MXGP 2019, Milestone fa felici gli appassionati di motocross

Come ogni anno, anche per questo 2019 è finalmente arrivata l’ora di MXGP 2019: il titolo Milestone per Pc, Xbox One e Ps4 dedicato all’adrenalinico mondo del motocross che arriva, con questa edizione, alla sua quinta apparizione sul mercato. MXGP 2019, differentemente da quello che i più potrebbero pensare, non è affatto un prodotto di nicchia: la grande cura dei dettagli che la software house milanese riversa in ogni sua produzione, specialmente in quelle più recenti, rende il titolo un qualcosa di godibile per ogni giocatore, dai casual gamers fino ai piloti più esperti. C’è da dire che già dal primo avvio del gioco è difficile non rimanere colpiti da ciò che si vede sullo schermo. Non c’è componente di MXGP 2019 che non abbia ricevuto limature consistenti, ed i frutti del lavoro di miglioramento si possono notare fin dal primo momento in cui ci si confronta con i menù, i tutorial, l’interfaccia e la colonna sonora, tutti protagonisti di un evidente e notevole balzo qualitativo. Ciascun elemento appare curato fin da principio, e questa piccola attenzione tecnica si riflette nella caratterizzazione di tutte le moto e delle componenti, che siano le finiture in carbonio di una marmitta della Arrow o le saldature sul metallo dell’Akrapovich. La licenza ufficiale del campionato Motocross ha permesso, come è ovvio, di riprodurre fedelmente piloti, livree, sponsor e tracciati, per una modalità carriera che ricalca le sequenze della stagione in corso. Ad ogni modo, è possibile anche “saltare” l’ostacolo, almeno in termini di personalizzazione dell’esperienza, affidando le fortune del pilota virtuale, creabile attraverso un editor, ad uno sponsor piuttosto che ad un altro. Si tratta, è bene precisarlo, di un’opportunità prettamente estetica, che garantisce all’utente di gestire a proprio gusto i “colori” e lo stile di moto, abbigliamento e accessori. Il vero modificatore dell’esperienza risiede però nella scelta di approccio. In pratica, è possibile tanto affrontare la campagna in modalità Standard, per un gameplay evidentemente arcade, quanto giocare di “fino” e, quindi, in modalità Realismo, per una fisica, specie quella legata ai pesi di moto e pilota, ben più intransigente. Proprio per queste ragioni, come accennavamo prima, il titolo può essere giocato e apprezzato da qualsiasi tipo di gamer. Ovviamente trattandosi di un gioco di motocross in gara bisogna badare non certo solo alla velocità, ma alla gestione dei salti e, quindi, al posizionamento del bolide piuttosto che del pilota. Insomma, la conoscenza dei tracciati, ma anche la corretta lettura delle varie situazioni, tra piloti avversari e ostacoli presenti a bordo pista, è essenziale per il raggiungimento delle prime posizioni. Anche ai livelli di difficoltà più bassi.

Oltre alla modalità Carriera MXGP 2019 offre anche un
simpatico editor dei tracciati. Imparando a utilizzarlo è quindi possibile
creare la pista dei propri sogni sfruttando una serie di strumenti e preset
estremamente semplici ed efficaci, ma il risultato finale corrisponde raramente
alle aspettative, perché la totale assenza di dislivelli e piccoli
“fronzoli” estetici finisce per disegnare piste eccessivamente piatte
e prive di una reale varietà. Per testare la propria moto poi esiste l’area
Playground dove è possibile correre in una zona collinare della Provenza. Qui non
solo è possibile confrontarsi con una simpatica serie di challenge capaci di
toccare la destrezza in sella, l’abilità nel trial e la pura velocità, ma
addirittura creare piccole gare “waypoint” artigianali attraverso le quali
sfidare altri membri della community. Insomma, il Playground si è rivelato
quella tavolozza che mancava all’editor dei tracciati, e risulta
particolarmente affascinante perché riesce a deviare efficacemente
dall’esperienza tradizionale, consentendo di scalare il fianco delle colline o
di lanciarsi a tutto gas in un downhill suicida. La ciliegina sulla torta, poi,
sta nella presenza di una “modalità finale” destinata esclusivamente
a coloro che riuscissero a completare ogni sfida presente fra boschi e
laghetti. Oltre a quanto elencato fino a ora, sono presenti altre modalità:
dalla classica prova a tempo alla gara veloce, dove si potrà decidere se
utilizzare il proprio pilota o uno dei campionati MXGP e MXGP 2. Insomma, a
livello di offerta ludica il titolo non delude. A livello tecnico ed estetico,
MXPG 2019 è il titolo di Milestone con la caratterizzazione del rider più
convincente in assoluto, e le decine di piccoli movimenti pensati per
accompagnare ciascun sobbalzo in gara fanno un ottimo servizio al realismo. Realismo
che si ritrova nell’estetica dei circuiti, ormai divenuti visivamente
impeccabili, impreziositi da un gradevole sistema d’illuminazione e da
immancabili effetti particellari. Gli skybox e gli sfondi regalano un’identità
ed una palette cromatica proprie a ciascuna location, dai monti di
Pietramurata, passando per le sterpaglie della Turchia, per arrivare infine
alle piccole superfici acquatiche che fanno capolino fra i dossi di Shangai ed
in Lettonia. Anche gli elementi storicamente più spigolosi, come le comparse
fra il pubblico ed i modelli scenografici, sono arrivate a presentarsi in forma
smagliante. La fase di gara scorre discretamente liscia, e non solo per merito
dell’ottimo comparto visivo; al di là degli spigoli, abbiamo particolarmente
apprezzato la marcia indietro fatta sul reset istantaneo al momento dell’uscita
dal tracciato, sistema che penalizzava l’immersione e che ha finito per essere
sostituito da un pratico timer. Le tanto discusse collisioni, invece, sembrano aver
trovato finalmente la quadra, e capita molto raramente di trovarsi con la
faccia nel fango senza una ragione precisa. Tirando le somme, si può senza
dubbio affermare come MXGP 19, al netto di qualche imperfezione come un frame
rate non sempre stabilissimo (unica vera pecca del gioco), risulti un titolo
più che godibile figlio di anni e anni di esperienza da cui Milestone è
riuscita a imparare dai propri errori. Lo specializzarsi in un genere
perfezionandolo sempre di più è ciò che, da sempre distingue l’azienda milanese
da molte altre presenti sul mercato. Grande varietà, possibilità di essere
goduto sia dai casual gamers, ma anche da chi cerca un’esperienza realistica,
un editor di mappe e la possibilità di affrontare sfide nel Playground fanno sì
che questo MXGP 2019 sia un titolo da tenere da conto. Fango, salti, velocità e
adrenalina vi aspettano.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Gameplay: 8

Sonoro: 8

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Bloodstained Ritual of The Night, l’erede indiscusso di Castlevania

Bloodstained Ritual of The Night venne concepito nel 2014
quando il celebre producer Koji Igarashi, lasciato Konami, fu subissato di
richieste di fan che chiedevano a gran voce un nuovo gioco in stile Castlevania.
Non potendo usare però il brand, essendo di proprietà di Konami, Koji si
ritrovò nella difficile situazione di dover trovare una maniera per reinventare
il genere di cui per anni fu considerato il padre spirituale. Appoggiandosi
quindi al crowfunding, e di fatto all’aiuto di quei fan che tanto volevano un
degno successore dell’intramontabile Symphony Of The Night, Igarashi cominciò
il lungo, e altri, travagliato, sviluppo di quello che a oggi possiamo
considerare il gioco che in molti avrebbero desiderato da moltissimo tempo.
Inutile dire che se si è fan accaniti dell’originale Symphony of The Night è
obbligatoriogiocare al più presto alla nuova opera di Koji Igarashi perché
Bloodstained Ritual of The Night. Vi diciamo questo in quanto il titolo,
disponibile su Pc, Xboxc One, Ps4 e Switch, altro non è che la summa di tutto
ciò che è stato il ciclo di Castlevania negli anni in cui Iga lo ha diretto. Quindi
non ci si trova solo di fronte a un seguito spirituale ma a una vera e propria
autocelebrazione di un genere per mano del suo stesso produttore, ritrovatosi
orfano della sua creatura ma non per questo deciso a rifulgere il proprio,
storico, passato o a voltare le spalle alla sua fanbase. Se, invece, si è tra
quella schiera di persone che non ha mai potuto o voluto affrontare l’immortale
avventura di Alucard, potete prepararvi a comprendere l’arcana alchimia che
permette a una produzione quale Bloodstained Ritual Of The Night, di risaltare
in mezzo a un panorama ricolmo di titoli pregni di grafiche incredibili e
narrazioni accattivanti, basandosi solo su un gameplay che dal 1997 a oggi ha caratterizzato
un intero genere videoludico. Ma veniamo alla trama: alla fine del settecento,
nel 1783 per la precisione, nel pieno della Rivoluzione Industriale, un gruppo
di demoni attacca l’Inghilterra, compiendo dei terribili massacri. Per
fermarli, una gilda di alchimisti crea gli shardbinder, ossia degli esseri
umani con impiantati dei cristalli imbevuti di potere demoniaco. La gilda, in
collaborazione con la chiesa, riesce a fermare i demoni, ma al prezzo di
migliaia di vittime. Gli shardbinder infatti muoiono tutti nel rito di
purificazione dei cancelli demoniaci. Solo due sono riusciti a sopravvivere:
Gebel, uscito illeso dal rito, e Miriam, addormentatasi poco prima che questo
iniziasse. Da allora sono passati dieci anni e i demoni sono tornati sotto la
guida di Gebel, ormai quasi completamente cristallizzato. L’unica che può
fermarlo è Miriam, perché capace di sfruttare i poteri dei cristalli demoniaci
presenti nel suo corpo. Ad aiutarla il fido Johannes, un ex-alchimista redento,
l’esorcista Dominique e il guerriero Zangetsu, il protagonista di Bloodstained:
Curse of Moon (spin-off stile NES della serie), utilizzabile anche in Ritual of
the Night.

Pad alla mano, sin dalle prime stanze si avverte tutta
l’esperienza di Igarashi. I movimenti di Miriam sono molto simili alle movenze
di Alucard (Il protagonista di Castevania Symphomy of the Night), c’è persino
la scivolata tattica all’indietro e quella d’attacco in avanti. Il sistema di
assorbimento dei cristalli è semplice ma intelligente: ogni volta che si incontra
un nuovo nemico, dopo averlo sconfitto c’è una chance di ottenere un cristallo
che si potrà assorbire acquisendo le sue abilità specifiche. Ci sono tanti tipi
di cristalli, di attacco, di difesa, di supporto e via discorrendo. Essi vanno
equipaggiati e hanno un consumo di MP variabile in base al tipo stesso al
grado. Grado che aumenta in base al numero di cristalli dello stesso demone che
verranno trovati, con un meccanismo simile a un incremento del livello delle
abilità. Nelle prime aree di gioco c’è una grande sensazione di gratificazione,
in quanto si potranno incontrare nemici quasi sempre diversi ogni due tre
stanze e si potranno trovare tanti cristalli, in maniera tale da poter provare
tutte le abilità ad essi connesse. Uccidendo i nemici si potranno trovare come
loot anche tanti materiali e ingredienti che inizialmente non è chiaro come
utilizzare, salvo poi capirne meglio i meccanismi dopo aver incontrato compagni
della Gilda e personaggi che si offrono di aiutare la protagonista nella missione,
che spiegano come combinare gli oggetti e craftarne di nuovi. In Bloodstained Ritual
of The Night, come anche accadeva in Castlevania SotN, consultare la mappa è
sempre essenziale per capire dove bisogna andare, per comprendere la
conformazione delle stanze alte e per trovare punti chiave e stanze segrete.
Queste contengono quasi sempre equip potenti, oggetti per aumentare il cap di
HP ed MP o anche NPC. Tra le diverse aree si trovano, come in ogni Castlevania
che si rispetti, dei corridoi separatori, e ad ogni nuova area corrisponde
anche un cambio di musica in background e set di nemici. Talvolta potrà
capitare di poter accedere contemporaneamente a più aree diverse, e
generalmente il modo migliore per capire se si è scelto la strada giusta è
saggiare la forza dei nemici: se servono più di quattro o cinque attacchi per eliminarli,
generalmente è meglio battere in ritirata in quanto è richiesto un livello di potere
più alto e si andrebbe incontro a morte certa.

