieri, al palazzetto dello sport. Alle 17:00/18:00 ci dicono dal palazzetto dello sport che papà non era tra i feriti e che sarebbe stato il caso di trasferirci a Medicina Legale a Bari. Da Andria a Bari è stato il mio viaggio più lungo perché da un lato non vedevo l’ora di arrivare per avere notizie, dall’altro sapevo ormai che papà era morto perché me lo sentivo e non volevo arrivare. Quando poi sono arrivata li ci hanno riuniti; abbiamo avuto un grande supporto da parte degli psicologi, psichiatri e gli stessi medici legali che sono vicinissimi a noi. Li ci hanno chiesto che cosa indossasse mio padre, se c’erano delle caratteristiche particolari per poterlo riconoscere e che prima del giorno dopo non avremmo potuto fare il riconoscimento. Però venivo a sapere che papà è morto”.

 

Nel corso della nostra lunga intervista che qui riproponiamo parzialmente avevamo chiesto se prima dell’incidente vi fossero state delle avvisaglie da parte dei cittadini o dei pendolari in merito alle condizioni della ferrovia o del transito dei treni e ci rispose “No, no, assolutamente. Anche perché consideri che nessuno era a conoscenza della tratta che forse comunque scoperta d’impianto di sicurezza. Quando aprirono la tratta su Palese sembrava che Bari-Palese fosse la migliore ferrovia del mondo e quindi si pensava che fosse la più sicura perché comunque le interviste che rilasciarono all’epoca dalle istituzioni erano pervase da entusiasmo che mai avremmo pensato che si potesse arrivare a una tragedia del genere. Come fai a sapere che quel tratto era scoperto da qualsiasi sicurezza e che addirittura il treno partisse in vecchio modo, praticamente medioevale, col fischio e con la telefonata. Mai avremmo potuto immaginarlo, non l’avremmo mai preso. Nessuno prende un treno della morte, nessuno lo prende il treno della morte. Ma neanche tutti i pendolari i giorni prima e i giorni seguenti”.

 

Avevamo sentito anche la Signora Marita Schinzari, che in questo terribile incidente ferroviario ha perso il fratello Fulvio Schinzari, Vice Questore aggiunto 1 Dirigente a Bari. Ci raccontò che “Il dolore è immenso, distruttivo. Io sono confusa addolorata e sinceramente molto arrabbiata. Questa orribile tragedia si poteva evitare, bastava che chi di dovere prima di effettuare grandi lavori nella tratta Barletta Bari tenesse conto di una sola parola: sicurezza! È venuto a mancare il fulcro di tutto questo bel contorno di ammodernamento, la sicurezza”. Ci disse che “Mio fratello Fulvio Schinzari era Vice Questore aggiunto 1 Dirigente a Bari. Lui, come me, era un pendolare. Io lavoro in posta e da 5 anni, sono a Bari. Ecco, non si usava la macchina per evitare il pericolo e invece avevamo la morte sul collo. il treno, un mezzo sicuro, anzi sicurissimo. Lui amava leggere, ascoltare musica perché era un momento di calma alle giornate frenetiche, spesso viaggiavano insieme, di  solito prima carrozza per scendere per primi e arrivare in orario al lavoro, per lo meno per me”.

 

Avevamo chiesto anche a lei se vi erano state delle avvisaglie prima dell’incidente e ci rispose che “non c’erano avvisaglie di nessun tipo, treni stupendi controllori gentilissimi. L’unico problema è che a determinati orari, ad esempio al mattino presto, i treni erano super affollati con tantissima gente. Non oso immaginare se questo incidente fosse successo nel periodo scolastico.  Facile ora riversare tutta la colpa ai controllori, lo schifo sta in alto, non serviva neanche l’ aiuto della comunità europea visto che la famosa curva della tragedia, non c’era un sistema di GPS e uno di blocco automatico dei treni. Ma si può nel 2016 avere un controllo solo per telefono?  Scherziamo? Le piste dei trenini dei bimbi ce l’hanno. Io quel giorno ho perso quel treno per pochi minuti, dovevo essere li con lui e non ci sarebbe stato neanche il tempo di un abbraccio, Dio Mio! Perché? Perche?”.

