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Anno 1800, la Rivoluzione industriale sbarca anche su console

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Anno 1800 è un videogame del genere city builder, ossia un gioco dove bisogna costruire e far progredire un agglomerato urbano tenendo conto di tutti i parametri socioeconomici. Oggi, il titolo targato Ubisoft finalmente vede la luce anche su Xbox e PlayStation a distanza di alcuni anni dal lancio per Pc (avvenuto nel 2019). Il software è la settima incarnazione della leggendaria saga ed è un esponente del suo genere denso di contenuti, eterogeneo, complesso e soprattutto molto divertente. Anno 1800 quindi è un videogame contraddistinto da una grandissima qualità di fondo, qualità che lo ha reso amatissimo tra gli appassionati, e da una complessità non da poco grazie soprattutto a una miriade di funzioni. Insomma, è veramente un’opera magistrale che sa esprimersi al massimo su computer, ma che mostra tutta la sua potenza anche su console dove il pad riesce a sostituire mouse e tastiera rivelandosi un alleato formidabile nella costruzione del proprio impero nel bel mezzo della rivoluzione industriale. Ma partiamo dal principio, lo scopo dei giocatori una volta avviato Anno 1800 è costruire una colonia florida sia dal punto di vista sociale, sia da quello economico. Partendo da un piccolo porto e una nave, bisognerà essere in grado di espandere il proprio centro abitato in modo tale da trovare un equilibrio tra industrie e agricoltura, scuole ed elementi di svago, così da avere una popolazione attiva, ma nel complesso soddisfatta. Nel caso in cui non si riuscisse a creare una società tale da soddisfare le aspettative degli abitanti il rischio di una rivolta è sempre dietro l’angolo, quindi amministrare con saggezza e prudenza è sempre il segreto alla base di un buon governo.

In Anno 1800 la progressione della propria città avviene per gradi. Blue Byte ha pensato ad un sistema che consente di sbloccare progressivamente tutte le sue funzioni man mano che si raggiungono determinati obiettivi. Si parte con un’economia basata sull’agricoltura e una manifattura di base per poi sbloccare edifici sempre più avanzati ed esteticamente moderni (per l’epoca in cui è ambientato il titolo ovviamente), come le acciaierie o i pozzi petroliferi, che richiedono una filiera produttiva alle loro spalle per generare introiti. Ognuna di queste industrie attinge ad un pool specifico di lavoratori, che corrisponde ad un tipo particolare di abitazione. Quelle rustiche servono per creare dei braccianti. Migliorando l’edificio i suoi abitanti da contadini si trasformeranno in lavoratori, poi in artigiani e così via. Questo sistema è per esigenze di gameplay un po’ semplificato e forzato, le fattorie di grano possono essere sbloccate nell’era dei lavoratori e le distillerie o i falegnami utilizzano al loro interno gli agricoltori, ma gli sviluppatori hanno creato un bilanciamento piuttosto interessante, che spinge costantemente a dover rivedere il proprio insediamento. Facendo evolvere le case si va quindi a sostituire la vecchia tipologia di lavoratori con la nuova, costringendo in questo modo a rimpolpare a cascata anche tutti gli anelli della catena ogni volta che si desidera avviare un’attività avanzata. Per aprire una fonderia, infatti, non basta semplicemente gettarne le fondamenta, ma va creata un’infrastruttura di sostegno, fatta di magazzini, miniere e, abitazioni sufficienti a poter ospitare i lavoratori di un’attività così pesante. Non facendo ciò si creeranno degli squilibri che rallenteranno gli altri aspetti dell’economia o renderanno scontenti i lavoratori. Quindi non si tratterà semplicemente di accatastare le risorse necessarie per costruire un edificio, ma di gestire il substrato lavorativo dello stesso. Insomma, Anno 1800 è un’esperienza davvero complessa e che per essere goduta pienamente non va mai gestita con fretta. La mappa di gioco si compone di un numero di isole imprecisato, alcune popolate e altre pronte ad essere colonizzate. C’è da dire però che non tutte le isole sono autosufficienti. Alcune, per esempio, sono poco adatte ad un tipo di coltura, altre non hanno una determinata materia prima. In questo modo si renderà necessario il dover utilizzare le navi costruite nei cantieri per creare rotte commerciali e acquistare ciò che manca nei magazzini. Le navi saranno anche l’unico modo che si ha per combattere gli altri governatori, o per scoprire nuovi continenti verso i quali inviare delle spedizioni. Una volta che si ha a disposizione una flotta si potrà organizzare un equipaggio e racimolare delle scorte per avviare una vera e propria colonizzazione dei territori ancora vergini. In base ad un divertente sistema di scelte multiple si può provare ad indirizzare il modo in cui queste spedizioni si svilupperanno e le conseguenze che avranno. Le navi, infatti, potrebbero non tornare del tutto, perdendo il prezioso carico, o potrebbero trovare qualcosa di particolarmente esotico da esporre nella propria città, così da renderla una gettonata meta di turisti.