Man mano che si andrà avanti nell’avventura ci si dovrà
scontrare con mini-boss e boss di livello. Questi ultimi sono quasi sempre
accompagnati da delle cut-scene e richiedono una buona dose di run ed eventuali
morti per trovare la tecnica giusta per superarli. Il backtracking è presente
in maniera preponderante, ma fortunatamente ci sono i ben noti portali che permettono,
una volta trovati e attivati, di viaggiare velocemente tra gli angoli più
remoti della mappa. E quindi, ogni qualvolta si sblocca una nuova abilità che permette
di eseguire nuove mosse, quasi sempre bisognerà tornare indietro per accedere
alle parti della mappa inizialmente precluse. In Bloodstained Ritual of The
Night però c’è anche spazio per qualche piccola novità. Infatti, strada facendo
si potranno trovare diversi NPC che propongono tante missioni secondarie, come
la vendetta del marito ucciso da un particolare tipo di demone, o la raccolta
di ingredienti e oggetti specifici. Queste missioni aggiungono ulteriore
backtracking e quando se ne accettano più di una sarà facile confondersi o
perdere di vista gli obiettivi. Fortunatamente gli sviluppatori hanno inserito
un sistema di tracking che viene in aiuto con dei segnalini da posizionare
sulla mappa. Bloodstained Ritual of The Night offre poi la possibilità di
eseguire tante abilità e mosse speciali legate al tipo di arma brandita. E di
armi ne esistono di varie categorie: spade corte e lunghe, pugnali, fruste,
pistole mazze chiodate e persino opzioni per il combattimento a mani nude; e
strada facendo troveremo delle librerie che ci svelano mosse segrete che
aggiungono profondità al combattimento. Tra le novità implementate è bene
evidenziare anche un sistema di assegnazione veloce delle abilità legate ai
cristalli, che permette di cambiare rapidamente set di skill, pratica
particolarmente utile nelle parti più avanzate del gioco quando i nemici si
fanno più duri da abbattere e sfruttare le loro vulnerabilità diventa vitale.
Da questo punto di vista il combattimento risulta più tattico e meno piatto rispetto
al passato. C’è ampio margine anche nella customizzazione del personaggio, con
armi, mantelli e accessori che hanno un impatto cosmetico ben visibile su
Miriam. Inoltre, in un punto preciso del castello è presente anche un barbiere
in grado di modificare l’acconciatura ed altri aspetti del look della
protagonista. Come da tradizione poi, non manca nemmeno una vasta enciclopedia
che abbraccia personaggi, luoghi e mostri che appagherà la sete di conoscenza
dei puristi del genere. Immancabili inoltre gli shop di armi e oggetti ed il
mitico barcaiolo in stile Caronte.

In termini di esplorazione e progressione, Bloodstained:
Ritual of The Night è costruito in modo molto simile ad alcuni dei titoli della
serie Castlevania già citati: c’è un’unica grande mappa, di cui molte zone
diventano accessibili solo dopo aver sbloccato alcuni poteri specifici o dopo
aver ottenuto certi oggetti, come il già citato doppio salto. Paradossalmente
più si esplora, più la mappa sembra ampliarsi. Igarashi e i suoi hanno ottenuto
questo effetto aumentando le diramazioni in modo graduale: non si arriva mai a
sentirsi persi come accade in un Hollow Knight, ma in certi momenti non manca
del sano disorientamento. Il tempo necessario per finire il gioco a livello
Normal è noto, perché dichiarato dallo stesso Igarashi: una decina di ore. Si
tratta in realtà di un abbaglio, nel senso che Bloodstained è costruito per
essere esplorato in lungo e in largo e per essere finito più volte a diversi
livelli di difficoltà. Parlando ora del comparto tecnico, il gioco ha fatto
netti passi avanti durante il suo lungo sviluppo. Non poche erano le polemiche
insorte per animazioni legnose, uno stile grafico vecchio ed effetti grafici
non all’altezza della generazione attuale. Igarashi ha però saputo rispondere
bene a queste critiche cambiando tutto a poche settimane dal lancio,
presentando un cambiamento radicale quasi da notte a giorno per effetti e stile
grafico. Alcune aree sono veramente belle a vedersi, con tanti effetti
particellari e oggetti in movimento in background che danno decisamente vita e
spessore allo stile 2.5D. La colonna sonora è chiaramente ispirata a quella dei
precedenti Castlevania ed è sicuramente uno dei punti di forza dell’intera
produzione. Unica nota veramente negativa è da associare alla traduzione in
italiano, davvero di mediocre fattura. Sicuramente farà contenti tutti quei
giocatori che non conoscono altre lingue, ma doversi andare a rileggere dei
testi in inglese per capirli fino in fondo non è affatto una cosa buona. Tirando
le somme, Bloodstained Ritual of The Night non è solamente il successore
spirituale di Symphony Of The Night, o del filone dei Castlevania in due
dimensioni che hanno popolato le console portatili nel primo decennio degli
anni 2000, ma è soprattutto una produzione coraggiosa, fede delle proprie
radici e in gradi di dimostrare che il genere ha ancora molto da dire,
specialmente se al timone c’è uno dei suoi storici fondatori. Con un solido
gameplay in grado di divertire oggi come ventidue anni fa e un level design
sopraffino, l’ultima creazione di Igarashi non solo riesce a tenere testa a
tutti i titoli usciti negli anni precedenti ma anche a ridefinire le basi del
genere così come fu nel 1997 con la storia di Alucard. Se siete fan di
Catlevania non giocare a questo titolo sarebbe un vero peccato in quanto
incarna quanto di buono già visto in passato e lo eleva con alcune buone novità,
con un gameplay fluido e con una trama avvincente.

GIUDIZIO GLOBALE

Grafica: 8,5

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise




Spyro Reignited Trilogy, il draghetto torna in HD

Spyro, il famosissimo draghetto viola presente nelle case di tutto il mondo a fine anni ’90, fa un epico ritorno con l’uscita di Spyro Reignited Trilogy. Il videogioco, regala agli appassionati una collezione di giochi completamente rivista, con nuovi personaggi, animazioni, ambienti, luci e filmati, tutto rigorosamente in HD. Con la sua uscita gli appassionati della serie potranno rivivere i tre capitoli che hanno reso il personaggio una vera e propria icona del gaming, ma anche volare verso nuove vette, scatenare terribili attacchi di fuoco ed esplorare oltre di 100 nuove ambientazioni piene di dettagli in grado di far rivivere Dragon Realms e Avalar come mai prima. La trilogia è disponibile per PlayStation 4, e Xbox One al prezzo di 39.99 euro. Con Spyro Reignited Trilogy, quindi sarà possibile giocare a una versione ampliata di Spyro the Dragon, Spyro 2: Ripto’s Rage! e Spyro: Year of the Dragon, i tre titoli originali, migliorati con un tocco moderno che li rendono più freschi, divertenti, ma soprattutto più adatti ai giocatori di oggi. In aggiunta, il doppiatore e attore Tom Kenny fa il suo ritorno nel franchising come voce di Spyro in tutti e tre i giochi. In questa nuova versione firmata Toys For Bob, i fan storici potranno inoltre godersi le colonne sonore originali, e una nuovissima sinfonia del noto compositore Stewart Copeland. Il gioco offre inoltre una funzionalità audio in-game che consente di passare dalla colonna sonora originale a quella rimasterizzata, per coloro che desiderano un’esperienza di gioco più classica. Basterà selezionare tale feature nel “menu delle opzioni” in qualsiasi momento durante il gioco e dar sfogo al loro mood, sia esso nostalgico o eccitato, e tornare poi nel vivo dell’azione senza perdere i dati di gioco salvati.

Con Spyro Reignited Trilogy ci si trova quindi dinanzi a tre grandi classici, tre diverse avventure, simili ma allo stesso tempo diverse, con ogni capitolo che di fatto è l’upgrade del precedente (proprio come è accaduto con Crash Bandicoot, qui la nostra recensione). Una formula vincente impostasi negli anni ’90 che ci portiamo dietro ancora oggi, soprattutto parlando di saghe che devono mantenere uscite annuali o poco più. Ma veniamo all’analisi dei singoli titoli: in Spyro the Dragon, che nel 1998 ha dato inizio a tutto,il perfido Nasty Norc, un essere malvagio a cui è impedito l’accesso al Regno dei Draghi, è stufo di essere insultato in TV da questa razza leggendaria e con un incantesimo li trasforma tutti in statue. Ma il suo incantesimo non riesce del tutto in quanto il piccolo Spyro viene risparmiato e tocca proprio a lui ritrovare tutti i draghi mutati in pietra e liberarli. Per potere accedere ai vari mondi Spyro deve raccogliere un numero di gemme ben preciso con cui letteralmente pagarsi un viaggio in mongolfiera dato che è ancora troppo piccolo per coprire lunghe distanze volando. E nonostante la situazione di emergenza, il pilota non è interessato a far viaggiare Spyro gratis, che gli affari sono affari. Le gemme colorate sono sparse per i vari livelli, a cui si accede attraverso dei portali e che ci faranno attraversare l’intero Regno dei Draghi, fatto di vaste pianure, picchi altissimi, aree desertiche o innevate. Un look fiabesco e coloratissimo, che grazie al lavoro di restyling operato in questa collection, risplende più che mai. Spyro è animato in maniera eccezionale, è pratico da controllare e certe legnosità dell’originale sono state limate. Resta comunque un quadrupede nano, con una visibilità sicuramente ridotta rispetto a chi sa ergersi su due gambe, ma la telecamera è stata sistemata rispetto al passato e quindi non sono presenti tutti quei problemi che affliggevano il titolo nella sua formula originale. In questo primo capitolo della saga si salta, si sputa fuoco, si plana e in alcuni livelli speciali si può persino volare grazie al potere delle fatine amiche di Spyro. Però non si nuota, anzi si affoga malamente dopo aver toccato l’acqua, quindi è necessario fare molta attenzione a dove si poggiano le zampe. Per poter nuotare liberamente sarà necessario giocare alla seconda avventura del draghetto, Spyro 2: Ripto’s Rage, che vede il protagonista giocarsi le vacanze perché risucchiato nel mondo di Avalar da parte del Professore, che ha bisogno di lui per salvare il suo mondo dall’invasore multidimensionale Ripto. Antagonista sopra le righe che fra le altre cose odia i draghi a morte. Chi quindi meglio di Spyro per sconfiggerlo? Mondo diverso, stessa storia. Ci sono i portali da attivare per poter proseguire e raggiungere il covo di Ripto, stavolta raccogliendo sfere magiche invece che liberare draghi, senza dimenticare le gemme. Queste vanno accumulate per poter pagare Riccone, ossia un grasso e peloso signore che donerà a Spyro abilità particolari come la possibilità di arrampicarsi o di nuotare sott’acqua. A volte questo npc semplicemente si farà pagare per abbassare un ponte o per noleggiare un mezzo di trasporto, per la solita regola presente in molti videogames che vede il vil denaro venir prima della salvezza del mondo. A differenza del primo Spyro, dove i livelli sono completabili al 100% sin da subito, il secondo capitolo introduce il backtracking, costringendo i perfezionisti a tornare nelle zone già visitate una volta ottenute le abilità necessarie per raggiungere il completamento perfetto. Il tutto inizialmente viene presentato in modo un po’ confusionario, ma andando avanti nel gioco ci si fa presto l’abitudine, anche se, a nostro avviso, la semplicità del primo capitolo è la formula migliore e meno stressante per godersi l’avventura. Nella terza avventura presenti in questa prestigiosa raccolta, Spyro e la sua amica libellula Sparx devono esplorare i Regni Dimenticati, dove un tempo pare vivessero i Draghi. Queste terre sono governate da una temibile quanto crudele draghessa, la Maga, che per vendetta per l’esilio manda il suo esercito di mostri a rubare le uova di drago dal mondo di Spyro. Il protagonista viene ovviamente chiamato a esplorare in lungo e in largo questo nuovo mondo per recuperare tutte e 150 le uova rubate e sconfiggere la perfida Maga. Grande aggiunta del terzo capitolo è quella che vede l’eroe non più come unico protagonista. In alcuni livelli speciali, infatti, si controlleranno nuovi personaggi come il canguro Sheila, il pinguino soldato Sergente Byrd, lo yeti Bentley, la scimmia Agente 9 o Hunter, felino cacciatore conosciuto nel secondo episodio. Questi personaggi hanno abilità uniche, dai poderosi salti alla forza bruta, passando per il volo. C’è persino la possibilità di controllare la libellula Sparx, in labirinti in miniatura creati apposta per lei. I livelli pensati per i nuovi personaggi sono interessanti, ma oggi come allora appaiono a volte meno curati rispetto al mondo di gioco, e un po’ più imprecisi. Dopo ore passate a controllare il solo Spyro può disorientare trovarsi davanti qualcosa di completamente diverso, ma resta apprezzabile la varietà che Insomniac cercò di infondere in questa terza parte della saga.