 

Daniela Castellano ha rivolto un forte e sentito messaggio alle istituzioni: “Vorrei che stessero attenti quando dicono “vi staremo vicini”. Vorrei far capire che per le persone che subiscono un trauma de genere un messaggio di questo tipo è importante, magari per loro sono solo parole ma per noi è importante, è una sicurezza di non essere abbandonati nella ricerca della verità, nel caso dei terremotati nella ricostruzione di intere città. Quindi di fare molta attenzione e di calibrare le parole perché per noi sono importanti, magari per loro sono solo dei copia-incolla. Io mi sono permessa ieri di scrivere al Sindaco di Bari, perché so che stanno cercando un nome per il nuovo ponte dell’asse Nord-Sud. E’ richiesto di prendere in considerazione magari, di dedicare alle 23 vittime il nome di questo ponte. Che possa essere il 12 di luglio o qualsiasi altra data, l’importante è che ci sia un modo per onorare queste vittime, un modo affinchè Bari e la Puglia non dimentichino mai quello che è successo. Su quella ferrovia non esistevano messi di sicurezza e sono morti per l’incuria della politica, che non si dimentichi questa cosa perché ci sono tante altre ferrovie in Puglia che peccano di questo, magari se non è la sicurezza sono i vagoni vecchi. Non dimentichiamo che noi abbiamo il diritto di tornare dai nostri familiari, questo c’è stato negato quel 12 di luglio. Facciamo in modo che non succeda più, ne qui ne altrove. Io combatterò con questa associazione per questo, per la sicurezza, che ci venga garantita la vita. Basta morti per l’incuria, basta. Io piangerò mio padre come la mia famiglia per sempre perché c’è stato portato via in maniera violenta. La morte deve avvenire in modo naturale e non per mano di uomini che non hanno saputo tutelarci. Vogliamo giustizia e la messa in sicurezza della tratta Bari-Barletta che è obbligatoria e io spero che la Regione di questo ne sia consapevole e che blocchi quella ferrovia e aiuti quei pendolari ad arrivare sui luoghi di lavoro sani. Quindi che non vengano strappate di nuovo vite. Un appello: non dobbiamo dimenticare queste 23 vittime. Noi vorremmo una targa con i nomi, in loro ricordo, al chilometro 51 della Bari-Barletta perché chiunque prenda quel treno non debba mai dimenticare quello che è successo. Il loro ricordo non deve essere dimenticato. Vorremmo che qualcuno ci dia delle indicazioni su come fare ad apporre una targa con l’elenco delle 23 vittime, anche io come associazione vorrei fare una raccolta fondi per la targa. E soprattutto vorrei che il Sindaco prenda in considerazione il mio appello e che possa dare un nome a quel ponte in onore delle vittime. La cosa sconcertante anche, quando c’è stata la partita Italia-Francia, gli Ultras di Bari avevano creato un cartellone con due date importanti: 12 luglio 2016 e 24 agosto 2016. Il 12 di luglio era in onore delle 23 vittime e nessuno della Rai ne ha parlato, eppure erano ospiti in Puglia ma nessuno ha dato voce a questi 23 angeli”.

Angelo Barraco

 




Puglia, strage ferroviaria: parla la sorella del V. Questore di polizia morto nell'incidente

di Angelo Barraco
 
Bari – Lamiere contorte come fossero fogli di carta, natura incontaminata che intreccia i suoi rami tra i corpi falciati e deturpati, le urla dei feriti,  il verde delle foglie che si tinge di rosso di dolore e di morte. Sono queste le immagini che si sono presentate dinnanzi ai soccorritori e ai volontari che il 12 luglio scorso si sono recati sul luogo del terribile incidente ferroviario avvenuto sulla tratta Corato-Andria, quando due treni che viaggiavano a circa 100-110 km orari si sono scontrati violentemente su un binario unico. L’incidente ha cagionato la morte di 23 persone e il ferimento di 50. Gli inquirenti stanno indagando in merito alle dinamiche che riguardano l’incidente, stanno verificando tutti gli elementi che stabiliranno eventuali responsabilità. Oggi però, il prezzo più alto lo stanno pagando i familiari delle vittime, che vivono in un limbo fatto di ricordi, nell’incredulità di un avvenimento che ha strappato via la vita ad un loro caro e nella forza e determinazione per far luce su quanto è accaduto. Noi de L’Osservatore D’Italia stiamo seguendo questa terribile vicenda sin dall’inizio, abbiamo ascoltato la Dottoressa Rossana Putignano, che ha voluto raccontare a noi il suo lavoro di sostegno psicologico ai familiari delle vittime. Abbiamo poi intervistato la Signora Daniela Castellano, una donna che ha perso il padre in questo terribile incidente.
 