Così facendo Blue Byte ha aggiunto un sistema di imprevedibilità all’interno della serie, che porta un’interessante ventata di aria fresca all’interno della canonica struttura da city builder offerta da Anno 1800. Oltre alla modalità libera, gli sviluppatori hanno inserito anche una modalità “storia” che funge da lungo tutorial che consente, una volta completato, di aver ben chiare le meccaniche di base. Forse mancano alcuni strumenti per avere una lettura completa al cento per cento della propria comunità, come un’enciclopedia nella quale è spiegato il funzionamento puntale di ogni edificio o un sistema di analisi del proprio territorio e della propria economia, così da comprendere nel dettaglio cosa fare per non andare in bancarotta, ma tutto funziona bene ed è stato incastrato con cura con gli altri elementi. Per quanto riguarda l’utilizzo del controller, i miglioramenti non si fermano ai soli utilissimi menu radiali, ma vanno più nel profondo. L’intera user interface in generale è infatti stata adattata per la versione Xbox e PlayStation, inoltre altri piccoli accorgimenti, come la connessione automatica del manto stradale durante la costruzione di blocchi di case o alcune comode shortcut per selezionare beni e oggetti, rendono il tutto più fluido. Se proprio dobbiamo trovare qualche lato negativo in questa conversione di 1800, possiamo dire che l’assenza della possibilità di utilizzare mouse e tastiera potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Inoltre, le differenze con la versione madre di Anno 1800 non si fermano però qui. Alcuni scenari e DLC, come ad esempio The Passage, New World Rising e Land of Lions, ossia i più sostanziosi rilasciati per il titolo, non sono attualmente previsti su PlayStation e Xbox e resteranno quindi con ogni probabilità esclusive PC. Dal punto di vista strettamente tecnico, Anno 1800 Console Edition si difende davvero bene. Abbiamo provato la versione Xbox Series X del gioco e non abbiamo trovato nulla di cui poterci effettivamente lamentare. Certo, alcune texture non sono esattamente il massimo, ma nel complesso il titolo di Ubisoft ci ha convinto sia dal lato estetico che da quello meramente ludico. La possibilità di vedere il proprio villaggio espandersi e diventare città nell’ardore della rivoluzione industriale su un televisore 55 pollici OLED è del resto un vero e proprio spettacolo. Quindi, proprio per tali ragioni, il nostro consiglio è quello di non lasciarsi sfuggire la versione console di Anno 1800.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Gameplay: 8,5

Sonoro: 9

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

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LEGO 2K Drive: corse folli, mattoncini e divertimento assicurato