A livello tecnico e grafico, le animazioni di Spyro sono solo uno degli aspetti che Toys for Bob ha curato nella ricostruzione del gioco e forse non è il primo che salta all’occhio quando ci si trova all’interno dei livelli. Tutto è stato rifatto da zero e con una precisione maniacale: è stato rivisto il design di ogni singolo personaggio, nemico e animaletto che popola i mondi di gioco mentre gli scenari sono stati arricchiti da numerosi particolari ma senza diventare irriconoscibili. Quello che segna però realmente l’aspetto del gioco sono le luci e l’acqua, perfettamente gestiti dall’Unreal Engine 4. Per quanto Spyro sia sempre stato un gioco molto colorato, e in questo la Reignited Trilogy non si smentisce, quello che mancava totalmente ai tempi era la profondità data dalle ombre, inesistenti. Ora i giochi di luce sono parte integrante dell’ambiente, ricreando non solo un’atmosfera davvero suggestiva ma interagendo con l’acqua in un modo mai visto in Spyro. Immergendosi in acqua si percepisce la consistenza del fluido e la quantità di luce presente nel livello influisce sulla visibilità. Il lavoro di aggiunta e perfezionamento influenza tanto il lato grafico quanto il comparto audio. Gli effetti sonori già presenti nei vecchi titoli sono leggermente diversi ma tutti ben riconoscibili mentre molti altri sono stati aggiunti: tendendo l’orecchio si può sentire il battito d’ali di Sparx, il ticchettare degli artigli di Spyro sulle superfici dure o il rumore di zoccoli del fauno Elora. Perfetta poi la riproposizione delle musiche originali di Stewart Copeland, curate per l’occasione proprio dal compositore. Noi italiani poi ci troviamo, finalmente, di fronte ad una localizzazione efficace con doppiatori all’altezza del ruolo. Tirando le somme, questa Spyro Reignited Trilogy rappresenta un lavoro di grandissimo pregio da parte di Toys for Bob, sottolineato dal fatto che l’intera opera di rimasterizzazione è stata realizzata partendo da zero, senza avere una base sulla quale appoggiarsi. Sebbene per il primo capitolo rappresenta fra i tre il più debole, non c’è davvero nulla da recriminare agli altri due giochi presenti nella collezione, delle piccole perle riproposte con uno stile grafico e tecnico che si esalta al punto tale da volerne sempre di più. Spyro è un platform che merita di essere riscoperto oggi per chi vent’anni fa non ne ebbe l’opportunità, va fatto conoscere alle nuove generazioni e merita di essere rigiocato da tutti quei giocatori nostalgici che rimpiangono i giochi di quegli anni. A Toys for Bob va un plauso per aver saputo gestire un compito per niente facile: donare alle console di attuale generazione un platform dal sapore old-school capace di inserirsi perfettamente al giorno d’oggi. Il prezzo davvero invitante per tre giochi di questo calibro è poi la ciliegina sulla torta! Lasciarsi sfuggire Spyro Reignited Trilogy sarebbe davvero un grave errore.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica:8,5
Sonoro: 8,5
Longevità: 8
Gameplay: 8,5
VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Mega Man 11, l’eroe di Capcom non passa mai di moda

Chi è cresciuto negli anni 80’ ed era un fortunato possessore del NES (Nintendo Entertainment System) ha sicuramente giocato a uno dei capitoli di Mega Man. La serie a scorrimento laterale di Capcom ha avuto un successo talmente grande in quegli anni che il titolo ebbe ben cinque sequel per la stessa piattaforma, una cosa mai vista a quei tempi. Con il passare degli anni, però, la serie non è morta, ma anzi, attraverso nuove idee, lanciando una serie parallela chiamata Mega Man X su SNES, poi proseguita su console a 32-bit, e provando esperimenti con Battle Network e Legends, per finire con le immancabili collection per piattaforme moderne e dispositivi mobile, il Blue Bomber non ha mai smesso di essere presente nelle varie epoche del gaming. La serie principale in 2D in stile 8-bit è però rimasta sempre la più apprezzata dai fan e il ritorno alle origini con Mega Man 9 del 2008 prima, e Mega Man del 2010 poi, ne sono una prova inconfutabile. Per celebrare il trentesimo anniversario della serie, Capcom ha realizzato Mega Man 11, che arriva su PS4, Xbox One, Windows e Switch. Testando quest’ultima versione possiamo dire che nonostante l’età, dopo trent’anni di onorato servizio Mega Man ha ancora una grinta da vendere e si rende un titolo appetibile sia per il pubblico odierno, sia per gli amanti del retrogaming e delle console vintage. Ma facciamo un passo indietro, con il nono capitolo della serie Capcom ha segnato un ritorno alle origini, proponendo tale e quale lo stile grafico e di gameplay 8-bit dei capitoli 1-6 per NES, con tanto di colonna sonora in chip-tune. Tale idea ha letteralmente mandato i fan di vecchia data in visibilio poi, sulla scia di quell’entusiasmo, nel 2010 il publisher ha lanciato il decimo capitolo, che sostanzialmente non cambiava le carte in tavola proponendo un titolo esteticamente parlando identico.

Con Mega Man 11 però Capcom ha voluto segnare un punto di rottura con il passato. Viene abbandonato l’approccio degli ultimi capitoli e per la prima volta in tanti anni arriva qualcosa di concreto che tenta di svecchiare la formula classica del gioco a livello estetico. Lo stile grafico di questo undicesimo capitolo, infatti, è 2.5D, ovvero personaggi poligonali su uno schermo bidimensionale con sfondi e animazioni disegnati completamente a mano, una vera gioia per gli occhi, credeteci. Mega Man ora può anche eseguire scivolate, una mossa caratteristica della serie X, e c’è una grandissima novità che riguarda il gameplay: Mega Man ora monta un sistema chiamato Double Gear, idea progettata dal perfido Dr.Wily quando studiava all’università, ma bocciata dal suo collega “buono”, il Dr. Light, in quanto esso riteneva potesse essere una minaccia se fosse caduta in mani sbagliate. Questa feature in sostanza è un sistema che funziona a due vie e che permette alternativamente di aumentare la potenza di fuoco o di velocizzare i movimenti rallentando tutto quel che si muove attorno al protagonista. L’attivazione ha una durata limite e necessita di un cooldown, il sistema inoltre andrà in sovraccarico se utilizzato troppo a lungo, risultando indisponibile per un tempo abbastanza lungo, e in determinate situazioni tale situazione diventa spesso fatale. Una scelta fatta per impedirne l’abuso e facilitare troppo il gameplay. Il Double Gear apre quindi la strada a un modo completamente nuovo di giocare a Mega Man, che si avvicina sempre più a una fluidità d’azione e a feature presenti nei titoli più moderni. Per i puristi della saga sicuramente ci vorrà un po’ di tempo per abituarsi a questo nuovo meccanismo, ma una volta imparato ad usarlo è un vero e proprio spasso. Oltre a risultare decisamente divertente e appagante infatti, andando avanti nei livelli, specialmente in quelli più difficili, il Double Gear diventa indispensabile per non incorrere in morti certe e a ripetizione, alternando con saggezza potenza di fuoco e velocità nei movimenti il protagonista diventa una vera macchina inarrestabile in grado di compiere azioni estremamente difficili ed esaltanti. Uccidendo nemici e sparsi qua e là nella mappa possono essere trovate delle viti che hanno la funzione dei classici crediti, accumulando questi oggetti, prima di iniziare una missione il protagonista potrà acquistare vite, moduli potenziamento e oggetti utili per facilitare il cammino verso la sconfitta del perfido Dr. Wily.

Per quanto riguarda il resto, Mega Man 11 mantiene sempre lo stesso DNA: otto livelli, ognuno presieduto da un boss di fine livello dotato di un’arma particolare e possibilità di affrontarli nell’ordine in cui l’utente preferisce. Una volta sconfitto un boss (e credeteci non è affatto facile anche difficoltà normale) ci si impossessa della sua arma caratteristica, avendo la possibilità di utilizzarla a proprio piacimento negli stage seguenti. Come sempre ogni potere conquistato rappresenta un punto debole per uno dei boss, quindi sta al giocatore scoprire in che ordine conviene proseguire nella storia dopo aver compiuto il primo livello. Vista l’elevata difficoltà che contraddistingue la serie, gli sviluppatori hanno inserito quattro livelli di difficoltà: principiante, facile, normale e Supereroe. Normale è quello standard, da scegliere se si è veterani della serie, visto che è duro da affrontare, molto duro credeteci. Scegliendo questo livello di sfida è un numero limitato di vite per provare a superare un livello, dopo il quale appare uno spietato game over che riporta alla schermata di selezione del robot master da affrontare (senza perdere i progressi fatti). Ogni livello ha pochissimi checkpoint ed è costellato di passaggi che richiedono memoria e precisione tecnica. Insomma, come accadeva negli anni ‘80, i livelli vanno imparati ed eseguiti. Il DNA della serie, del resto prevede una sfida sempre uguale a se stessa, senza gli elementi aleatori e dinamici di Super Mario e soci. Anche in questo caso, Mega Man 11 è un seguito corretto, che dà ai fan esattamente quello che hanno amato nelle vecchie avventure del Blue Bomber. Il livello facile mantiene tutto ciò che rende speciale Mega Man, ma velocizza il processo di apprendimento con una lieve diminuzione dei danni e l’aggiunta di una manciata di checkpoint nei posti giusti. Non è una sfida annacquata, e anzi tutta la soddisfazione della vittoria rimane intatta. Semplicemente, invece che perdere un intero pomeriggio per superare un livello, se siete bravi, riuscirete agevolmente a farne due o tre, salvandovi dalla ripetizione e dalla frustrazione dell’era NES. C’è anche una modalità principianti, resa quasi banale dall’impossibilità di cadere nei fossi e dalle vite infinite, e una modalità difficile al di là di ogni possibile concetto di sfida, ma in ogni caso può essere utile per i giocatori più piccoli o per chi non ha mai avuto a che fare con il Blue Bomber. La modalità supereroe è consigliata solo ed esclusivamente per chi vuole una sfida crudele e che ha piena consapevolezza del fatto che ogni errore, anche il più piccolo, si può pagare con il fallimento. Insomma in Mega Man 11 c’è qualcosa per tutti, dai fan accaniti (che troveranno anche una ricca gamma di challenge separate dalla campagna principale e una modalità time attack dedicata a tutti gli speedrunner) ai retrogamer della domenica. Graficamente parlando il gioco è una vera gioia per gli occhi, coloratissimo, sempre fluidissimo e bello da vedere. E’ un po’ quello che i nati degli anni ’80 sognavano giocando ai vecchi capitoli, ma che non era possibile realizzare a causa della tecnologia di quei tempi. Gradevole anche la colonna sonora che con i suoi toni un po’ metal e un po’ techno si adattano al ringiovanimento della saga. Purtroppo non ci sono brani che sono destinati a restare impressi nella memoria, ma nel complesso, assieme ai suoni di gioco, il comparto audio si difende abbastanza bene. Tirando le somme, Mega Man 11 a nostro avviso è quello che serviva per svecchiare una serie icona del mondo del gaming. Questa trasposizione per Pc, Xbox One, Ps4 e Switch farà la gioia dei vecchi appassionati, ma siamo certi che avvicinerà anche tantissimi nuovi gamers al magico universo del personaggio inventato da Capcom.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 7,5
Gameplay: 8
Longevità: 8
VOTO FINALE: 8

 

Francesco Pellegrino Lise




Hitman 2, l’agente 47 è tornato

Hitman 2, il sequel dell’acclamato videogioco dedicato al sicario più famoso dell’universo videoludico, è ora disponibile per PlayStation 4, Xbox One e PC. Sviluppato da IO Interactive, il titolo perfeziona l’esperienza da assassino in ambiente sandbox, dando ai giocatori una libertà senza paragoni per pianificare e completare le loro missioni, scegliendo in modo creativo strumenti, armi, travestimenti e tecniche furtive, sarà possibile scatenare sequenze di eventi sempre nuove e imprevedibili. Hitman 2 porta i giocatori in un’avventura a livello globale dentro sei intricate location sparse per il globo: Hawke’s Bay (Nuova Zelanda), Miami (Florida/U.S.), Santa Fortuna (Colombia), Mumbai (India), Whittleton Creek (Vermont/U.S.) e la misteriosa Isola di Sgàil (Atlantico del Nord). Tali luoghi si differenziano da quanto visto in passato in quanto sono dei veri e propri ambienti vivi, ricchi di angoli vibranti di vita, pieni di luoghi da esplorare e che offrono ai giocatori la libertà di pianificare l’assassinio perfetto. A due anni dal suo ultimo incarico, l’Agente 47 scende di nuovo in campo con un sequel che migliora quasi ogni aspetto del predecessore: Hitman 2 abbandona la formula episodica per proporre una soluzione più tradizionale, con un pacchetto completo di missioni da giocare tutte al lancio. L’Agente 47 e la sua fida “socia in affari” Diana Burnwood tornano in azione esattamente dopo gli eventi del primo capitolo: sono sulle tracce di una pericolosissima élite segreta che affonda le proprie radici nell’alta società e governa nell’ombra il destino del mondo. Ma in questo caso la vicenda globale si intreccia con quella privata del famoso Killer dallo sguardo di ghiaccio. Il passato di 47 emerge dalla nebbia, ed i suoi ricordi si fanno sempre più nitidi facendo così luce sul passato di uno dei protagonisti dei videogame più oscuri di sempre. Ovviamente la trama del gioco non brilla in maniera eccelsa in quanto gli sviluppatori hanno voluto dare una corsia preferenziale al gameplay. Il comparto narrativo infatti si riduce a un mero contorno di una produzione assolutamente sensazionale che è in grado di regalare ore e ore di forti emozioni. Il tentativo di voler mostrare il lato “umano” dell’agente 47 resta comunque uno spunto che meriterebbe un approfondimento superiore, affiancato da uno storytelling più dinamico ed avvincente. Ma veniamo al dunque, come già detto, IO Interactive ha scelto di focalizzarsi soprattutto sul gameplay. Hitman 2 è una prosecuzione del primo episodio, di cui recupera integralmente la formula ludica, ampliandola e affinandola.

