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ANTONIO DI PIETRO SPARA SU TUTTI: DA NAPOLITANO A RENZI NON RISPARMIA NESSUNO

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Tempo di lettura 3 minuti “Renzi ci fa e non ci è” afferma l'ex ministro del governo Prodi, che lo accusa di vendere fumo agli italiani che prende costantemente per i fondelli.

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di Matteo La Stella

All'interno della rubrica “cittadini in divisa” in onda su Radio Radicale, curata dal 2010 da Luca Marco Comellini, interviene in qualità di ospite l'ex pm, ministro e fondatore dell'Italia Dei Valori Antonio Di Pietro. Il tema centrale dell'intervista è il discorso di fine anno del capo dello stato Giorgio Napolitano. Di Pietro ha troppi sassi nello zaino ed è pronto a liberarsene a modo suo. Il patriarca IDV, coltello tra i denti e morso serrato, rompe la campana di vetro che protegge gli esponenti di spicco della politica nostrana e coglie l'occasione per sferrare duri colpi. L'ex pm “Apre il fuoco” sul Presidente della Repubblica, elevato dalla stampa a Re Giorgio, sostenendo che questa carica gli sia stata conferita per evidenziare come, al tramonto del suo lungo mandato, non abbia svolto il suo ruolo correttamente.
Lo paragona ad un arbitro che invece di fischiare il fallo lascia giocare, quasi passivo all'ambiente politico circostante. Del discorso di Capodanno dice di non aver incamerato nulla:  – "Un discorso preconfezionato, studiato e strutturato per raccontare ai cittadini una favola”- , favola che sembra non esserci. Il presidente Napolitano parla della diffusione di -”senso della legge e senso della costituzione”-, nell'intervista viene fuori però il suo primato di provvedimenti emanati e poi giudicati incostituzionali.
Oltre alla difficoltà nel seguire il discorso di Capodanno, ormai ricco di termini aulici adatti ad un pubblico di letterati e non per trasmettere concetti ad una nazione, non si ravvisa dove è finito quel “tatto” con cui i presidenti del passato entravano nelle case degli italiani in punta di piedi, sempre fieri e consapevoli della loro carica, capaci di spiegare e al contempo rassicurare la nazione sui problemi del momento. Si pensi a Pertini che, nel 1978, dopo la scomparsa di Aldo Moro, in un'Italia violentata dal terrorismo, non perse di vista l'obiettivo e confidò nella nazione che poteva superare il momento di grave difficoltà, come ha già fatto in precedenza al termine della seconda guerra mondiale. Nel suo discorso alla nazione, Napolitano richiede gli ingredienti per-“Ricreare quel clima di consapevolezza e mobilitazione collettiva che animò la ricostruzione post bellica”- .
Proprio volgendo lo sguardo al passato, nell'intervista si fa un passo indietro nel tempo. Fino al 1989 Napolitano era ministro degli esteri del PCI ed è una colonna portante della corrente migliorista all'interno del partito, corrente che intende “migliorare” le condizioni dei lavoratori senza però cambiare lo schema costitutivo del capitalismo. La strada che sognano i miglioristi è molto vicina a quella che percorrono i socialisti di Craxi e risultano per anni politicamente molto vicini. Le cose però cambiano e lo stesso Craxi nel 1993 accusa, di fronte all'allora pm Antonio Di Pietro, Giorgio Napolitano di aver taciuto i finanziamenti sovietici che avevano sostenuto per anni il PCI. Viene allora chiesto all'ex pm come mai quest'ultimo possa essere rimasto impunito. Colpa dell'amnistia globale, spiega lui , che cancella vari reati tra cui il finanziamento occulto ai partiti sanando di conseguenza la posizione dei vari esponenti del PCI tra cui proprio il Presidente. Di Pietro e mani pulite arrivano dopo . Napolitano è già parte integrante del PDS ( Partito Democratico della Sinistra) che raccoglie tutti i componenti della sua corrente. Chiusi i rubinetti sovietici, ai miglioristi non resta che costruire impresa con cooperative “rosse”che a loro volta finanziano il partito. Nel 1992, nell'inchiesta mani pulite a Milano, Di Pietro ferma molti miglioristi ed alcune coperative. Dice di essere costretto a circoscrivere la sua indagine su questo filone milanese, poiché -”Quando vedevano che li fermavamo tutti”- la procura romana creò il conflitto di interessi, determinante nel bloccare le competenze all'ombra del Colosseo dell'allora pm e, magari, agevolando la reiterazione dei meccanismi che potrebbero portare fino alla Mafia Capitale dei giorni nostri.
Continua l'intervista. Di Pietro “ricarica” e prende di mira il presidente del consiglio Matteo Renzi: ce ne è anche per lui. Oggetto nei giorni scorsi di pesanti polemiche per l'approvazione dell'articolo 19 bis ,di cui si dice all' oscuro, e per la deviazione di un Falcon 900 dell'aereonautica militare che in vista delle vacanze di fine anno, accoglie lui e famiglia per atterrare ad Aosta. “Renzi ci fa e non ci è” afferma l'ex ministro del governo Prodi, che lo accusa di vendere fumo agli italiani che prende costantemente per i fondelli.
Radio Radicale al termine dell'intervista prende le distanze dalle critiche al Capo dello Stato. Ma resta il fatto che ci piace così com'è vera come lo è stato Di Pietro, coscienti sempre dei limiti che hanno rispettivamente rispetto al tema trattato. La situazione Italiana odierna, a prescindere dalle dichiarazioni di Di Pietro resta complessa.

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Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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