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Lego 2K Drive è un gioco di corse basato su Lego e sviluppato per la prima volta da Visual Concepts e pubblicato da 2K. Il titolo è stato rilasciato il 19 maggio 2023 per Nintendo Switch, PlayStation 4, PlayStation 5, Windows, Xbox One e Xbox Series X/S. Prima di entrare nel vivo della recensione ci teniamo a dire che è fruibile in un eccellente italiano scritto e parlato, con scelte di traduzione particolarmente indovinate. Valga per tutti l’esempio del nome del mondo di gioco – Mattonia – il quale rende perfettamente non solo la natura a base di mattoncini dell’open world, ma anche il “fattore follia” che anima l’intera produzione. LEGO 2K Drive può vantare inoltre una trama, altro punto a favore della produzione. Certo, ovviamente si potranno selezionare altre modalità più immediate, come i giri su pista senza soluzione di continuità, le coppe, e tutto quanto un normalissimo gioco di corse potrebbe proporre. Ma gli sviluppatori hanno visibilmente insistito sulla narrazione principale, che riunisce tutti questi elementi all’interno di una progressione sensata e stimolante. La modalità Storia mette i giocatori nei plasticosi panni di un’anonima Matricola appena arrivata a Mattonia, un mondo dove tutto ruota intorno alle corse. Si viene quindi presi sotto l’ala protettrice di Clutch Fulminton, una vecchia leggenda delle corse che riconosce subito il talento del protagonista offrendogli la sua guida e i suoi preziosi consigli per vincere il torneo Astrocoppa, la principale competizione cittadina. Per potersi qualificare tuttavia sarà necessario prima esplorare le quattro regioni principali di Mattonia sconfiggendo i piloti locali e guadagnando le loro preziose bandiere a scacchi. Una trama semplice e lineare, ma condita come sempre da un umorismo tipico dei giochi LEGO e da personaggi sopra le righe. La vera protagonista della produzione però è la stessa Mattonia, che con i suoi quattro biomi offre un vero e proprio parco giochi dove sbizzarrirsi a bordo del proprio bolide. Gli scenari variano da classiche praterie verdeggianti a brulli deserti, fino ad arrivare a zone oscure dove è perennemente notte e abituano creature come vampiri e scheletri. Le macro aree sono piuttosto estese e ricche di attività a cui dedicarsi oltre alle corse, come prove a tempo, partite di golf e missioni di ricerca, fino ad arrivare a quelle più particolari come sventare un’invasione di alieni investendoli a suon di derapate o salvare quanti più cittadini possibili da una mandria di clown robotici. Insomma a livello di varietà LEGO2K Drive non ha nulla da invidiare rispetto gli esponenti più blasonati del mondo delle corse.

LEGO 2K Drive viene presentato come un’esperienza open world in piena regola, ma la questione è più delicata. Non bisogna infatti pensare ai mondi aperti interminabili dei titoli action, perché l’estensione di quello in questione è molto buona, ma non sorprendente. Si tratta in realtà di una vasta mappa che racchiude al suo interno, come già detto, quattro diverse aree tematiche, ognuna contraddistinta da un bioma specifico: ma non sarà possibile viaggiare dall’una all’altra in qualsiasi momento, andranno sbloccare progressivamente come veri e propri livelli; inoltre, anche all’interno delle singole mappe, si sarà sempre in qualche modo legati a un’esplorazione la cui libertà è stata dettata dall’alto dall’idea degli sviluppatori. Il tutto ha senso e funziona, con qualche riserva. La prima è questa: LEGO 2K Drive vorrebbe proporre libertà assoluta ai nuovi arrivati, ma in realtà si resa vincolati a una serie di attività secondarie particolarmente tediose. Il sistema di progressione è legato al livello del giocatore: non si può, ad esempio, accedere alle gare di livello 4 senza prima aver raggiunto quello specifico livello. E per raggiungerlo bisognerà giocare a oltranza, completando incarichi secondari, i quali sono legati molto raramente alle corse vere e proprie. Alcune missioni secondarie richiedono di completare imprese improbabili – divertenti, per carità, ma più vicine alla citata “follia LEGO” che alla formula di un gioco di corse. Riportare all’ovile dei maialini blu non è neanche la richiesta più strana che possa capitare: ad esempio durante la nostra prova ci è capitato di dover condurre un uovo gigante dentro una padella altrettanto enormne, e lì sono stati dolori perché nessuno dei due oggetti aveva intenzione di collaborare. In LEGO 2K Drive ovviamente non ci si limita a esplorare e a completare missioni secondarie fuori di testa, anche se questi aspetti costituiscono una parte cospicua dell’intera esperienza. Ciò che conta, alla fin fine, sono le corse su strada e fuori strada. L’idea di alternare tre diverse tipologie di veicoli che si modificano all’istante in base al suolo è stata brillante: si passa da una macchina hamburger (asfalto) a un quad (sterrato) e infine a una barca a motore (in acqua), senza soluzione di continuità. Il sistema di guida, invece, avrebbe potuto essere migliorato in quanto mantiene una chiara ispirazione arcade, e propone tutte le possibilità di un qualsivoglia Mario Kart, ma senza la stessa precisione. Le derapate permettono di accumulare il turbo, ma utilizzarlo significa anche perdere il controllo del veicolo, i potenziamenti su pista poi portano al caos totale, tra ragnatele che bloccano nemici, razzi autoguidati e scudi energetici. Vincere non è impossibile, anzi; ma molto spesso il tutto è legato più al caso che alla bravura. Gli amanti delle costruzioni in sé impazziranno di gioia nello scoprire come ogni singolo veicolo di LEGO 2K Drive possa essere assemblato da zero, con tanto di istruzioni a schermo, recandosi nel proprio garage. Certo, il sistema non è pratico come nella realtà, ma funziona; inoltre il titolo presenta davvero tantissimi modellini che possono poi essere equipaggiati e utilizzati sia nell’esplorazione dell’open world che su pista. Noi ci siamo divertiti con il veicolo hamburger, ma di possibilità ce ne sono innumerevoli sin da subito. Al di là della confusione generale, è comunque opportuno tenere conto dei parametri dei singoli mezzi: alcuni sono più pesanti, altri più facilmente manovrabili, e via dicendo; non sono davvero aspetti che facciano la differenza, non nella modalità storia almeno, ma è comunque opportuno sapere che esistono e che soprattutto possono avere un certo peso.