https://www.youtube.com/watch?v=hSmZy9o_-ZE

Quel che vien fuori è uno stealth game rigoroso e solidissimo, un sandbox d’ampio respiro dove la creatività del giocatore viene non soltanto assecondata, ma anche fortemente incentivata dalla grandissima rosa di possibilità di azioni da svolgere e di soluzioni disponibili. Lo scopo principale del gioco non è tanto quello di eliminare il più in fretta possibile i bersagli, ma di farlo nel modo più intelligente, originale e silenzioso. La regola numero uno di qualsiasi assassino professionista è la discrezione, e in Hitman 2 le abilità di camuffamento e sfruttamento dell’ambiente circostante che il giocatore metterà in campo valgono più di qualsiasi pistola silenziata o di qualunque garrota. Ed ecco che, ancora una volta, ci si trova ad operare in luoghi dalle dimensioni molto vaste, intricate e stratificate, piene di vicoli ciechi, di stradine secondarie, ingressi nascosti e stanze segrete. Sarà quindi compito di chi sta dinanzi lo schermo, per mantenere alto il buon nome dell’Agente 47, conoscere a menadito non solo le routine delle prede, ma anche la conformazione dell’area di gioco, in modo da scovare il percorso più silenzioso, originale o spettacolare che conduce sulla strada dell’omicidio perfetto. Tutte le ottime idee saggiate nello scorso capitolo tornano in questo sequel con una marcia in più: così facendo IO Interactive ha dato alla luce un titolo davvero appagante sul fronte del gameplay, a patto di avere la giusta pazienza per spulciare a menadito ogni approccio a disposizione. Lo ricordiamo ancora una volta, Hitman 2 non è uno shooter frenetico, ma una raffinata e dettagliatissima avventura nel quale silenzio, discrezione nelle azioni e sangue freddo sono le uniche chiavi per vincere. Come detto in apertura, in Hitman 2 sono presenti ben sei location differenti, ciascuna caratterizzata da una planimetria piuttosto articolata, e non certo di immediata lettura: spetterà al giocatore, dopo diversi tentativi, memorizzare le scorciatoie, le vie di fuga, i nascondigli ideali e i movimenti delle guardie, così da muoversi nella maniera più “pulita”, senza destare sospetti. Le variabili, a tal proposito, sono innumerevoli, tanto da lasciare sbalorditi i giocatori più fedeli della saga e un po’ spaesate le persone più inesperte. Il peggiore errore che si può fare in Hitman 2 è lasciarsi scoraggiare dagli insuccessi. La perfezione deriva solo da un lungo e costante allenamento, quindi il titolo è assolutamente sconsigliato a chi non ha pazienza, a chi vuole esperienze che diano risultati immediati o a chi ha poco tempo per giocare e vuole rilassarsi. In ogni caso per favorire una giocabilità in grado di appagare sia i gamer più skillati che quelli che non conoscono bene il genere, il team ha messo in campo le cosiddette “Storie”: si tratta di soluzioni suggerite direttamente dal gioco, attraverso alcuni indizi ed icone, che guideranno chi sta dinanzi lo schermo verso il completamento dell’incarico, proponendo una serie di passaggi ben scanditi.

https://www.youtube.com/watch?v=7DF0ulFmwmQ

Ogni capitolo ne contiene diverse, alcune più creative ed altre più spettacolari: in entrambi i casi, ad una prima run, Hitman 2 induce a terminare gli obiettivi seguendo simili occasioni, permettendo quindi di familiarizzare con il contesto e scoprire anche ulteriori dettagli sul background narrativo. In ogni caso, se si è amanti delle sfide veramente dure il gioco dà la possibilità di affidarsi interamente alla fantasia in quanto è possibile scegliere di non seguire alcun aiuto. Ed è proprio sotto questo punto di vista che Hitman 2 mostra la sua grandezza in quanto lascia all’utente una libertà con pochi paragoni. Ci si può infatti travestire in qualunque modo, creare distrazioni di ogni genere, provocare cortocircuiti, incidenti automobilistici, avvelenare le vittime o attirarle in disparte per poi eliminarle in maniera silenziosa. Prima di agire, occorrerà sempre procedere con cautela, origliando le conversazioni, raccogliendo i documenti, aspettando il momento più propizio per colpire. Il tutto, chiaramente, dovrà avvenire senza destare il benché minimo sospetto in quanto generare il minimo sospetto può rivelarsi una scelta fatale. In quanto produzione di altissimo livello ogni mappa potrà richiedere anche diverse ore prima di essere completata con un punteggio dignitoso. Proprio a riguardo è bene sottolineare che maggiori XP si guadagnano alla fine della missione e più velocemente si salirà di livello, e questo a sua volta servirà a sbloccare inedite possibilità d’azione, come nuove armi e location da cui cominciare l’incarico. La rigiocabilità infatti è l’arma più potente nella produzione di IO Interactive, e stimola il giocatore a dare sempre il meglio sia per battere i propri record, sia per confrontarsi con gli altri assassini sparsi per il globo. Ovviamente, a fare la differenza è soprattutto la meticolosità, la precisione, l’inafferrabilità. Non uccidere innocenti, nascondere bene i corpi, esplorare fino in fondo ogni anfratto sono tutte attività che non vanno quindi assolutamente trascurate, pena un drastico calo delle performance a fine prova e un guadagno di punti XP ridotto. Nel menù di gioco è presente anche una modalità chiamata Sniper Assassin, in cui il protagonista verrà incaricato di eliminare tre bersagli all’interno di un’enorme villa, armato unicamente del suo fucile. Che si tratti di un’attività accessoria lo si intuisce sin da subito, considerata la limitatezza dell’offerta, ma comunque è un ottimo passatempo. In questa tipologia di gioco c’è una sola mappa da analizzare dalla distanza, e 15 minuti di tempo per mettere a segno gli omicidi, evitando che i bersagli fuggano e provando ad eliminare il maggior numero di guardie del corpo. Anche in questo caso, non mancano certo le uccisioni creative, sotto forma di sfide che il team ci invoglia a completare, ma nel complesso l’insieme ci è parso soltanto un fugace passatempo, da giocare in solitaria o in cooperativa, che si esaurisce in un lampo. A poco vale l’incentivo di sbloccare nuovi fucili e potenziamenti ad ogni passaggio di livello, perché la presenza di una singola mappa – almeno al momento – diminuisce notevolmente la rigiocabilità. In ogni caso Sniper Assassin è un ottimo modo per allenarsi nel mondo di gioco.

https://www.youtube.com/watch?v=mMIrTHOXRnY

Hitman 2 offre anche un’altra inedita modalità, ossia la Modalità Fantasma. Essa è una modalità multiplayer in cui due giocatori si confrontano sulla stessa mappa, chiamati ad uccidere il medesimo bersaglio. Il primo dei due assassini che raggiunge 5 omicidi, si porta a casa l’attestato di miglior killer. Ciascuna preda dovrà essere eliminata senza che il cadavere venga rinvenuto nell’arco di circa 20 secondi, pena l’annullamento del punto conquistato. Benché si muovano in contemporanea, i giocatori che si sfidano agiscono nel proprio mondo, che non viene influenzato in alcun modo dalle azioni del rivale: nel corso della missione, però, sarà visibile il “fantssma” dell’avversario molto simile per intenderci al ghost che si vede nei giochi di macchine. Una simile scelta è pensata per suscitare un pizzico di ansia durante i tentativi di assassinio, acuita da un messaggio vocale che informa il giocatore di ogni azione compiuta dal nemico, che sia un cambio di vestiti o un omicidio messo a segno. Quindi c’è da aspettarsi tanta adrenalina e forti emozioni. A livello tecnico il gioco è nel complesso davvero ben fatto. Il colpo d’occhio offerto dal motore di gioco è piacevole, soprattutto per quanto riguarda i riflessi sulle superfici, i modelli tridimensionali ben strutturati e le texture abbastanza definite, nonostante ci sia qualche lentezza durante i caricamenti delle stesse. Ci sono però dei grossi compromessi in altri campi, soprattutto per quanto riguarda la scarsa qualità delle ombre, che non sono proiettate dalle svariate fonti di luce presenti nell’ambiente, i volti delle persone, la cui pelle appare poco realistica, e le interazioni nulle con piante o certi oggetti, attraversati come fossero invisibili dall’Agente 47. Si tratta in ogni caso di piccolezze che non minano per nulla l’esperienza di gioco che ve lo ripetiamo ancora è veramente incredibile. Tirando le somme, Hitman 2 è uno dei migliori videogiochi stealth dell’intero panorama videoludico. Offre un ampio numero di attività, sfide, arsenale e travestimenti per poter portare a compimento i contratti dell’Agente 47, dando il meglio di sé se giocato senza aiuti e alla massima difficoltà. Se si è alla ricerca di un titolo che offra un buon livello di sfida e che sia in grado di garantire situazioni adrenaliniche in un mondo di gioco vasto e ben strutturato, questo gioco rappresenta un vero e proprio gioiello.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9
Sonoro: 9
Gameplay: 8,5
Longevità: 9

VOTO FINALE: 9

 

Francesco Pellegrino Lise




Okami HD, il classico senza tempo non smette mai di stupire

A più di un decennio dal suo lancio su PlayStation 2, Okami arriva su PC, PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch con una riedizione in Full HD e 4K. Prima di passare alla recensione vera e propria del titolo è bene fare una breve premessa per tutti coloro che si stanno chiedendo perché questo titolo sia tutt’ora in grado di incantare nonostante non si possa paragonare alle produzioni tripla A che attualmente invadono il mercato videoludico? Bene, la risposta è molto semplice. Esattamente come tanti altri classici senza tempo, produzioni che in un modo o nell’altro sono riusciti a far breccia e hanno fatto la storia segnando in maniera indelebile tappe importanti nell’evoluzione dei videogiochi, Okami basa la sua fortuna su caratteristiche che non invecchiano, efficaci ed efficienti oggi come allora. Da titolo di nicchia, soprattutto in Europa, il capolavoro che narra dell’epopea della dea Amaterasu, nel corso degli anni ha beneficiato di numerosi porting e rimasterizzazioni, entrando a far parte della collezione di molte console a cavallo di più generazioni. Dopo aver goduto di una seconda giovinezza su Wii, Okami, nella sua edizione in alta definizione, torna a calcare il palco delle piattaforme di nuova generazione offrendo le stesse emozioni di un tempo ma in un contesto grafico e tecnico sicuramente migliore. La produzione nasce da un’idea di Hideki Kamiya, il genio dietro a titoli come Viewtiful Joe, God Hand, Resident Evil, Bayonetta e Devil May Cry. Racconta la storia di un Giappone antico, feudale e fiabesco, dove le forze del bene hanno riportato l’ordine in un mondo flagellato da demoni e oscurità. I vincitori di questo scontro, dapprima celebrati, vengono in seguito dimenticati, complice un periodo di pace secolare. Accade così che la storia si trasforma in mito e che la fede finisca per sbiadire poco alla volta: in questo modo, il sigillo di confinamento di ogni possibile nefandezza viene ingenuamente spezzato. Aprire il vaso di Pandora del Sol Levante getta nuovamente il mondo nel caos. I guardiani del Giappone invocano l’intervento divino di Amaterasu, dea del Sole e madre di tutte le cose. Incarnata nel lupo bianco Shiranui, dovrà riportare la pace nei quattro angoli dell’isola di Nippon riabilitando il suo potere divino e riaccendendo la fede nel cuore delle persone.

Giocando a Okami HD il colpo d’occhio è assolutamente mozzafiato, soprattutto se si nutre una certa ammirazione per l’arte classica nipponica. Il regno che bisognerà esplorare è reso attraverso campiture monocrome, separate da contorni spessi e vistosi. Personaggi e scenari vibrano di vita, costantemente scossi da un incessante vento, da animazioni fluide e da colori brillanti che non sono mai utilizzati in maniera superficiale. Si resta spesso e volentieri incanti di fronte ai panorami offerti dal regno di Nippon, soprattutto quando i giocatori li strapperanno dall’oscurità, ridonandogli uno splendore dovuto alla natura rigogliosa e brillante. Insomma, con Okami HD è davvero difficile non rimanere estasiati dal particolarissimo art design che, come già accennato in precedenza, non conosce l’incedere del tempo, ma resta sempre attuale perché frutto di uno sforzo creativo notevole. Il discorso è ugualmente valido anche dal punto di vista prettamente ludico. Il titolo è tutt’ora in grado di appassionare, forte di una formula che fa di tutto per premiare il videogiocatore ad ogni azione compiuta, per ogni piccolo compito svolto con successo. Il termine di paragone, per chi non conoscesse il gioco, è The Legend of Zelda. Similmente alla serie di Nintendo, nei panni della dea lupa bisognerà esplorare varie aree, addentrarsi in pericolosi dungeon, risolvere enigmi, e abbattere demoni pronti a mettere i bastoni tra le ruote per impedire il cammino del protagonista verso la vittoria. Tuttavia, a differenza di quanto accade controllando Link, il focus è incentrato quasi esclusivamente sull’esplorazione. I combattimenti, oltre ad essere relativamente rari, si fondano su un combat system non particolarmente profondo, né gli avversari sono dotati di tattiche e mosse così ricercate, tali da mettere in difficoltà chi si trova dinanzi lo schermo. Giocare a Okami HD il più delle volte significherà cercare la strada giusta da imboccare e spianare il sentiero sfruttando i poteri del Celestial Brush, feature che permette di disegnare sullo schermo oggetti o item utili alla causa. Si può, per esempio, riparare un ponte interrotto, creare una bomba con cui far saltare in aria un muro, spegnere un incendio con una brezza di vento, ma anche alternare gli attacchi fisici di Amaterasu a fendenti letteralmente dipinti sullo schermo. Per utilizzare questo portentoso strumento, che ovviamente amplierà le sue possibilità nel corso dell’avventura, rendendo progressivamente raggiungibili nuove zone del regno di Nippon, si può sia utilizzare lo stick analogico, come accadeva nella versione originale del titolo, sia, nel caso in cui lo stiate giocando su Switch, affidarsi agli accelerometri di uno dei due Joy-Con, sia nel caso si stia giocando sulla TV di casa o in modalità tablet.