Ci ha concesso gentilmente un’intervista la Signora Marita Schinzari, che in questo terribile incidente ferroviario ha perso il fratello Fulvio Schinzari, Vice Questore aggiunto 1 Dirigente a Bari. 
 
Stiamo seguendo da vicino la vicenda che riguarda il terribile incidente ferroviario avvenuto nella tratta Corato-Andria il 12 luglio. Com’è cambiata la sua vita quel giorno?
Il dolore è immenso, distruttivo. Io sono confusa addolorata e sinceramente molto arrabbiata. Questa orribile tragedia si poteva evitare, bastava che chi di dovere prima di effettuare grandi lavori nella tratta Barletta Bari tenesse conto di una sola parola: sicurezza! È venuto a mancare il fulcro di tutto questo bel contorno di ammodernamento, la sicurezza.
 
Suo fratello su quale treno viaggiava?
Mio fratello Fulvio Schinzari era Vice Questore aggiunto 1 Dirigente a Bari. Lui, come me, era un pendolare. Io lavoro in posta e da 5 anni, sono a Bari. Ecco, non si usava la macchina per evitare il pericolo e invece avevamo la morte sul collo. il treno, un mezzo sicuro, anzi sicurissimo. Lui amava leggere, ascoltare musica perché era un momento di calma alle giornate frenetiche, spesso viaggiavano insieme, di  solito prima carrozza per scendere per primi e arrivare in orario al lavoro, per lo meno per me. 
 
– Lei ricorda se qualcuno se vi erano state delle avvisaglie, da parte dei cittadini, in merito alle condizioni della ferrovia prima dell’incidente?
Non c’erano avvisaglie di nessun tipo, treni stupendi controllori gentilissimi. L’unico problema è che a determinati orari, ad esempio al mattino presto, i treni erano super affollati con tantissima gente. Non oso immaginare se questo incidente fosse successo nel periodo scolastico.  Facile ora riversare tutta la colpa ai controllori, lo schifo sta in alto, non serviva neanche l’ aiuto della comunità europea visto che la famosa curva della tragedia, non c’era un sistema di GPS e uno di blocco automatico dei treni. Ma si può nel 2016 avere un controllo solo per telefono?  Scherziamo? Le piste dei trenini dei bimbi ce l'hanno. Io quel giorno ho perso quel treno per pochi minuti, dovevo essere li con lui e non ci sarebbe stato neanche il tempo di un abbraccio, Dio Mio! Perché? Perche?
 
Avete ricevuto o state ricevendo un supporto psicologico? Se si, come lo reputa?
Abbiamo ricevuto un forte supporto psicologico, gente esperta e umana ha vissuto con noi il dolore donandoci tutto l'amore possibile. Onore e merito ai medici e a tutto il personale del policlinico di Bari posso solo dire grazie di cuore per tutto a tutti, ai volontari .e alla gente che ha fatto lunghe code per donare sangue. Nella nostra bella e amata Italia qualcosa ancora funziona, il cuore di noi Italiani!
 
– Che messaggio vuole lanciare alle famiglie che stanno vivendo, come lei, lo stesso dolore e alle istituzioni?
Alle 23 famiglie distrutte che hanno subito una grande perdita di un caro dico forza! i nostri Amati non torneranno più, ma possiamo sperare nella giustizia. A chi conduce le indagini di aver pietà di noi, di continuare come stanno facendo con molta serietà e meticolosità. Chi ha sbagliato deve pagare dal più piccolo al più grande e dare dovute delucidazioni su come sono stati utilizzati i soldi ricevuti a chi di dovere. Ho fiducia nella Giustizia, al funerale di Stato abbiamo visto le lacrime dei politici e non false perché questa orribile tragedia ha fatto piangere anche le pietre, gli ulivi e la terra  di quelle campagne che ora profumano di morte di 23 anime, di 23 persone distinte, per bene e piene di vita! Vita rubata!




