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Costume e Società

Squadra, umiltà, dedizione e rispetto: Luciano Sciurba ospite a Officina Stampa

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Il giornalista fotoreporter de Il Messaggero Luciano Sciurba è stato ospite della trasmissione di approfondimento giornalistico Officina Stampa condotta da Chiara Rai. Tanti i concetti importanti espressi dal fotoreporter durante la trasmissione: “Noi svolgiamo un lavoro importante come anche le forze dell’ordine che ci devono vedere come collaboratori e “amici” e non avversari. Noi siamo lì per lavoro – ha aggiunto – anche sulle scene del crimine però noi come inviati sappiamo che dobbiamo seguire tutti gli avvenimenti non soltanto le sagre e le feste dove ci mettono il tappeto rosso”.

L’intervista di Chiara Rai a Luciano Sciurba a Officina Stampa del 5 Luglio 2018

Luciano Sciurba ha ricordato un brutto episodio di quando, insieme a chiara Rai è stato allontanato in malo modo da un liceo di Genzano

“A Genzano c’è stato un brutto esempio che hanno dato i professori e il dirigente scolastico perché noi con molta educazione e rispetto siamo andati nel liceo frequentato dalla ragazza che è stata uccisa dalla mamma a Cecchina e siamo stati allontanati con maleducazione. Il giorno dopo ho avuto lo stesso trattamento. Noi siamo persone che conosciamo cosa è la sensibilità e il tatto, ci siamo emozionati, abbiamo anche pianto per questo efferato omicidio – suicidio e volevamo trasmettere un messaggio etico attraverso il nostro lavoro. Cacciarci non è certo stato un bel messaggio da trasmettere ai giovani da parte di quel liceo. Comunque abbiamo cercato di fare un ottimo lavoro, come sempre e quando non ci riusciamo spesso dipende dagli altri che non ci permettono di farlo. Ma comunque noi siamo sempre molto positivi, abbiamo sempre il lato B e cerchiamo di fare il nostro meglio con discernimento, rispetto e dedizione”.

Negli anni Sciurba si è fatto apprezzare e ben volere da tutti

“Abbiamo fatto un bel lavoro di gruppo. I fatti passano però chi lavora sul territorio deve aiutarsi e insieme si raggiungono gli obiettivi mentre da soli non si va da nessuna parte. Se qualcuno non dovesse avere rispetto nei nostri confronti quella va considerata come eccezione perché solitamente abbiamo ottimi rapporti con tutti”.

Poi Sciurba ha ricordato quando ha scelto di lasciare il posto fisso per la sua grande passione

“Ricordo ancora il volto della direttrice delle poste di Cecchina che quando mi presentai con le dimissioni in mano. Mi disse vuoi che aspetto qualche giorno? Nella vita non bisogna fare troppe cose insieme bisogna scegliere come diceva il buon Funari. Dopo 18 anni non mi sono pentito di aver scelto la professione del giornalista fotoreporter”.

Luciano Sciurba ha poi evidenziato un aspetto essenziale dell’attività del fotoreporter

“Il giornalista fotografico – ha aggiunto – deve seguire tutto. Le foto, disse un bravissimo caporedattore de Il Messaggero Giancarlo Menicucci si fanno primariamente con la testa senza badare troppo alla tecnica. Io non ho mai usato macchinette fotografiche particolarmente costose. Ho una compatta e un’altra macchinetta reflex più veloce ma non bado ad avere l’ultimo e costosissimo modello”.

E anche sull’evoluzione dei social, Sciurba ha detto qualcosa

“La cronaca è un mondo molto interessante che ti porta ad arricchire la tua esperienza ma sta diventando difficile arrivare tempestivamente sul posto, c’è più difficoltà perché la tecnologia è andata troppo avanti e spesso c’è lo scatto del passante pubblicato sui social che inizia a circolare”. “Che consiglio dai a quei ragazzi che si sentono troppo “Montanelli” che fanno copia e incolla da Facebook e disdegnano la buca per la strada perché vogliono trattare subito di argomenti nazionali?” ha chiesto Chiara Rai. Sciurba ha raccontato come alcuni giornali locali online con poca esperienza copiano e incollano le notizie da Facebook senza accertarsi se la notizia sia fondata o meno: “Siate umili. Iniziate gratuitamente come abbiamo fatto noi. Non vi aspettate nulla, iniziate e fatelo con passione e amore senza aspettarvi sempre e subito la remunerazione. Se siete bravi arriverà! Partite con umiltà.