Nonostante l’idea sia stuzzicante, alla prova dei fatti si tratta di un sistema piuttosto scomodo, poco preciso, anche se con la pratica si possono ottenere risultati accettabili. Al di là degli enigmi, piuttosto semplici da risolvere, e della progressione dell’avventura, classica e solo marginalmente vivacizzata da meccaniche prese in prestito dai giochi di ruolo, Okami HD tiene alto l’interesse del videogiocatore regalandogli continuamente piccole e grandi soddisfazioni. Sconfiggere un gruppo di demoni, utilizzare il Celestial Brush per benedire una porzione di mappa, ricostruire un oggetto distrutto, sono tutte azioni che ridoneranno splendore alle ambientazioni che si esplorano. Allo stesso tempo, ci si imbatterà con una certa frequenza in sentieri nascosti, tesori da dissotterrare, gruppi di animali che in cambio di cibo forniranno utilissimi punti esperienza. Insomma, a oltre un decennio dal suo debutto su PlayStation 2, grazie ad una trama che amalgama armoniosamente sacro e profano, momenti aulici ad altri assolutamente demenziali, un design assolutamente maestoso, un gameplay vario ed intrigante al punto giusto, Okami HD è ancora oggi un gioco in grado di stupire e divertire una fascia molto ampia di appassionati. Il titolo era ed è tutt’ora una pietra miliare della storia del gaming, un’avventura avvincente, visivamente strepitosa e ricca di elementi singolari e unici nel loro genere. Epici scontri, profezie e leggende ancora una volta potranno fare da contorno a una storia leggendaria in grado di catturare il cuore di chi si appresta a giocare. Okami HD è un’esperienza da provare, unica nel suo genere ed estremamente valida.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 8,5
Gameplay: 8,5
Longevità: 8,5
VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Call of Duty Black Ops 4, tre giochi in uno per gli amanti del multiplayer

Con Call of Duty Black Ops 4 Activision cambia le carte in tavola e imposta un titolo che punta a volersi imporre anche tra i videogiocatori più competitivi. Per raggiungere tale scopo la software house ha deciso di sacrificare la componente single player in favore dell’introduzione della modalità Battle Royale che affiancherà l’ormai noto multiplayer e la modalità zombi. Con questo nuovo titolo quindi si è cercato di creare un impianto di gioco capace non solo di accontentare gli annuali fan della saga, ma anche di portare quelle necessarie modifiche per avvicinarsi in pianta stabile al circuito del gaming competitivo. Ma veniamo al dunque, la modalità che ha il compito di rivisitare il concetto di Battle Royale in chiave CoD prende il nome di Blackout e ha la peculiarità di introdurre la fluidità tipica del franchise in una tipologia di gioco che ha ormai trovato la sua folta schiera di appassionati grazie a titoli come Pubg e Fortnite.

L’impostazione iniziale che Call of Duty Black Ops 4 dà a questa modalità Blackout è quella classica, con la possibilità di selezionare una partita in solitaria o a squadre da due o da quattro giocatori, che vengono scelti tramite matchmaking nel caso in cui non si sia già in team con degli amici. Una volta iniziata la ricerca di una partita, si verrà lanciati in una “simulazione” della mappa di gioco, con la possibilità di esplorare liberamente e con il dono dell’immortalità. Questo naturalmente fino a quando tutti i giocatori non saranno presenti nella lobby e il match sarà quindi pronto per iniziare. Durante questa fase, aprendo la mappa di gioco, è inoltre possibile iniziare a vedere il percorso che seguirà l’elicottero da cui ci bisognerà lanciarsi. Funzionalità, questa, introdotta soltanto recentemente nelle produzioni dei Bluehole e di Epic Games, ma che è di estrema utilità in termini organizzativi, soprattutto quando si gioca in squadra. A quanto punto si avranno sessanta secondi per decidere dove e quando buttarsi giù. Naturalmente prima si arriverà a terra e prima si potrà iniziare la ricerca di un’arma: essenziale per assicurarsi la sopravvivenza nelle caotiche fasi iniziali del gioco. Per chi non lo sapesse nei giochi Battle Royale si entra in gioco con solo i vestiti addosso e sarà necessario trovare armi, corazze ed equipaggiamenti sul campo. Nella modalità Backout proposta in questo nuovo Call of Duty Black Ops 4 la gestione dell’inventario è molto interessante e risulta in sostanza l’unica vera novità, che questa Battle Royale aggiunge rispetto alla concorrenza. Oltre alle due armi equipaggiabili, entrambe altamente personalizzabili con ottiche, calci e accessori vari, c’è anche la possibilità di portare con sé un gadget medico, tra i vari oggetti che curano 25, 50 o 100 punti ferita, utilizzabile con il dorsale sinistro, e uno strumento come il rampino o una granata da usare con il dorsale destro. In più sono presenti due slot passivi dedicati uno alla corazza, di tre livelli differenti, tra cui l’ultima in grado di proteggere dai colpi alla testa, e l’altro allo zaino, con la classica utilità di ampliare il proprio inventario da cinque a dieci slot. Nonostante questa pratica selezione rapida, in qualsiasi momento della partita si potrà aprire il menu rapido per utilizzare liberamente tutti gli equipaggiamenti, tra cui dei particolari bonus dalla durata a tempo, che si possono trovare in giro per la mappa e forniscono gli stessi benefici dei classici perk di Call of Duty. Quanto alle munizioni, è invece presente una sezione dell’inventario dedicata e queste non graveranno sul peso e non occuperanno alcuno spazio nello zaino. La mappa di gioco nel complesso è ben strutturata, dalle dimensioni più contenute rispetto alle ormai note Erangel e Miramar presenti su Pubg, ma con una buona alternanza di scenari: da centri urbani ad ampi spazi aperti. Non manca infine la possibilità di sfruttare i mezzi presenti, da camion lenti ma ben corazzati e quad rapidi ma vulnerabili, fino a poter guidare motoscafi lungo i canali ed elicotteri per solcare i cieli. Ovviamente anche nel Battle Royale di Call of Duty 4 Black Ops lo scopo del gioco è rimanere l’ultimo giocatore o l’ultima squadra in vita mentre l’area di gioco si restringe sempre di più. Se si rimane fuori dai bordi la vita del proprio personaggio si riduce progressivamente fino alla morte. Tirando le somme, la modalità Blackout è una tipologia di gioco che convince e diverte nonostante sia palesemente un’interpretazione in chiave Call of Duty di una formula già collaudata e con meccaniche ben precise che, pur non apportando alcuna vera innovazione al genere, riesce ad ampliare l’offerta del titolo.

Per quanto riguarda il resto del pacchetto, in Call of Duty Black Ops 4 è presente l’immancabile multiplayer, vero fiore all’occhiello della saga da ormai più di 10 anni, ma prima di descrivere in cosa consiste è necessario fare una piccola premessa. Come già detto all’inizio la campagna single player è stata rimossa, ma la casa di sviluppo statunitense ha pensato bene di far approcciare futuri e vecchi giocatori attraverso un sistema intelligente, quanto mai appropriato. Gli eroi indiscussi di Black Ops 4 sono senza dubbio gli Specialisti, quindi, quale occasione migliore di poterli mettere in campo guidando il videogiocatore nelle varie modalità proposte? Si entra di diritto nel Quartier Generale degli Specialisti, un luogo che rappresenta un HUB per coloro che vogliono conoscere il background degli eroi e capire il funzionamento di ciascuno di essi. In linea di massima si tratta di un enorme tutorial che getta le basi per introdurre al giocatore quello che lo aspetterà nei mesi seguenti. I fan più appassionati troveranno anche di gradito gusto i file relativi ai dossier di ciascun specialista, dove scene di intermezzo, si alterneranno agli obiettivi preposti dall’istruttore guida. Niente campagna quindi, ma un modo intelligente di far conoscere Black Ops 4 ad ogni tipologia di videogiocatore. Venendo al multiplayer, le differenze sostanziali rispetto a quanto già visto in passato risiedono in un Time To Kill più diluito e la mancanza di auto-rigenerazione dopo una sparatoria. Sarà invece presente un’abilità speciale che consentirà ad una siringa di far scorrere più adrenalina e recuperare, quindi, punti vita. Tale introduzione ha un costo in cooldown, cioè un tempo di ricarica che consentirà al giocatore di non abusare troppo del reintegro, anche se la gestione dei perks e del loadout del proprio Specialista consente la riduzione di tale tempistica. Anche per questo motivo, la salute è stata aumentata del 50% in virtù del fattore rigenerate assente. Sono state eliminate anche dinamiche correlate alla parte più tecnologica degli Specialisti, vale a dire la corsa sui muri ed il doppio salto. Nonostante quasi tutte le modalità siano state mantenute, alcune non sono presenti come ad esempio “Gioco delle armi”, ma ne sono state introdotte altre di egual spessore, se non addirittura di qualità superiore e più appaganti. Certamente i vari Deathmatch a squadre, Cerca e Distruggi o Uccisione Confermata risultano ancora oggi le playlist più apprezzate, così come Dominio e Controllo, ma la vera novità dal punto di vista del multiplayer risiede in Furto. In questa nuova modalità di gioco due squadre si alternano nel recupero di un’ingente somma di denaro per estrarlo in punto preciso attraverso un elicottero. Si parte con una gestione oculata del proprio equipaggiamento, con dei crediti (fittizi) spendibili per armi e oggetti, per poi fiondarsi insieme alla squadra in uno scontro che non tollererà l’entrata dopo la morte. Sarà disponibile una sola vita per scontro, quindi questo fa sì che le partite abbiano un approccio ragionato e che il team cooperi all’unisono per arrivare alla vittoria. Al netto delle modalità disponibili, vi è anche una modifica sostanziale alla playlist presente su Veterano, speciale attività che prevede l’utilizzo di un numero inferiore di modalità aventi delle modifiche sostanziali al gameplay. L’eliminazione del radar non consente ai giocatori di capire la posizione del nemico, così come un time to kill più ridotto induce alla cautela, nonché la presenza del fuoco amico potrà causare uccisioni da parte dei compagni di squadra. Per evitare l’abuso consistente dovuto alla morte per via del fuoco amico, Treyarch ha introdotto un sistema di espulsione dalla partita per uccisioni multiple errate. Tale sistema è sicuramente utile per eliminare giocatori che effettivamente disturbano il match, ma risulta anche controproducente nel caso di morti accidentali.

https://www.youtube.com/watch?v=ooyjaVdt-jA

A completare la massiccia offerta di Call of Duty Black Ops 4 c’è la tanto apprezzata modalità Zombi. Se si è amanti di questa tipologia di gioco, presente ormai da dieci anni nei titoli della saga, in quest’ultima produzione sarà possibile trovare quanto di meglio si possa desiderare. Treyarch ha infatti deciso di inserire ben tre diversi scenari, appartenenti a differenti epoche storiche, dove i giocatori saranno chiamati a respingere orde di non morti sempre più dense, tra perks e pozioni indispensabili per avere ragione di una quantità di avversari mai così agguerrita. Tra trovate sceniche d’eccezione, che ovviamente e qualche limatura alle regole classiche del genere, si può affermare senza alcun dubbio che Treyarch ha centrato perfettamente il bersaglio. A livello tecnico/grafico, Call of Duty Black Ops 4 non brilla certamente per innovazione, spesso e volentieri si possono notare texture non proprio eccelse, animazioni al di sotto del livello di altri prodotti AAA e modelli poligonali non rifiniti al meglio. Anche sotto l’aspetto grafico, il titolo risulta essere poco entusiasmante e non stupisce. Fortunatamente i cali di frame si presentano raramente, salvo in alcuni momenti concitati su Blackout, quindi l’esperienza di gioco sarà quasi sempre fluida e appagante. Il netcode nel complesso risulta essere ben solido, come già visto in altre produzioni targate Activision, e questo è un bene in quanto garantisce piacevoli e longeve sessioni di gaming esenti da problematiche poco gradevoli.