Per quanto riguarda la guida vera e propria, una volta scelti i veicoli, le gare si svolgono nel più classico degli schemi per questo genere, ovvero con piste ricche di curve a gomito che mettono a dura prova l’abilità nel derapare e power-up di vario tipo come missili a ricerca, mine, ragnatele per ostacolare gli avversari o teletrasporti per tornare in testa dalle ultime posizioni. Andando a sbattere o subendo troppi colpi inoltre sarà facile vedere il proprio veicolo perdere pezzi (letteralmente) fino ad esplodere del tutto, ma distruggendo gli scenari o gli avversari si possono recuperare i mattoncini per curarsi e al tempo stesso caricare la barra del turbo, indispensabile per riuscire a trionfare. L’intera avventura può essere affrontata insieme ad un amico in split screen sia locale che online, e fino a 6 giocatori possono sfidarsi in gare multiplayer decisamente adrenaliniche. Dal punto di vista tecnico LEGO 2K Drive si presenta su Xbox Series X (versione testata) con una risoluzione a 4K e 60 fps piuttosto stabili, anche se con leggeri cali in situazioni caotiche con diverse esplosioni e pezzi che volano. Il colpo d’occhio generale è ottimo, e il mondo coloratissimo rende alla perfezione l’atmosfera giocosa dei titoli LEGO. Tirando le somme, la produzione di Visual Concepts è un titolo colorato, divertente e leggero, nonché una piacevole sorpresa. Non è un gioco perfetto o con grandi pretese competitive, ma permette di passare diverse ore in spensieratezza esplorando Mattonia e le sue numerose attività, godendosi qualche adrenalinica gara all’ultimo sorpasso o rilassandosi con il garage dove creare i veicoli più assurdi. La presenza del multigiocatore in locale e online poi dona al titolo una marcia in più. Il nostro consiglio? Provatelo e vivetelo non come una simulazione di guida, ma come un’occasione per divertirsi nel modo più assurdo che si possa immaginare.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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Meta lancerà in autunno Quest 3, il nuovo visore a realtà mista

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Quest 3 è il visore a realtà mista (aumentata e virtuale) di nuova generazione che Meta, l’azienda di Mark Zuckeberg, renderà disponibile in autunno.

L’annuncio sui profili social del fondatore di Facebook, arriva qualche giorno prima della conferenza degli sviluppatori di Apple, il 5 giugno, in cui molto probabilmente l’azienda di Cupertino mostrerà la sua idea di visore. “Meta Quest 3 è il primo visore per la realtà mista a colori ad alta risoluzione, 40% più sottile e più confortevole, display e risoluzione migliori – scrive Zuckerberg – Ha un chipset Qualcomm di nuova generazione con prestazioni grafiche raddoppiate e le nostre cuffie più potenti di sempre.

E’ in arrivo quest’autunno”. Il prezzo del dispositivo si aggirerà intorno ai 500 dollari, mentre quello di Apple è previsto abbia un prezzo più alto. “Quest 3 – aggiunge il Ceo di Meta – sarà il modo migliore per sperimentare la realtà mista e virtuale in un dispositivo autonomo. Sarà compatibile con l’intera libreria di Quest 2 con altri titoli in arrivo. Maggiori dettagli alla nostra conferenza Connect il 27 settembre”. La società, intanto, dal 4 giugno abbassa i prezzi dei visori già in commercio Quest 2 e Quest Pro e con il prossimo aggiornamento software rinnova l’unità di elaborazione grafica e l’unità centrale di elaborazione promettendo un aumento delle prestazioni e della velocità su app e giochi. Insomma, dopo questo annuncio, la guerra ad Apple per il mercato del mondo dei visori a realtà mista entra nel vivo. Solo gli utenti sapranno far capire quale dei due device sarà più apprezzato. Non resta che aspettare e capire soprattutto quanto sarà rivoluzionario questo dispositivo.