Molto emozionante il servizio che Ivan Galea ha dedicato a Luciano Sciurba utilizzando queste parole

Ha fotografato gli avvenimenti di cronaca più importanti dell’intera area dei Castelli Romani degli ultimi 20 anni e si prepara a macinarne minimo altri 20 sempre sul campo. Parliamo di Luciano Sciurba, cronista fotoreporter e giornalista de Il Messaggero, nato a Tripoli da madre calabrese e padre siciliano e trasferitosi, nel 1970, insieme alla sua famiglia, in Italia.

Il piccolo Luciano cresce a Cecchina frazione di Albano Laziale e verso i vent’anni – siamo nel 1985 – inizia a lavorare per Poste Italiane come porta lettere, attività che proseguirà fino al 2000.
E fin dal 1995 abbina all’attività lavorativa per Poste Italiane quella di paparazzo scrivendo per vari giornali locali della zona castellana e collaborando anche per Il Messaggero. Un’attività che rappresenta per Sciurba una vera e propria passione che riesce a portare avanti nei pomeriggi e nelle serate dell’ultimo quinquennio degli anni 90.
Ma la svolta arriva proprio nel 2000 quando decide di licenziarsi da Poste Italiane, lasciando quello che rappresentavail così detto posto fisso per intraprendere a tempo pieno l’attività di fotoreporter e giornalista di cronaca per l’ANSA per le zone di Latina e Frosinone e dal 2001 per Il Messaggero per la zona dei Castelli Romani.

Buona educazione e rispetto per gli altri le parole d’ordine di Luciano Sciurba che in 18 anni di attività per il Messaggero è riuscito a immortalare i momenti e le vicende più importanti per il giornale di via del Tritone.

E una figura guida alla quale Luciano si è sempre ispirato è rappresentata da “The King of Paparazzi” al secolo Rino Barillari. Sciurba ricorda ancora oggi, con grande affetto le nottate in cui girava insieme a Barillari, che lo prese a ben volere e al giornalista Salvatore Taverna, quest’ultimo soprannominato da Federico Fellini come “il poeta della notte” . E Taverna constatando le grandi capacità del giovane Luciano Sciurba lo definì “Il Barillari dei Castelli Romani”.

Un’inizio dunque con la cronaca rosa, quello di Sciurba, fatto di attese a volte anche estenuanti per cercare lo scatto giusto e fare quello che in gergo viene definito come scoop. E di scatti ne sono passati diversi in questi 18 anni. Ricordiamo gli scatti per Novella 2000 che riprendevano Luca Giurato e Livia Zariti mentre ballavano avvinghiati al Gilda di Roma, o quelli a Valeria Marini che non voleva essere fotografa o ancora a Bud Spencer a spasso per la capitale e tanti altri ancora.
Dal 2001 Sciurba si è quindi specializzato come cronista fotoreporter e giornalista di cronaca occupandosi soprattutto di cronaca nera senza disdegnare la rosa le curiosità e attualità per la quale la storia fotografica dei Castelli Romani vede ormai scolpito il suo nome.
La stessa passione del primo giorno contraddistingue la grande professionalità di Luciano Sciurba che ribadisce il suo credo nel fare squadra con i colleghi di lavoro, cosciente che da soli non si va da nessuna parte

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Friuli Venezia Giulia, prosegue con successo il Festival delle Dimore Storiche

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Prosegue con successo con la seconda edizione il Festival delle Dimore Storiche organizzato da ADSI FVG (Associazione delle Dimore Storiche): quattro giorni per conoscere la storia del Friuli Venezia Giulia, visitando e vivendo il ricco patrimonio artistico ed architettonico della regione che spesso resta nascosto dietro siepi e cancelli.
 