Tirando le somme, questo Call of Duty Black Ops 4 è un prodotto che diverte e che offre una varietà di gioco mai vista prima nel franchise. Activision e Treyarch hanno ascoltato con attenzione le richieste della community portando alla luce un prodotto solido e ben variegato nelle modalità che, purtroppo, pecca di una campagna single player maldestramente sostituita da tutorial, con protagonisti i vari Specialisti, che mancano di spessore e caratterizzazione. Il titolo potrebbe candidarsi realmente a essere quel punto di raccordo, mai trovato fino a questo momento, tra la vecchia e nuova fetta d’utenza utile a dar nuova linfa vitale a un brand che, nel corso degli ultimi anni, è rimasto bloccato in un limbo che non ha mai convinto o soddisfatto gli utenti. In ogni caso, se siete amanti degli shooter, del Battle Royale, della competizione o della saga, questo titolo non può assolutamente mancare nel vostro scaffale sia che siate possessori di Pc, Xbox One o PS4.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8
Longevità: 9
Gameplay: 8,5
Sonoro: 8,5
VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Hollow Knight, un’epica avventura a metà fra Castlevania e Dark Souls

A distanza di un anno dal lancio su PC, il Team Cherry porta Hollow Knight anche su Xbox One (versione da noi testata) e Nintendo Switch. Vi preannunciamo che ci troviamo dinanzi a un vero e proprio piccolo capolavoro in quanto il titolo è stato in grado di colpirci in maniera particolare già sin dai suoi primi filmati, ed è stato un meraviglioso e indimenticabile viaggio fino alla fine. Abbiamo testato Hollow Knight a fondo, esplorato l’articolata mappa in lungo e in largo, arrivando fino in fondo dopo tantissime ore di gioco e di incredibili avventure. A livello di trama, la produzione è ambientata a Pulveria, l’ultimo avamposto prima dell’ignoto, dei pericoli, dei tesori nascosti nel sottosuolo. È un luogo fantasma, nonostante sia l’unico in posto in cui gli avventurieri, incluso il protagonista, possono trovare ristoro tra un’impresa e l’altra, con porte chiuse, e solo qualche anima in pena rimasta lì per far desistere i temerari dallo scendere nelle profondità. Solo l’intervento del giocatore riporterà qualcuno in superficie e ripopolerà case e negozi, tra chi è rimasto intrappolato e chi non credeva di poter tornare in affari, ma questa è un’altra storia… Le leggende sull’ormai decaduto Nidosacro giunte alle orecchie del protagonista saranno vere oppure no? Ci sono davvero tesori lì sotto? La risposta è qualche metro sotto terra, ben nascosta tra cunicoli, condotti sotterranei e vaste aree labirintiche da esplorare con estrema difficoltà, affrontando creature e boss di ogni genere, e scovando criptici messaggi sparsi nei luoghi più impensabili, quasi a voler confondere chi sta dinanzi lo schermo ancora di più. La narrazione di Hollow Knight è tanto ermetica quanto suggestiva e aperta a molteplici interpretazioni. Ma veniamo al dunque, con questa produzione i ragazzi del Team Cherry sono riusciti a creare un prodotto unico, sicuramente ispirato ad altri titoli, ma con una propria identità ed una caratterizzazione ben definita. Nel complesso il videogame può essere definito un mix fra Castlevania Symphony of the Night e Dark Souls. Del primo ha ereditato una mappa enorme ed interconnessa, parecchio backtracking e nemici che respawnano ad ogni nuovo passaggio del protagonista in un determinato luogo. Del secondo titolo il team ha preso in prestito diversi aspetti: ad esempio al posto dei falò per recuperare le forze, in Hollow Knight ci sono le panchine e il fatto che quando si muore si perdono le anime raccolte. Ma cosa più importante è che ritorna il concetto della raccolta di queste ultime, qui guadagnate ad ogni nemico abbattuto, fondamentali per recuperare energia durante gli scontri o l’esplorazione, e per utilizzare i power-up disponibili. Parlando proprio dei potenziamenti presenti in game, possiamo dire che ce ne sono veramente molti, tanto semplici e funzionali nel concetto, ma altrettanto complessi nella loro gestione.

Durante il viaggio del protagonista infatti si possono trovare o acquistare diversi potenziamenti rappresentati dagli amuleti, che occuperanno un certo numero di incavi nell’inventario, quindi più incavi si riescono a ottenere, più amuleti attivi si potranno avere a disposizione. La cosa bella è però che ogni combinazione tra i vari power-up cambia drasticamente l’approccio ai nemici, specialmente i boss, e l’interazione con l’ambiente. E cosa ancora più interessante è il fatto che la gestione degli amuleti non potrà avvenire durante il gioco, ma solo ed esclusivamente nel tempo che si passerà seduti sulle varie panchine sparse per la mappa, che non sono poi così comuni o semplici da scovare. Quindi, già da questi aspetti potete capire che Hollow Knight, nonostante la sua grafica in stile cartoon non è affatto un gioco semplice, ma anzi è un vero e proprio rompicapo da risolvere poco alla volta gustandosi tutta la magia della sua atmosfera dark che sembra venir fuori da un fillm di Tim Burton. Quando ci si trova dinanzi a un titolo di questo genere, è fondamentale soffermarsi sull’effettiva bontà o meno del sistema di gioco, dato che rappresenta una delle componenti chiave di tutta la produzione. In questo caso, nella sua semplicità, riesce a essere tremendamente difficile da fare completamente proprio, visto l’elevata difficoltà in generale del titolo, tra nemici agguerriti, boss molto resistenti e con pattern di attacchi non scontati, oltre a una libertà di movimento e attacco limitata alle quattro direzioni, essendo vincolati alla bidimensionalità. Per questo motivo tutto gira attorno all’apprendimento, capire per filo e per segno tutte le componenti che si hanno davanti: dalla tipologia di attacchi che si possono effettuare, il miglior mix di abilità per il proprio stile e per “counterare” al meglio gli avversari, capire come questi ultimi si muovono e soprattutto come possono infliggere danno, oltre che tanti altri aspetti che si scoprono una volta addentrati in questo mondo. L’apprendimento però, proprio come accade nei Souls, passa attraverso la morte, solo venendo sconfitti più volte sarà possibile imparare dagli errori, vedere il come poter abbattere boss, esplorare pericolose aree e via discorrendo. Uno degli aspetti sicuramente meglio riusciti del gioco è sicuramente il level design. Questo riesce, come pochi altri, a ricreare un totale filo conduttore tra le varie aree che si sono scoperte, tra una serie incessante di connessioni e soprattutto scorciatoie sbloccabili. Sotto un certo punto di vista è fondamentale che questo sia effettivamente così, dato che, l’assenza quasi totale di spostamenti rapidi se non per alcune gallerie, grazie al supporto di un coleottero gigante, avrebbe distrutto tutta la natura del gioco in se. E in questo il titolo ricorda molto da vicino Castlevania Symphony of The Night. Fortunatamente gli sviluppatori sono riusciti a rendere intrigante l’esplorazione, facendo pesare il meno possibile i lunghi spostamenti “manuali”, grazie anche a una serie considerevole di checkpoint, le famose panchine di cui abbiamo già parlato, sparsi nella mappa e soprattutto posizionati in posti strategici, in modo tale da essere quasi alle porte di ogni settore importante.

Uno dei lati che rende meno adatto a tutti il titolo, dato che non tutti hanno la pazienza di esplorare tutte le aree “al buio”, è l’assenza di una mappa e indicatore rispetto al dove siamo. La prima, di ogni area, è ottenibile dal cartografo, un insettoide in costante viaggio per il mondo di gioco alla scoperta di ogni sua area. Sarà però compito del giocatore riuscire a rintracciarlo per non brancolare nel buio. Il suo ritrovamento è “facilitato” dal sonoro, vista la sua abitudine a fischiettare, permettendo a chi sta dinanzi lo schermo di trovarlo e finalmente avere una vaga idea, dopo aver raggiunto delle panchine, di dove si è. Riguardo invece alla posizione all’interno della mappa, è tutto strettamente collegato all’utilizzo o meno di un’abilità che si troverà facilmente nelle prime fasi di gioco, che occuperà uno slot amuleto, ma che servirà ad aiutare enormemente il protagonista nell’orientamento in questo mix labirintico di cunicoli e scorciatoie. Grazie al suo disegno pulito, all’ambientazione tetra e uno stile che richiama molto opere del passato lasciando quella calda sensazione di nostalgia mista a novità, Hollow Knight riesce a stupire veramente facendo centro. L’eroe del gioco, poi, è semplicemente bellissimo da vedere, ben dettagliato nella sua semplicità, così come i mostri e boss che si dovranno affrontare durante il lungo viaggio verso la fine del titolo. A completare tutta questa bellezza, si aggiunge un comparto sonoro semplicemente incantevole frutto del magistrale lavoro di Christopher Larkin che ha portato sugli schermi una colonna sonora capace di far venire la pelle d’oca e che si sposa perfettamente con l’atmosfera di gioco. Ma non è solo questo a sorprendere, quanto pure le voci dei personaggi, l’atmosfera che si respira, grazie agli effetti sonori che fanno da sottofondo alle sessioni di esplorazione e combattimento. Tirando le somme, con Hollow Knight il Team Cherry è riuscita a portare sugli schermi un’opera veramente impressionante. Profonda, bella da vivere, intelligente e che terrà incollati sullo schermo per molte e molte ore. Se siete alla ricerca di un titolo geniale, che riesca a dare un senso al tempo che passerete cercando di arrivare fino alla fine, questo software è un esempio concreto di cosa voglia dire essere un videogame davvero unico nel suo genere.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 9
Gameplay: 8,5
Longevità: 9,5
VOTO FINALE: 9

 

Francesco Pellegrino Lise




Forza Horizon 4, corse folli e adrenalina su Xbox One e Pc

Dopo aver percorso a tutta velocità le strade del Colorado, dopo aver bruciato treni e treni di copertoni per i meravigliosi paesaggi dell’Europa Mediterranea e dopo aver sfidato piloti di tutto il mondo in Australia, Turn 10 e Playground Games hanno deciso di ambientare l’ultimo capitolo della serie racing in esclusiva per Pc e Xbox One, Forza Horizon 4, in Gran Bretagna. Appena avviato il gioco ci si trova dinanzi alla prima delle molte novità introdotte in questo quarto capitolo della serie: le Stagioni. Durante la prima gara introduttiva si avrà la possibilità di saggiare velocemente ognuna delle 4 Stagioni, caratterizzate da enormi differenze paesaggistiche che coinvolgono anche il modello di guida. Una volta conclusa questa prima gara-spettacolo comincia quella che è una vera e propria fase introduttiva a Forza Horizon 4. A inizio carriera la prima cosa da fare sarà quella di scegliere il proprio alter ego virtuale tra un ampio numero di personaggi disponibili, sia di sesso maschile che femminile, tutti personalizzabili sia nel vestiario che con particolari accessori e le ormai celebri emote per celebrare le vittorie. Una volta selezionato il proprio avatar, che fortunatamente per gli indecisi sarà possibile cambiare in qualsiasi momento, ha inizio l’avventura nel nuovo Horizon Festival. In Forza Horizon 4 si torneranno a vestire i panni del novellino che vuole farsi un nome nel mondo delle corse automobilistiche, e quale migliore occasione del Festival più grande di tutti per affermarci come campioni? Quindi, dopo le consuete presentazioni con alcuni dei personaggi che supporteranno il protagonista in questa avventura, si verrà catapultati in una sorta di proprio prologo al gioco. Durante questa fase l’obiettivo di chi gioca sarà quello di guadagnare il braccialetto giallo che dà accesso alle gare diventando così a tutti gli effetti un pilota Horizon, e per farlo c’è solo un modo: accumulare punti influenza, farsi conoscere ed aumentare a dismisura i fan. In questa prima fase del gioco il ciclo delle stagioni è nelle mani del giocatore, infatti, per cambiare stagione è necessario raggiungere un determinato valore di influenza fra i fan in modo tale da sbloccare una gara esibizione che, una volta completata con successo, consentirà di procedere alla stagione successiva. Si comincia con la calda quanto semplice Estate, dove l’obiettivo principale è correre, vincere ed esplorare liberamente la mappa di gioco.