F.P.L.

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Ys IX: Monstrum Nox diventa next-gen e arriva su PlayStation 5

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Ys IX: Monstrum Nox è solo l’ultimo capitolo di una serie poco conosciuta ma che affonda le sue radici nello scorso secolo, il primo episodio risale infatti al 1987, quando uscì per PC-88. Da allora lo sviluppatore Nihon Falcom ha realizzato otto episodi principali e un paio di spin-off per una moltitudine di piattaforme. Nonostante la sua diffusione, il franchise non ha mai avuto le pretese dei tripla A e non si è mai sognato di sfidare i colossi dei GDR nipponici ben più famosi, ma col tempo si è ritagliato uno zoccolo duro di fan grazie a un universo colorito, splendide colonne sonore e dinamiche di gioco vecchia scuola che propongono qualcosa di nuovo a ogni capitolo. Ricordiamo che il titolo arriva su PlayStation 5 dopo essere sbarcato su PlayStation 4 in origine e su Nintendo Switch. Ma veniamo alla trama: ambientato alcuni anni dopo i fatti raccontati nell’ultimo episodio, Ys IX: Monstrum Nox si apre con un evento a dir poco sconvolgente, ovvero l’arresto del protagonista Adol Christin. Poiché durante i propri vagabondaggi è puntualmente rimasto coinvolto in casi alquanto eclatanti e misteriosi, come l’incidente dell’Oceano Atlas (raccontato in Ys VI: The Ark of Napishtim) o il naufragio sull’Isola di Seiren, dalla quale nessuno aveva mai fatto ritorno prima di lui (come narrato in Ys VIII: Lacrimosa of Dana), l’Impero Romun ha infatti emesso un mandato di cattura per il giovane avventuriero dai capelli rossi, con l’accusa di aver deliberatamente provocato buona parte degli inspiegabili episodi che l’hanno visto protagonista. Catturato nelle primissime battute della vicenda e rinchiuso in una cella della Prigione di Balduq, che un tempo era considerata la più grande e inespugnabile fortezza dell’Impero, Adol riesce comunque a evadere, allo scopo di evitare un’ingiusta condanna e cercare al tempo stesso le prove della propria innocenza. Durante la rocambolesca fuga, tuttavia, il guerriero viene colto di sorpresa da una misteriosa figura femminile, la quale annuncia di aver bisogno del suo aiuto e subito dopo gli spara con un proiettile alchemico. Anziché ucciderlo, il colpo trasforma il corpo del povero Adol, conferendogli un aspetto più selvaggio e le incredibili abilità soprannaturali tipiche dei cosiddetti “Monstrum”, ossia un gruppo di criminali che da diversi mesi va seminando il caos tra le strade della città-prigione di Balduq. Sfruttando a proprio vantaggio i poteri ricevuti dall’enigmatica Aprilis, Adol riconquista dunque la libertà perduta, ma all’indomani realizza suo malgrado di non poter abbandonare la città. La maledizione dei Monstrum, infatti, obbliga il ragazzo e i suoi simili a rimanere nei pressi di Balduq, affinché questi possano regolarmente raggiungere il “Grimwald Nox”: un piano ultraterreno cui i Mostrum vengono evocati più o meno ogni notte al fine combattere contro mostri terrificanti. Come spiegato dalla criptica Aprilis, l’unico modo per infrangere la maledizione è quello di risolvere il mistero della Prigione di Balduq, cercando al contempo di respingere l’oscurità del Grimwald Nox. Se le passate incarnazioni di Ys hanno insomma visto Adol Christin indossare i panni dell’eroe giunto per caso nel luogo e nel momento propizio, Ys IX: Monstrum Nox compie invece un curioso strappo alla regola per mostrare ai giocatori un lato leggermente più ribelle dello spadaccino ormai famoso in ogni angolo del pianeta e raccontare, di conseguenza, una storia dai toni ben più oscuri di quelli cui il brand ha storicamente abituato i fan.