Puglia, strage ferroviaria: intervista esclusiva alla figlia di una delle vittime

di Angelo Barraco
BARI – Martedì 26 luglio, alle ore 20.30, si terrà una fiaccolata in Piazza Diaz per ricordare le 23 vittime del tragico incidente ferroviario che è avvenuto sulla tratta Corato-Andria lo scorso 12 luglio, quando due treni che viaggiavano su un unico binario si sono scontrati ad una velocità di circa 100-110 km orari. Un impatto violentissimo che, in un groviglio di lamiere, polvere e cenere, ha strappato la vita a 23 persone e ne ha cagionato il ferimento di 50. Con l'avvio delle prime indagini e la costituzione di un pool di magistrati per coordinare l’inchiesta. sono subito saltate fuori le prime anomalie. È emerso subito che il treno partito da Andria in realtà non doveva partire. Viene puntato il dito sui capistazione della società Ferrotramviaria che erano in servizio ad Andria e Corato poiché il treno si è mosso con l’ok del capostazione e il semaforo che ha confermato al mezzo la possibilità di proseguire la marcia. Errore umano oppure un guasto che ha portato all’attivazione del semaforo? Nessuna pista è esclusa ma ciò che si è palesato davanti agli occhi dei familiari delle vittime che hanno cercato i corpi dei loro parenti rimarrà un segno indelebile inciso nella memoria di chi aspettava un padre, un fratello, un figlio e invece ha dovuto trasformare quell’attesa in un ricordo lontano, sbiadito, che trasforma i gesti più semplici in ostacoli insormontabili.

Abbiamo ripercorso tutta la storia raccogliendo la preziosa testimonianza di una psicologa che ha assistito i familiari delle vittime. Un dolore difficile da affrontare, che si intreccia con i ricordi e con l’incredulità, esattamente con quelle lamiere che si sono intrecciate, ai corpi e agli alberi circostanti.

Ci ha concesso gentilmente un’intervista la Signora Daniela Castellano, una donna che ha perso il padre in questo terribile incidente. Con tanto dolore, rabbia ma con tanta voglia di lottare per raggiungere la verità, ci ha raccontato quel giorno.

Il 12 luglio due treni si sono scontrati sulla tratta Corato-Andria: Un incidente che ha cancellato per sempre il naturale percorso di vita di molte persone. A lei cosa ha portato via quel terribile incidente?
La mia vita è cambiata in modo drastico. Ti parlo già iniziando da martedì quando apprendo la notizia dai televideo che i treni si erano scontrati, non sapevo che papà fosse su quel treno ma ho pensato subito a mio fratello, a mio cognata che vivono ad Andria e loro prendono quel treno per muoversi perché lavorano tutti e due a Bari. Mi muovo subito per avere notizie, purtroppo quando chiamo mia sorella e spiego che c’era stato l’incidente in treno, mia sorella ha iniziato ad urlare “Papà era su quel treno”. Da quel momento la mia vita è finita. Ci siamo messe in macchina io, mia mamma e mia sorella con il suo fidanzato e siamo accorse sul punto in cui c’è stato l’incidente. Da li è iniziato questo calvario, loro hanno aspettato li per avere notizie con mio fratello per vedere se papà era tra i feriti e poi io e mia mamma abbiamo iniziato a guardare in giro per Andria per avere notizia e riguardo: all’ospedale, dai Carabinieri, al palazzetto dello sport. Alle 17:00/18:00 ci dicono dal palazzetto dello sport che papà non era tra i feriti e che sarebbe stato il caso di trasferirci a Medicina Legale a Bari. Da Andria a Bari è stato il mio viaggio più lungo perché da un lato non vedevo l’ora di arrivare per avere notizie, dall’altro sapevo ormai che papà era morto perché me lo sentivo e non volevo arrivare. Quando poi sono arrivata li ci hanno riuniti; abbiamo avuto un grande supporto da parte degli psicologi, psichiatri e gli stessi medici legali che sono vicinissimi a noi. Li ci hanno chiesto che cosa indossasse mio padre, se c’erano delle caratteristiche particolari per poterlo riconoscere e che prima del giorno dopo non avremmo potuto fare il riconoscimento. Però venivo a sapere che papà è morto.