https://www.youtube.com/watch?v=VmQNo8xtcAg

Non appena si sblocca l’autunno, si verrà in contatto con la seconda novità di rilievo introdotta in Forza Horizon 4: il Mondo Condiviso. Per la prima volta nella serie, infatti, non si gareggia più in solitaria per poi passare alla componente multigiocatore, ma entrambe le modalità sono ora fuse in un’unica, grandissima e favolosa esperienza di gioco. E’ bene sottolineare, soprattutto per chi preferisce giocare in solitaria senza alcuna interferenza, che la presenza del Mondo Condiviso non influisce in nessun modo sulla modalità single player visto che, durante le fasi di guida libera, le collisioni con gli altri giocatori sono disabilitate, annullando totalmente tutti quei comportamenti da pirati della strada da parte di giocatori che si divertono solo ad infastidire gli altri. In Forza Horizon 4 si ha la possibilità di incontrare altre persone, di sfidarle o di arruolarle nella propria carovana o di partecipare a gare con giocatori umani invece dei soliti Drivatar guidati dall’IA, o anche semplicemente di godersi il gioco in solitaria senza alcuna interferenza esterna. Tutto dipende dal giocatore e nessun obbligo andrà a modificare le abitudini di gioco di chi sta dinanzi lo schermo. All’inizio di ogni singola gara, tranne che per le esibizioni e altre gare speciali, si ha la possibilità di decidere come affrontarla: giocatore singolo, contro altre persone, in modalità rivali e addirittura in cooperativa. Insomma, come si può capire da queste prime righe, i ragazzi di Turn 10e Playground Games hanno svolto un lavoro veramente eccezionale e che siamo certi accontenterà qualsiasi tipo di giocatore: dal “lupo solitario” al più competitivo di tutti. Una volta che si è portato a termine l’intero ciclo stagionale del prologo si verrà catapultati in quello che è il vero e proprio gioco. Da questo momento in avanti le stagioni di Forza Horizon 4 assumono la loro vera forma e durata: una settimana reale durante la quale tutti i giocatori collegati ai server di gioco saranno sincronizzati tra loro correndo quindi in quello che diventa a tutti gli effetti un mondo virtuale vivente, popolato da decine e decine di piloti scatenati. Ogni stagione è caratterizzata, oltre che dal naturale cambiamento di panorama e di condizioni atmosferiche che coinvolgono la morfologia dei terreni, anche da una moltitudine di eventi a tempo come nuove sfide e nuovi campionati stagionali che, ovviamente, si concluderanno al cambio di stagione. Non possono certamente mancare poi i classici eventi Forzathon, e ovviamente anche questi hanno subito un forte rinnovamento: oltre alle classiche sfide tipiche di entrambe le serie Forza, in Forza Horizon 4 appaiono per la prima volta i particolari eventi Forzathon Live. Durante il gioco si verrà avvisati da un messaggio su schermo della presenza di un evento Forzathon Live e, se lo si desidera, sarà possibile raggiungere il luogo di inizio entro il tempo stabilito e cominciare questa nuova avventura in cooperativa con un massimo di altri 11 piloti. Questi eventi sono suddivisi in tre livelli sequenziali, e per compierli tutti si ha un tempo limite di 15 minuti. Qui non sarà necessario sfidare altri giocatori ma cooperare per completare le sfide proposte, ottenendo così i nuovi crediti Forzathon; sfide che spaziano dal raggiungimento di una determinata velocità totale davanti ad un autovelox a raggiungere un determinato punteggio in zone di derapata e così via. Questi particolari crediti saranno utilizzabili esclusivamente nel nuovo Forzathon Shop, un negozio ad hoc che permette di comprare auto e accessori altrettanto speciali, dando quindi delle ottime motivazioni ai videogiocatori per partecipare molto spesso a tali eventi.

https://www.youtube.com/watch?v=FPaBK2mwd5Q

Un’altra grande novità che caratterizza Forza Horizon 4 è la “Vita Horizon”. Questa altro non è altro che un enorme riepilogo di tutti i progressi svoltio in game, divisi per categorie che vanno da quelle dedicate alle varie tipologie di gara passando per le categorie relative alla personalizzazione estetica dei veicoli, a quella per gli assetti, arrivando alle categorie riservate all’esplorazione o alla componente multigiocatore e addirittura alla categoria dedicata a Mixer, la piattaforma di streaming di Microsoft, per un totale di ben 25 diverse carriere. Ogni singolo progresso ha la sua categoria, ed ogni categoria è composta da più livelli. Vincendo ad esempio molte gare su strada si potranno sbloccare i livelli successivi, per arrivare poi al decimo che sbloccherà quella che è a tutti gli effetti una finale che permetterà ai giocatori di diventare i campioni di quella determinata categoria. Al salire di ogni livello naturalmente si avrà accesso a ricompense di vario tipo, da bonus in crediti, ruote della fortuna, a gare di livello superiore, passando per accessori per la personalizzazione degli avatar fino a nuovi clacson o anche nuove frasi per la chat rapida. Sempre in tema di novità, in Forza Horizon 4 fanno la loro comparsa le Case. Posizionate per l’enorme mappa di gioco ci sono diverse abitazioni, dal piccolo cottage in riva al lago, ad enormi e lussuose, ma anche ville storiche. Una volta acquistata la casa che si vuole, a patto di avere il numero di crediti necessario, si avrà accesso ai bonus ad essa collegati e alle sue funzioni, tra cui la possibilità di cambiare avatar o di modificarne l’aspetto, l’accesso al proprio garage con la possibilità di personalizzare le auto, Autovista, l’Auto Salone in cui acquistare nuovi veicoli e la Casa d’Aste utile per vendere le vetture che si sono vinte in precedenza ma che non vengono usate. Una volta che si avranno più abitazioni a disposizione si potrà anche usare il classico viaggio rapido per spostarsi da una all’altra, oltre che alla sede del Festival. La nuova impostazione Mondo Condiviso ovviamente non ha intaccato tutte quelle modalità online che avevano caratterizzato gli scorsi capitoli di Forza Horizon come la modalità Avventura, ora chiamata Avventura a Squadre. Ci si potrà unire a un’Avventura in qualsiasi momento, ma si potrà anche decidere di creare la propria. Scegliendo di crearla si potrà decidere la stagione in cui ambientarla, limitare la trazione delle auto e abilitare o meno le gare Scatto Guida Libera, ossia quelle competizioni senza alcun checkpoint che si fanno dal traguardo di una gara appena conclusa alla linea di inizio della successiva. Una volta compiute queste prime scelte si potrà decidere la tipologia di auto e limitare la competizione ad una sola classe, per poi decidere quante e quali gare utilizzare nella propria avventura andando anche ad impostare l’ora del giorno e le condizioni meteo di ognuna di esse. Una volta impostato il tutto sarà possibile iniziare la propria Avventura, invitando gli amici online e dando il via alla competizione. Sarà possibile aggiungere ogni tipo di gara già affrontata nella modalità storia, dalle gare normali passando per le gare Arena o per le intense finali, ed anche in questo caso si avrà la totale libertà di decidere praticamente ogni singolo aspetto creando l’Avventura “perfetta” senza alcuna limitazione. In Forza Horizon 4 torna anche la possibilità di aderire a un Club o di crearne crearne uno da zero e, ovviamente non può certo mancare la profondissima personalizzazione, sia estetica che prestazionale, di tutti i veicoli presenti. Il solito editor di livree ritorna alla grande consentendo di creare delle vere e proprie piccole opere d’arte da condividere con la community, o di scaricare i design degli artisti migliori che da sempre rendono le possibilità di personalizzazione di entrambe le serie Forza veramente uniche.

https://www.youtube.com/watch?v=zJ477xAIlgU

In Forza Horizon 4 è presente anche la possibilità di creare le proprie gare prendendo come base i percorsi dei tracciati già presenti, andando però a modificare i veicoli coinvolti e la loro classe. Sarà invece disponibile post-lancio la possibilità di creare le proprie gare da zero, decidendo tutto, dai veicoli coinvolti all’intero percorso da seguire: un’aggiunta più che interessante che dovrà essere rodata per bene prima dell’effettiva disponibilità. In questo quarto capitolo della saga fa il suo ritorno anche la modalità Drone introdotta nello scorso titolo, perfetta per scattare fotografie ai meravigliosi paesaggi che il gioco offre o ai tantissimi bolidi presenti, ma anche ideale per la ricerca dei Gioielli Dimenticati sempre ben nascosti nell’enorme mondo di gioco. L’ultima novità introdotta da Forza Horizon 4, relativa però ai soli possessori di Xbox One X, è la possibilità di scegliere tra due impostazioni grafiche distinte: la Modalità Prestazioni che permette di giocare in 1080p HDR a 60 frames per secondo, e la Modalità Definizione che blocca il frame-rate a 30 immagini per secondo ma che può contare su una definizione nativa di 4k sempre in HDR. In ognuno dei casi vi assicuriamo che dal punto di vista prettamente estetico Forza Horizon 4 è un titolo veramente impressionante, che si piazza senza ombra di dubbio nell’olimpo dei racing games. Annoiarsi mentre si gioca l’ultimo capolavoro di Turn 10 e Playground Games è veramente impossibile, quindi, se si sta cercando un gioco di corse dalla natura non simulativa ma che offra un mondo di gioco vastissimo, tante cose da fare, una grafica di altissimo livello e che dia la possibilità di giocare sia da soli, sia cooperando che competendo con altre persone in tutto il mondo, Forza Horizon 4 non vi deluderà mai.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 10
Sonoro: m9,5
Gameplay: 9,5
Longevità: 9,5
VOTO FINALE. 9,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Con Valkyria Chronicles 4, la saga videoludica torna a brillare

Dopo mesi di attesa, arriva finalmente anche in Occidente Valkyria Chronicles 4, ultimo capitolo della serie di RPG strategici creata da SEGA per PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch e PC. Ambientato parallelamente al primo capitolo, il titolo seguirà le vicende di Claude Wallace e dei membri della Squadra E da lui capitanata, che dovranno sfidare plotoni di soldati nemici e l’ostilità di un territorio avverso pur di riuscire ad accaparrarsi la vittoria della Seconda Guerra Europea. Grazie a un’estrema profondità di tematiche e personaggi e a uno stile di gioco strategico, si tratta di un vero e proprio ritorno alle origini per la saga che saprà coinvolgere tutti gli appassionati del genere. A livello di trama, Valkyria Chronicles 4 è ambientato nel 1935 dove due potenze combattono per il controllo dell’Europa. A Oriente il sole sorgeva sull’autocratica Alleanza Imperiale esteuropea, altrimenti nota come l’Impero. Ad ovest, una rete di democrazie vagamente alleate formava la Federazione Atlantica. Entrambe le potenze dipendevano dalla ragnite, un minerale prezioso per la loro prosperità. La sua crescente scarsità portò inevitabilmente alla guerra. Grazie alla sua schiacciante potenza militare, l’Impero invase un paese dopo l’altro. Incapace di mantenere uniti i propri ranghi, la Federazione si ritrovò alle corde. Con il 70% d’Europa sotto l’Impero, la Federazione pose tutte le sue speranze in un attacco disperato: l’Operazione Croce del Nord. Essa prevede di conquistare parte del terreno imperiale fino ad arrivare nel cuore della capitale, distruggendo così le difese nemiche e il vero e proprio cuore dell’Impero. E qui ha inizio l’avventura di Valkyria Chronicles 4, infatti, tra i partecipanti a questa operazione militare spicca la promettente Unità E, composta perlopiù da adolescenti provenienti dai territori del Principato di Gallia. Questo gruppo di giovani guerrieri, memori di ciò che è successo al proprio paese, ha deciso di ribellarsi all’Impero e attuare così la propria vendetta. Capitanati da Claude Wallace il gruppo riesce in poco tempo a scalare i più alti ranghi militari, entrando così nel corpo speciale dei Ranger. Legati da un filo indissolubile, Claude e i suoi compagni faranno di tutto pur di distruggere l’Impero in memoria della loro cittadina ormai scomparsa. Senza alcuna sorpresa, lo stile narrativo offerto da Valkyria Chronicles 4 è assolutamente nipponico. Ciò significa che non mancano inutili digressioni, lungaggini varie e una spruzzatina di comicità spesso demenziale, che tanto stona con i temi che la trama si prende la briga di tirare in ballo. Eppure seguire l’intera vicenda, che spesso e volentieri si dirama attraverso cut-scene e dialoghi assolutamente opzionali, e quindi eventualmente ignorabili, è piacevole, appassionante, coinvolgente. In breve, e quasi per magia dopo una fase iniziale piuttosto lenta, ci si scopre intrigati dagli scorci di un mondo un po’ retrò, un po’ fantasy, dalle dimensioni di un conflitto gigantesco, dalle relazioni che si instaurano e legano i vari membri dell’Unità E. Il grosso del merito va ad una perfetta caratterizzazione dei protagonisti, ma anche ai contorni di un mondo immaginifico coerente e realistico quel tanto che basta per introdurre e trattare tematiche d’impatto e per nulla scontate.