Dal 25 al 28 aprile, con l’apertura straordinaria delle dimore e dei parchi, è stato realizzato un ricco programma di eventi organizzati grazie all’iniziativa dei proprietari: degustazioni, concerti, presentazioni di libri, esercizi di cucina..
 
Sono 21 le dimore private, ancora oggi abitate, che hanno aperto le porte e proprio i proprietari hanno fatto da guida per raccontarne non solo storia e caratteristiche architettoniche, ma anche aneddoti e curiosità dei luoghi che si tramandano da generazioni.
 
“È una grande soddisfazione poter organizzare il secondo Festival dopo la sfida della prima edizione: il nostro obiettivo era proprio quello di renderlo un appuntamento annuale; – sottolinea il presidente di Adsi Fvg Raffaele Perrotta –lavorando da mesi per costruire un programma ricco e vario in modo da attrarre sia chi vive sul territorio sia chi arriva da fuori regione e da oltre confine. Si tratta di un’occasione unica per far conoscere un patrimonio unico in Europa per storia, per valore culturale ed artistico.”
 
Sono sedici le dimore ad aver aperto in provincia di Udine: partendo dalla Carnia con Palazzo De Gleria (Comeglians), scendendo nelle colline a nord della città con Casa Asquini (Fagagna), La Brunelde Casaforte d’Arcano (Fagagna), Villa del Torso Paulone (Brazzacco di Moruzzo), Villa Gallici Deciani (Cassacco), Villa Schubert (Marsure), passando per il centro di Udine con Palazzo Orgnani,  Palazzo Pavona Asquini e Villa Garzoni, fino ad arrivare a sud con Casa Foffani (Clauiano), il Folador di Villa Rubini (Trivignano), Villa Iachia (Ruda), Villa Lovaria (Pavia di Udine), Villa Pace (Campolongo Tapogliano), Villa Ritter de Zahony (Monastero di Aquileia), Villa Vitas (Strassoldo di Cervignano del Friuli).          
 
Tre dimore invece nel goriziano, Villa Attems Cernozza di Postcastro (Lucinico), Villa del Torre (Romans d’Isonzo) e Villa Marchese de Fabris (San Canzian d’Isonzo), e due nel pordenonese, il Palazzo d’Attimis Maniago (Maniago) e Palazzo Scolari (Polcenigo).
 
Il programma è risultato ricco e variegato con oltre 40 eventi comprendenti aperitivi in villa e degustazioni, cene, presentazioni di libri, mostre d’arte e fotografiche, concerti, conferenze, spettacoli teatrali.
 
Per la visita guidata alle dimore era richiesta un’offerta minima di 10 euro a persona: i fondi raccolti serviranno a sostenere ulteriori progetti di valorizzazione del patrimonio culturale privato ADSI FVG e del territorio circostante. Bambini e ragazzi fino a 17 anni entravano gratis.
 
Il programma completo delle aperture e degli eventi con luoghi, orari e prezz disponibile su: bit.ly/3VryIWM, oppure consultando i profili social (Instagram e Facebook del Festival).
Privo di virus.www.avast.com

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A Milano l’arte elegante del pugliese parigino

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Palazzo Reale a Milano  sta celebrando, per la prima volta, con una mostra monografica, il talento di Giuseppe De Nittis esponendo una novantina dipinti, tra oli e pastelli, provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere, tra cui il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, i Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunquerke, gli Uffizi di Firenze – solo per citarne alcuni – oltre allo straordinario nucleo di opere conservate alla GAM di Milano e una selezione dalla Pinacoteca di Barletta, intitolata al Pittore, che ne conserva un eccezionale numero a seguito del lascito testamentario della vedova Leontine De Nittis.
 
La consacrazione di Giuseppe de Nittis come uno dei grandi protagonisti della pittura dell’Ottocento europeo è avvenuta grazie alla fortuna espositiva di cui ha goduto a partire dalla magnifica retrospettiva dedicatagli nel 1914 dalla 11a Biennale di Venezia. Altre tappe fondamentali sono state la mostra ‘Giuseppe De Nittis. La modernité élégante’ allestita a Parigi al Petit Palais nel 2010-11, e nel 2013 la fondamentale monografica a lui dedicata a Padova a Palazzo Zabarella.
 