Dal punto di vista della giocabilità l’esplorazione è senza dubbio la parte più divertente dell’esperienza, nonostante qualche passaggio vagamente platform sia stato realizzato sotto un profilo un po’ maldestro, ma lo è anche il sistema di combattimento che ci aveva già abituato bene in Ys VIII: Lacrimosa of Dana e che in questo sequel funziona ancora meglio. Le meccaniche di base restano le stesse: si possono controllare massimo tre personaggi a combattimento ed è possibile scambiarli al volo per impiegare l’arma appropriata contro il nemico che si sta affrontando. Gli scontri si svolgono in tempo reale, quasi come in un action game che premia più l’aggressività che la strategia: oltre a colpi normali da inanellare in combo, Adol e gli altri possono utilizzare vari attacchi speciali che scaricano i punti accumulati colpendo i nemici. La gestione delle risorse diventa sempre più importante, specialmente contro i boss che sono spesso enormi, coriacei e particolarmente insidiosi se non si segue la strategia giusta, sfruttando ogni aspetto del sistema di combattimento come le intuitive meccaniche Flash Dodge e Flash Guard che conferiscono bonus temporanei ai giocatori che riescono a schivare o parare in tempo. Dal momento che la maggior parte dell’avventura è ambientata tra le strade di Balduq, i combattimenti coi mostri si innescano ogni volta che il giocatore entra in contatto con le spaccature dello spazio-tempo disseminate un po’ ovunque: queste, infatti, fermano il tempo per gli individui circostanti e costringono il party a battersi contro le raccapriccianti creature del Grimwald Nox. Di conseguenza, fatta eccezione per i materiali di consumo, come ad esempio le pozioni, gli oggetti recuperati in giro sono piuttosto pochi e non esistono punti in cui dedicarsi ad attività come la pesca o l’estrazione dei minerali, che invece in Lacrimosa of Dana erano fondamentali. In compenso, Ys IX: Monstrum Nox ha abbandonato del tutto la componente da “metroidvania” e, di conseguenza, la necessità di sottoporsi a brevi sessioni di backtracking. Innanzitutto, stavolta la mappa della città non è suddivisa in tante piccole aree, magari collegate tra loro da stretti corridoi, ma al contrario è unica e pertanto non risulta assolutamente dispersiva o ingarbugliata. Come se non bastasse, lo sviluppatore ha rimosso gli oggetti che, una volta equipaggiati, conferivano azioni speciali come il doppio salto (che è stato integrato nel sistema di movimento di base), la capacità di arrampicarsi sui rovi, e così via, poiché i luoghi altrimenti inaccessibili possono ora essere raggiunti sfruttando a dovere i poteri speciali dei Monstrum. Ognuno dei componenti del team dispone infatti di una capacità singolare, che gli altri compagni possono prendere in prestito, e che appunto spalanca le porte ad azioni altrimenti impensabili. Adol, ad esempio, dopo essere diventato un Monsturm ha acquisito il Dono della Crimson Line, ossia la capacità di teletrasportarsi da un capo all’altro della mappa, attraverso le linee cremisi che collegano un edificio e l’altro o addirittura permettono di raggiungere la cima di una torre in meno di un secondo. Le più utili del pacchetto sono comunque l’abilità Corsa Celeste di White Cat, che permette di arrampicarsi in verticale e di compiere dei balzi a mezz’aria, e la Discesa del Cacciatore di Hawk, che fa spuntare due magnifiche ali sulle spalle del personaggio controllato con cui planare lentamente, magari in prossimità di scrigni altrimenti irraggiungibili. Dal punto di vista tecnico Ys IX: Monstrum Nox appare decisamente più curato e attento ai dettagli rispetto al passato. Ora raggiunge i sessanta fotogrammi al secondo con immagini più nitide e una risoluzione chiara e meglio definita e con colori più chiari e vivaci. La grafica, tuttavia, non cambia molto dal passato, presentandosi in effetti come il reale tallone d’Achille della produzione. A riguardo, tutto appare vecchio e datato, con texture tuttavia curate meglio rispetto alle precedenti versioni. Tirando le somme, Ys IX: Monstrum Nox si dimostra un videogioco che arriva al suo obiettivo sotto ogni punto di vista. Caratterizzato da una storia intensa, profonda e longeva, può far sognare gli appassionati quanto i neofiti, anche se per capire bene la trama e alcuni dialoghi sarebbe meglio aver giocato ai capitoli precedenti.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 8

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise

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