A livello di gameplay, Valkyria Chronicles 4 è un vero spasso, si ha infatti a disposizione un vero e proprio plotone di soldati che bisognerà addestrare, equipaggiare e mandare in battaglia, ognuno con le proprie peculiarità che lo renderanno unico sul fronte. Starà dunque a chi si trova dinanzi lo schermo decidere quale personaggio sarà più indicato da schierare per quel determinato conflitto, stando sempre ben attenti a tutte le avversità che bisognerà affrontare. Sì, perché la guerra non fa sconti a nessuno e, come nella realtà, all’interno del titolo i soldati potranno morire in battaglia sparendo definitivamente dalle truppe a disposizione. In Valkyria Chronicles 4 per poter organizzare la propria squadra al meglio bisognerà sfruttare il Quartier Generale, che consentirà di attrezzare i soldati e far salire di livello la loro classe. Durante i conflitti infatti sarà possibile acquisire esperienza e denaro che potranno essere investiti nel miglioramento delle truppe grazie alle diverse strutture presenti all’interno del campo base. L’aspetto strategico del gioco inizierà dunque ben prima di schierare i commilitoni in battaglia in quanto se non si preparerà adeguatamente la squadra il rischio di essere letteralmente sterminati è incredibilmente alto. Grazie alla Sala di Comando si potrà decidere quali soldati faranno parte della squadra che potrà essere schierata in battaglia e chi invece rimarrà come riserva all’interno del Quartier Generale, oltre alla possibilità di decidere il loro equipaggiamento. L’Addestramento invece sarà fondamentale per potenziare il livello delle sei classi di milizia presenti all’interno del gioco, aumentando così le loro statistiche di base andando così a sbloccare il loro vero potenziale in battaglia. Nella Struttura R&S ci si potrà occupare invece dello sviluppo di nuovi armamenti sia per i soldati che per i veicoli da guerra, mentre nella Mensa sarà possibile interagire con i commilitoni e finanziare nuove tattiche che potranno essere sfruttate in battaglia. All’inizio dei conflitti le scelte effettuabili all’interno del Quartier Generale saranno abbastanza limitate ma con l’avanzare della guerra si apriranno tantissime nuove possibilità di scelta per il giocatore, possibilità che renderanno l’esperienza di gioco complessa, appagante ed emozionante.

Fortunatamente, Valkyria Chronicles 4 non delude nemmeno sul piano prettamente ludico, offrendo una rilettura del genere di riferimento, quello degli strategici a turni, che delizierà gli esperti e favorirà i neofiti, per nulla impauriti da un gameplay assolutamente padroneggiabile e comprensibile. Il segreto principale dalla produzione SEGA è la facilità di lettura di ciascuna schermata, la chiarezza con cui ogni meccanica viene introdotta e spiegata tramite brevi tutorial testuali che spiegano in poche righe come comportarsi di fronte ad ogni nuova difficoltà. Per quanto riguarda il combat system, il titolo targato SEGA è anche in questo ambito intuitivo quanto appagante: una volta schierato il proprio manipolo di combattenti, avrà inizio la fase del giocatore, fase nella quale si potranno muovere le diverse unità all’interno dell’area di gioco, attaccare i nemici, andare in soccorso degli alleati o anche semplicemente posizionarle strategicamente. La loro posizione sarà infatti fondamentale per poter contrattaccare al meglio i nemici, ogni personaggio possiede infatti un raggio d’azione determinato dalla propria classe e quando il nemico capiterà al suo interno lo attaccherà in automatico. Se posizionati strategicamente dunque sarà possibile risolvere il conflitto in pochi turni, riuscendo ad annientare gli avversari durante la loro fase di gioco semplicemente bloccando i loro tentativi di attacco. Oltre alle missioni di storia in Valkyria Chronicles 4, ci sono altre due tipologie di battaglie che si possono affrontare liberamente: si tratta delle schermaglie e delle storie unità. Le prime sono semplicemente delle missioni secondarie, che si sbloccheranno progredendo con la trama principale, e che serviranno principalmente per ottenere esperienza e soldi aggiuntivi da investire nel miglioramento dei nostri soldati. Le storie unità invece sono delle vere e proprie sottotrame che permettono di conoscere meglio la storia dei membri della squadra e, completandole, i protagonisti coinvolti subiranno un miglioramento nei loro tratti peculiari. Anche sul versante grafico Valkyria Chronicles 4 rimane fedele al suo spettacolare stile visivo che lo fa sembrare una sorta di film d’animazione disegnato ad acquerelli. Grazie al potenziamento dell’engine grafico CANVAS le immagini a schermo risultano ancora più definite e affascinanti. I modelli poligonali sono appena passabili e lo stesso si può dire delle animazioni, che si potranno comunque vedere solo in pochissime occasioni e più che altro circoscritte ai volti inquadrati nei dialoghi. Questi limiti sono ad ogni modo ben celati grazie a una direzione artistica davvero egregia, e a una trama assolutamente coinvolgente. La qualità non si limita però solo agli effetti dell’engine o all’uso dei colori, ma si può soprattutto ammirare anche nel character design e nella particolare caratterizzazione dell’Europa in guerra. La colonna sonora del maestro Hitoshi Sakimoto, nonostante le tracce presenti in game possano risultare poche, riesce a coinvolgere e ad emozionare anche perchéla qualità delle composizioni orchestrali è davvero superlativa. Il compositore storico della saga riesce ancora una volta a trasmettere il giusto senso di tensione e pathos delle battaglie, e lo fa con uno stile che risuona naturalmente con i temi degli episodi precedenti. Il doppiaggio inglese, infine, fa il suo dovere, anche se non quanto quello originale giapponese, che è per fortuna disponibile per la gioia dei puristi. I dialoghi fortunatamente sono tutti sottolineati in lingua italiana e così anche chi non mastica bene l’inglese potrà godere della bellezza della trama di Valkyria Chronickes 4. Tirando le somme, il titolo si presenta come un prodotto divertente, ma allo stesso tempo emozionante, intuitivo nei comandi e allo stesso tempo complesso nelle sue tematiche e strategie di gioco. Quello che più colpisce però, è come tutte le vicende vissute dai protagonisti, nonostante siano ambientate in una realtà fittizia, siano plausibili mettendo in luce l’ottimo lavoro svolto dalla software house nel ricercare elementi storici realmente accaduti per dare un tocco di realismo al gioco. Certo, il titolo non è perfetto e ci sono ancora dei piccoli dettagli che si possono correggere, ma ci si trova dinanzi a un software capace di lasciare il segno e di restare ben impresso nella mente di chi lo gioca.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8
Sonoro: 8,5
Gameplay: 9
Longevità: 8,5
VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Capcom Beat ‘Em Up Bundle, si ritorna in sala giochi

Ricordate con nostalgia gli anni delle sale giochi, delle macchine coin-op e delle ore passate a premere ripetutamente i pulsanti? Vi mancano i picchiaduro a scorrimento laterale? Bene, sull’onda della nostalgia, Capcom riporta su Oc, Xbox One, Switch e Ps4 sette divertentissimi picchiaduro a scorrimento, in una preziosissima raccolta che riporta indietro le menti fino alla fine degli anni’80 e i primi anni ‘90. Capcom Beat em’up bundle, infatti, comprende una buona fetta di storia della software house con sede a Osaka, nonché alcune delle esperienze più memorabili del genere: i titoli inclusi nella raccolta sono infatti l’iconico Final Fight (1989), The King of Dragons (1991), Captain Commando (1991), Knights of the Round (1991), Warriors of Fate (1992), Armored Warriors (1994) e Battle Circuit (1997). Come di sicuro i più attenti avranno notato, Capcom Beat em’up bundle racchiude dei veri e propri mostri sacri del genere, ma anche alcuni titoli meno conosciuti che appaiono per la prima volta su console. Il lavoro di trasferimento da coin-op a console è stato fatto in maniera egregia dalla casa nipponica. Il rendering e la trasposizione dei giochi al giorno d’oggi sono ineccepibili, nonostante le problematiche che si presentano nel fare un’operazione del genere. Nessun calo di frame e nessuna differenza rispetto agli originali fanno di Capcom Beat em’up bundle una vera chicca per appassionati. Nonostante si giochi su Pc o su console, una volta avviato uno dei titoli presenti, l’emozione nel prendere parte alle avventure che hanno accompagnato almeno due generazioni rimane la stessa nonostante tutto il tempo trascorso. Poche le opzioni aggiuntive messe a disposizione dell’utente: una scarna personalizzazione dei comandi, un minimo di personalizzazione dello sfondo in eccesso (dato che si giocherà ovviamente in 4:3) e un minimo di setting per il livello difficoltà. Questa la dotazione completa di Capcom beat em’up bundle, e sincerante va bene così: una serie di titoli come questa non necessita di altro se non di operazioni come queste che li fanno vivere e conoscere alle nuove generazioni. Final Fight, The King of Dragons, Knights of the Round, Captain Commando e Warriors of Fate non necessitano di grandi presentazioni. Condividono un’impostazione pressoché identica, anche se giocandoli se ne percepisce chiaramente l’evoluzione maturata durante gli anni. Il gameplay è quanto di più semplice ed immediato si possa immaginare: buoni contro cattivi, che a seconda dello scenario possono essere una banda che ha preso il controllo della città, un’orda di mostri capeggiati da un drago mastodontico, un re malvagio chiamato Garibaldi o una gang di criminali che ha rapito la bellona di turno. Poche mosse, due tasti per utilizzarle e una progressione guidata ma incredibilmente soddisfacente. Ogni gioco ha un cast composto come minimo da tre personaggi e qui si inizia a vedere la differenza tra i titoli in questione. I tre eroi di Final Fight hanno mosse stilisticamente diverse, ma i risultati che si ottengono utilizzandole sulle ossa dei nemici sono più o meno gli stessi, alla fine scegliere Guy, Cody o Haggar è solo una questione estetica.

Le cose cambiano però in The King of Dragons che presenta al possessore della Capcom Beat em’up Bundle ben cinque protagonisti fantasy iconici, ossia: Elfo, Stregone, Guerriero, Chierico e Nano. Oltre ad avere stili di combattimento piuttosto diversi, ognuno di essi progredisce in modo diverso nel corso del gioco, acquisendo spade più potenti, archi più veloci o incantesimi sempre più devastanti. Il gioco ha uno svolgimento assolutamente lineare ma il modo in cui si affrontano i nemici cambia sensibilmente in base alla scelta iniziale o al cambiamento di classe che è possibile operare in determinati punti dell’avventura. Nel bellissimo Knights of the Round i personaggi tornano ad essere tre (Artù, Lancillotto e Parsifal) ma i protagonisti non differiscono particolarmente nello stile di lotta e si orientano tutti sul combattimento ravvicinato anche se con armi diverse. Captain Commando, invece, rappresenta il titolo che porta lo stile Capcom direttamente tra le stelle e spinge decisamente sull’acceleratore. È un gioco più veloce degli altri e anche qui le differenze tra i quattro personaggi giocabili sono evidenziate da stili di lotta specifici e uccisioni “macabre” per ogni eroe. Warriors of Fate, infine, può essere considerato l’antenato della serie Dynasty Warriors. Storia e ambientazione prendono spunto dal celebre volume cinese Romance of the Three Kingdoms, anche se l’edizione del gioco è stata modificata per venire maggiormente incontro ai gusti del pubblico occidentale. Il gameplay rimane più o meno lo stesso, con tre personaggi differenti dal punto di vista estetico ma simili nello stile di combattimento. I restanti due titoli presenti in Capcom Beat em’up bundle, essendo più recenti presentano un’evoluzione a livello di gameplay e ovviamente a livello grafico. Armored Warriors salta subito all’occhio per la presenza di mech di vario genere che sostituiscono i classici eroi in carne ed ossa. I robot in questione possono utilizzare potenti armi secondarie e sfruttare le parti strappate ai nemici per ottenere bonus temporanei. È inoltre possibile utilizzare potenti attacchi “tag”, utili soprattutto durante le missioni a tempo. Armored Warriors ottenne un notevole successo in Giappone ma in occidente non venne mai importato ufficialmente. Destino simile per Battle Circuit, ultimo titolo di questo Capcom Beat ‘Em Up Bundle e forse il più coraggioso. La spina dorsale è la stessa, ma rispetto ai giochi visti in quegli anni è presente un cast incredibilmente vario e fantasioso, tipico dei fumetti Made in USA, e divertenti elementi RPG. Questi consistono nella possibilità di potenziare i protagonisti alla fine di ogni livello tramite degli Upgrade Disk, da acquistare con il denaro accumulato giocando. Ogni potenziamento consiste in una mossa speciale da scatenare premendo una combinazione di tasti, cosa non facile data la frenesia del gameplay. Battle Circuit riveste nella storia dei picchiaduro a scorrimento laterale della casa nipponica una tappa importante, in quanto esso fu l’ultimo gioco del suo genere ad essere sviluppato da Capcom per le sale giochi. Capcom Beat em’up Bundle, in quanto titolo che vuole far rivivere lo stesso spirito con cui si giocava negli anni ‘80e ’90, offre la possibilità di giocare in modalità cooperativa locale, ma anche online. Quindi, tirando le somme, per tutti quei giocatori che hanno sorpassato la soglia dei trent’anni, ma anche per chi volesse scoprire come ci si divertiva alla fine dello scorso millennio, l’acquisto di questa raccolta diventa un vero e proprio obbligo. Sette titoli fantastici, anche se mancano alcuni “mostri sacri” della software house giapponese, un prezzo davvero allettante: 19.99 euro, e una longevità davvero straordinaria fanno di Capcom Beat em’up collection un vero e proprio tesoro da giocare e rigiocare fino allo sfinimento. Lasciarselo scappare è un vero peccato.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 9
Sonoro: 9
Gameplay: 9
Longevità: 9,5
VOTO FINALE: 9

 

Francesco Pellegrino Lise