In ‘De Nittis. Pittore della vita moderna’ si intende esaltare la statura internazionale di un pittore che è stato, insieme a Boldini, il più grande degli italiani a Parigi, dove è riuscito a reggere il confronto con Manet, Degas e gli impressionisti, con cui ha saputo condividere, pur nella diversità del linguaggio pittorico, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura, scardinando una volta per sempre la gerarchia dei generi per raggiungere quell’autonomia dell’arte che è stata la massima aspirazione della modernità.
 
I francesi e De Nittis, che si è sempre sentito profondamente parigino di adozione, hanno affrontato gli stessi temi, come il paesaggio, il ritratto e la rappresentazione della vita moderna che De Nittis ha saputo catturare lungo le strade delle due metropoli da lui frequentate, in quegli anni grandi capitali europee dell’arte: Parigi e Londra. Ha saputo rappresentare con le due metropoli, in una straordinaria pittura en plein air, i luoghi privilegiati della mitologia della modernità, che saranno collocati al centro di un percorso espositivo articolato lungo un arco temporale di vent’anni, dal 1864 al 1884, ricostruendo un’avventura pittorica assolutamente straordinaria, conclusasi prematuramente con la sua scomparsa a soli 38 anni di età. I risultati da lui raggiunti si devono a un’innata genialità, alla capacità di sapersi confrontare con i maggiori artisti del suo tempo, alla sua curiosità intellettuale, alla sua disponibilità verso altri linguaggi. È inoltre tra gli artisti dell’epoca che meglio si è saputo misurare con la pittura giapponese allora diventata di moda.La mostra vede infine la collaborazione di METS Percorsi d’Arte, che ha contribuito al progetto espositivo con l’apporto di un importante nucleo di opere provenienti da collezioni private, tra le quali il Kimono color arancio, Piccadilly e la celeberrima Westminster.
 
Tutto questo è sottolineato dalla mostra e dal ricco catalogo Silvana Editoriale.
 
Una vita breve ma sufficiente per entrare nella storia dell’arte
 
Giuseppe De Nittis nacque a Barletta il 25 febbraio 1846. A pochi mesi dalla sua nascita, il padre si suicidò dopo due anni di carcere per motivi politici e Giuseppe crebbe con i tre fratelli nella casa dei nonni paterni. Fin dall’infanzia manifestò una forte propensione alla pittura e, nonostante il parere contrario della famiglia, si iscrssee nel 1861 all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Insofferente agli schemi accademici, fu espulso due anni dopo ed iniziò a dipingere en plen air con altri artisti, come Federico Rossano e Marco De Gregorio. Nel 1866 partì per Firenze dove prese contatto con il gruppo dei Macchiaoli. Dopo aver visitato Palermo, Roma, Venezia e Torino, nel 1867 si trasferì a Parigi dove due anni dopo sposò Léontine Lucile Gruvelle. Nel 1869 partecipò per la prima volta al Salon con opere molto vicine al gusto parigino. Il soggiorno napoletano del 1870 vide il suo stile arrivare alla maturità e all’indipendenza artistica e il ritorno a Parigi nel 1872 segnò il suo successo con la partecipazione al Salon dell’opera ‘Una strada da Brindisi a Barletta’. Il dipinto ‘Che freddo!’ esposto al Salon nel 1874 rappresentò l’affermazione definitiva dell’artista, che si meritò anche l’appellativo ‘peintre des Parisiennes’ (pittore della parigine). Nello stesso anno partecipò con ben cinque tele alla prima esposizione di quello che sarà il gruppo impressionista tenutosi nello studio del fotografo Nadar. In cerca di nuovi stimoli partì poco dopo per Londra, dove realizzò una serie di opere dedicate alla vita quotidiana della città. Partecipò all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878 con dodici lavori che polarizzarono l’attenzione sia del pubblico che della critica. Negli ultimi anni si concentrò particolarmente sulla tecnica del disegno a pastello. Colpito da una forte bronchite nel 1883, rimase per mesi bloccato a letto e dipingere diventò sempre più difficile; morì a  Saint-Germain-en-Laye (Francia)   il 21 agosto del 1884 a causa di un ictus cerebrale. È sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise (divisione 11) ed il suo epitaffio fu scritto da Alessandro Dumas figlio. Sua moglie Léontine donò molti suoi quadri alla città natale del pittore, ora conservati nella Pinacoteca De Nittis collocata nel Palazzo della Marra a Barletta.
 