Su quale treno viaggiava suo padre?
Pulsano-Bari, era appena partito.

Era solito prendere il treno?
No, è stata una casualità assurda questa volta. Lui viveva a Torino, tra Torino e Cuba, è arrivato in Puglia il lunedì per venire a trovare i nipoti e questa volta aveva deciso di dormire ad Andria per passare la serata con i nipoti, solitamente si fermava a Bari. Quindi la mattina  veniva a trovare i parenti, ma non è mai arrivato.

Prima che si verificasse l’incidente vi erano state delle avvisaglie da parte dei cittadini o dei pendolari in merito alle condizioni della ferrovia o del transito dei treni?
No, no, assolutamente. Anche perché consideri che nessuno era a conoscenza della tratta che forse comunque scoperta d’impianto di sicurezza. Quando aprirono la tratta su Palese sembrava che Bari-Palese fosse la migliore ferrovia del mondo e quindi si pensava che fosse la più sicura perché comunque le interviste che rilasciarono all’epoca dalle istituzioni erano pervase da entusiasmo che mai avremmo pensato che si potesse arrivare a una tragedia del genere. Come fai a sapere che quel tratto era scoperto da qualsiasi sicurezza e che addirittura il treno partisse in vecchio modo, praticamente medioevale, col fischio e con la telefonata. Mai avremmo potuto immaginarlo, non l’avremmo mai preso. Nessuno prende un treno della morte, nessuno lo prende il treno della morte. Ma neanche tutti i pendolari i giorni prima e i giorni seguenti.
 

Di recente vi sono indagini in corso in merito a fondi europei…
Si, ho scoperto con un’intervista che ho letto, rilasciata dal nostro assessore al trasporto di quest’ultimo mandato in cui ha detto che ha versato 24 milioni di euro alla Ferrotramviaria per la messa in sicurezza, nel 2014. Ora mi chiedo: dove sono finiti quei soldi?
 

Com’è il vostro stato d’animo oggi?
Dormiamo poco, dormiamo con l’ausilio di pastiglie per farci dormire, si mangia ogni tanto perché si deve mangiare ma non per fame. Vai a dormire con l’immagine di tuo padre di quando hai fatto il riconoscimento, con un cranio sfondato, ti svegli con quell’immagine, ti si materializzano improvvisamente le fotografie dei treni uno sopra l’altro, le immagini di tuo padre sotto quelle macerie: Secondo lei questa è vita? Perché per me non è vita, è un supplizio. Secondo me la stessa cosa vale per le altre famiglie, perché nessuno di noi ha avuto modo di avere un cadavere intatto. La Ferrotramviaria ci ha consegnato dei morti dilaniati, che si sappia questo. Non stiamo parlando di persone che sono morte per malattia, stiamo parlando di una strage, una strage che era già nell’aria. Noi parliamo tanto di terrorismo dell’Isis, io questo lo chiamo “terrorismo di dirigenti corrotti”, che non ha niente di diverso da quello di una guerra di religione, anzi peggio, perché qui parliamo di dio denaro.
 

Quanto è importante per voi il supporto psicologico che state ricevendo in questi delicatissimi giorni?
Io adesso non ho ancora chiamato per avere un supporto psicologico, quello che abbiamo avuto in quei giorni a Medicina Legale è stato molto forte. Io mi ricordo solo che erano iper presenti e che appena usciva una lacrima , immediatamente ero attorniata da due persone.
 

Oggi, che messaggio vuole lanciare alle istituzione a seguito di quanto è accaduto?
Riescono a svegliarsi la mattina con una coscienza pulita? Parlano, parlano ma i morti continuano ad esserci, che cosa è cambiato in questi vent’anni? Niente, solo chiacchiere buttate al vento, la gente muore per colpa loro perché comunque non fanno i controlli dovuti o perché comunque i soldi che dovrebbero essere investiti per noi comuni mortali che andiamo in giro con mezzi come i treni e non con le macchine blu scortati, noi comuni mortali rischiamo la morte ogni giorno