Informazioni:
 
Una mostra Comune di Milano – Cultura | Palazzo Reale | CMS.Cultura
 
A cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti , fino al  30.06.2024
 
Orario: Da martedì a domenica ore 10:00-19:30, giovedì chiusura alle 22:30. Ultimo ingresso un’ora prima. Lunedì chiuso.
 
Biglietti
 
Aperto: € 17,00; Intero: € 15,00;Ridotto: € 13,00; Esclusi i costi di prevendita.
 
Info e prenotazioni: palazzorealemilano.it     mostradenittis.it
 
Privo di virus.www.avast.com

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Isola delle rose e isola dei famosi: due esperimenti sociali agli antipodi

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L’Isola delle Rose e l’Isola dei Famosi rappresentano due realtà molto diverse tra loro, sia dal punto di vista sociologico che motivazionale, che riflettono cambiamenti significativi nella società nel corso del tempo.

L’Isola delle Rose è un’isola artificiale costruita nel 1967 al largo della costa italiana vicino a Rimini. Fu creata come una micronazione autoproclamata dallo scienziato e ingegnere italiano Giorgio Rosa, con l’obiettivo di sfidare la sovranità territoriale italiana e promuovere l’ideale di libertà e indipendenza. L’Isola delle Rose rappresenta una sperimentazione sociale e politica, con l’idea di creare una comunità utopica basata sulla cooperazione e l’autogestione.

D’altra parte, l’Isola dei Famosi è un reality show televisivo in cui un gruppo di persone famose viene portato in un’isola remota e deve affrontare sfide fisiche e mentali per sopravvivere e guadagnare premi. L’Isola dei Famosi è incentrata sull’intrattenimento e sulla competizione, con l’obiettivo di attirare l’attenzione del pubblico e generare interesse attraverso il dramma e le dinamiche interpersonali.

Le differenze sociologiche tra le due realtà sono evidenti:

  1. Finalità e motivazioni: L’Isola delle Rose era motivata da ideali di libertà, indipendenza e sperimentazione sociale, mentre l’Isola dei Famosi è incentrata sull’intrattenimento, la competizione e la celebrità.
  2. Struttura sociale: L’Isola delle Rose aveva una struttura sociale basata sull’autogestione e la cooperazione tra i membri della comunità, mentre l’Isola dei Famosi ha una struttura gerarchica con ruoli definiti e dinamiche di potere.
  3. Approccio alla vita quotidiana: Sull’Isola delle Rose, i residenti dovevano affrontare le sfide della vita quotidiana in un ambiente isolato e autonomo, mentre sull’Isola dei Famosi i concorrenti affrontano sfide create artificialmente per l’intrattenimento televisivo.
  4. Rapporto con il mondo esterno: L’Isola delle Rose era isolata dal resto del mondo e tentava di sfidare le autorità nazionali, mentre l’Isola dei Famosi è un programma televisivo che ha una forte connessione con il mondo esterno attraverso la trasmissione televisiva e i social media.

In conclusione, l’Isola delle Rose e l’Isola dei Famosi rappresentano due esperimenti sociali molto diversi tra loro, che riflettono valori, ideali e obiettivi differenti. Mentre l’Isola delle Rose rappresentava un tentativo di creare una comunità utopica basata sulla libertà e l’autogestione, l’Isola dei Famosi è un programma televisivo che si concentra sull’intrattenimento, la competizione e la celebrità.

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